ScuolAnticoli

Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca

 

Ricordi Immaginari - Spiegare un Film a un Bambino

 

Casablanca

 

Home     Torna all’indice generale dei film

 

 

Clicca qui per scaricare la scheda in formato pdf

Clicca qui per scaricare la scheda in formato Word

 

Titolo italiano e originale: Casablanca.

Regista: Michael Curtiz.

Paese di produzione: U.S.A..

Anno di produzione: 1942.

Attori principali: Humphrey Bogart (Rick Blaine), Ingrid Bergman (Ilsa Lund Laszlo), Paul Henreid (Victor Laszlo), Claude Rains (capitano Louis Renault), Conrad Veidt (maggiore Heinrich Strasser), Sydney Greenstreet (signor Ferrari), Peter Lorre (Ugarte), S. Z. Sakall (Carl), Madeleine Lebeau (Yvonne), Dooley Wilson (Sam).

Durata: 1h 42’.

 

Il regista

 

Michael Curtiz

 

Il film

 

Seconda Guerra Mondiale (1939-1945). Nel giugno del ’40, dopo l’occupazione della Polonia, della Danimarca, della Norvegia, dell’Olanda e del Belgio, le armate tedesche conquistano la Francia settentrionale, Parigi e la costa atlantica, mentre nel Sud non occupato, formalmente indipendente e “neutrale”, il maresciallo Petain si mette a capo di un governo anti-democratico, che collabora (“collaborazionista”) con i nazisti (governo detto “di Vichy” dal nome della cittadina in cui ha sede) e sotto il cui controllo poco più che nominale rimangono anche le colonie francesi dell’Africa del Nord.

 

Mentre in Europa dilaga la barbarie nazista e fascista, a Casablanca, principale porto del Marocco sull’Atlantico, fra poliziotti francesi, spie naziste, fuorusciti antifascisti, avventurieri di rango e piccoli sciacalli, convergono migliaia di profughi che sperano, da lì, di proseguire per gli Stati Uniti, unico luogo al mondo ancòra al sicuro dall’orrore che tenta di impadronirsi del mondo intero.

 

C’è anche l’americano Richard Blaine (Rick, per gli amici), che nel ’36 combatté per la libertà contro i fascisti spagnoli: è il proprietario di un bar, con annessa bisca, dove uomini e donne senza più patria cercano di dimenticare i pericoli che li minacciano con l’aiuto dell’alcol, del tavolo verde e della musica di Sam, il pianista che Rick ha portato con sé a Casablanca quando è fuggito da Parigi.

 

Rick, anche se qualche volta offre aiuto ai profughi senza pretendere alcun compenso, dice di non credere più a niente. Ma il cinismo e l’insensibilità che ama ostentare scompaiono con l’arrivo a Casablanca di Ilsa Lund, la donna che Rick ha amato a Parigi (e che ama tuttora, benché lei l’abbia abbandonato senza spiegazioni quando stavano per lasciare la Francia insieme) in compagnia di uno dei principali esponenti della Resistenza, Victor Laszlo, ricercato in tutta Europa da nazisti e fascisti.

 

Costato pochissimo (come si vede dagli approssimativi scenari) Casablanca è diventato un mito non meno duraturo e amato di Via col vento: un’opera, come dice il Dizionario dei film di Laura, Luisa e Morando Morandini, “sulla quale il tempo sembra non aver presa, e che continua a essere un oggetto di culto per le giovani generazioni di mezzo mondo.” Premiato con tre Oscar (miglior film, migliore regia e migliore sceneggiatura) deve però una parte notevole del suo successo a un cast di attori indovinati e bravissimi fra i quali spiccano gli interpreti principali: Humphrey Bogart e Ingrid Bergman.

 

In Italia non uscì che alla Liberazione, ma anche allora fu censurato: furono eliminati dai dialoghi i riferimenti al fascismo e tolto il personaggio del capitano Tonelli, che all’aeroporto fa il saluto romano.

Il commento di Luigi Scialanca

 

A Casablanca (come nel resto del mondo, dove la Seconda guerra mondiale devasta le nazioni e disperde e stermina interi popoli) uomini e donne scompaiono senza lasciare traccia. Uomini e donne che tentano di sfuggire alla morsa della Storia prima di esserne stritolati, come i protagonisti di Via col vento e de Il dottor Zivago. Ma con un’importante differenza.

 

Alle origini della Guerra civile americana e della Rivoluzione russa, pur tra i massacri che nessun ideale può giustificare, vi furono sentimenti e speranze generosi e intelligenti. Idee, è pur vero, che molti tradirono e avvelenarono per bramosia di potere e di ricchezza, ma delle quali rimase un’impronta, nelle realtà che da quei giganteschi eventi scaturirono, che trasmise anche alle generazioni successive il desiderio del mondo più giusto che chi li aveva preceduti non era riuscito a creare.

 

Fascismo e nazismo erano invece fantasticherie deliranti, alimentate per anni con pensieri folli e germinate dall’odio per la libertà e i diritti che immense moltitudini stavano conquistando: odio che veniva, più che dai ricchi e potenti (che della libertà e dei diritti avevano sempre goduto sotto forma di privilegi) soprattutto da quelli che non li volevano neanche per sé, poiché sapevano, più o meno consciamente, di essersi troppo disumanizzati per goderne senza far violenza agli altri e a sé stessi. Uomini e donne anaffettivi, ma votati all’odio e alla morte, e così convinti che tutti fossero guasti come loro da non concepire la Società che come un immenso campo di prigionia e di sterminio: questo furono i fascisti e i nazisti, e niente di men che mostruoso lasciarono nella memoria e nell’immaginazione dell’Umanità.

 

Nel “Nuovo Ordine” che essi stavano creando in Europa, dunque, a un essere umano ancora degno di chiamarsi tale (e che non fosse del tutto cieco dinanzi a quello che accadeva intorno a lui) non era possibile nemmeno supporre di inserirsi e partecipare, come invece aveva potuto fare Rossella O’Hara nella realtà scaturita dalla Guerra di Secessione o come aveva tentato di fare il dottor Zivago nell’utopia comunista: si poteva solo resistere (e la Resistenza, rappresentata in Casablanca dal personaggio di Victor Laszlo, fu infatti il movimento che dinanzi alla Storia riscattò l’Europa dal crimine di aver incubato il mostro) o, quanto meno, fuggire via lontano, come appunto cercano di fare, in Casablanca, i profughi che affollano il bar di Rick in attesa di ottenere un “visto” per partire.

 

Resistere è più eroico che fuggire, ma non sempre e non a tutti è possibile. E neanche fuggire è tanto facile. Poiché non sono molti, invero, quelli che riescono a trasformare la fuga in un andare via, cioè in progetti creativi, consapevoli o meno, come quelli che fin dalla preistoria portarono i nostri antenati a diffondersi su tutto il pianeta: per gli altri, emigranti o profughi, la fuga rimane un essere scacciati che toglie loro ogni punto di riferimento materiale, li priva dei luoghi e degli oggetti che ne “contenevano” la storia e gli affetti, e li consegna (o piuttosto li abbandona) all’impresa non impossibile, ma certo molto ardua, di ritrovare soltanto in sé stessi il senso della propria identità.

 

Per i profughi a Casablanca, che fuggendo dal mostro nazista e fascista rischiano di dimenticare chi sono e tutto ciò che hanno in mente e nel cuore, cioè di disumanizzarsi a loro volta, il bar di Rick è dunque una sorta di “zona franca”, un riparo dall’inesorabile trascorrere del tempo che ne consuma le risorse materiali, la distanza dagli inseguitori e perfino gli affetti più tenaci: il luogo dove una magica mistura di musica, alcol, effimeri amori e gioco d’azzardo li illude per un po’ di non essere come foglie al vento, che la Storia travolgerà da un momento all’altro senza accorgersi della loro esistenza, ma bensì protagonisti, esseri straordinari, creature dell’immaginazione che niente potrà mai distruggere, come i personaggi dell’Odissea o dei drammi di Shakespeare, e il cui ricordo sarà tramandato.

 

Invece non è così, e lo capiamo quando ci rendiamo conto che la situazione di Rick, uomo apparentemente invulnerabile, non è diversa da quella dei suoi avventori. Tant’è vero che anche il suo amore con Ilsa (come le storie di tutti gli uomini e le donne che si affollano nel suo bar come su una scialuppa dopo un naufragio) non fa parte del film, non avviene a Casablanca, e nemmeno il pianoforte di Sam può farlo rivivere: è ormai passato, l’hanno dissolto eventi irresistibili dinanzi ai quali non esistono “zone franche” ove trovare scampo. Ed è questo, forse, l’elemento più affascinante di Casablanca: che vi si vede e vi è narrato non il presente, ma il dopo; non ciò che accade ai protagonisti in tempi normali, mentre sono ancora i titolari delle loro vicende e dei loro rapporti, ma dopo che gli eventi li hanno travolti; e così, mentre da un lato ci immerge drammaticamente nella loro sconfitta, nello scempio che l’orrore dell’epoca ha fatto delle loro vite (riempiendoci della loro nostalgia per il prima, sentimento che spiega assai bene l’intramontabile successo di Casablanca), dall’altro ci fa condividere la loro speranza (fondamentale, in tempi come i nostri) che nel dopo della Storia, anche se non potremo rivivere quel che ci sarà stato tolto, possiamo almeno ritrovare noi stessi, e da noi ripartire, e ricominciare daccapo.

 

Casablanca, insomma, ci porta in una specie di “aldilà”, in un “dopo la vita” degli uomini e delle donne che vi appaiono (e ciò è tanto più vero per il pubblico di oggi, ben consapevole che nessuno degli interpreti è ancora in vita) in cui essi, in qualche modo, vivono ancora. Vivono grazie ai loro ricordi e soprattutto ai loro affetti, che resistono in essi malgrado la scomparsa delle realtà materiali che li contenevano prima. Vivono nel bar di Rick come Humphrey Bogart e Ingrid Bergman vivono per sempre in Casablanca. Vivono come gli ideali di libertà e di giustizia vivono nel mondo attuale nonostante le stragi fasciste e naziste di quelli che li immaginarono e li sostennero prima che il mondo attuale sorgesse. Vivono come il nostro passato vive ancora in noi (se non siamo stati i fascisti e i nazisti di noi stessi) e come anche noi vivremo, quando il nostro oggi sarà un prima, nella memoria di chi verrà dopo.

 

Non sarà così per tutti, purtroppo. Molti di quegli uomini e donne sopravvivranno solo fisicamente alla guerra. Ma per ora (nell’ora senza fine dell’universo fantastico umano) il sogno che nel dolce dormiveglia del bar di Rick possono sognare è ancora in grado, come tutti i sogni, di trasformare la realtà. Può fare di un assortimento di mediocri individui una schiera di partigiani che cantano la Marsigliese in faccia ai nazisti (scena che è la più commovente del film proprio perché in essa è una musica, cioè una fantasia di movimento interno umano, a ridurre al silenzio e a scacciare i mostri penetrati nel bar di Rick). Può far tornare indietro dall’orlo del precipizio la ragazza che ai mostri stava per cedere sé stessa. Può trasformare in una grande amicizia un meschino rapporto di convenienza come quello tra Rick e il capitano Renault. Può, addirittura, resuscitare in uno squallido manigoldo il vero uomo.

 

Come Rick dice a Ilsa prima che ella parta con Victor: “Io resterò con te per sempre.” Ciò che gli uomini e le donne hanno immaginato e creato, ciò che ha reso le loro vite profondamente significative e ricche di infinite possibilità, sopravvive sempre, anche a loro stessi: sopravvive in quelli che vengono dopo, in tutti quelli che rimangono umani: perfino in quelli, non pochi, che non sapranno mai da dove arrivi loro.

*

(Le schede di Spiegare un film a un bambino sono per bambini e ragazzi di Quinta elementare, Prima, Seconda e Terza media.

Sono scritte, perciò, il più semplicemente possibile. Ma non sono affatto... semplicistiche.

Vuoi servirtene? Fai pure. Ma non spezzettarle, non alterarle e non dimenticare di citarne l’autore!)

*

 

*

Torna in cima alla pagina                    Home