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presenta:

 

Forse Beatrice

 

di Luigi Scialanca

 

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"Forse Beatrice!", di Eclario Barone.

 

Presentazione de Il Segno di Eclario

 

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Eclario Barone

Eclario Barone, a dire il vero, non ha bisogno di presentazioni. Ad Anticoli e nella Valle dell’Aniene lo conosciamo tutti, lo stimiamo e lo amiamo. Sappiamo bene che è un artista vero, di quelli che non vivono se non hanno tra le mani una penna e un taccuino dai fogli bianchi, e a casa son sempre fra tele compiute e incompiute, pennelli, colori, sculture, ceramiche, medaglie, maschere, burattini, scenografie, e chi più ne ha più ne metta!

 

E poi abbiamo seguito con simpatia le sue iniziative a favore della pace, lo abbiamo visto organizzare mostre, presepi, feste, dibattiti, concerti, abbiamo assistito ai divertenti e tuttavia raffinati spettacoli teatrali che anno dopo anno va allestendo nelle scuole con i bambini delle elementari e delle medie; e soprattutto, a proposito di bambini, sappiamo quale insegnante e quale educatore egli è, e quanto i suoi alunni gli vogliono bene, e come lo ricordano e parlano ancora di lui dopo molti anni...

 

Sappiamo tutto questo e molto altro, e siamo felici di annoverarlo tra i nostri colleghi e amici e maestri.

 

Un bel giorno, infatti, Eclario Barone è arrivato nella Valle dell’Aniene e non se n’è andato più via; e il suo restare fa onore ai nostri piccoli grandi paesi e ci spinge a domandarci, piacevolmente sorpresi e un po’ increduli, che cosa vi sia, in noi, di tanto bello e importante da attrarre e interessare una persona come lui; ed è proprio così, crediamo, che gli uomini come Eclario ― senza esercitare alcun potere e quasi senza mezzi materiali, attaccando e invadendo le menti e i cuori a colpi di fantasia ― ci inducono a far qualcosa per assomigliare davvero agli splendidi esseri umani che essi benevolemente fantasticano di vedere in noi.

 

Tutto ciò ― lo ripeto ― lo sappiamo tutti. Ma io ho la straordinaria pretesa di pensare di poter dirvi, a proposito di Eclario Barone, qualcosa che ancora non sapete, che forse non immaginate neppure. E vi chiedo di osservare questi ritratti e questi disegni come se fosse la prima volta che sentite parlare di lui e della sua opera. Guardateli e riguardateli, prima di tutto perché il farlo è un grandissimo piacere, un divertimento, una gioia per gli occhi e per la mente... E poi, quando vi parrà d’essere ormai più che soddisfatti, tornate a quel Forse Beatrice! e domandatevi: Perché mai è solo forse che questa ragazza è Beatrice?

 

Allora, se siete bravi, capirete che quel “forse” è immenso, e terribile ― e molto strano, anche ― e che chi osa occuparsi di cose tanto grandi e portentose non può non essere, anche lui, una persona grande e portentosa. Uno, cioè, che riesce a sopportare che gli oggetti e le creature siano questo o quell’altro ― e che gli esseri umani, addirittura, siano questo o quell’altro ― soltanto forse. Uno che regge all’incertezza, al non poter essere mai sicuro di aver trovato la verità, ma che non resiste al desiderio di cercarla. Uno che sostiene l’immensa e inconcepibile fatica di servirsi di parole e immagini che soltanto forse rappresentano e dicono quel che egli vuole o pensa o spera ― con tutte le forze e la passione sua ― di riuscire a rappresentare e a dire.

 

Ecco: Eclario Barone ce l’ha, questo coraggio qui. Che non è la prepotenza che altri chiamano talvolta “forza” ― la brutalità, cioè, di sbatacchiare le cose e le persone come se siano niente ― ma il coraggio vero di affrontare ogni giorno e ogni momento la pena, l’impegno, l’esaltazione e la gioia di sentire e sapere che alla verità (di un’immagine, di una parola, di un’idea) si sta cercando di arrivare, si sta guardando e invocando, ci si sta avvicinando sempre di più, e tuttavia... tuttavia non si è mai sicuri di averla raggiunta, non si può mai voltarle le spalle, non si può mai perdere la concentrazione, non si è mai del tutto certi d’essere riusciti a qualcosa. Oppure, se mai si è certi, si sente che però c’è di più, c’è di più, c’è di più... e allora la ricerca ricomincia, deve ricominciare, e si comprende, una volta ancora, che essa non avrà fine che con la vita.

 

Ecco: Eclario Barone è uno che osa dire che soltanto forse quella è Beatrice, e che lui ― perciò ― dovrà ancora a lungo tentare, cancellare, correggere, provare e riprovare, e ogni volta aver la forza di riguardare quel che avrà fatto e dire a sé stesso che sì, forse, adesso è Beatrice, dopo tutto. Poiché Eclario sa bene che non c’è niente, al mondo, che sia più importante che sapere ― e dire, o dipingere, o cantare ― com’è Beatrice, e che però non c’è niente di più difficile, niente di meno certo, niente che rimanga del tutto vero ― ammesso che vero sia ― per più di qualche istante e per qualcuno. Poiché Eclario sa che il mondo di Beatrice, cioè il mondo umano, è il solo regno della verità ― il solo luogo in cui la parola verità abbia un senso ― e che rinunciare a cercarla è lo stesso che rinunciare a vivere da esseri umani. Ma sa, al tempo stesso ― e sulla propria pelle ― anche quanto la ricerca è lunga, e dura, e spesso ingrata; e quante volte, cercando, tocca dover soffrire l’oscura voglia di accontentarsi, di prender per buono il mediocre, l’approssimativo, il meschino; e quanto è difficile il rialzarsi, dopo che si è ceduto. Atlante, dicono, si portò il mondo sulle spalle per un bel pezzo: gran bella prova di forza, non c’è dubbio... Ma che razza di forza pensate che ci voglia per sostenere il peso di qualcosa che soltanto forse è il mondo? Ebbene: Eclario, forse, è uno che quella forza ce l’ha... E Beatrice può sperare ― finché vi sono al mondo delle persone che come Eclario sopportano di parlare di lei dicendo forse ― che ogni sua verità, qualunque essa sia, continui a essere cercata, trovata, perduta e di nuovo cercata. E voi, forse, avete appena letto, su di lui, qualcosa che pur conoscendolo bene non avevate ancora immaginato.

 

Nel 1889 Vincent Van Gogh scrisse queste parole: “Io sono legato alla terra da legami più che terrestri... Sfortunatamente, faccio un mestiere che non conosco così bene da poter esprimermi in esso come vorrei.” Il corsivo, mio, è per farvi notare che Vincent Van Gogh, uno dei più grandi artisti che siano mai esistiti, nell’anno in cui dipinse ― per fare un solo esempio ― La notte stellata, pensò di non conoscere il proprio mestiere così bene da poter fare a meno di dire forse. E che lui stesso, perciò, in cuor suo premise quel forse a tutte le sue opere e sperò: forse Madame Roulin. Forse il postino Joseph Roulin. Forse il dottor Gachet.

 

Si può essere più sinceri di chi dice forse?

 

L’arte non è rappresentazione della realtà com’è. L’arte è rappresentazione della realtà come forse appare. (Come appare a chi? A un concreto essere umano, un uomo o una donna, che ha un certo nome, una storia, è fatto in un certo modo e abita in un certo posto.) L’arte è il frutto di una lotta gigantesca non per raffigurare il mondo e le sue creature ― impresa facilissima, basta studiare le tecniche e i materiali e si può riprodurre qualsiasi cosa meglio che in fotografia! ― ma contro l’immensa difficoltà di essere sinceri. Di capire ed esprimere ― davvero e per intero ― com’è la realtà per me. Com’è, davvero, il giallo del grano nei miei occhi, nel mio cuore e nella mia mente. Com’è Beatrice, davvero, se chi la guarda sono io. Che sfortunatamente non conosco così bene non il mio mestiere di artista (poiché quello lo conosco e come) ma i miei occhi e il mio cuore e la mia mente; e che non son sicuro, perciò, di riuscire del tutto a dirvi com’è Beatrice per me. E che pure ho tentato, e tento, e continuo a tentare; e in questa mia assoluta e incondizionata sincerità di artista è il senso intero e grande di ciò che faccio, e tutto il valore della mia presenza fra voi.

 

Guardate e riguardate, dunque, questi ritratti e disegni che Eclario Barone ci ha fatto l’onore di pubblicare su ScuolAnticoli ― accettando, per amor nostro, che la riproduzione virtuale, come tutte le riproduzioni, li rendesse un po’ meno belli e complessi e intensi. Non sono che schizzi, non opere compiute. Ma vi parleranno, proprio per questo, di una ricerca ininterrotta. Di una ricerca che non è né un lavoro né un hobby, ma il modo di essere di un uomo. Qualcosa che egli è sempre, in ogni momento, anche mentre fa altro. E vi permetteranno così di immaginare ― mentre vi offrite questo grande piacere, questo divertimento, questa gioia per gli occhi e per la mente ― che cosa significhi davvero, forse, essere un artista: uno che di continuo è alle prese con il proprio sguardo e il proprio cuore e la propria mente invisibili a lui e a tutti quanti ― anche durante un esame, dinanzi ai ragazzi e alle ragazze che è impegnato a “valutare” con pretesa e impossibile “obiettività”. Uno che di continuo è alle prese con un assoluto bisogno di sincerità, nel manifestare agli altri il rapporto con loro che lo sguardo, la mente e il cuore continuamente intessono. Quale che tale rapporto sia.

 

Forse.

 

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