Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
La Terra vista da Anticoli Corrado
diario del Prof (scolastico e oltre)
aprile 2008
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La prof.sa Patrizia Pintus tra il prof. Scialanca e il prof. Romiti durante la gita a Ventotene del 2001
Una lettera della professoressa Patrizia Pintus e la risposta del Prof
Non ho votato Veltroni perchè non mi interessavano nè il suo programma nè le sue idee. Tuttavia sento di rispettare tutti quegli Italiani che lo hanno votato, così come quelli che hanno votato altri schieramenti, a prescindere dal risultato che hanno ottenuto.
Questa è la vera democrazia: non si può “rosicare” dopo, usando “nomignoli” per un candidato che a parità degli altri ha fatto la sua campagna, non costringendo nessuno a votarlo (infatti io non l’ho votato e neanche tu).
Riguardo al fatto che gli Italiani si sarebbero fatti convincere da lui, lo stesso suo potere dialettico lo hanno avuto tutte le ideologie, in ugual misura: probabilmente chi non è riuscito a convincere, non ha trasmesso quella credibilità e fiducia che gli Italiani cercavano, fino all’ultimo giorno di campagna elettorale, per affidare un nuovo governo a chi li rappresentasse.
Quanto alla sinistra, per due anni ha governato, anche se con nomi diversi: era molto difficile che avrebbe riavuto la stessa fiducia di due anni fa. Se Veltroni avesse riunito nel suo “nuovo” partito gli stessi “colori” del precedente governo, lo avresti chiamato ugualmente “Togliattino”? E non poteva succedere il contrario, e cioè che tutti quelli che non si fossero fidati del Partito democratico, dei radicali, di Di Pietro, ma avessero avuto molto, ma molto forte l’ideologia di sinistra, votassero ugualmente Bertinotti, non curandosi del fatto che era da solo, e lo portasssero a vincere le elezioni? In quel caso, di chi sarebbe stata la “colpa”, o il “merito” (dipende dal punto di vista!) della vittoria?
Non mi piace chi critica “dopo”: non è rispettoso nè democratico. A chi dare colpe, se non al libero arbitrio di ciascuno, compreso te, e agli Italiani che, come vedi, non hanno creduto alle parole di tutti, perchè “hanno anche loro una testa”?
Non so se con questo governo le cose andranno meglio: sono certa però che nulla vale come la libertà che tutti abbiamo avuto di votare chi ci ha trasmesso più fiducia, senza alcuna manipolazione se non scegliendo la credibilità, che tutti possiamo conquistare con la nostra condotta oppure, purtroppo, perdere.
Avevo inizialmente pensato di non commentare il tuo articolo, ma l’ho fatto perchè sinceramente giudico troppo “aspri” i toni che usi e poco consoni a un sito scolastico, che dovrebbe veicolare pluralità di esperienze, ma sempre in modo sereno e rispettoso, segno di “ricchezza interiore” che nessuno ha il potere di abbassare di tono.
Forse riuscirò a vedere la mia risposta inserita nel tuo sito?
Saluti, Patrizia Pintus.
La risposta del Prof
Ti ringrazio, cara Patrizia, per avermi scritto. Credo che sia un segno di interesse e fiducia nei confronti di ScuolAnticoli e per la grande passione che in ogni sua “pagina” è racchiusa e ben percepibile... Come non pubblicare la tua lettera, dunque? È una conferma preziosa!
Mi ha colpito, poi, anche il fatto che tu abbia sentito di dover “prendere le difese” di Walter Veltroni (accogliendo la tua intercessione, per questa volta non lo chiamerò il Togliattino) pur non avendo votato per lui e non essendo interessata ― dici ― né alle sue idee né al suo programma. So che sei una persona sinceramente democratica e tollerante, ma la tua “difesa d’ufficio” del segretario del Pidì, più che da questi nobili sentimenti, mi è parsa ispirata dall’idea che sia io, invece, poco democratico e intollerante! Non è così, ti assicuro: “ce l’ho” con Walter Veltroni ― e parlo e scrivo così aspramente di lui ― non perché non sopporti che egli non la pensi come me o come Bertinotti, ma perché ritengo che le sue idee e intenzioni, (che certo non sono solo sue, ma concludono e portano alle estreme conseguenze un processo involutivo in corso nel Pidièsse-Dièsse-Pidì fin dal 1989), benché assai diverse da quelle dei suoi avversari della Destra, siano tuttavia non meno pericolose delle loro non solo per la Sinistra italiana, ma per la Democrazia nel nostro Paese. Di più: per la Speranza nel nostro Paese.
Nelle prossime settimane tornerò a parlarne, cercando di motivare meglio questo timore che del resto non è solo mio (e di spiegare più chiaramente perché io ritenga un appellativo come il Togliattino tristemente appropriato al signore al quale l’ho attribuito). Ma intanto ti domando: come si può non essere almeno un po’ “aspri” quando ci si sente minacciati e aggrediti in ciò che si ha di più caro al mondo dopo i propri affetti più cari: la libertà, l’umanità dei rapporti fra gli esseri umani e fra le classi sociali, la speranza in un mondo migliore? Son cose piuttosto importanti, non credi? Ebbene: sono persuaso che Walter Veltroni, magari inconsapevolmente, minacci e aggredisca me e te e tutti gli Italiani proprio in queste cose così importanti. E che lo faccia molto “meglio” ― molto meno timidamente ― di quanto l’hanno fatto finora i suoi predecessori, da Occhetto a D’Alema a Fassino. E che questo accada per di più in un Paese, il nostro, che ha prodotto una Destra pericolosissima, contro la quale solo una Sinistra Vera potrebbe fare argine.
Quanto al fatto se Walter Veltroni abbia o meno “costretto” qualcuno a votare per lui, so bene anch’io, cara Patrizia, che egli non aveva materialmente questo potere e che ognuno, perciò, ha votato come ha voluto (tranne i talmente poveri o ignoranti o cinici da vendersi il voto un po’ dappertutto e un po’ a tutti in cambio di promesse di lavoro o addirittura di pochi spicci). Ciò nondimeno, so altrettanto bene che la “costrizione”, al giorno d’oggi, si esercita con metodi più raffinati e meno avvertibili che ai tempi del manganello e dell’olio di ricino: anche spaventare gli elettori con lo spauracchio del “voto utile” è tentare di costringerli, e a ben guardare non è neanche così raffinato (in effetti, non è poi tanto lontano dal manganello e dall’olio di ricino...) poiché l’elettore, in un Paese in cui la sua libertà sia davvero rispettata, dovrebbe esser libero anche psicologicamente. Dovrebbe poter votare per motivi ideali, affinché si realizzino le sue immagini e speranze di una Società migliore, e non perché qualcuno gli ha messo in corpo una maledetta fifa, non credi?
Su come, infine, debba o non debba essere un “sito scolastico” potrei risponderti, cara Patrizia, che questo non è un sito scolastico e che la sua intestazione lo definisce senza ambiguità una Libera Scuola di Umanità. Ma preferisco dirti, invece, che penso che non ci sia niente di più positivo, nella Scuola pubblica, della possibilità che essa ancora garantisce ai bambini e ai ragazzi di entrare in contatto con immagini diverse e anche opposte del mondo e dei rapporti interumani sperimentando così tutta la vivacità e la passione di un confronto anche aspro (purché civile) tra di esse. E niente di più negativo, invece, dell’intenzione che alcuni hanno e tentano di mettere in atto ― ma non mi riferisco certo a te, o almeno lo spero! ― di trasformare la Scuola in una sorta di Disneyland in cui tutti si fingono d’amore e d’accordo e i sentimenti veri sono accuratamente banditi.
(E poi la Valle dell’Aniene è il regno dei soprannomi! Perché dovrebbe essere poco rispettoso attribuirne uno anche a Walter Veltroni?...)
Grazie ancora, cara Patrizia, e un caro saluto dal Prof! |
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Antonio Gramsci (1891 - 1937)
Lettera
aperta
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Questa
non è una lettera ai cosiddetti “dirigenti” del Pidì.
Quei “dirigenti”, in
quanto
tali (non come esseri umani, ma in quanto leader
politici) sono perduti, tutti, e perduti per sempre. Non
troveranno mai più,
noi speriamo, uomini e donne generosi e intelligenti che
si lascino “dirigere” da loro. Generosi forse sì,
ne troveranno, ma con poco cervello. Intelligenti forse
anche, ne troveranno, ma senza cuore.
Questa è una lettera a quella che un tempo avremmo chiamato la base del Pidì. Ai compagni. A quelli come noi che ― non come noi ― il 13 e il 14 aprile si son lasciati costringere o convincere a tracciare una croce sul simbolo del Pidì, anziché metterci una volta per tutte una croce sopra.
Ai Coatti, in primo luogo ― nel senso etimologico del termine ― a quelli, cioè, che a dare il voto al Togliattino si son sentiti Costretti per il terrore che Berlusconi, se avessero invece votato per la Sinistra Vera, tornasse al potere per colpa loro: intendi, ora ― vorremmo dir loro a uno a uno ― in che stupido e malvagio ricatto e inganno sei caduto? Vittima volontaria, come in un rito delirante ti sei immolato a quell’Orco travestito da Buono di Walter Veltroni e ti sei lasciato da lui divorare nell’illusione che il pasto delle tue carni lo rendesse così forte da sconfiggere la Destra. Il tuo libero voto ― e la gioia di imprimere nella vita politica del Paese il suggello della tua fantasia e speranza, quella gioia che al voto è indispensabile per esser diverso dall’andar fiutando, come animali non umani, tra un boccone e un altro ― l’hai degradato a mero dovere adempiuto con dolore e spavento. E il tuo sacrificio è stato vano.
Non
ti è bastato sentir dire, da Berlusconi come da Veltroni, che il
voto ai piccoli partiti era inutile, per capire che la logica entro
la quale ti stavi lasciando irretire era quella di due finti avversari
coalizzati contro un nemico comune, cioè contro di te? E non ti
basta, ora, sentir gongolare Antonio Martino perché la feccia è
stata buttata fuori dal Parlamento d’amore e d’accordo coi
veltro-scalfariani che scodinzolano, benché in apparenza sconfitti,
perché almeno si è razionalizzato il quadro politico riducendone
l’affollamento? Ti rendi conto, ora, di come sia stato sciocco
prestar fede al Togliattino, a Eugenio Scalfari e ai loro taroccatori di
sondaggi che cianciavano di poderosa rimonta e perfino di possibile
sorpasso? Capisci che mentivano sapendo di mentire, per derubarti
del tuo voto e della fantasia e dell’intelligenza che in esso avresti
potuto esprimere? Non per vincere, ché ben sapevano che non era
possibile, ma per cancellare dalla tua mente e dal tuo Paese la speranza
di una Società più umana? Per dare all’Italia l’ultima spinta
verso il baratro, per costringerla una volta per sempre ― chiunque
vincesse ― nella morsa insulsa e spietata di due superpartiti
all’americana che si combattono su tutto, e con tutto l’accanimento
che scatena in due disperati l’avidità di denaro e potere, tranne che
su ciò che davvero possa rendere più umana la vita degli uomini, delle
donne, dei bambini?
E
il sacrificio è stato vano, e la distruzione da te prodotta della tua
libertà e immaginazione e intelligenza e gioia di votare non ha
sortito altro effetto che quello di far sparire ― non perché tu
lo volessi ma, ripetiamolo, solo per la tua paura ― la Sinistra
Vera dal Parlamento italiano e te stesso dal novero degli uomini
e delle donne che in Parlamento son rappresentati. E perciò ti
domandiamo: a che cosa è valso il tuo annullarti? Il Togliattino non
avrebbe vinto nemmeno se tutta la Sinistra Vera fosse finita
nelle sue fauci: non avrebbe raggiunto che il 40%, mentre Berlusconi e
Bossi sono al 46. E non poteva andare altrimenti ― anche tu
l’avresti intuito, se non ti fossi lasciato impaurire ― poiché
l’Italia non è ancora (ma fino a quando?) un Paese ove a Sinistra si
possano conquistare le menti e i cuori con l’inganno e il terrore come
lo si fa a Destra.
Ora
dovrebbe chiederti scusa, il Togliattino, per lo stupro da lui compiuto
dell’umanità del tuo voto, ma dalle nuove ciance e menzogne che va
spargendo è già chiaro che non lo farà, perché nella sua follia non
si rende conto di ciò che ha fatto, ora che l’ha fatto, più di
quanto se ne rendesse conto mentre lo faceva. E soprattutto dovrebbe
chiederti scusa ― e non lo farà ― se sei una ragazza o un
ragazzo di 18 anni. Poiché per te era la prima volta, e sarebbe
potuta essere la tua prima esperienza della gioia di contribuire
alla vita politica del Paese con fantasia e speranza, se il Togliattino
non ti avesse ingannato, ricattato e impaurito fino a costringerti a
votare per lui. Ma non disperate, ragazzi, non disperate ― ve ne
preghiamo ― o davvero sarà la fine. Poiché
è questo che vogliono,
i veltroscalfariani razionalizzatori d’Italia, i papi
“laici” ― oh, davvero laici, non c’è che dire ― della
cultura e dell’economia e della politica italiane: portarvi alla
disperazione, cancellare dai vostri cuori e dalle vostre menti la
fantasia e la speranza di una Società più umana per fare anche in voi,
come in tutto il Paese, il deserto ch’è in loro, e che spacciano per moderno,
di meschina contabilità anaffettiva e vetuste giaculatorie insensate.
*
E
i Convinti? Che dire ai Convinti, che per il Togliattino
hanno votato non perché ingannati, ricattati e impauriti, ma credendo
in lui come hanno già mille volte creduto ― incantati, povere
anime, gli occhioni blu persi nel vuoto! ― agli Occhetto, ai
D’Alema, ai Cofferati, ai Violante, alle Turco, ai Fassino, alle
Melandri (dei Franceschini e Fioroni e Binetti non parliamo neppure) e a
tutta la compagnia stonatamente cantante che almeno dal 1989 sta
degenerando la Sinistra italiana in una finzione maldestra, in una
sconcia recita da guitti, in uno spettacolaccio di marionette sbilenche
sorrette e manovrate dai potentati finanziari e ideologici adoratori del
Mercato e della Globalizzazione? Come hai potuto ― vorremmo dir
loro a uno a uno ― ancora una volta convincerti e credere alla
sincerità di individui come quelli, nonostante tutte le delusioni e le
prepotenze che ti hanno inflitto negli ultimi diciannove anni?
Ma
non possiamo parlare a te, che il Togliattino ha Convinto, come
se anche noi non fossimo stati Convinti dai suoi squallidi
predecessori, nessuno escluso. Lo siamo stati, ahinoi, quasi tanto a
lungo quanto te. Ed è con grande vergogna per il nostro passato, perciò
― oltre che con profonda convinzione ― che ti chiediamo oggi
di vergognarti profondamente, insieme a noi e come noi, per il tuo
interminabile, stralunato presente di uomo o di donna che anno per anno,
niente apprendendo e comprendendo di ciò che pur vedeva coi suoi stessi
occhi, hai continuato a credere che il Pidièsse-Dièsse-Pidì
― benché per diciannove anni gli Occhetto ne abbiano storpiato il
sentire assai più che il nome scacciandone a poco a poco tutti i sani
di mente e di cuore, i D’Alema lo abbiano prostituito ai Consorte, ai
Fiorani e ai cento altri furbetti loro sodali, i Cofferati abbiano
insinuato il veleno leghista dell’intolleranza e del razzismo anche in
città ove da solo non era riuscito a penetrare, i Violante abbiano
offeso la Resistenza e la nascita stessa dell’Italia repubblicana
accreditando gli infami di Salò servi di Hitler d’aver combattuto
come i Partigiani per un ideale, le Turco abbiano contrattato con papi e
vescovi la libertà e la salute delle donne e di tutti noi, e i Fassino
e le Melandri, meschini, pur nel loro piccolo abbiano inquinato
anch’essi l’onesto sentire delle persone per bene andando istupiditi
a versar lacrime tra le orripilanti braccia delle Marie De Filippi o a
questuare uno strapuntino sui carrozzoni dei Mondiali di calcio e alle
feste dei Briatore ― hai continuato a credere che il Pidièsse-Dièsse-Pidì
sia il partito che finge di essere e davvero abbia a cuore e desideri e
agisca per far dell’Italia un Paese ove l’irripetibile perfezione
di ogni essere umano, e non solo gli affari e il denaro e le merci
che alimentano il Moloch del Pil, ottenga fin dalla nascita e per tutta
la vita attenzione e rispetto.
Vorremmo
dirti
― compagna
o compagno che al Togliattino hai creduto benché l’orrore sia in lui
ben più evidente che negli Occhetto e nei D’Alema, nei Cofferati e
nei Violante, nelle Turco e nei Fassino e nelle Melandri ― che se
ancora seguiterai a non capire, a non vedere e soprattutto a non
intuire, col sentimento e l’immaginazione, ciò che perfino i testoni
come noi hanno ormai inteso ― e cioè che il Pidièsse-Dièsse-Pidì
è divenuto negli ultimi diciannove anni la cinghia di trasmissione,
lautamente remunerata fin nei minimi gangli del potere locale, dell’ideologia
dell’indifferenza e della razionalità che in tutto il mondo mira alla
robotizzazione della Società spacciandola per modernizzazione ―
questa volta per noi sarà difficile non pensare, di te, che vi sia in
te anche una stupidità, o addirittura un’inconscia
complicità, insieme al tuo (e fino a ieri anche nostro) umano non
voler credere possibile l’orrore di cui quegli individui e l’intero Pidì
sono invece a tal punto consapevoli da essersi adattati a nascondersi,
nel tentativo di occultarlo, tutti come un sol uomo sotto le insegne del
Togliattino, che nella sua stranezza ― in quella palese astrattezza
e bizzarria che finora li aveva indotti a temerlo ed emarginarlo
― adesso proprio per questo gli pare più bravo a mentire, più
abile a fingere, più atto a ingannare.
Scuotiti,
compagna o compagno che al Togliattino hai creduto! Sconfiggi, in te, la
Fede e la Ragione che ti han reso stupido o complice del disprezzo per
l’essere umano di chi alle donne e agli uomini non sa proporre ―
e la chiama speranza, una simile disperazione! ― che di farsi
formiche e termiti organizzate e ordinate del Capitalismo globalizzato
che scanna il Pianeta e le nostre stesse vite insieme a quelle dei
nostri discendenti. Sconfiggile, te ne preghiamo, o davvero sarà la
fine. Ché son quella Fede e Ragione ― è il sottile, quasi
invisibile disprezzo per l’essere umano che in esse si nasconde e
striscia ― che ti hanno ingannato e reso complice dell’orrore
fino a incantarti dinanzi a una figura, il Togliattino, che invece è
mostruosa come il Pifferaio di Hamelin per quelli che non sanno e non vogliono
lasciarsi trattare come topi.
*
Però ne riparleremo, perché di Gramsci, di Togliatti e di Berlinguer c’è da dire molto di più, anche se gli Occhetto e i D’Alema e i Togliattini hanno fatto di tutto perché quel molto ci paresse niente... |
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La miserabile impresa del Togliattino
Davvero una bella prova, quella del Togliattino. Una memorabile impresa, non c’è che dire. Ecco le tappe principali:
1. Annuncia che correrà da solo. È una balla. In realtà, lo sorreggono le forze economiche e culturali che da più di vent’anni si battono per fare della Sinistra italiana una finta sinistra all’americana.
2. La Sinistra Vera non ci casca, ma il povero Mastella, impaurito, fa cadere Prodi. Effetto che il Togliattino, da vero genio, non voleva.
3. La Sinistra Vera è costretta ― lei sì! ― a correre da sola. Il Togliattino ha dunque diviso e indebolito lo schieramento anti-Berlusconi, ma fa credere a mezza Italia di aver fatto una cosa saggia e coraggiosa.
4. Col ricatto del “voto utile”, il Togliattino induce milioni di cittadini a un voto dettato dalla paura anzichè dalla speranza. Molto educativo, bravo! E al tempo stesso, col medesimo ricatto ― due piccioni con una fava, che genio! ― ne disgusta altri milioni, che decidono di non votare affatto.
5. Il risultato finale del Togliattino? Il Paese riconsegnato a Berlusconi, la Sinistra Vera al minimo, neanche un voto tolto alla Destra, il peggior quadro politico dal 1945.
Un effetto positivo? Ora nessuno può più dire di non sapere chi davvero è di Sinistra e chi è fasullo. Siamo pochi? Lo siamo sempre stati, ma credevamo di esser tanti perché scambiavamo per veri anche i finti. Abbiamo sempre resistito, resisteremo. Non aver paura.
(P.s.: perché lo chiamiamo il Togliattino? Ne riparliamo a giorni.) |
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Mezzogiorno di Fuoco
Tre
fuorilegge s’incontrano sulla collina
di Hadleyville, a
pochi chilometri dal deserto in cui la cittadina cerca di sopravvivere per
star vicina alla ferrovia, per non perdere il rapporto col mondo. Arrivano al galoppo da ovest, da est e dal nord, portati dal vento come
le streghe, e non si salutano, non parlano, quasi non si guardano,
perché
tutto ciò che son capaci di scambiarsi è
un ghigno ch’è
l’affiorare di una maschera, tenacemente intagliata per anni, che i lineamenti umani non
sanno più smentire.
Alle dieci e mezza di una domenica d’aprile, sotto un bel cielo sereno che zoccoli e ruote macinano nella polvere, i tre malviventi attraversano il paese diretti alla stazione. Dove a mezzogiorno, da uno di quei treni che instancabili portano altrove ciò che altrove s’immagina e si pensa e si compie, scenderà Ben Miller, il loro capo: il feroce bandito che fino a due anni or sono, quando fu arrestato, processato e condannato, era il padrone di Hadleyville e di tutta la sua gente.
Potenti
amici, ai cui loschi affari e soprusi una città pulita non conviene,
l’han fatto scarcerare perché vi torni ad asservire tutti gli uomini,
e le donne, e perfino i bambini. E in primo luogo perché faccia
fuori Will Kane, lo
sceriffo che osò affrontarlo e lo sconfisse, e che da allora è per
tutti, buoni e cattivi, l’immagine
insopportabile di come e quanto si possa essere umani, noi che umani si
nasce.
È
domenica ― una bella
domenica d’aprile, non fosse per la polvere che zoccoli e ruote
levano al cielo ― e metà
della gente di Hadleyville si prepara ad andare in chiesa a pregare
mentre l’altra metà è già da un pezzo al saloon a bere e a
far chiasso. I buoni e i cattivi, potremmo appunto
chiamarli, se non fosse che la linea che li divide gli uni dagli altri
non è così facile da segnare, in questa domenica d’aprile che
potrebbe essere ovunque, e in ogni epoca, ma questa volta invece è qui
e tocca proprio a noi.
Will
no. Will è in municipio, a sposarsi davanti al sindaco Jonas Henderson e a
pochi, euforici testimoni impazienti di correre in chiesa o al saloon.
Sua moglie è la bella Amy
― Amy Fowler, intendo
― la maestrina di famiglia quacchera che per lui ha
lasciato i suoi e che Will ha incontrato e amato e fatto innamorare
appena in tempo, prima che la sua immagine solitaria d’onestà e
pulizia si mutasse nella corazza che lo avrebbe reso un mostro. Con
Amy, Will farà di sé un altro uomo, creerà in un’altra città un
nuovo Will e una nuova Amy nati dall’immaginazione di entrambi:
partiranno sùbito dopo la cerimonia
― una breve, minuscola cerimonia, invero ― il tempo
di rendere al sindaco la stella da sceriffo e poi via!, un
cavallo e due grandi ruote di legno ben congegnate li attendono quieti,
ma pronti a mischiare altra polvere all’azzurro del cielo.
(Riflettiamo,
su questo: Will e Amy non sono in chiesa né all’osteria: sono in
comune. Però vi sarebbero soli, a “sposarsi” solo d’amore ―
come due ragazzi che han trovato un luogo sicuro da occhi e
pensieri malevoli ― se
essi stessi non avessero lì convocato testimoni e ufficiale che
vorrebbero essere altrove, ma fingono di no.)
Ma
ecco che nell’ufficio del sindaco irrompe il capostazione con una
notizia che fuori di qui sta già andando di bocca in bocca, fra i
ribelli e i disperati che dall’alba bivaccano all’osteria e i fedeli
che da ore, scrupolosi e obbedienti, si preparano ad andare in chiesa:
Ben Miller è uscito, torna a Hadleyville, è sul treno, sarà in città
a mezzogiorno! E tre dei suoi sgherri son già qui ad aspettarlo!
Sùbito,
quasi non fosse mai stata altro, la malcelata fretta dei testimoni e del
sindaco di dileguarsi dove son soliti sparire si tramuta in fretta di
liberarsi dello sceriffo dissimulata da amichevole trepidazione: presto,
fuggite, non fatevi trovare, a mezzogiorno manca poco più di
un’ora e Ben Miller viene per ammazzare te, Will Kane! Corri,
bacia la tua bella mogliettina e vattene con lei, prima che sia tardi!
Will
non ha tempo di domandarsi cosa davvero significhi, tanta premura nei
suoi confronti da parte di uomini che non ha mai potuto chiamare amici
pur non potendo chiamarli nemici: sembra così naturale, così ovvio,
così ragionevole che lui ―
che non è più lo sceriffo, ma inizia a essere l’uomo nuovo
che per amore di Amy egli ha già nel cuore e nella mente sebbene ancora
non sappia che uomo sarà ―
adesso se ne vada, sì, senza pensarci due volte, dìmentico di tutto e
in primo luogo della sua storia valorosa, degli anni e anni in cui quel
che egli è stato finora, l’immagine di onestà e pulizia creata per
gli uomini e le donne e i bambini di Hadleyville senza che alcuno mai se
ne innamorasse, ogni giorno rischiava di indurirsi nella corazza che di
lui avrebbe fatto un mostro: che se ne vada, sì, senza por tempo in
mezzo, che non si faccia ammazzare proprio ora, in questa sua insperata
primavera, come un fiore schiacciato tra la polvere che gli zoccoli e le
ruote di Hadleyville macinano insensibili col bel cielo d’aprile!
Partono
alle undici in punto, Will Kane ed Amy Fowler, mentre i testimoni e il
sindaco allegramente si dividono tra quelli che in fila ordinata e tra
garbati sorrisi entrano in chiesa e quelli che al saloon si
scambiano, a pugni sulla faccia o a manate sulle spalle, disperata
rabbia o incurabile
disperazione. Partono, Will e Amy, ma non come due sposini in
luna di miele. Will è pensoso, quasi aggrondato, ed Amy ne intuisce il
motivo perché lo ama, e amandolo sa anche benissimo ciò che lui sta
per fare e lei teme: tornare indietro, tornare in città proprio ora che
già sono in salvo sulle colline ai cui piedi Hadleyville sopravvive nel
deserto per non allontanarsi dalla ferrovia, per non troncare il
rapporto col mondo da cui vengono a sfidarla uomini come Will Kane e
Ben Miller.
Non può che tornare, Will ― ed Amy lo sa ― poiché sente che fuggendo, l’uomo che egli pur senza conoscerlo immagina di creare con Amy, di minuto in minuto gli zoccoli e le ruote già lo macinano con la polvere che levano al cielo; e comprende che non può essere che così, ché nessuna creazione d’uomo o di donna può mai farsi impastando polvere al cielo, per quanto bello e sereno esso appaia. La tua storia, Will ― la nascita, e poi il bambino cresciuto con amore, e il ragazzo che ricordò agli adulti da dove venivano, e l’uomo che mai rovinò l’immagine umana agli occhi dei bambini e dei ragazzi che gli rammentavano la nascita ― la tua storia ti ha messo contro gli oppressori perché non c’è altro modo per serbarsi umani, finché oppressori vi siano: e che uomo potrai dunque mai fare di te medesimo, se della tua storia zoccoli e ruote avran fatto polvere fra la terra e il cielo? Poiché il nuovo sceriffo arriva domani, Will, e fino a domani niente al mondo può far sì che lo sceriffo non sia tu, se è vera e non polvere la storia per la quale sei qui, a Hadleyville, e fino a domani ne sei lo sceriffo. O non solo Hadleyville non avrà chi la difenda, ma tu sarai nulla, Will, fino al giorno in cui ogni granello della polvere che ora levi al cielo non l’avrai riportato a posarsi là dove si trovava quando tu eri ancora ciò che la tua umana natura e la tua storia han fatto di te.
Torna in paese che son da poco le undici, lo sceriffo; torna ― con Amy che già pensa a lasciarlo ― ad appuntarsi sul petto la stella che fino all’arrivo del successore è carne della sua carne così come non può non esserlo, fino alla morte, la nascita umana. Torna a mettersi in cerca, ma questa volta con un’ora di tempo, di quegli stessi uomini e donne di Hadleyville che per due anni, tra garbati sorrisi e manate sulle spalle, si son guardati bene dal dirgli: “Noi non siamo come te! Non vogliamo, non possiamo esserlo! Facemmo Ben Miller nostro padrone, ricordi? ― che importa, ormai, se per averlo voluto o perché non sapemmo resistergli! ― e il bandito, da allora, ci è entrato nella mente e nel cuore. Tu l’hai disarmato, e condotto dinanzi al giudice e poi in prigione; ma noi, la sera, quando tutto ci si fa silenzio e semisepolti nelle poltrone fissiamo gli occhi nel vuoto come fanno i morti, quel che lui ci ha mostrato lo sentiamo ancora roderci dentro scavando storto. Tu sei diverso, Will, non sei come noi: sei libero, la notte dormi e fai bei sogni, non vedi e non senti il bandito andare e venire nelle nostre teste pensando per noi...”
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Questo sito non costituisce testata giornalistica, non ha, comunque, carattere periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità e la reperibilità
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L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).
L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.
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