Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
Riconosci i falsi Insegnanti
I testi contenuti in queste pagine sono di fantasia: ogni apparente riferimento a persone reali o realmente esistite è del tutto casuale!
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L’Insegnante
che fa finta di esserlo e invece è una Strega (maestra o professoressa che sia)
puoi riconoscerla in primo luogo dal colore.
La
Strega insegnante, infatti (striga magistra vulgaris) di regola è
gialla. Non il bel giallo dei pompelmi e dei girasoli, ma il giallo rancido,
stantio, chiazzato di marroncino, dell’epidermide umana andata a male.
Guardala
e osservala, girala e rigirala: mai riuscirai a capire, neanche all’incirca,
quanti anni abbia! Dentro marcisce, ma fuori è sempre uguale, come un limone
dimenticato in frigo e avvizzito dalla disidratazione. Non cambia più, ormai è
così! E così si è fatta da sé, essiccandosi a poco a poco come le testoline
rinsecchite dei nemici uccisi che certi indigeni dell’Amazzonia portavano una
volta appese alla cintola. Ma lei, la Strega, l’ha fatto a sé stessa
― fu lei la sua prima nemica, ai tempi ormai remoti in cui aveva ancora
qualcosa di umano ― e non solo alla testa, ma a tutto il proprio
corpo: si è prosciugata, inaridita, strizzata, bruciacchiata ― non col
fumo dei falò, ma con le vampate d’odio e d’invidia di cui riempie i
polmoni ogni volta che inala ed espira la sua stessa aria come se vivesse in uno
scafandro, perché quella degli altri le fa schifo respirarla ― e pian
piano si è mutata nella marionetta che è oggi: dura ma flessibile, esile ma
forte, sgraziata ma agile, brutta ma vivace, odiosa ma pimpante, come se sotto
la pelle non avesse altri organi che una grossa matassa ben sagomata di fil di
ferro e, a tirarle gli arti, dei lunghi fili resistentissimi e invisibili che
partono dalla mente e coi quali si costringe a muoversi, a correre e a
saltellare come se ancora le suscitasse desideri la vita che le fiorisce
intorno, ma che invece non sente più.
Poiché
la Strega voleva esserlo già da ragazzina, e per diventarlo capì che non le
sarebbe bastato farsi cattiva dentro: doveva rovinarsi anche nella carne.
Così iniziò a maltrattarsi in tutti i modi, e a furia di mostruosi esercizi
ginnici e mentali, che non oso descrivere né immaginare, si fece questo corpo
incredibile che non sembra umano e tuttavia lo è, che non pare di donna eppure
è femminile, che fa ribrezzo senza aver niente fuori posto, che non si muove
mai, non ha forma, non esprime mai niente e nondimeno va a zonzo, gesticola,
parla e perfino si nutre.
Ma
perché
infesta le scuole la striga magistra? Perché si è fatta maestra o
professoressa?
È
semplice: per far del male ai bambini e ai ragazzi, che non sopporta e odia con
tutte le forze elettriche che circolano spinose nei suoi muscoletti di fil di
ferro!
Odia
i bambini perché nascono dall’amore, il cui solo pensiero in lei ha sempre
stimolato il disgusto. Perciò non ha mai avuto un uomo
― o, se per farlo soffrire talvolta l’ha avuto, quasi subito l’ha
perso o addirittura l’è morto ― e perciò fra i bambini e i ragazzi ce
l’ha soprattutto coi maschi, che quando era giovane ogni tanto le si
avvicinavano (di solito perché un po’ miopi, poverini) e prima di scappare a
gambe levate facevano in tempo, senza volerlo, a farle intuire che a lei
ripugnavano, che il solo pensiero di una loro carezza o di un bacio le provocava
conati di vomito: scoperta che non gli ha mai perdonato ― anche se col
tempo ha imparato a far finta di non crederci, a illudersi di non aver trovato l’uomo
giusto ― e che ancor oggi la fa vibrare come metallo in sofferenza, di
un odio ancor più livido e tenebroso del solito, quando dietro un banco vede un
maschietto che finalmente non può sfuggirle.
Non
che le bambine e le ragazzine con lei siano in salvo, purtroppo! La Strega
insegnante odia anche loro, anche se un po’ meno, e tanto più le odia quanto
più sono simpatiche e dolci: quanto più comprende, cioè, che ha ben poche
speranze di fargli venir voglia di farsi streghe e di odiare i maschi anche
loro.
Ma
il suo odio è così intenso che a volte non riesce del tutto a nasconderlo, e
allora è proprio dai suoi sintomi che puoi riconoscerla come Strega, oltre che
dal colore! Per esempio dal fatto che il profumo dei bambini ― come intuì
e scrisse Roald Dahl nel suo meraviglioso libro contro le Streghe ― per
lei è invece una puzza insopportabile, un fetore nauseabondo, un tanfo
vomitevole! E appena entra in classe non può fare a meno di sentirlo, di
lamentarsene, di spalancare le finestre: tanto il freddo lei non lo soffre, ché
odio e invidia da dentro la bruciano giorno e notte!
Osserva
come ce l’ha, fra i suoi alunni, soprattutto coi maschi, e fra i maschi
soprattutto con quelli che le resistono, che non si mettono subito paura, non si
avviliscono, non se la filano, e tra loro specialmente con chi
ingenuamente le sorride. Questi li prende di mira uno per uno, decisa a
massacrarli. Ma non apertamente, non con la violenza, solo con l’astuzia e
l’intrigo: a poco a poco, con misurate e furbissime parole, cerca di farli
passare per sciocchi e per matti dinanzi ai compagni, agli altri insegnanti,
perfino ai genitori: insinuando che quei poveretti siano in segreto dei
violenti, di nascosto pericolosi, oppure che abbiano degli handicap
oscuri e senza nome, dei difetti, delle tare di origine genetica o diabolica che
a poco a poco verranno fuori e li rovineranno per sempre. Dipingendoli come in
realtà è lei, insomma, e così sperando di guastargli la vita fino a
farli impazzire davvero.
E
intanto ― mentre questi poveri maschietti se li lavora uno per uno ―
al tempo stesso e all’ingrosso se la prende con intere classi
paragonandole alle altre solo per svalutarle, facendole sentire meno capaci,
meno intelligenti, tentando di avvilirle, marchiandole come i nazisti e i
fascisti fecero con gli Ebrei, ma nel suo caso senza imporgli alcun segno
visibile, senza violenza, solo con le parole e coi gesti. O addirittura soltanto
con quell’ossessionante implicita accusa di maleodorare che fa sentire i
bambini come dei piccoli mostri, come degli alieni disgustosi separati e diversi
dal resto del genere umano: l’ossessione che gli esseri umani puzzino, questo
sì che è un segno incontrovertibile che chi ce l’ha è una strega invidiosa!
Se
le riesce, con l’andar
del
tempo insinua in intere classi un disagio inspiegabile ― di cui è molto
raro che alunni e colleghi le diano la colpa, perché lei è sempre “brava”
e attenta ad apparire irreprensibile, cordiale, disponibile, servizievole, amica
di tutti così com’è amico il ragno di tutto ciò ch’è piccolo e che vola
intorno alla tela ― un oscuro disagio che inesorabilmente abbassa a poco a
poco il livello d’impegno e di rendimento degli alunni fino a renderli, se non
trovano la forza o non sono aiutati a resisterle, davvero svogliati senza
riuscire a spiegarsi perché.
Ma
insegna qualcosa, la striga magistra vulgaris?, ti starai chiedendo. La
si può riconoscere dalla disciplina che ha scelto e da come la spiega?
Purtroppo
no, perché non ha una sua materia preferita e non l’ha mai avuta, poiché di
nulla in vita sua le è mai davvero importato se non di tessere e far sempre più
ampia e micidiale la sua invisibile stregonesca rete di astute cattiverie. Ma
puoi smascherarla proprio da questo! Dal fatto che niente davvero le piace, che
niente l’appassiona tranne i suoi intrighi, e che perciò ― qualunque
cosa tenti d’insegnare e spiegare ― la insegna e la spiega malissimo! E
tu vai avanti ad ascoltarla per mesi e per anni, a stare attentissimo, a
impegnarti come un matto, a far tutti i compiti con la massima cura, a ottenere
perfino da lei dei buoni voti e giudizi... e tuttavia, chissà perché, non
impari e non sai mai nulla, come se nulla avessi fatto, come se in aula non ci
fossi mai entrato, come se te ne fossi andato tutti i giorni ai giardinetti e di
studiare l’avessi solo sognato! Poiché la Strega è così, la sua farina
va tutta in crusca ― come si diceva quando si credeva nel Diavolo
― non potrà mai dar niente a nessuno, neanche se per assurdo lo volesse,
perché niente ha da dare. E di lei, perciò, anche dopo anni e anni di
frequentazione, se ti va bene non ti rimane che un gran vuoto nero, dove ti
capita nei momenti brutti di rivedere nel ricordo la sua faccetta raggrinzita
sospesa come un ragno alla tela in una tenebra insensata.
Ma
la cosa peggiore lo sai qual è?
È
che non le basta di far del male ai bambini e ai ragazzi nelle sue ore,
vuol farglielo sempre! E per questo le serve il potere, un immenso
potere su tutti gli insegnanti e sui presidi
― e sull’Italia intera, ogni volta che una striga magistra riesce
a diventar ministra dell’Istruzione per tramare le sue malvagie “riforme”
― e per ottenerlo tesse attraverso tutta la scuola la sua tela di finta
amabilità e d’intrighi maligni. A quale scopo? Per poi poter parlar male ai
colleghi e ai presidi, certa di essere ascoltata e creduta, dei bambini e dei
ragazzi che ha preso di mira e di intere classi. E i colleghi ci cascano, eh?
Sapessi, come ci cascano! Specie certe donne che donne non sono del tutto, che
poco o tanto sono un po’ streghe anche loro, sapessi come l’ascoltano, come
le credono, come subiscono il suo orribile “fascino”, come le ubbidiscono
senza nemmeno accorgersene! Dovresti assistere a certe riunioni! Dovresti
sentire come le idee più ovvie e sensate improvvisamente cambiano, dopo che la
Strega ha detto la sua! Come le maggioranze si capovolgono, dopo che lei ha
anche solo sbuffato o arricciato quel suo naso che sembra impossibile che possa
farlo e invece ci riesce!
Uno
spettacolo impressionante, che fa capire ― con indicibile orrore ―
che cosa sia il Potere. Non il potere che deriva dalla forza fisica, dalle
minacce, dalla violenza, ma il Potere con la p maiuscola procurato e
garantito dalla malignità ben dissimulata delle idee e delle ossessioni, delle
invidie e delle manie, della stupidità e della follia.
E quanto odio, e quanto mostruoso ― un milione di volte più violento e orribile del solito ― si gonfia nel petto di freddo metallo della Strega insegnante, in quel povero seno sacrificato da decenni di respirazione trattenuta dallo schifo per l’aria altrui, quando si accorge che un collega non si fa infinocchiare! Che un collega, quand’era bambino e poi ragazzino, ha resistito a quelle come lei ed è sopravvissuto sano di mente! E che ora perciò non cade nei suoi intrighi, non crede alle sue furbe paroline, non s’immobilizza, come ipnotizzato, mentre lei gli tesse intorno la sua tela di fasulla amabilità! Se potesse lo rimpicciolirebbe, lo rinsecchirebbe, quel poverino, ne farebbe una mostruosa Barbie, da stringere nei suoi artigli di vecchia bambina mal cresciuta e male invecchiata, per conficcargli in corpo gli spilloni che invece deve solo accontentarsi di lanciargli con gli occhi mentre lui passa senza preoccuparsene e magari perfino le sorride, il malnato, come il peggiore di tutti i maschietti!
Anche
tu, bambino o ragazzo che leggi queste righe e ti ha colpito la disgrazia di
avere per maestra o professoressa una Strega, anche tu
― bada! ― resisti! Fatti forte più che puoi! Sii ben certo che tu e
i tuoi compagni non puzzate, non siete brutti né tanto meno disgustosi, non
siete cattivi né bulli e non gli darete la soddisfazione di diventarlo
affinché possano dire che loro l’avevano
detto! Non credere alle parolette, ai silenzi, alle smorfiette di disgusto, alla
vocina chioccia che vien fuori a fatica dalle nascoste matassine di fil di ferro
spinato!
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Coi falsi insegnanti è meglio non danzare! |
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