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Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca

 

Hänsel e Gretel

 

di Jacob e Wilhelm Grimm - traduzione di Clara Bovero - Einaudi, Torino, 1970

 

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Hänsel e Gretel abbandonati nel bosco

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(Immagine di Sybille Schenker)

 

Davanti a un gran bosco abitava un povero taglialegna con sua moglie e i suoi due bambini; il maschietto si chiamava Hänsel e la bambina, Gretel.

Il taglialegna aveva poco da metter sotto i denti, e quando ci fu nel paese una grande carestia, non poteva neanche più procurarsi il pane tutti i giorni. Una sera, che i pensieri non gli davano requie, ed egli si voltolava inquieto nel letto, disse sospirando alla moglie: “Che sarà di noi? come potremo nutrire i nostri poveri bambini, che non abbiam più nulla neanche per noi?”

“Senti, marito mio”, rispose la donna, “domattina all’alba li condurremo nel più folto della foresta: accendiamo loro un fuoco e diamo a ciascuno un pezzetto di pane; poi andiamo al lavoro e li lasciamo soli: i bambini non ritrovano più la strada per tornar a casa, e ne siamo sbarazzati”.

“No, moglie mia”, disse l’uomo, “questo non lo faccio: come potrei aver cuore di lasciare i miei figli soli nel bosco! le bestie feroci verrebbero subito a sbranarli.

“Pazzo che non sei altro”, diss’ella, “allora dobbiamo morir di fame tutti e quattro; non ti resta che piallare le assi per le bare”. E non lo lasciò in pace finché egli acconsenti.

“Ma quei poveri bambini mi fan pietà!” disse l’uomo.

Per la fame, neppure i due bimbi potevan dormire, e avevano udito quel che la matrigna diceva al padre. Gretel piangeva amaramente, e disse a Hänsel: “Adesso per noi è finita”.

“Zitta, Gretel”, disse Hänsel, “non affannarti, ci penserò io”.

E quando i genitori si furono addormentati, si alzò, si mise la giacchettina, aprì l’uscio da basso e sgattaiolò fuori. Splendeva chiara la luna, e i sassolini bianchi davanti alla casa rilucevano come monete nuove di zecca. Hänsel si chinò e ne ficcò nella taschina della giacca quanti poté farne entrare. Poi tornò dentro e disse a Gretel: “Sta’ di buon animo, cara sorellina, e dormi pure tranquilla: Dio non ci abbandonerà”. E si rimise a letto.

Allo spuntar del giorno, ancor prima che sorgesse il sole, la donna andò a svegliare i due bambini:

“Alzatevi, poltroni, andiamo nel bosco a far legna!”

Poi diede a ciascuno un pezzetto di pane e disse: “Eccovi qualcosa per mezzogiorno, ma non mangiatelo prima, non avrete nient’ altro”.

Gretel mise il pane sotto il grembiule, perché Hänsel aveva in tasca le pietre. Poi s’incamminarono tutti insieme verso il bosco. Quando ebbero fatto un pezzetto di strada, Hänsel si fermò e si volse a guardar la casa; così fece più e più volte.

Il padre disse: “Hänsel, cosa stai a guardare, e perché rimani indietro? Sù, muoviti!”

“Ah, babbo”, disse Hänsel, “guardo il mio gattino bianco, che è sul tetto e vuol dirmi addio!”

La donna disse: “Sciocco, non è il tuo gatto; è il primo sole, che brilla sul comignolo”.

Ma Hänsel non aveva guardato il gattino: aveva buttato ogni volta sulla strada uno dei sassolini lucidi che aveva in tasca.

Arrivati in mezzo al bosco, disse il padre: “Adesso raccogliete legna, bambini; voglio accendere un fuoco, perché non geliate”.

Hänsel e Gretel raccolsero rami secchi e ne fecero un bel mucchietto. I rami furono accesi e quando si levò alta la fiamma, la donna disse: “Adesso mettetevi accanto al fuoco, bambini, e riposatevi; noi andiamo a spaccar legna nel bosco. Quando abbiamo finito, torniamo a prendervi”.

Hänsel e Gretel rimasero accanto al fuoco e a mezzogiorno mangiarono il loro pezzetto di pane. E udendo colpi d’accetta credevano che il babbo fosse vicino. Ma non era l’accetta, era un ramo, che egli aveva legato a un albero secco e che il vento sbatteva di qua e di là.

Eran là, seduti da un pezzo, e alla fine i loro occhi si chiusero per la stanchezza ed essi si addormentarono profondamente. Quando si svegliarono, era già notte fonda. Gretel si mise a piangere e disse: “Come faremo a uscire dal bosco?”

Ma Hänsel la consolò: “Aspetta soltanto un poco, finché sorga la luna, poi troveremo bene la strada”.

E quando sorse la luna piena, prese per mano la sorellina e seguirono le pietruzze, che brillavano come monete nuove di zecca e mostravan loro la via. Camminarono tutta la notte e allo spuntar del giorno arrivarono alla casa paterna. Bussarono alla porta, e quando la donna aprì e vide che erano Hänsel e Gretel, disse: “Cattivi, perché avete dormito tanto nel bosco? Credevamo che non voleste più tornare”.

Ma il padre si rallegrò, tanto l’aveva accorato lasciarli così soli.

Non passò molto tempo e la miseria tornò a invadere la casa; una notte i bambini udiron la matrigna dire al padre, mentre era a letto: “Si è di nuovo mangiato tutto, c’è ancora una mezza pagnotta, poi è finita. I bambini devono andarsene; li condurremo più addentro nel bosco, perché non ritrovino la strada: per noi non c’è altro scampo”.

L’uomo si sentì stringere il cuore e pensò: “Sarebbe meglio che dividessi il tuo ultimo boccone coi tuoi bambini”. Ma, checché dicesse, la donna non gli dava retta, e lo sgridava e lo rimproverava. Chi dice A deve dire anche B, e poiché aveva ceduto la prima volta, egli dovette cedere anche la seconda.

Ma i bambini erano ancora svegli e avevano udito quei discorsi. Quando i genitori dormirono, Hänsel si alzò di nuovo per andare, come l’altra volta, a raccogliere sassolini; ma la donna aveva chiuso la porta e Hänsel non poté uscire. Eppure consolò la sorellina dicendo: “Non piangere, Gretel, dormi pure tranquilla: il buon Dio ci aiuterà”.

Sul far del giorno, la donna fece alzare i bambini dal letto. Ebbero il loro pezzetto di pane, ma era ancora più piccolo dell’altra volta. Sulla strada del bosco, Hänsel lo sbriciolò in tasca, e spesso si fermava e buttava una briciola in terra.

“Hänsel, perché ti fermi a guardarti attorno?” disse il padre. “Cammina!”

“Guardo il mio piccioncino che è sul tetto e vuol dirmi addio”, rispose Hänsel.

“Sciocco”, disse la donna, “non è il tuo piccione, è il primo sole che brilla sul comignolo”.

Ma Hänsel un po’ per volta gettò tutte le briciole per via.

La donna condusse i bambini ancor più addentro nel bosco, dove non eran mai stati in vita loro. Accesero di nuovo un gran fuoco e la madre disse: “Restate qui, bambini; se siete stanchi, potete dormire un po’. Noi andiamo a tagliar legna nel bosco e stasera, quando abbiamo finito, veniamo a prendervi”.

A mezzogiorno Gretel divise il pane con Hänsel, che l’aveva sparso per via. Poi si addormentarono e passò la sera, ma nessuno venne dai poveri bambini. Si svegliarono solo a notte fonda, e Hänsel consolò la sorellina dicendo: “Aspetta, Gretel, che sorga la luna: allora vedremo le briciole di pane che ho sparso; ci mostreranno la via di casa”.

Quando sorse la luna, si alzarono, ma non trovarono più neanche una briciola: le avevano beccate i mille e mille uccellini che volano per campi e boschi.

Hänsel disse a Gretel: “Troveremo la strada lo stesso”.

Ma non la trovarono. Camminarono tutta la notte e ancora un giorno, da mane a sera, ma non uscirono dal bosco e avevano tanta fame, perché avevan solo un po’ di bacche trovate per terra. Eran così stanchi che le gambe non li reggevano più; si sdraiarono sotto un albero e si addormentarono.

Era già la terza mattina, da quando avevan lasciato la casa del padre. Ricominciarono a camminare, ma si addentravano sempre più nel bosco, e se non trovavano presto aiuto, sarebbero morti di fame.

A mezzogiorno, videro su un ramo un bell’uccellino bianco come la neve; cantava così bene che si fermarono ad ascoltarlo. Quand’ebbe finito, aprì le ali e volò davanti a loro ed essi lo seguirono, finché giunsero a una piccola casa e l’uccellino si posò sul tetto. Quando furono ben vicini, videro che la casina era fatta di pane e coperta di focaccia; ma le finestre erano di zucchero trasparente.

“All’opera!” disse Hänsel “Faremo un ottimo pranzo. Io mangerò un pezzo di tetto e tu, Gretel, puoi mangiare un pezzettino di finestra: è dolce”.

Hänsel si rizzò, stese la mano in alto, e staccò un pezzo di tetto, per sentire che gusto aveva; e Gretel s’accostò ai vetri e cominciò a spilluzzicarli. Allora una voce sottile gridò dall’interno:

“Rodi, rodi, morsicchia, la casina chi rosicchia?”

I bambini risposero: ““Il vento, il venticello, il celeste bambinello” e continuarono a mangiare, senza lasciarsi confondere. Hänsel, a cui il tetto piaceva molto, ne staccò un grosso pezzo, e Gretel tirò fuori tutto un vetro rotondo, sedette in terra e se lo succhiò beatamente. Ma d’un tratto la porta si aprì e venne fuori pian piano una vecchia decrepita, che si appoggiava a una gruccia.

Hänsel e Gretel si spaventarono tanto, che lasciarono cadere quel che avevano in mano. Ma la vecchia dondolò la testa e disse: “Ah, cari bambini, chi vi ha portato qui? Entrate e rimanete con me, non vi succederà niente di male”.

Li prese entrambi per mano e li condusse nella sua casetta. Fu loro servita una buona cena, latte e frittelle, mele e noci; poi furono preparati due bei lettini bianchi, e Hänsel e Gretel si coricarono e credevano di essere in paradiso.

La vecchia fingeva di esser benigna, ma era una cattiva strega, che insidiava i bambini e aveva costruito la casetta di pane soltanto per attirarli. Quando un bambino cadeva nelle sue mani, l’uccideva, lo cucinava e lo mangiava; e per lei quello era giorno di festa.

Le streghe hanno gli occhi rossi e la vista corta, ma hanno un fiuto finissimo, come gli animali, e sentono l’avvicinarsi di creature umane. E quando si avvicinarono Hänsel e Gretel, ella rise malignamente e disse, beffarda: “Sono in mio potere, non mi scappano più”.

Di buon mattino, prima che i bambini fossero svegli, si alzò, e quando li vide riposare così dolcemente, con le gote rosse e tonde, mormorò fra sé: “Diventerà un buon boccone”.

Afferrò Hänsel con la mano risecchita, lo portò in una stia e lo rinchiuse dietro un’inferriata; e per quanto egli gridasse, non gli giovò. Poi la strega andò da Gretel, la svegliò con uno scossone e gridò:

“Alzati, poltrona, porta l’acqua e cucina qualcosa di buono per tuo fratello, che è là nella stia e deve ingrassare. Quando è grasso, voglio mangiarmelo”.

Gretel si mise a piangere amaramente, ma fu inutile: dovette fare quel che voleva la cattiva strega.

Ora al povero Hänsel cucinavano i cibi più squisiti, ma Gretel non riceveva che gusci di gambero. Ogni mattina la vecchia si trascinava fino alla stia e gridava: “Hänsel, sporgi le dita, che senta se presto sarai grasso”. Ma egli le sporgeva un ossicino e la vecchia, che aveva gli occhi torbidi, non poteva vederlo, credeva che fossero le dita di Hänsel e si stupiva che non volesse proprio ingrassare.

Dopo quattro settimane, visto che Hänsel era sempre magro, perse la pazienza e non volle più aspettare: “Sù, Gretel”, gridò alla fanciulla, “porta l’acqua, svelta; grasso o magro che sia, domani ammazzerò Hänsel e lo cucinerò”.

Ah, come pianse la povera sorellina, quando dovette portar l’acqua! E come le scorrevano le lacrime sulle guance! “Buon Dio, aiutaci!” implorava. “Ci avessero divorato le bestie feroci nel bosco! Almeno saremmo morti insieme”.

“Rispàrmiati il piagnisteo”, disse la vecchia, “non serve a nulla”.

Di buon mattino Gretel dovette uscire, appendere il paiolo con l’acqua e accendere il fuoco.

“Prima di tutto bisogna cuocere il pane”, disse la vecchia. “Ho già scaldato il forno e impastato”.

Spinse fuori la povera Gretel, fin presso il forno da cui già svampavano le fiamme. “Càcciati dentro”, disse la strega, “e guarda se è ben caldo, perché possiamo infornare il pane”. E mentre Gretel era dentro, avrebbe chiuso il forno per farla arrostire e mangiarsela anche lei.

Ma Gretel capì la sua intenzione e disse: “Non so come fare: come faccio a entrarci?”

“Stupida oca”, disse la vecchia, “l’apertura è abbastanza grande; guarda, potrei entrarci anch’io”.

Arrancò fin là e sporse la testa nel forno. Allora Gretel, con un urtone, la spinse dentro, chiuse lo sportello di ferro e tirò il catenaccio.

Uh! che urla orribili gettò la strega! Ma Gretel corse via e la maledetta strega dovette miseramente bruciare.

Gretel corse difilato da Hänsel, apri la stia e gridò: “Hänsel, siamo liberi, la vecchia strega è morta!”

Allora Hänsel saltò fuori come un uccello quando gli aprono la gabbia. Con che gioia si saltarono al collo, si baciarono e fecero capriole! E siccome non avevan più nulla da temere, entrarono nella casa della strega, e dappertutto c’erano forzieri pieni di perle e di pietre preziose.

“Sono ancor meglio dei sassolini!” disse Hänsel, e mise in tasca tutto quel che poté entrarci; e Gretel disse: “Anch’io voglio portarne a casa un po’!” E si riempi il grembiulino.

“Ma adesso andiamo via”, disse Hänsel, “dobbiamo uscire dal bosco della strega”.

Dopo aver camminato un paio d’ore, giunsero a un gran fiume.

“Non possiamo attraversarlo”, disse Hänsel, “non vedo né ponte né passerella”.

“E non c’è neanche una barchetta”, rispose Gretel, “ma là nuota un’anitra bianca; se la prego, ci aiuterà a passare”. E gridò: “Anatrino, corri! Hänsel e Gretel qui soccorri. Nessun ponte passa il fiume, prendici dunque sulle bianche piume!”

E l’anatrino si avvicinò; Hänsel gli salì sul dorso e disse alla sorellina di sederglisi accanto.

“No”, rispose Gretel, “sarebbe troppo pesante per l’anitra; ci trasporterà l’uno dopo l’altro”.

Così fece la buona bestiola; e quando furono felicemente arrivati dall’altra parte, dopo un breve tratto di strada, il bosco divenne loro sempre più familiare e alla fine scorsero di lontano la casa del loro babbo. Allora si misero a correre, si precipitarono nella stanza e si appesero al collo del padre. L’uomo non aveva più avuto un’ora lieta da quando aveva lasciato i bambini nel bosco, ma la donna era morta.

Gretel rovesciò il suo grembiulino, sicché le perle e le pietre preziose saltellarono per tutta la stanza, e Hänsel vi aggiunse a manciate il contenuto della sua tasca. Così finiron tutti i guai e i tre vissero insieme felici e contenti.

 

La mia fiaba ti ho detto. Laggiù corre un sorcetto. Prendigli il pelliccione e fatti un berrettone.

 

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