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domenica 25 ottobre 2009 dai alla Sinistra un’ultima possibilità:

Vai alle Primarie e scegli Marino!

 

dall’intervista a Ignazio Marino uscita su left n° 38 di venerdì 25 settembre 2009

 

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domenica 25 ottobre dai alla Sinistra un’ultima possibilità: VAI ALLE PRIMARIE E SCEGLI MARINO!

 

Bersani oggi sembra avere la vittoria in tasca. La struttura del vecchio Pci sembra reggere e l’Opa sulla Margherita, l’operazione Pd, riuscire. Che segretario crede sarà?

Fossi in lui non sarei così sicuro. Il 25 ottobre, col voto alle primarie, il risultato potrebbe sorprendere. Bersani è vincente sui votanti nei circoli. Non ci vuole uno scienziato per dire che i 4 milioni di persone, che mi auguro voteranno alle primarie, potrebbero esprimere un voto diverso. Comunque, se dovesse vincere, speriamo che faccia un partito inclusivo e non solo di una parte. Spero che pensi a un Pd laico, democratico e di sinistra. Che attragga le forze laiche che vogliono un Paese moderno.

 

I sondaggi la danno terzo. In tempi di “voto utile”, perché dovrebbero scegliere lei?

Perché sono l’unico che può dire dei sì e dei no. Chiari. Ed è importante, perché il Pd deve avere un’identità. Pensate alla recente questione dei respingimenti in mare: il Pd rispose con tre posizioni diverse. Ma come fa un elettore a capire “cosa” vota, così? Noi siamo chiari e netti: no al nucleare, sì alle rinnovabili, no ai respingimenti, sì alle unioni civili, ecc.

 

Se vince Bersani, usciranno dal Pd i cattolici integralisti alla Binetti/Rutelli?

Non credo. Sono io quello incompatibile con politici come la Binetti, che ha già annunciato la sua uscita nel caso che vincessi. Non ha mai detto che lascerebbe il Pd con Bersani. Comunione e liberazione ha appoggiato spesso Bersani, mai il sottoscritto. Bersani ha dalla sua gente come Letta, che sul biotestamento vota con Berlusconi.

 

Cosa pensa del “grande centro cattolico” di Casini?

Non disturberebbe il Pd di Bersani, che ha una visione anni ’80, in cui le segreterie dei partiti fanno accordi e alleanze sulla testa degli elettori. Io immagino un Pd grande e aperto. In queste settimane ho incontrato un numero incredibile di persone che mi hanno detto: “Ero dell’Idv, o socialista, o repubblicano, e mi sono iscritto al Pd per sostenerla”. Lo fanno per la mia visione laica dello Stato. Il partito che immagino porta dentro di sé tutte queste energie e risorse. Io vorrei dentro i Socialisti, i Radicali...

 

Nella corsa per la segreteria c’è chi ha detto che la laicità “non basta” per dirigere un partito. La sua risposta è stata che la laicità è qualcosa di più ampio...

Conosco il sarcasmo su di me. Ma in questa campagna elettorale sono l’unico che ha sollevato con costanza temi come il diritto di cittadinanza per un bambino che nasce sul suolo italiano, il contratto unico di lavoro a tempo indeterminato con salario minimo garantito, il reddito di disoccupazione, il no al nucleare, la tutela dell’ambiente, la questione delle energie rinnovabili. Tante questioni puntuali su problemi che le persone oggi avvertono come importanti, a partire dal lavoro e dalla crisi economica. La questione della laicità non è il solo tema della nostra mozione. E poi la laicità non è solo un obiettivo, ma un metodo.

 

Come sarebbe questo “metodo laico”?

Metodo laico significa che, quando si affronta un problema, ci si siede tutti intorno a un tavolo con l’idea che non si è portatori della verità. Vuol dire praticare il dubbio, cambiare idea. Dopo la discussione, laico significa impegno a sostenere con lealtà la linea che si è decisa insieme. Questo, fino a oggi, nel Pd è mancato.

 

Nel suo libro appena uscito per Einaudi, Nelle tue mani, scrive che il progresso della scienza oggi apre una sfida epocale. Ma norme come la legge 40 o il ddl Calabrò sul testamento biologico, in via di approvazione, legano le mani al medico impedendogli di ricorrere alle terapie che ritiene più opportune...

Un medico oggi si trova ad affrontare sfide che prima non esistevano. Non solo la politica, ma tutta la Società deve prepararsi a nuovi interrogativi. Ed è un bene, perché sono legati al fatto che la scienza e la tecnica stanno progredendo in modo straordinario. Rispetto al passato, oggi disponiamo di tecniche che ci permettono di curare malattie che solo quarant’anni fa ci avrebbero fatto allargare le braccia rassegnati. C’era un solo modo per venire al mondo, si poteva fare poco per una coppia che aveva problemi di infertilità. Pochissimo si poteva fare se una persona smetteva di respirare o smetteva di nutrirsi. Oggi, per fortuna, esistono delle tecnologie che ci permettono di salvare tante vite. L’aspettativa di vita di una bambina nata nel 1900 era di 45 anni, mentre quella di una bambina del 2009 è quasi di 85 anni: una differenza straordinaria. Dovremo essere preparati a rispondere agli interrogativi di natura etica che il progresso della scienza e della tecnica ci pongono. Già oggi ci sono quelli che riguardano la ricerca sulle staminali, la possibilità di far nascere un bambino sano da una coppia che abbia delle malattie trasmissibili geneticamente... Sono le sfide intellettuali e culturali della nostra modernità.

 

Ma un Parlamento può dare delle risposte, su questi temi, prescindendo da ciò che dicono i medici?

Un Paese può decidere di non darsi una legge su una materia, ma quello che non può fare è darsi una legge che riguarda la scienza e la sanità senza tener conto dell’opinione scientifica e dell’opinione dei medici. Un’ovvietà? Non nel nostro Paese, purtroppo.

 

“Il dovere del medico,” scrive nel nuovo libro, “è non accanirsi. Deve sapersi fermare quando non c’è più nulla da fare, anche se questo provoca sconforto”. Ma lei racconta anche di una ragazza anoressica che rifiutava l’alimentazione artificiale. Un caso ovviamente del tutto diverso da quello di Welby e ancor più da quello di Eluana. Che cosa potremmo dire riguardo alla sospensione di terapie in questi tre casi?

Tre casi assolutamente differenti. Piergiorgio Welby, dopo molti anni di assistenza con un respiratore automatico, essendo arrivato a un punto in cui non poteva più nemmeno controllare la tastiera di un computer, dopo aver riflettuto e discusso tanto, dopo aver scritto una lettera al presidente della Repubblica piena di riflessioni profonde, decise di non avvalersi più di una tecnologia che riteneva “sproporzionata”. Anche se nel Pd in molti, come Rosy Bindi e Paola Binetti, hanno detto che era eutanasia, io penso invece che fosse un caso di libertà di scelta rispetto a una terapia. Una persona deve avere il diritto di scegliere se vuole utilizzare una terapia oppure no, l’esistenza di una tecnologia non deve costituire l’obbligo a usarla, come vorrebbe questo governo di destra con la legge sul biotestamento; una legge che rende obbligatorie idratazione e alimentazione artificiale a tutte le persone che entrano in uno stato di incoscienza. Welby era in una situazione in cui poteva e aveva il diritto di accettare o rifiutare le terapie. Una giovane donna anoressica che rischia di morire perché non si nutre è in una situazione diversa, perché ha un problema di natura psichica che dovrebbe essere affrontato con tutte le risorse possibili, aiutandola a superare la malattia. Qui bisogna usare tutto ciò che la medicina mette a disposizione per convincere la persona a curarsi. Comunque, non credo che una persona debba essere obbligata a una terapia. Per esempio, non penso che una persona anoressica o un testimone di Geova che rifiuta una donazione di sangue per motivi religiosi debbano essere curati forzatamente.

 

Ma per certi casi è previsto il trattamento sanitario obbligatorio. E se Welby non poteva essere curato, e la morte sarebbe comunque sopravvenuta di lì a poco, diverso è il caso della ragazza anoressica che poteva essere curata con una terapia psichiatrica.

Io non sono uno specialista di malattie psichiche e nel libro scrivevo appunto della mia frustrazione di chirurgo, nel non saper aiutare qualcuno che volevo aiutare con tutto me stesso.

 

La Cei, il papa ed esponenti della Chiesa intervengono quotidianamente nel dibattito pubblico italiano su questioni bioetiche e sulle leggi. Ruini ha più volte ripetuto che la visione dell’uomo espressa dalla religione cattolica è un’antropologia e descrive la verità sull’uomo. Lei da medico cosa ne pensa?

Dal tempo di Galileo abbiamo appreso che tante verità sono relative. Da credente mi sento di dire che c’è una differenza fra la dottrina rivelata, le parole che può aver pronunciato Gesù e l’interpretazione che il mondo scientifico dà della natura; interpretazione che evidentemente evolve sulla base della nostra conoscenza. In altre parole, io non credo che costituisca un problema il fatto di ambire a una conoscenza che si sviluppi continuamente. Un passo della prima lettera di san Paolo agli aspostoli dice: “Conoscete come sarete conosciuti”. Anche nella tradizione cristiana la conoscenza viene indicata per l’Umanità come un bene supremo e quindi penso che conoscere di più ciò che ci circonda non debba mai costituire un problema. Se mai, il problema può nascere dal modo in cui decidiamo di disporre di quella conoscenza.

 

Allora prendiamo l’esempio concreto del papa che in Africa scoraggia l’uso del preservativo. In un contesto in cui potrebbe salvare milioni di vite. Come commenta quelle prese di posizione che fanno inorridire i laici?

Non è mio costume commentare le affermazioni del papa. Per me non c’è contraddizione tra scienza e fede. Da medico, per me la risposta a certi quesiti è chiara. Ma capisco anche che nella Chiesa su molte questioni c’è un dibattito aperto.

 

Eppure gli esempi di contrasto tra scienza e religione abbondano. Prendiamo la disputa sulla natura dell’embrione, se questo sia o no persona. I medici, anche alla luce delle più recenti scoperte psichiatriche e di neonatologia, sanno ormai che solo intorno alla 24esima settimana il feto sviluppa una “possibilità” di vita autonoma, ma che solo alla nascita si attiva il cervello, nasce il pensiero, e si può parlare finalmente di persona. Lei, da medico, cosa ne pensa?

Voi tirate in ballo questioni complesse che riguardano la scienza, la filosofia, la religione e i rapporti tra queste. Direi solo che all’interno della comunità scientifica ci sono ancora posizioni diverse sul tema. Personalmente io non mi sento di immaginare una nuova vita se non c’è nuovo Dna. Per me le cose cambiano dal momento in cui avviene la fusione dei patrimoni genetici.

 

Ma questo accade prestissimo. Vuol dire di fatto che l’aborto è un omicidio.

Io credo che l’aborto sia sempre un dramma per una donna. E che si debba fare il possibile per evitarlo. Ciò detto, è fuori di dubbio che uno Stato laico deve avere una legge sull’aborto. Io mi sono laureato negli anni ’70, prima che fosse legale. Ricordo bene le donne che arrivavano in ospedale distrutte dalle mammane. Non possiamo certo tornare a quelle aberrazioni, la salute delle donne è più importante.

 

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(Intervista raccolta per left da Luca Bonaccorsi e Simona Maggiorelli).

 

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Materiali

 

Le parole di Marino

(presentazione in PowerPoint, 987 kb)

 

La mozione Marino

(documento in pdf, 386 kb)

 

I punti principali della mozione Marino

(documento in pdf, 2 pagine, 142 kb)

 

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