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Anticoli Corrado nel 1946

nelle immagini del film Sinfonia fatale

 

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Zitelle a Vallepietra, Modelle ad Anticoli Corrado - Immagini della Donna nel Novecento della Valle dell’Aniene

 

I fotogrammi del film Sinfonia fatale contenuti in questa pagina sono stati riprodotti, senza fini di lucro, allo scopo prettamente didattico

di illustrare le architetture, il paesaggio e i costumi anticolani di settant’anni fa. Ciò nondimeno, ScuolAnticoli si dichiara fin d’ora

a disposizione degli aventi diritto per l’adempimento di ogni proprio obbligo nei loro confronti: clicca qui per metterti in contatto!

 

Marina Berti, splendida e bravissima interprete principale del film.

 

Clicca sui fotogrammi per ingrandirli!

 

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Altre immagini

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Due immagini della lavorazione del film, donate a ScuolAnticoli da Guido Hansen

 

Piazza delle Ville ad Anticoli Corrado

Piazza delle Ville ad Anticoli Corrado

 

Anticoli ricostruita a Cinecittà

Anticoli ricostruita a Cinecittà

 

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Omaggio alla Modella Anticolana

 

Clicca qui per scaricare il file in .pdf     Oppure qui per scaricarlo in .doc

 

Sinfonia fatale ― benché il titolo lo renda minaccioso fin dall’inizio ― è un film bellissimo, che consiglio a tutti gli Anticolani di vedere e perfino di rivedere. Non “solo” per i volti, gli scorci e i paesaggi del nostro paese qual era settant’anni fa, ma per i profondi significati, molto interessanti ancora oggi, che esso ci lascia intuire, e dei quali tra poco vi parlerò. E per la meravigliosa bellezza e la straordinaria bravura di Marina Berti, allora ventitreenne: una delle più grandi, ma purtroppo misconosciute, attrici italiane, la cui intensa interpretazione è la principale se non l’unica chiave per comprendere tali significati.

 

Quel che spiace, infatti, in questo film ― pur bellissimo, ripeto, e magnificamente diretto e interpretato, ragion per cui va dato atto alle case produttrici, la Cristaldi film e la Cecchi Gori home video, dell’ottima decisione di rieditarlo in dvd ― è proprio la caratterizzazione e la sorte del personaggio di Mirella, la bellissima, appassionata, intelligente modella anticolana interpretata appunto da Marina Berti.

 

Come mai la chiamo modella, anche se nel film non la si vede posare? Poiché, come le eccezionali ragazze anticolane che dalla metà dell’800 alla metà del ’9001 furono le muse degli artisti che fecero del nostro piccolo paese un grande atelier di pittura e scultura, Mirella è la vera ispiratrice della sinfonia (fatale, sì, ma solo a lei) che rende famoso e ricco il giovane compositore americano, John, di cui sventuratamente si innamora fin dal loro primo incontro in Piazza delle Ville. E poiché anche Mirella, come le modelle di Anticoli, viene per questo punita con una condanna che per esse fu l’infamia e l’oblio, e per lei è la morte.

 

L’iniziatore di questa disumana “tradizione” anticolana fu, probabilmente, il giornalista Tito Berti2, che nel 1882 visitò Anticoli Corrado e parlò delle modelle nei seguenti termini (vogliate scusarmi per la lunga autocitazione, necessaria, però, a chiarire in che senso Sinfonia fatale si inscrive, purtroppo, in tale tradizione):

 

“A un certo punto della sua ‘filippica’ contro Anticoli, il Berti è però costretto ― non potendo negare quel che tutta l’Europa colta già sapeva da circa un trentennio3 ― ad ammettere la ‘speciale simpatia’ creatasi tra gli Anticolani e gli artisti: In estate, scrive, Anticoli è luogo di villeggiatura e, cosa curiosa, è luogo di villeggiatura dei pittori. Cosa curiosa, la definisce. E già l’aggettivo mostra che per lui tale scelta non si spiega se non con la ben nota stramberia di pittori e scultori. Vi si recano annualmente in 20 o 30, continua il ‘nostro’ come se parlasse di uccelli migratori, e vi passano i mesi del caldo disegnando e dipingendo le mille belle fantasie della natura. Segno che ad Anticoli e fra gli Anticolani si trovano bene le persone più dotate d’immaginazione, sensibilità, intelligenza? Ma quando mai! Un anticolano, racconta e ‘spiega’ il Berti in tono da barzellettiere, mi accennava non è lungo tempo, un angolo di una piazzetta brutto e lurido, dicendomi con entusiasmo: ‘Vedete voi quell’angolo di muro? È una delle più belle cose di Anticoli: i pittori lo hanno disegnato centinaia di volte e non si saziano di ricopiarlo’. (Discorso che, se l’autore fosse ben disposto, si potrebbe intendere nel senso che gli Anticolani, sagaci, non si fanno incantare dalle ‘svenevolezze’ degli artisti; ma il Berti non è ben disposto, e dunque per lui l’anticolano parlava con entusiasmo, cioè non aveva affatto capito quanto erano sciocchi, quei pittori, per innamorarsi di un angolo così brutto e lurido). Io sorrisi a quel buon uomo, continua il Berti ― attenzione, ché adesso arriva il bello ― ma pensai fra me se era forse l’economia del vivere che chiamava i pittori ad Anticoli, o quei begli occhi celesti che vedevo lampeggiare alle finestre prossime all’angolo lurido che è una delle più belle cose di Anticoli. A mantenere l’affiatamento credo debbano avere influito in gran parte le furbe anticolane, imperocché alcune di esse sono riuscite a dividere la mensa ed il letto dell’ospite, con, ed anche senza, il permesso del sindaco.

 

Mettiamoci nei panni del povero Berti: vorrebbe scrivere un’opera monumentale sui comuni del Lazio, dunque ha velleità letterarie. Ma, ahimé, non è un artista, e appena mette piede ad Anticoli è costretto ad accorgersene... da chi? Ma dalle belle Anticolane, diamine ― o quanto meno dalle belle tra le belle che si salvano donne facendosi modelle ― che a lui, povero Berti, non ‘lampeggiano con gli occhi’ dalle finestre che Arturo Martini renderà immortali; che in lui, povero Berti, lasciano ‘lurido e brutto’ quel che negli altri, negli artisti veri, tramutano in sublime coi loro sguardi. Circi all’incontrario, capaci di far innamorare sol chi non è porco già di suo, sono proprio le belle Anticolane ― streghe così potenti da far piazza pulita in men che non si dica della ‘laicità’ razionale del Berti inducendolo a rimproverarle ridicolmente, come una beghina, di lasciar scoperte le braccia ― che lo fanno impazzire d’odio e di invidia non solo per la loro fantasia, libertà e, dunque, bellezza, ma contro tutto ciò su cui si posano, da quel fatal momento in poi, gli occhi suoi ormai non più vitali: gli artisti di mezza Europa, per il Berti ridotti a mattocchi e sciupafemmine senz’arte né parte; gli Anticolani in massa, per il Berti feccia; e infine il paese tutto, con annessi e connessi, per il Berti il luogo più tristo della Valle dell’Aniene, se non del Lazio e d’Italia! L’immaginazione del poveretto, ‘maledetta’ dall’odio per le Anticolane del quale si è ammalata, ormai tramuta in sterco tutto ciò che sfiora”.

 

Analogamente, in Sinfonia fatale, l’incantevole Mirella “dimostra”, non razionalmente ma affettivamente, che furono le ragazze di Anticoli a rendere artisti i pittori e gli scultori, e non i pittori e gli scultori a “creare” loro come modelle e come donne. Ma il film ― forse inconsapevolmente, certo con uno “stile” che non ha niente a che vedere col bieco livore del Berti ― fa di tutto per farla apparire pericolosa, e infine la uccide.

 

Comincia, infatti, fin dalla prima volta che la inquadra, presentandola come una bambina ingenua ed esaltata, che s’infatua del giovane musicista americano senza rendersi conto della propria e della sua realtà. Invece è vero l’opposto: lui è un bellimbusto senza spessore, che niente capisce di sé e del mondo in cui vive; mentre Mirella sarà anche una ragazzetta ― come se essere ragazzette, cioè i più meravigliosi esseri umani che la Terra alberghi, sia una sorta di maledizione divina ― ma la sua passione per John è amore vero, e il suo desiderio di realizzarsi umanamente nel rapporto con un uomo è quanto di più in rapporto con la realtà si possa immaginare.

 

Certo, Mirella sbaglia: vede in lui quel che non c’è, le sembra che all’“arte” del giovane ― tra virgolette, perché nel suo caso è solo tecnica ― non possa non corrispondere la sostanza umana, la volontà e la capacità di rimanere umano, di un artista autentico. Mentre non è così. E quindi si illude, Mirella, che John, in quanto artista, rispetti le donne e le comprenda. Invece no: John odia le donne. Lascia la sua ricca, gelida cariatide americana accusandola di allontanarlo dall’arte ma, in realtà, dall’arte è lontano già di suo. Tant’è vero che quando trova in Mirella una splendida donna che all’arte potrebbe ricongiungerlo amandolo e ispirandolo, egli non è capace che di sfruttarla per poi, dopo averla derubata della sua creatività, dimenticarla e lasciarla morire.

 

Sì, Mirella “sbaglia”, innamorandosi di quel tardo epigono di Maurice Sterne4, stupido e violento ― violento per stupidità ― ma è lo sbaglio appassionato di una giovane donna che, malgrado la disperante miseria affettiva, intellettuale e civile del borgo sperduto in cui è venuta al mondo, cerca nel rapporto con un uomo, “straniero” e artista, la forza necessaria alla propria realizzazione.

 

Ma lo sceneggiatore e il regista di Sinfonia fatale ― che per aiutare Mirella potrebbero tutto, essendo per definizione “onnipotenti” nei confronti dei personaggi che mettono in scena ― incredibilmente quanto “normalmente” si schierano dalla parte di John!

 

Fate caso all’anziano pittore che per primo invita John a “Castelmola”. Nel corso dell’intera vicenda, dalla prima all’ultima scena, la sua funzione è quella del “monito vivente”. Poiché lui da giovane rimase, sì, con la modella anticolana che lo “stregò”, ma cosa glien’è venuto? Una sorta d’inferno famigliare in terra, e la condanna alla mediocrità: “Attento! Non fare come me, o farai la mia fine!” sembra dire a John ogni qual volta gli si presenta carico di figli e sempre “marcato stretto” dalla bisbetica moglie che, il giorno stesso del matrimonio, ha finito di essere la sua musa e si è tramutata nella sua nemesi.

 

E John, così ― sostenuto, incoraggiato e sospinto da una sceneggiatura appositamente studiata per farlo apparire incolpevole ― non fa come lui: sostenuto, incoraggiato e sospinto dapprima dalla guerra, poi da una “provvidenziale” ferita, poi dal ritorno della moglie, e infine addirittura dai disservizi postali (!), John semplicemente “dimentica” (annulla) Mirella. Non prima, però, di aver composto, ispirato dall’amore di lei (non per lei, ma di lei), la sinfonia che gli dà la fama e la ricchezza.

 

Solo che Mirella ama davvero: non rinuncerà tanto facilmente, si batterà. E il film, allora, la fa morire insieme alla nuova vita che porta in grembo. Per punirla di essere donna, profondamente umana, immensamente appassionata e intelligente, e di aver tentato di rimanerlo innamorandosi?

 

Tuttavia, questo scritto lascerebbe il tempo che trova se fosse soltanto una sorta di assurda damnatio memoriae ― a settant’anni di distanza! ― della sceneggiatura di Sinfonia fatale. Che invece, ripeto, è un film bellissimo e importantissimo proprio perché ci permette di fare i conti, noi Anticolani di oggi, con il nostro scarso o nessun rispetto per le modelle. Cioè per le donne.

 

Siamo noi Anticolani, da ben più di un secolo, a seppellire le modelle nella nostra insensibilità: a non amarle né odiarle, cioè, ma a far come se non siano mai esistite. Esse, invece, non soltanto esistettero, e furono determinanti per il nostro paese, e potrebbero esserlo ancora e molto di più se finalmente riconoscessimo davvero la loro importanza, ma esistono tuttora. In che senso? Non “solo” perché alcune sono ancora vive, ma soprattutto perché sono e saranno sempre “modelle”, ad Anticoli Corrado, tutte le ragazze che qui vivono e vivranno. E che tutte, sempre, cercano e cercheranno ― come Mirella ― di restare umane, appassionate, intelligenti, di amare e realizzarsi, e di trovare in un uomo chi le rispetti, non le ostacoli e le comprenda.

 

Ma come li troveranno, uomini così, se noi ― a mo’ di fondamentalisti impositori di veli e tabarri ― seguitiamo ad annullare la loro ricerca?

 

Stiamo ben attenti a come ci comportiamo con le ragazze anticolane! Pochi, delicatissimi anni espongono ognuna di loro al rischio, se non della morte come per Mirella, certo della sconfitta.

 

Cominciamo, finalmente, a gioire delle loro nascite come di quelle dei maschi. A non offenderle sin da bambine anteponendo loro smaccatamente i loro fratelli (cosa che sarebbe molto salutare anche per quest’ultimi). A non pretendere che diventino copie delle madri ― unico modo per aiutarle a non diventare invece copie, in un vano tentativo di ribellione, di certe “matrigne” televisive e mediatiche ― e a incoraggiarle piuttosto a scoprire sé stesse, il proprio modo di essere. A far loro vedere che preferiamo la loro compagnia a quella delle sedie dei bar. A non entrare in crisi dinanzi alla loro adolescenza come se fosse una malattia mortale. A salutare le loro nonne, quando le incontriamo in piazza, così come salutiamo tutti gli altri. A non dar prova, davanti a loro ― che sentono e vedono anche quando sembra di no, anche quando esse stesse paiono non rendersene conto ― di quella martellante mancanza di rispetto che è la nostra ostentata e continua “ammirazione”, da un lato per le “spose e madri” “virtuose”, dall’altro per le “donne oggetto” dei media e della pubblicità...

 

Cominciamo... e poi continuiamo!

 

Per concludere, una proposta: la nuova Amministrazione comunale indica un pubblico concorso, aperto a tutti gli scultori del mondo, per la creazione di un Monumento alla Modella Anticolana! E una festa ogni anno, anche!

 

Non sarebbe la soluzione? Ci vorrebbe ben altro? Potrebbe, anzi, risolversi in un’altra palata di terra sulla sua secolare sepoltura? Non è impossibile. Ma potrebbe invece essere l’inizio di quel che per essere vero dovrà però seguitare nella mente e nella vita di ognuno di noi.

 

Anticoli Corrado, 25 agosto 2016

 

[1] Delle quali ho parlato nel 2008 in uno dei miei scritti che amo di più, Zitelle a Vallepietra, Modelle ad Anticoli Corrado: Immagini della Donna nel ’900 della Valle dell’Aniene, oggi in Luigi Scialanca, La Terra vista da Anticoli Corrado dal 2005 al 2016, Anticoli Corrado, 2016, pp 92-105, acquistabile su Amazon.

 

[2] Tito Berti visitò e descrisse quattro paesi della Valle dell’Aniene: Affile (che della Valle non è, ma ha con essa forti legami), Agosta, Arsoli e Anticoli Corrado. Mise in evidenza pregi e difetti dei primi due con serena imparzialità, quasi s’innamorò di Arsoli, la piccola Parigi, ma quando giunse ad Anticoli vide, o piuttosto sentì, qualcosa che lo fece impazzire d’odio e di invidia. Il testo completo del suo articolo è scaricabile qui. Il mio saggio su di esso, intitolato L’invidioso d’Anticoli, è scaricabile qui.

 

[3] Scrive Umberto Parricchi: Raggiungono Anticoli artisti danesi e svedesi, austriaci, francesi, belgi, inglesi, olandesi, russi, norvegesi, tedeschi, svizzeri. Ernst Stückelberg, un pittore di Basilea, dopo viaggi di studio a Parigi e a Monaco, nel 1856 arriva in Italia. Da Roma, ove abita, nella stagione estiva si trasferisce in campagna, dipinge a Vicovaro, a Cervara e ad Anticoli. Del 1857 sono le Figuren aus dem Dorfleben von Anticoli in Sabinischen Gebirger, in der Nähe von Rom, tavola di disegni conservata nel Kunsthandel di Zurigo. Del 1857 o 1858 è il dipinto Sitzendes junges Mädchen in Volktracht aus Anticoli in den Sabinerbergen. Nel 1858 Stückelberg è il primo artista, di cui si hanno notizie sicure, a stabilirsi qui per alcuni mesi che egli stesso considera i più felici della sua vita. (Umberto Parricchi, a cura di, Un paese immaginario: Anticoli Corrado, Roma, 1984, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, pp 262 – 263).

 

[4]  Riguardo al quale, cfr. Luigi Scialanca, Arturo Martini cattivo ad Anticoli Corrado, 2007, oggi in Luigi Scialanca, La Terra vista da Anticoli Corrado dal 2005 al 2016, Anticoli Corrado, 2016, pp 47-91.

 

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