ScuolAnticoli

Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca

 

L'immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell'artista danese Viggo Rhode (1900-1976). L'ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

La Terra vista da Anticoli Corrado

nel settembre del 2016

 

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(Sabato 1° ottobre 2016. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Mercoledì 28 settembre 2016. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Di don Anacleto, parroco di Anticoli Corrado da non so più quanti anni, vi dirò quel che NON ha fatto, e molti altri invece sì. Poiché, ciò che ha fatto e fa non spetta a un ateo dirlo. Non a un ateo come me, in ogni caso.

Dunque.

1. Don Anacleto, all’epoca in cui le televisioni private erano illegali, NON ha mai allestito in parrocchia un’emittente televisiva fuorilegge. NÉ, tanto meno, ha mai trasmesso film che, essendo appena usciti al cinema, non potevano essere legalmente trasmessi neanche dall’emittente di Stato. Non solo: don Anacleto NON ha mai organizzato, né in parrocchia né altrove, riunioni di potenti Ordini paramassonici, e parcheggiate sotto casa e chiesa sue, quindi, NON si sono mai viste per metà della notte le lussuose limousine con targhe riservate di tali potenti Ordini. Infine ― per concludere col mio termine di paragone n°1 ― don Anacleto NON è mai entrato senza una regolare autorizzazione in una Scuola pubblica laica, e NON vi ha mai celebrato riti religiosi. Di conseguenza, NON è mai accaduto che un insegnante uscisse per protesta da Scuola durante un rito non autorizzato di don Anacleto, e tale insegnante NON è mai stato da lui additato ai parrocchiani come un agente di Satana.

2. Don Anacleto NON ha mai organizzato “ritiri spirituali” in orario scolastico. Quindi NON ha mai astutamente chiesto a un Istituto scolastico di convalidargli tali “ritiri” come “visite didattiche” a un qualche santuario e NON si è mai fatto sorprendere (dall’insegnante di cui sopra) a pranzo in ristorante dopo aver abbandonato nelle mani di una beghina gli alunni a lui affidati. Pertanto, don Anacleto NON è mai stato denunciato alle Forze dell’ordine (dall’insegnante di cui sopra) per il gravissimo reato di abbandono di minori. Inoltre, don Anacleto NON ha mai ingiuriato mendicanti rom davanti ai bambini. E infine ― per concludere col mio termine di paragone n°2 ― su don Anacleto NON sono mai circolate voci che avesse qualcosa a che vedere con dei furti di opere d’arte nelle chiese.

3. Don Anacleto ― al contrario del mio termine di paragone n°3 ― NON si è mai aspramente battuto per far bocciare un alunno (e non perché non ha mai insegnato Religione ma perché, anche se l’avesse insegnata, NON l’avrebbe fatto). Non solo: all’insegnante di cui sopra, che gli spiegava che l’alunno aveva stabilito un buon rapporto con lui, e che pertanto si poteva sperare che l’anno successivo si sarebbe impegnato di più, don Anacleto NON ha mai risposto: “Ma lei, professore, non può mica esser sicuro che l’anno prossimo sarà ancora al mondo: siamo nelle mani del Signore!” (E così ― detto en passant ― don Anacleto NON è prematuramente defunto quell’estate stessa lui, invece dell’insegnante di cui sopra).

4. Nelle gite e nei viaggi organizzati da don Anacleto, NESSUN bambino è mai incorso in un fatale incidente per mancata vigilanza da parte sua. (E questo è tutto ― ed è infinitamente troppo ― per il mio termine di paragone n°4).

5. Don Anacleto ― al contrario del mio termine di paragone n°5 ― durante un rito funebre da lui officiato NON ha mai pubblicamente accusato i congiunti della defunta (o del defunto) di averla addolorata (o addolorato) con il loro ateismo. E NON l’ha fatto perché don Anacleto NON è un vile pupazzo senza cuore dalla vocetta da castrato, incapace della benché minima empatia con i sentimenti altrui. No, don Anacleto NON è così.

6. Don Anacleto ― al contrario del 6° e ultimo dei miei termini di paragone ― NON è mai stato oggetto della peggiore accusa che si possa muovere a un sacerdote. Anzi: NON è mai stato neppure calunniato in tal senso, poiché tra coloro che don Anacleto ha frequentato, evidentemente, NON vi sono mai stati individui capaci di simili calunnie.

Eppure, chissà perché, don Anacleto NON ha fatto carriera. NON è un alto prelato. NON si aggira con passi felpati per le lussuose sale del Vaticano. NON lo invitano a pontificare nei talkshow. Forse perché la Chiesa cattolica, come se essere una Chiesa non bastasse, è anche in Italia?

Che può dire di più, un vecchio ateo di un prete, senza che lo accusino di non esserlo per davvero?

Solo questo: don Anacleto sarà pure un sacerdote, non lo nego, tuttavia è rimasto umano.

Post scriptum: caro don Anacleto, mi raccomando: continua così almeno finché campo io! Se no che figura ci faccio?

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(Domenica 25 settembre 2016. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Un bellissimo mattino di primavera del 1990, una bambina di quasi tre anni, un padre di 39 e una madre di 35 si recarono in un ospedale pediatrico in riva al mare. Avevano prenotato una visita ortopedica poiché una maestra della Scuola dell’infanzia aveva detto loro: “La bambina cammina male”.

Dopo una lunga attesa, durante la quale avevano cercato di giocare e chiacchierare con la figlia senza dar troppo disturbo, vennero introdotti nello studio del medico: un uomo né giovane né vecchio, né gentile né brusco, elegantissimo malgrado il camice, visibilmente ricolmo di sapienza ed esperienza, e circonfuso come un santo da un’aura di venerazione. Il quale, torreggiando sulla bambina, le chiese con severa bonomia di camminare un po avanti e indietro.

“No” disse la bambina.

Il medico non ripeté l’invito. Sapeva che l’avrebbero fatto l’infermiera, la madre e il padre.

“No” disse la bambina all’infermiera.

“No” disse alla madre.

“No” disse al padre.

La situazione era imbarazzante! Ma il luminare la risolse: trasse di tasca un rettangolino di cartone e lo porse al padre, dicendo:

“Questo negativismo esasperato è già, di per sé, sintomo di un problema”.

Il padre guardò il biglietto: recava il nome, il cognome, l’indirizzo dello studio privato, il telefono e gli orari di una neurologa. Non meno illustre, certo, dell’illustre ortopedico.

Poco dopo, mentre la bambina giocava sulla spiaggia là fuori, il padre e la madre, seduti sulla sabbia nel verde della macchia mediterranea, guardandosi negli occhi mandarono a fare in culo l’illustre ortopedico, l’illustre sua collega neurologa, l’illustre ospedale pediatrico cattolico e, naturalmente, anche l’illustre maestra. E con loro tutti quelli che nei piccoli esseri umani son così certi di vedere mostri, che prima o poi delirano di riscontrarne le prove.

Da quel mattino di primavera è passato più di un quarto di secolo. Ma il padre lo ricorda minuto per minuto. Non potrà mai dimenticarlo. Sia perché tutti e tre furono per qualche istante sulla soglia di un incubo fatto realtà, in cui una bambina sana e felice sarebbe stata tramutata in un mostriciattolo. Sia perché egli, da allora, in qualità di insegnante, spesso ha dovuto constatare quanto è difficile difendere i bambini da chi, magari tra mille moine, li crede non ancora umani: preti e suore che delirano “peccati originali”, “medici” e “medichesse” che vogliono correggere “deformità” che vedono solo loro (ma che sono abili a far credere di vedere a chi a loro si affida), politici e amministratori che elaborano strategie per mettere i piccoli “in riga” allineandoli alle cosiddette “necessità” dell’economia, e... sì, anche genitori e “insegnanti” che mai hanno osato mandare a fare in culo tutti costoro.

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(Mercoledì 21 settembre 2016. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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“Ora abbiamo imparato che l’intero [sic] Universo si regge su un equilibrio precario che si potrebbe rompere in un qualunque momento”. Lo dice Guido Tonelli, professore ordinario di Fisica generale presso il dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell’Università di Pisa, in un articolo, La fine dell’Universo interroga la filosofia, apparso su la Lettura del Corriere della sera domenica 18 settembre.

“Scienza” apocalittica, a uso e consumo del “baraccone” mediatico? O siamo di fronte a un fenomeno che non possiamo liquidare con una battuta? Che merita, anzi, tutta la nostra attenzione?

A quanto pare, aver “dimenticato” lesistenza dell’Umanità sta portando la Scienza ― pur mentre giunge a toccare le fondamenta dell’Universo, del Tutto, della Realtà medesima ― a “dimenticare” anche l’esistenza propria. E, di conseguenza, a tornare a sparire nella religione.

Credere che l’Universo possa dissolversi in ogni momento equivale, infatti, a credere che l’Universo non esista. Che l’Universo, cioè, sia inessenziale (insieme a tutto ciò che lo compone, agli oggetti di tutte le scienze, e alle scienze stesse) rispetto a... che cosa? Cos’è essenziale, allora? Cos’è che non può dissolversi in ogni momento? Il Nulla? Dio?

In entrambi i casi (che poi son forse un caso solo, poiché la fede in un Dio reale e la fede in un Nulla reale sono probabilmente la stessa fede), la Scienza scompare, poiché di Dio e/o del Nulla (e/o di qualsiasi altro Essenziale Assoluto) non è possibile scienza alcuna.

E non rimane che la religione.

È logico che ciò accada, è razionale: cos’altro resta se non la religione a una Scienza che, non limitandosi a servirsi della Matematica, ne abusa per dichiarare inesistente quel che alla Matematica non soggiace ― vale a dire “soltanto” l’umano ― poiché, essa crede, ammetterne la presenza “turberebbe il suo rigore”?

Certo, con la sola Matematica si possono descrivere esattissimamente infinite realtà misurabili. Ma “ora” che la Scienza (da un secolo!) è arrivata a confrontarsi con le fondamenta della Realtà (cioè proprio con quel che sorregge l’Universo, e non lo fa sparire “in qualsiasi momento”), be’, o la Scienza “si accorge” che l’Universo si regge proprio sull’Umanità, o tutto, appunto, le si dissolve davanti, essa rimane senza oggetti, impotente: alle prese, ma senza costrutto, con pure apparenze, con assai meno che miraggi. Il che, volenti o nolenti, consapevoli o inconsapevoli, significa regredire a fare “ricerca” di Dio.

Pur di non riconciliarsi con l’umano, insomma, la Scienza si suicida: ridiventa teologia.

Non è vero? Può darsi. Ma allora, professor Tonelli, perché avete ricominciato a lanciare moniti apocalittici come se fossimo tornati all’anno Mille?

(Lunedì 19 settembre 2016. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Mercoledì 14 settembre 2016. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Ben tornati, Anticolane e Anticolani !!! (Clicca sull’immagine, se la vuoi in formato desktop!).

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Martedì 13 settembre riapre la Scuola Elementare e Media di Anticoli Corrado. Una Scuola che conosco bene, poiché insegno nella Media dal 1990. Gli alunni di allora hanno oggi quasi quarant’anni, i più giovani, che incontrerò domattina per la prima volta, solo undici. Penso, dunque, di poter parlare di questa Scuola con più esperienza di ogni altro, e con passione almeno altrettanto forte. E conoscendo il mondo circostante, in particolare la Valle dell’Aniene, penso di poter fare anche dei confronti. Poiché, però, quasi nessuno mi chiede né una cosa né l’altra, ecco qui ― in breve ― quel che ho da dire.

1. La Scuola Elementare e Media di Anticoli Corrado (in rapporto, naturalmente, alle situazioni offerte dal contesto ambientale) è una Scuola ottima, e pertanto fra le migliori. Da quando sono qui, ho visto sempre arrivare dalle Elementari bambine e bambini molto ben preparati, e tre anni dopo li ho visti andar via, adolescenti, preparati perfino meglio. Come dimostra, se non altro, il fatto che i laureati (che nel resto d’Italia purtroppo diminuiscono) ad Anticoli, dal 1990 a oggi, sono in costante aumento.

2. Ma l’alto livello della nostra Scuola non è fortuito: è il frutto di un impegno pluridecennale da parte degli Alunni, delle Famiglie e dei migliori tra gli Insegnanti che qui si sono susseguiti, e che non di rado hanno dovuto affrontare ― come se non bastasse la naturale difficoltà di un lavoro così arduo ― resistenze talora perfino aggressive da parte di alcuni. Certo, vi sono stati e vi sono anche dei problemi (uno per tutti le cosiddette pluriclassi: un’incostituzionale indegnità), ma venuti dall’esterno e dall’alto, e affrontati dagli Alunni, dalle Famiglie e dagli Insegnanti con tale bravura, che posso affermare senza tema di smentite che la preparazione delle Ragazze e dei Ragazzi di Anticoli non ne ha sofferto in alcun modo: tra quelli che per primi sono passati per le pluriclassi, molti si stanno oggi diplomando e laureando con ottimi risultati, e aumentano sempre più.

3. È falso, quindi, ciò che alcuni sostengono sulla base di puri e semplici pregiudizi e senza sapere di cosa parlano: le Bambine e i Bambini, le Ragazze e i Ragazzi di Anticoli Corrado non escono dalla loro Scuola meno in grado di altri di affrontare il vasto mondo. È vero esattamente l’opposto: ne escono “con una marcia in più”, e a chi non li guarda coi paraocchi, o addirittura con odio, lo dimostrano di continuo.

4. È una pericolosa illusione credere che una situazione di questo livello si possa trasferire altrove senza danneggiarla. Una Scuola che funziona è come un fiore meraviglioso, curato per anni con attenzioni continue: non lo si può trapiantare in un terreno diverso senza fargli correre gravi rischi. Se quel terreno è troppo diverso per un insieme di fattori (non tecnici, ma umani) che non sono stati attentamente analizzati, il fiore può appassire, e per guarirlo possono volerci anni: dieci, venti, o perfino di più, e sempreché si abbia la fortuna di trovare “giardinieri” altrettanto validi. Ma in realtà non è di un fiore, per quanto bello e prezioso, che stiamo parlando: stiamo parlando di inestimabili, giovanissimi esseri umani, cioè, né più né meno, del futuro di Anticoli Corrado per un’intera generazione.

5. Forte di queste certezze ― certezze, ripeto, che posso dimostrare a chiunque si prenda la pena di ascoltarmi non per fare un favore a me, che di favori non ho bisogno da alcuno, ma nell’interesse delle figlie e dei figli delle Anticolane e degli Anticolani ― auguro alle Alunne, agli Alunni e alle loro Famiglie un ottimo Anno scolastico 2016-2017. E, a chi ha l’onore e l’onere di poter prendere decisioni sul loro futuro, di farlo con la stessa passione e la stessa intelligenza con cui la Scuola Elementare e Media di Anticoli Corrado lavorerà affinché anche quest’Anno, come i precedenti, sia ottimo davvero.

P.s.: a proposito, ecco qui sotto un esempio (risalente al 2003) di quanto sia prezioso, nella Scuola, il “terreno” umano di cui sopra, e di quanto sia importante tenerne conto quando ci si occupa non di oggetti da incastrare l’uno con l’altro secondo regole matematiche, ma di esseri umani...

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(Lunedì 12 settembre 2016. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Come riconoscerli?

1. I giovinacci hanno tra i venti e i quaranta-quarantacinque anni. Talvolta possono dar segni di avviarsi a diventarlo già a tredici. Ma il criterio dell’età, da solo, non li identifica neanche presuntivamente.

Vediamone perciò qualche altro.

2. I giovinacci odiano gli esseri umani ― o, per meglio dire, quel che ci rende unici, la nostra umanità. Ciò non impedisce loro di trovarsi vicendevolmente simpatici per qualche tempo, né tanto meno di illudersi che tale “simpatia” sia autentica. Troppo stupidi per comprendere che se tutti gli esseri umani fossero mostri lo sarebbero anch’essi, i giovinacci non perdono occasione per diffamare la nostra specie. Ovviamente, dati gli scarsi mezzi intellettuali di cui dispongono, la loro propaganda anti-umana è di bassissimo livello, paragonabile a quella di una beghina. Il che ci permette una prima generalizzazione: i giovinacci sono beghine ben dissimulate.

3. L’odio, dunque ― un odio freddo, spassionato ― è nei giovinacci lo stato mentale dominante. Essi cercano, più o meno consapevolmente, di celarlo atteggiandosi a “simpatici” “compagnoni”. Ma cos’è la perpetua “simpatia” se non vacuità? E cos’è la vacuità se non l’espressione di un’assoluta incapacità di empatia? Il gelido odio dei giovinacci si distingue da quello dei vecchiacci proprio in questo: nella maschera di “simpatia” che pretenderebbe di nasconderlo. E si tradisce, però, nella glaciale ironia ― che il “simpatico” sorriso non riesce ad arginare ― con cui aggrediscono l’incauto che lascia trapelare sentimenti sinceri. Un’ironia che i giovinacci, se le vittime ne percepiscono la violenza, son sempre pronti a definire “scherzosa” per accusarle di non aver capito le loro “simpatiche” battute.

Non vi è che un modo per far emergere l’odio dei giovinacci dalla fredda palude che lo copre: portarli a “sclerare”. Ma con prudenza, poiché ― se la situazione è loro propizia ― quando l’odio esplode possono diventare tanto più violenti quanto più a lungo lo hanno celato e compresso.

4. I giovinacci ― va detto benché non li giustifichi ― sono figli di padri e madri che non li amarono. Ed è, questa, una delle caratteristiche più facilmente individuabili: basta far caso alla loro continua, esagerata venerazione dei propri genitori. Vivi o preferibilmente defunti che siano.

5. In quanto figli non amati ― oltre che per ovvi e infelici motivi anagrafici ― i giovinacci crebbero totalmente immersi nell’amerikana ideologia mercificante delle televisioni berlusciste e, poi, della Rai berluscistizzata. Abbandonati dinanzi a esse (anzi: in esse) i giovinacci si sono convinti che tutti siano spregevoli e che non esistano che merci. Che tutto e tutti siano merci. Perfino loro stessi. Convinzione che tradiscono quando approvano ed esaltano non solo le leggi contro i lavoratori dei governi-sgherri delle tirannie finanziarie globali, ma addirittura i padroni: ai giovinacci piace essere trattati come schiavi ― purché possano dissimulare tale perversione sotto veli ideologici fatti propri “a pappagallo” ― poiché ciò corrobora il loro profondo, ancorché inconsapevole, disprezzo per sé stessi.

6. In fatto di religione, i giovinacci si credono agnostici. Solo che l’agnosticismo, come tutto in essi, non è altro che una messinscena. In realtà sono religiosissimi, ma di una religiosità che tende al solipsismo. S’infatuano, cioè, per fedi non organizzate, a diffusione esclusivamente mediatica, tanto più maniacali quanto più elaborate in solitudine davanti a uno schermo in una realtà virtuale: (nazi)ecologisti, (nazi)animalisti, antivaccinisti, antiumanisti estremi che fantasticano (delirano) un mondo totalmente “ripulito” dalla presenza umana. L’individualismo fanatico (nazista, appunto) è la cifra comune di religioni siffatte.

Un ovvio corollario di tale caratteristica è l’odio dei giovinacci per i bambini, benché talora camuffato, al solito, da una maschera di “simpatica” quanto gelida svenevolezza. Essi tendono, perciò, a non avere figli, ma per una ragione ― il “puro” odio contro l’umanità ― che niente ha a che vedere con i motivi di chi giovinaccio non è.

7. Le condizioni socioeconomiche dei giovinacci sono, quasi sempre, medie. La disoccupazione è rara, tra loro. La bizzarra mistura di individualismo e subalternità che li contraddistingue, infatti, è gradita alla maggior parte dei padroni. Frequentemente, purtroppo, li si incontra a contatto col pubblico: dietro uno sportello o, peggio, tra gli infermieri di un ospedale, gli assistenti di un ricovero per anziani, le puericultrici di una scuola per l’infanzia. E lì, ovunque si trovino a occupare una posizione “dominante” su chi è più debole e indifeso, i giovinacci ne approfittano ― al riparo, ovviamente, da occhi indiscreti ― per vessare, maltrattare, o quanto meno schernire con fredda ironia, gli esseri umani loro affidati.

8. Intendiamoci: solo una parte dei tatuati sono giovinacci. Ma i giovinacci, in compenso, sono tatuati quasi tutti. Essi, infatti, odiando l’umanità, non possono non odiare il corpo umano, compreso il proprio. Non, però, nel senso che tendano a torturarlo direttamente: non troverete, fra loro, anoressici, bulimici, autolesionisti, tricotillomani. I giovinacci, al contrario, aggrediscono sé stessi per “abbellirsi”, per “migliorarsi” sottoponendosi a diete, ginnastiche e addestramenti eccessivi, abnormi. E il loro aspetto, perciò, è quasi sempre caratterizzato da un’inquietante stranezza, da una sottile disarmonia “superumana” ottenuta a furia di interventi brutali; o quanto meno, appunto, a furia di “decorazioni” che ― come tutte le decorazioni ― sottintendono l’idea che il substrato a cui vengono imposte (il corpo umano, in questo caso) sia, allo stato naturale, inguardabile.

9. I giovinacci non hanno, mai, una vita sessuale ad altezza umana. Vedono gli altri come cose ― e cose brutte, per di più ― e tale delirio non consente loro il benché minimo coinvolgimento affettivo. Il giovinaccio e la giovinaccia, quindi (mai insieme, sempre nei confronti di chi giovinaccio non è) praticano una sessualità in apparenza molto “libera”, “disinibita”, proteiforme e promiscua. Ma anche questa è solo messinscena: in realtà non fanno che ripetere all’infinito la medesima, stereotipata utilizzazione del partner per masturbarsi, carica di disprezzo e di nauseata insofferenza. Non hanno, perciò, ricordi d’amore. Tranne, talvolta, qualche contraffazione di rimpianto.

10. Infine ― ed è la loro caratteristica più interessante, benché solo in senso “anticolano” ― i giovinacci si contraddistinguono per non essere stati alunni del professor Scialanca.

Il che non significa, è ovvio, che tutti coloro che non hanno avuto questa fortuna siano giovinacci.

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(Domenica 11 settembre 2016. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Giovedì 8 settembre 2016. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Venerdì 2 settembre 2016. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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