Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
La Terra vista da Anticoli Corrado
diario del Prof (scolastico e oltre)
settembre 2007
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lunedì 24 settembre 2007 Non fatevi ingannare dalla maschera e dall’apparenza longilinea: è possibile che sia l’onorevole Fioroni!
Rapinatori e Giudici per una volta d’accordo. Ministri della Pubblica Istruzione invece no.
Oggi vogliamo parlare di tante cose, e il tempo invece è poco. Cercheremo, dunque, di essere molto sintetici.
La Corte di Cassazione (che talvolta, negli ultimi anni, ci ha sconcertato con sentenze a dir poco ripugnanti, come quella, per esempio, che dichiarava “meno grave” lo stupro quando la violentata indossa dei jeans troppo attillati) qualche giorno fa ha invece giustamente annullato l’assoluzione di due suore Orsoline del Bergamasco, accusate di abusi sessuali da otto bambini fra i 3 e i 5 anni, con la seguente motivazione: Un bambino di quell’età è strutturalmente incapace di riprodurre falsamente i fatti. Può succedere che dica qualche bugia. Ma queste inconsapevoli ostentazioni sono senza malizia. Grossolane, trasparenti. Soprattutto fuggevoli e agevolmente smascherabili... È impensabile che un bambino possa inventarsi del tutto fatti che esulano dalla sua esperienza anche fantastica.
Vivaddio! Se questa sentenza farà scuola, come ci auguriamo, dalle parti di Rignano Flaminio qualcuno comincerà finalmente a vedersela brutta.
In singolare assonanza con i giudici della Corte di Cassazione, a quanto pare vi sono anche dei rapinatori che pensano che di un bambino piccolo ci si debba fidare assai di più che di un adulto. A Parabiago, infatti, vicino a Milano, alcuni criminali, dopo aver costretto Roberto e Giuliana Zecca, proprietari di una villetta, ad aprire le due cassaforti di casa, e dopo averle trovate meno piene di quanto si aspettavano, hanno rinunciato a torturare i malcapitati, per costringerli a rivelare dove avessero nascosto il resto delle loro presunte ricchezze, quando la figlioletta di otto anni degli Zecca li ha assicurati che in casa non c’era nient’altro di valore e gli ha offerto di consegnare loro tutti i suoi giocattoli.
Meravigliosa calma, presenza e fantasiosa intelligenza di una bimba che salva sé stessa e i genitori mentre gli adulti intorno a lei (esclusi i genitori) si dividevano a un tratto in due categorie entrambe spaventose: criminali pronti a tutto e... vicini di casa che da giorni avevano notato un gruppo di persone scrutare a tarda notte in quel giardino (lo dice La Repubblica di oggi) ma si erano guardati bene dall’avvisare gli Zecca!
Non solo i giudici di Cassazione, dunque, ma anche i rapinatori sanno che i bambini piccoli non mentono. Che tutt’al più possono cercare di farlo, ma in tal caso si lasciano poi agevolmente smascherare... E il caro e onorevole signor ministro della Pubblica Istruzione, il nostro caro e onorevole Giuseppe Fioroni?
Qualcuno starà pensando: Ma che c’entra, adesso, il ministro? Possibile che debba metterlo sempre in mezzo? È proprio una fissazione, quella del Prof!...
No, invece. Il ministro c’entra, e come! Poiché ― in un contesto in cui non solo i giudici (che in fondo era ora!) ma perfino i rapinatori mostrano di sapere in quale considerazione debbano essere tenuti i piccoli della nostra specie ― lui, invece, il caro e onorevole Giuseppe Fioroni, considera evidentemente così poco i bambini e i ragazzi italiani che continua a tentare di abbindolarli (loro e le loro famiglie) con le sue presunte epocali riforme della Scuola, ma intanto si guarda bene dal restituirgli le ore d’insegnamento (le ore, cioè, di affetto, d’interesse e di cura della Società e dello Stato italiani per i suoi stessi figli) di cui Letizia Moratti li ha rapinati. Stima evidentemente così poco i bambini e i ragazzi italiani (e le loro famiglie) da credere che essi siano così sciocchi da non accorgersene! Da lasciarsi incantare da quattro specchietti!
Incredibile dictu, se ne sta accorgendo perfino La Repubblica, che per i tipi come l’onorevole Fioroni, futuri maggiorenti dell’ormai incombente Partito Democratico, sembrava invece disposta a dar via anche la parte del corpo che Beppe Grillo ha tante volte citato nel suo recente comizio-spettacolo di Bologna!
Oggi, infatti, l’illustre quotidiano (in un articolo, però, che per altri versi sembrava preludere come minimo a una proposta di beatificazione dell’onorevole Fioroni, La Storia salvata dai Bambini, di Simonetta Fiori) ha finalmente ammesso (riferendo senza le solite censure le parole del prof. Antonio Brusa, esperto di didattica della Storia) che il già esile studio della Storia contemporanea in terza media ha subito un ulteriore colpo dalla riforma Moratti con la riduzione di circa un centinaio di ore (complessivamente nel triennio)... Ridotto in numeri, rimangono più o meno quindici-venticinque ore per spiegare due guerre mondiali, la società di massa, la crisi europea, il secondo dopoguerra, la rottura degli anni ’70, il crollo del Muro, la fine delle ideologie, la nascita dell’Europa, la globalizzazione...
Senza contare, aggiungiamo noi, che alle cento ore di Storia in meno in tre anni vanno aggiunte quelle perdute dall’Italiano e dalla Geografia! Questa è la verità, caro e onorevole Giuseppe Fioroni! Restituisca ai bambini e ai ragazzi italiani le ore che gli sono state rapinate dalla “gentil” signora che l’ha preceduta, se davvero vuole (come affannosamente tenta di convincerli di volere) che arrivino più preparati nella Scuola secondaria superiore e all’Università. Altrimenti i bambini e i ragazzi italiani (e i loro genitori) penseranno che lei stia cercando di infinocchiarli. Dimostrando, nei confronti della loro intelligenza, meno stima di quella che gli hanno dimostrato non solo i giudici della Cassazione, ma perfino i rapinatori di Parabiago. E perfino (udite! udite!) il quotidiano La Repubblica. |
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sabato 22 settembre 2007
Quando le due Torri crollano sui Bambini
Tre anni fa, il 15 settembre 2004, inviammo al quotidiano La Repubblica, che non la pubblicò, la brevissima mail che segue:
Da insegnante, vorrei presentare a titolo personale le mie scuse ai signori Andrea Schillaci e Silvia Amodio, che nella pagina delle lettere del 15 settembre hanno lamentato il fatto che i loro figlioli, il primo giorno di scuola, siano stati spaventati da maestri che hanno ciecamente aderito all’invito del ministro Moratti di parlare ai bambini della strage di Beslan. Io non lo farò. Sono tempi, quelli in cui viviamo, nei quali è il caso di cominciare a ricordarsi che a certi ordini si deve saper disubbidire a tutti i costi. Figuriamoci se si rischia solo un “ammonimento” scritto! Poiché rispondere alle domande dei bambini è il compito di ogni buon insegnante. Ma terrorizzarli no. Terrorizzarli, lo dice la parola stessa, è “compito” dei terroristi.
Nessuno è perfetto, neanche il Prof! Quando scrivemmo questa mail, per esempio (ingenui e fiduciosi nel prossimo come talvolta ancora siamo, alla nostra quasi veneranda età, grazie a un’infanzia tutto sommato abbastanza protetta e felice) non ci passò neanche per la famosa anticamera del cervello che potesse esserci, nelle scuole italiane “d’ogni ordine e grado”, un numero considerevole di bambini, anche molto al di sotto dei 12 anni, ai quali era stato permesso dai genitori di vedere in televisione le immagini della strage di Beslan. Per questi poveri bambini abbandonati (ce ne rendiamo conto solo ora) sarebbe stato un sollievo parlarne con gli insegnanti. E perfino un aiuto, se avessero avuto la buona sorte di imbattersi in un insegnante in grado di aiutarli. Anche se, lo ribadiamo, la “circolare” morattiana era comunque rozza, poiché in ogni caso i bambini traumatizzati avrebbero dovuto essere individuati e soccorsi senza coinvolgere i compagni che genitori amorevoli avevano tenuto al riparo da quelle notizie, da quei dettagli e da quelle immagini.
La cosa ci è tornata in mente oggi leggendo (ahimé, sempre su La Repubblica!) la recensione di Miriam Mafai a un libro di Giovanna Pajetta (due cognomi che chissà perché ci suonano collegati), edito in questi giorni da Manifestolibri, che s’intitola Nati l’11 settembre. Vale la pena di riportarla per intero:
“Guarda, papà, quelle cose nere sono persone che si stanno buttando perché hanno paura di bruciare...” Così il piccolo Antonio, di 5 anni, commentava le immagini che la tv trasmetteva l’11 settembre. Sono passati sei anni. Le librerie si sono riempite di libri, i cinema di film, ma nessuno finora ci ha detto come hanno reagito i bambini a quelle immagini, a quelle notizie, come quelle immagini, quelle notizie, possono modificare o hanno già modificato la loro visione del mondo. Con Nati l’11 settembre prova a raccontarcelo Giovanna Pajetta, che è andata in giro per l’Italia a cercare testimonianze di bambini, dei loro genitori e delle maestre. “Ciò che era più impresso nelle menti dei bambini,” racconta un’insegnante milanese, “erano le Torri, il loro spettacolare crollo. Oltre ai disegni cominciarono a fare delle piccole drammatizzazioni. Costruivano delle torri con le gomme e i temperini e poi, con la biro infilata dentro il righello, le abbattevano strillando.” In un’altra classe una maestra attaccò al muro una foto di Bin Laden e invitò i suoi alunni a lanciargli contro le freccette. Sono passati sei anni... Come ha inciso quell’evento sul loro sviluppo? Una ricerca condotta nelle scuole di New York ha rilevato forme di agorafobia, di ansia e di sintomi definiti Ptsd, post traumatic stress desorder...
Maestre che invitano i bambini a tirar freccette in classe? Genitori che permettono a creature di cinque anni di vedere degli uomini e delle donne che si lanciano nel vuoto per sfuggire alle fiamme?
Ebbene sì, gente di questa risma esiste!
Non
avevamo cinque anni, ma ben tre volte tanti, quando Firenze fu devastata
dall’alluvione del novembre 1966. La Rai, a quei tempi, stava ben
attenta a non mostrare immagini che potessero turbare i piccoli
telespettatori. Ma quella sera, nel corso del telegiornale, in uno dei
tanti fiumi di fango che vorticavano e ribollivano per le vie di
Firenze, per una frazione di secondo nostra madre intravide un cadavere.
Non noi. Noi, che pure guardavamo, non ce ne accorgemmo. Ma nostra madre
sì, e sgomenta ne chiese conferma a nostro padre: Ma quella era una
persona?, domandò. Solo questo. E nostro padre si limitò ad
annuire, scuro in volto. Entrambi, così economizzando le parole e i
gesti, tentavano di proteggere i figli perfino nel momento in cui non
potevano non scambiarsi almeno un cenno per aiutarsi a vicenda, per non
lasciarsi reciprocamente soli di fronte all’orrore. Lo ripetiamo:
avevamo quindici anni, non cinque. Eppure quel momento è rimasto
impresso per sempre nella nostra memoria. Come per sempre vi rimarranno
―
Che padre è, uno che non difende il figlio di cinque anni da immagini del genere? Che razza d’uomo egli è?
Solo un idiota decerebrato? O piuttosto è egli stesso un terrorista e un servo di terroristi? Ancora più vile, anzi. Poiché, a differenza dei terroristi veri, egli non corre alcun rischio nel momento in cui si schianta con tutto il suo peso (moltiplicato per mille, per un milione, per un miliardo, dalla potenza del mezzo televisivo) contro la mente e il cuore di un bambino inerme che si fida di lui.
Le
due Torri che crollano distruggendo e massacrando, per i bambini
abbandonati che nessuno protegge dai terroristi materiali o morali che
un giorno sì e l’altro pure imperversano su di noi dai mass media,
assai più che le Twin Towers di New York sono la Torre che fu il
papà, la Torre che fu la Mamma. Due Torri, il papà e la mamma, alla
cui ombra si erano sentiti sicuri, un tempo. E dalle cui vette ―
Quegli
individui ―
Ma è bene che almeno sappiano, quegli adulti, che
c’è chi sa e dice come abbandonarono e abbandonano chi è
o fu bambino nelle loro mani. |
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mercoledì 19 settembre 2007 Il ministro della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, onorevole Giuseppe Fioroni
Fioroni Finalmente Fischiato!
Con indicibile strazio abbiamo appreso che il nostro caro e onorevole datore di lavoro, l’onorevole signor ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni, giunto a Napoli per inaugurare in pompa magna l’anno scolastico in piazza del Gesù, è stato duramente contestato e fischiato dai genitori dell’associazione Tutti a Scuola, infuriati perché i bambini e i ragazzi disabili italiani sono stati derubati di quasi tutto il tempo d’insegnamennto loro spettante in seguito a quello che La Repubblica di oggi chiama pudicamente il sacrificio di ben 12.000 insegnanti di sostegno.
Onorevole signor ministro, la preghiamo di perdonarci: la colpa della sua incresciosa disavventura, lo confessiamo, è tutta nostra, di ScuolAnticoli e del Prof. Presi dalla nostra indefessa e instancabile opera di denuncia del fatto che le ore di insegnamento sottratte ai bambini e ai ragazzi italiani non disabili dal suo predecessore Letizia Moratti, a tutt’oggi, nemmeno per sogno gli sono state da lei restituite (un po’ come quelli che, se trovano per la strada un portamonete perduto da un bambino, se lo tengono) ci siamo sempre dimenticati di informarla che anche i bambini e i ragazzi disabili (delitto ancora peggiore) sono stati allo stesso modo depredati e mai risarciti. Ci scusi, signor ministro! Ci vergognamo terribilmente! Come fa un povero ministro della Pubblica Istruzione a sapere che cosa succede nella Pubblica Istruzione, se la Pubblica Istruzione non glielo dice, non lo informa, non lo tiene al corrente?!
E così, sempre per colpa nostra, lei prima ha negato che ci siano in Italia 12.000 insegnanti di sostegno in meno, poi ha negato che i bambini e i ragazzi disabili siano in Italia 190.000 e ha detto che sono soltanto 169.000, poi è andato a guardarsi il sito del suo ministero e ha scoperto che sono 178.220, poi ha affermato trionfalmente che gli insegnanti di sostegno sono ben 75.000 e hanno già preso servizio, poi si è accorto che l’anno scorso erano 80.000, poi l’hanno tirata per la giacca e le hanno ricordato che per incomprensibili ritardi ministeriali (non suoi, caro e onorevole ministro Fioroni, ritardi ministeriali non vuol mica dire ritardi del ministro, sarebbe come se la colpa di una battaglia perduta la dessero al generale invece che al fantaccino!) nelle scuole italiane quest’anno non è in servizio ancora quasi nessuno... Ma d’ora in poi, glielo giuriamo, caro e onorevole Giuseppe Fioroni, faremo il possibile per tenerla sempre informata di quel che accade nella Scuola e nelle scuole di cui lei onorevolmente è il ministro!
Ha sentito, per esempio, a Porta a Porta, che cos’ha detto il suo datore di lavoro, il caro e onorevole signor Presidente del Consiglio, l’onorevole Romano Prodi? Noi no, lo confessiamo, perché teniamo molto a dormir bene e a fare bei sogni. Ma il giorno dopo, sempre su La Repubblica, abbiamo letto che il suo principale ha pronunciato queste ispirate parole: Vi rendete conto che l’Italia importa il 40 % del sangue necessario? È colpa del governo, questa, o è responsabilità degli educatori delle scuole? Chi deve insegnare la generosità, il coraggio, l’onestà a questo popolo? Dove sono gli educatori?
Temiamo, onorevole signor ministro, che nessuno abbia mai detto al suo capo che in casa dell’impiccato non si parla di corda. O meglio, che in una scuola dissanguata non si parla di vampiri. E allora glielo diciamo noi: Non si vergogna, signor Presidente di un governo che nega ai bambini e ai ragazzi italiani, disabili e non, la restituzione del sangue che gli ha succhiato il governo Berlusconi-Moratti, non si vergogna di accusare i suoi insegnanti di insensibilità verso chi ha bisogno di sangue? Ma che cosa vi dice il cervello, cari e onorevoli Fioroni e Prodi? Non vi preoccupate, ché noi il nostro dovere lo facciamo, e anche più del nostro dovere. E mentre voi ci ingiungete un giorno di fare più musica, un altro di fare più italiano, poi di fare più matematica, poi di insegnare il codice della strada, poi di combattere il bullismo, poi di tenere le scuole aperte il pomeriggio, poi di spiegare la donazione del sangue, la generosità, il coraggio e l’onestà, ma vi guardate bene non dico di accrescere le risorse della Scuola, ma almeno di restituire il maltolto dai vostri predecessori, mentre voi insomma parlate e straparlate di cose di cui non sapete alcunché, noi col poco che abbiamo facciamo di tutto per aprire qualche via verso un futuro degno di questo nome ai bambini e ai ragazzi italiani. Dei quali bambini e ragazzi, a voi (che avete osato imporci un ministro della Pubblica Istruzione che per sua stessa ammissione non si è mai curato nemmeno di leggere i temi di suo figlio) non importa assolutamente un fico secco. |
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lunedì 17 settembre 2007 La professoressa Bruna Santini
La professoressa Bruna Santini ci ha inviato questo breve ma accorato messaggio:
Caro Prof, vorrei consigliarti di non criticare la Sinistra, perché dall’esterno non siamo in grado di stabilire quanti problemi hanno dovuto e devono affrontare i nostri politici per non soccombere. Io desidero ardentemente solo di non vedere più Berlusconi al governo. Mi basta che i nostri governanti siano le persone oneste che adesso sono. Faremo di nuovo le nostre critiche costruttive quando ogni rischio sarà solo un ricordo!
Cara Bruna, prima di tutto ti ringrazio per aver voluto scrivermi. Sei stata davvero molto gentile: fa bene, di quando in quando, veder commentate o criticate le proprie riflessioni!
Devo dirti, però, che purtroppo non riesco a essere d’accordo con quel che mi scrivi... Anch’io, naturalmente, assisterei con terrore e angoscia al ritorno di Berlusconi e complici a palazzo Chigi. Pur di non vedere una cosa del genere, guarda, sarei disposto perfino a farmi rinchiudere per venti minuti in una stanza insieme a Rutelli, alla Binetti e al nostro caro e onorevolissimo datore di lavoro, il caro e onorevole Giuseppe Fioroni!... Il problema, però, è che non sono affatto certo che l’attuale governo sia davvero in grado, come tu dici, di rendere solo un ricordo l’insopportabile percezione di quel rischio tremendo. Temo, al contrario, che una parte di questi signori (almeno dal 2006, quando quasi persero le elezioni dopo aver dilapidato il capitale di consensi che la disastrosa esperienza berlusconiana aveva riversato su di loro più per disperazione che per convinzione) stiano di nuovo facendo di tutto, come già fecero durante la legislatura 1996-2001, per deludere il proprio elettorato (cioè noi) e riconsegnare l’Italia al centrodestra su un piatto d’argento. Temo, intendo dire, che il vero incubo che da tredici anni ci perseguita non sia, di per sé, l’incombere su di noi di Berlusconi e soci, quanto piuttosto il fatto che Rutelli, Fassino, Padoa Schioppa, Amato, Fioroni e compagnia cantante non sono in alcun modo capaci di liberarcene e anzi lo rafforzano, perché non sanno, non possono o non vogliono essere una Sinistra vera.
Pensa a quel che è successo alle ultime elezioni amministrative: per la prima volta dal 1946, l’astensionismo è stato più di sinistra che di destra! Per la prima volta, cioè, i qualunquisti o i disperati che ritengono che andare a votare sia inutile perché tanto sono tutti uguali, sono stati più dei “nostri” che dei “loro”! Non credi che sia proprio questa “disaffezione di sinistra” il fenomeno che più di tutti rischia di far tornare Berlusconi, per mancanza di elettori che lo avversino? E da che cosa sarà stato provocato questo fenomeno, se non dalla profonda delusione degli elettori di sinistra nei confronti di un governo che di sinistra, invece, non si sta dimostrando abbastanza? Questo sì, che è un incubo che fa paura! Poiché, se è vero che le delusioni possono far impazzire, allora non c’è dubbio: gli elettori di sinistra che alle amministrative non sono andati a votare, a impazzire hanno già cominciato.
Non ti sembra, cara Bruna, che quelli come me che ancora insistono, anche con rabbia, a criticare i nostri “astutissimi” leader, siano quelli che (nonostante le delusioni) ancora lottano, ancora sperano, ancora amano la Sinistra italiana? Non pensi che quelli come me, per quanto critici, andranno sempre a votare e voteranno sempre a sinistra, anche se di sicuro, d’ora in poi, più a sinistra di come hanno fatto fino a oggi? E non credi, dunque, che chi davvero si sta dando da fare per il ritorno di Berlusconi siano invece proprio quelli che nel governo Prodi, e tra i dirigenti dei maggiori partiti della Sinistra, continuano a “fabbricare” delusi non tanto con ciò che fanno, quanto soprattutto con ciò che non fanno o che “si dimenticano” di aver promesso?
E sai qual è la peggiore delle delusioni? Non tanto il fatto che la parte destra dell’attuale governo, rispetto al precedente (che urlava, ciarlava, si scompisciava dalle risate e raccontava barzellette, ma in concreto è riuscito solo ad arricchire ogni furbastro d’Italia, a disastrare i conti dello Stato e dei cittadini per bene, e a inanellare scempiaggini per farci rider dietro dall’universo mondo) si stia dimostrando diversa e più brava soltanto nel praticare una vera e intelligente e onesta politica di destra. Non è questa la cosa peggiore, poiché, insomma, sarebbe bello se anche in Italia avessimo finalmente una destra decente, alla Bersani, invece che la lugubre triplice che ci ritroviamo, piena zeppa di nipotini di Mussolini, di lacchè di Bush e di razzisti più o meno padani! No, la cosa peggiore sono le ingiustizie non sanate dall’attuale governo. Come quella, per esempio (un esempio che entrambi conosciamo bene, e che ci sta molto a cuore) delle ore d’insegnamento rubate ai bambini da Berlusconi e Moratti, e mai restituite da Prodi e dal nostro caro e onorevolissimo principale, il caro e onorevole Giuseppe Fioroni... Tu dici, cara Bruna: Non siamo in grado di stabilire quanti problemi devono affrontare i nostri politici per non soccombere... Ma credi davvero che potrebbero soccombere per aver dato ai bambini e ai ragazzi italiani un segno d’affetto e d’interesse che li risarcisca del disprezzo e dell’indifferenza berlusconiani? Non ce li vedo, sai, i carri armati per le strade perché le ore d’Italiano nella scuola secondaria inferiore son tornate a essere undici anziché nove! Così come non riesco a credere a un colpo di stato alla cilena se i nostri politici trovassero il coraggio di negare Vicenza all’esercito degli Stati Uniti, o di parificare le coppie di fatto alle coppie sposate, o di abrogare senza se e senza ma la mostruosità ruinian-rutelliana che ha sprofondato chi ha difficoltà a procreare in un girone infernale di torture e umiliazioni medioevali. E potrei continuare a lungo, ma son cose che sappiamo tutti. Delusioni feroci, che tutti abbiamo vissuto e viviamo. E che molti non ce la fanno a reggere.
Non è che hanno paura di soccombere, cara Bruna. È che i Fassino, i Rutelli, i Padoa Schioppa, gli Amato, i Fioroni e compagnia cantante son succubi (da tempo) e portatori (oggi) di idee di destra perché non sono riusciti a sostituire con idee di sinistra nuove e originali le “teorie” (per essere gentili) e le filastrocche (per essere realisti) che avevano imparato a memoria prima dell’abbattimento del Muro di Berlino. E perciò non hanno potuto far altro, col tempo (non essendo, appunto, in grado di pensare da sé) che andar accattando e scodinzolando dietro tutto ciò che le destre politiche, economiche e religiose del pianeta gli lasciavano cadere sul pavimento dall’orlo delle loro ricche tavolate. E ancora più di destra, credimi, è l’impostazione che questa gente sta dando al Partito Democratico di monsignor Veltroni: il definitivo prosternarsi, cioè, delle “menti sperdute” dei DS al fascino del “pensiero” forte e risoluto (facile sembrare forti e risoluti, quando si deve solo ubbidire!) di chi non apre bocca se prima non l’hanno imbeccato il Papa e la CEI. Viva la faccia, allora, di Bertinotti, che sarà anche chiacchierone, vanitoso e presenzialista, ma almeno cerca di capire, di riflettere, di pensare, di essere sé stesso! Mentre quegli altri accattoni vanno a finire perfino alle feste di Briatore e telefonano giulivi ai Consorte, pur di far vedere come scodinzolano bene!
Ci siamo già cascati nel 1996-2001, cara Bruna, e dopo cinque anni ci siamo ritrovati addosso Berlusconi ancora più cattivo, e quel ch’è peggio gli Italiani ancora più istupiditi e incanagliti (da Berlusconi) per essere stati abbandonati a sé stessi da chi aveva il dovere di guidarli nella giusta direzione. Non possiamo cascarci ancora! Dobbiamo lottare, cara Bruna, per rafforzare con la parola, l’azione e il voto chi nella Sinistra cerca ancora di difendere e di realizzare gli ideali in cui crediamo, di libertà, di eguaglianza, di solidarietà, di pace, di giustizia, di laicità dello Stato, e per smascherare una volta per sempre la finta Sinistra che da più di vent’anni (da quando morì Enrico Berlinguer) continua a frodare i nostri voti per poi usarli per accorpare le classi, chiudere le scuole, costringere i ricercatori a fuggire all’estero, lasciare i pompieri e le forze dell’ordine senza benzina, i giudici senza carta per le fotocopie, il cemento che dilaga nelle campagne e sulle coste, l’idiozia che dilaga dagli schermi televisivi, gli speculatori che continuano ad accumulare miliardi di euro grazie alle politiche di defiscalizzazione che distruggono il welfare e che poi li bruciano in poche settimane in crisi che non potrebbero provocare se qualcuno non li rimpinzasse con i nostri quattrini fino a non saper più dove metterli, ecc., ecc... Tutto come la destra. O anche “meglio” della destra!
E noi dovremmo lasciarli fare, permettergli di continuare a far disperare i meno forti tra noi fino a farli impazzire, perché altrimenti torna Berlusconi?! No, cara Bruna, questo è un ricatto (non tuo, naturalmente, ma della finta Sinistra) della serie mangia questa minestra o salta dalla finestra! Ed è anche un fasullissimo trucchetto verbale (sempre non tuo, ma di quelli che lo mettono in giro) perché sono stati loro a far vincere Berlusconi già nel ’94, sono loro che ogni volta lo fanno tornare, e con noi stessi dobbiamo e dovremo prendercela solo se insistiamo a dar fiducia a chi non tradisce non tanto per cattiveria, quanto per stupidità.
Grazie ancora, cara Bruna, per la tua mail. Sarebbe bello, ora, che anche altri scrivessero e dicessero la loro. Ma temo che convincere il Prof a votare per l’ormai incombente Partito Democratico sia impossibile. Se non altro, fino al giorno in cui non espelleranno chiunque sia così matto da andare in giro con un cilicio addosso. Perché sai che ti dico? Fra tutti quanti (o quasi) ci stanno riducendo a credere di poter scegliere solo fra i cilici che nell’Opus Dei si conficcano in corpo da sé e le spine dei cactus che Berlusconi alleva in Sardegna per ficcarcele chissà dove. |
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domenica 16 settembre 2007
Françoise Dorleac (1942-1967)
In ricordo di Françoise Dorleac, la calda amante
Françoise Dorleac nel film La calda amante (La peau douce, 1964) di François Truffaut, con Jean Desailly e Nelly Benedetti.
Sono passati quarant’anni dall’inizio dell’estate del 1967. Quando a Nizza, mentre i giovani di quasi tutto il mondo ricevevano in dono Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band e preparavano il ’68, una ragazza di venticinque anni che correva verso l’areoporto rimase uccisa in un incidente. Si chiamava Françoise Dorleac, ed era la sorella maggiore di Catherine Deneuve (che invece portava il cognome della madre). Aveva girato il suo primo film nel ’61, due anni prima della sorella, e da allora ne aveva fatti altri otto, proprio come lei. L’ultimo, di Ken Russell (Il cervello da un miliardo di dollari) mentre Catherine si accingeva a interpretare il personaggio di Séverine in Bella di giorno, di Luis Buñuel.
Avevano successo entrambe, piacevano ai critici e piacevano al pubblico. Sommando i punteggi che a quei diciotto film assegna il Morandini (tra i quali un musical che le sorelle interpretarono insieme nel ’66, Les demoiselles de Rochefort, in Italia Josephine, di Jacques Demy), quelli di Françoise ottengono 23,5 punti di critica e 27 di pubblico, quelli di Catherine 25 punti per entrambi.
Abbiamo rivisto, qualche sera fa, quello che per noi è il migliore dei film interpretati da Françoise Dorleac nella sua brevissima carriera: La peau douce, di François Truffaut, del 1964, che in Italia si chiamò La calda amante. I critici preferiscono Cul de sac, di Polanski (1966) ma noi non siamo d’accordo, anche se per motivi che a un critico farebbero storcere il naso: poiché Cul de sac riesce solo a stuzzicare una meschina curiosità, è una vicenda grottesca, scritta e filmata con feroce sarcasmo, di fallimento per tutti, senza dignità né passione per nessuno; La calda amante, invece ― che pure è la storia di un uomo che fallisce il rapporto con la donna e muore di una morte insensata per mano della moglie ― avvince e commuove dalla prima all’ultima scena, e con umana intelligenza guarda e vede, senza disprezzo, anche gli sconfitti.
E poi in Cul de sac Françoise è una prostituta senza cuore, mentre ne La peau douce è la giovane donna stupenda e appassionata che era fatta per essere, nella realtà e sullo schermo...
Le dice Pierre, l’uomo sposato che si crede innamorato di lei (un intellettuale, mentre Nicole è una hostess) citando André Gide non sappiamo quanto esattamente: Credete in quelli che cercano la verità. Dubitate di quelli che l’hanno trovata. Ma soprattutto non dubitate mai di voi stessi.
Innamorarsi è dunque un modo (anche se non il solo) per cercare la verità? Se è così, dovremmo credere solo in chi si innamora. Mentre di chi si sposa ― di chi, cioè, la verità l’ha trovata ― dovremmo sempre dubitare. Amore e matrimonio sarebbero divisi dal medesimo abisso che separa quanti fanno ricerca da quelli che impongono dogmi, l’incertezza dalla fede, chi vive da chi invece tenta di controllare la vita degli altri.
Tuttavia, pur dicendole cose come queste, Pierre non è davvero innamorato di Nicole. Crede di esserlo (se ne fa una fede, cioè, e persino con fanatismo) ma tutto avviene in lui solo nel pensiero, nel dominio che a questa e ad altre idee egli accorda sulla propria mente. Non nella realtà. Nella realtà Pierre non rischia il rapporto, non si abbandona a Nicole, non la cerca con l’audacia e insieme l’incertezza con cui l’esploratore si avventura sull’oceano su una fragile navicella. Fin dall’inizio, benché intenerito e come ringiovanito dalla bellezza, dalla dolcezza, dall’appassionata sincerità con cui la ragazza invece ricerca un’intesa con lui, Pierre fa prevalere sulla libertà del rapporto il rispetto dell’astratta “verità” delle convenienze e delle convenzioni. Nicole lo lascia entrare di notte nel suo appartamento in affitto pur sapendo che la padrona di casa la sfratterebbe, se li sorprendesse; Pierre, invece, quasi non osa ― per tornare da lei che lo attende in albergo ― nemmeno liberarsi dell’importuno conoscente che gli si è messo alle costole dopo una conferenza e non lo molla. Nicole di giorno in giorno conosce Pierre sempre un po’ di più, sempre un po’ meglio, e in questa comprensione si estasia, anche quando non è del tutto gradevole, poiché riconosce in essa una prova del proprio amore, del proprio aver cercato davvero; Pierre invece, col passar del tempo, sempre più vede in lei ciò che astrattamente confligge con le astratte “verità” che lo dominano ― i jeans invece della gonna, o il volume troppo alto della sua voce in un locale, quando lei si lascia andare alla gioia di ritrovarsi con lui dopo una separazione ― e perciò s’infastidisce, si rabbuia, si irrita. Nicole vive il rapporto con lui nel mondo rischiosamente libero dei fatti; Pierre, invece, in un mondo da schiavi in cui le passioni le hanno soltanto le idee nel loro muoversi verso o contro altre idee, e il peggio che possa capitare a chi si agita fra l’una e l’altra è di dover da un giorno all’altro cambiar padrone dentro.
Perfino quando sembra decidersi a lasciare la moglie, infatti, Pierre nella realtà non sta andando da nessuna parte. Sta solo creando una situazione mentale in cui possa “perfezionarsi” in un odio risolutivo, per quel che Nicole “lo costringe a fare”, l’incapacità di amarla con cui l’ha odiata fin dall’inizio, anche quando credeva (aveva fede) di amarla. Tant’è vero che mai lo vediamo così duro e insofferente contro Nicole come quando la porta a visitare la casa in cui in teoria vuol andare a vivere con lei. Così duro e insofferente che è proprio allora che Nicole apre definitivamente gli occhi e dolcemente gli dice addio. E lui la lascia andare! La spia, dall’alto, piccola come una formichina mentre giù in piazza sale su un taxi e scompare per sempre ― così minuscola da non poter più apparire né bella né dolce né sincera se non per l’immaginazione che in Pierre non è più libera da chissà quanto tempo di inseguire nessuno ― e non la chiama, non si muove, non fa nulla per farla tornare. Esce, dopo un po’, raggiunge il solito locale, pranza da solo davanti a un quotidiano come se niente fosse. Ed è lì che la moglie impazzita lo sorprende e lo uccide, ignara che lui non ha mai cessato neanche per un attimo, in verità, di essere un marito e di credere nel matrimonio.
Ragion per cui non è strano che questa morte insensata, che senza dubbio nella sua vita è finalmente un fatto e non solo un’idea, dispiaccia a noi spettatori non tanto per Pierre quanto soprattutto per Nicole che ne soffrirà più di ogni altro. Poiché per Pierre questa morte è un contrappasso poeticamente “giusto ” impostogli dalla realtà in cui non ha mai osato entrare, e che ora tragicamente lo punisce non perché egli l’abbia sempre fuggita, tenuta a bada e controllata, ma bensì per esser andato a stuzzicarla senza vero coraggio né sincerità, facendo nella realtà assai più danno, nel cuore e nella mente di Nicole, di quando alla realtà si opponeva e la oltraggiava restando sottomesso alla finzione matrimoniale.
Credete in quelli che cercano la verità. Dubitate di quelli che l’hanno trovata. Ma soprattutto non dubitate mai di voi stessi, aveva detto Pierre a Nicole citando André Gide. Ma avrebbe dovuto dirlo e ripeterlo fino alla nausea solo a sé stesso. Poiché non era certo Nicole quella che dubitava di sé fino al punto di non osare di lasciarsi andare ad amare. Nicole aveva la tenera e splendida incertezza con cui, nonostante essa, si fa avanti e s’innamora chi di sé stesso è certo. Pierre, invece, solo il durissimo e spinoso dubbio fra il credersi amante e il credersi marito con cui mai si fa avanti e mai ama chi, di sé, è stato sempre indotto a dubitare.
Françoise Dorleac era nella vita come la sua Nicole ne La peau douce. E ciò che l’ha uccisa è stato il dover correre perché non doveva perdere quell’aereo. Non l’imponderabile casualità dell’incidente, ma la spietata necessità del dovere. Non un desiderio, ma un’idea. Non un’incertezza, ma una convinzione. Non la libertà, ma l’obbedienza. Cose con cui non si può giocare, danzare, far l’amore. Cose che mai lasciano le donne libere di essere donne, gli uomini di essere uomini. Cose per le quali si può solo affaticarsi, torturarsi, morire.
Rimane un film, un fotogramma, un’immagine meravigliosa di donna. Che con uno sguardo, uno solo, anche dopo quarant’anni (e a questo punto anche dopo quattrocento o quattromila, come la fanciulla della Villa dei Misteri di Pompei) sconfigge la verità ormai trovata dell’opera d’arte, che niente può più cambiare, e torna magicamente a cercarla, a metterla alla prova nei nostri occhi. |
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Oh, se un’immane catastrofe ci desse l’occasione per distruggere il sistema scolastico statale!
L’altro ieri, in consiglio dei ministri, Tommaso Padoa Schioppa (per gli amici TPS, acronimo di Troppo, Però, Stroppia) ha pronunciato queste parole, aperte virgolette: Certo si possono ancora eliminare gli sprechi. Ad esempio nelle regioni. Oppure nella scuola, dove si può adottare il modello coreano che prevede 40 bambini per ogni classe, chiuse le virgolette (Claudio Tito su La Repubblica di sabato 8.)
Solo una battuta? A parte il fatto che questa gente non pare dotata di un gran senso dell’umorismo, e a parte anche il fatto che una battuta del genere sarebbe come minimo di cattivo gusto (ma hanno gusto costoro?) noi non lo crediamo perché TPS non è nuovo a uscite del genere. Ce l’ha con la Scuola (che noi preferiamo scrivere con la s maiuscola) come minimo dall’anno scorso, quando si scagliava un giorno sì e l’altro pure contro il numero a suo dire eccessivo degli insegnanti italiani (clicca qui per leggere Ma Padoa Schioppa ce l'ha proprio con la Scuola!, luglio 2006). Dimenticandosi però (guarda caso!) di confrontare il numero dei docenti con il basso numero di ore di lezione (decurtate dalla Moratti e mai restituite dal nostro caro e onorevole leader, l’onorevole Giuseppe Fioroni) che gli attuali ordinamenti “concedono” ai bambini e ai ragazzi italiani... Ed evidentemente continua ad avercela con la Scuola, il TPS, e ormai è chiaro che ha intenzione di insistere a raccomandarne il definitivo smantellamento finché non riuscirà a farsi ascoltare. O fino al giorno in cui ciò che oggi è politicamente impossibile non diventi politicamente inevitabile...
Ma perché mai TPS odia i bambini e i ragazzi italiani fino a voler addirittura aggravare l’abbandono di Stato di cui già sono vittime della Moratti e di Fioroni? Per il patogeno ricordo di traumatiche esperienze infantili? Per un pregiudizio ideologico germinato nel microclima di un pensiero distorto?
Caso
fortunato, lo stesso numero del quotidiano La Repubblica ci ha
fornito una possibile (e tragica) risposta. Per essere precisi a pag. 9,
dov’era
anticipata una parte dell’introduzione
di Naomi Klein (la teorica canadese del movimento no global autrice
del fortunato No Logo) al suo nuovo saggio, pubblicato in Italia
da Rizzoli, che sarà in libreria il 12 settembre:
Shock Economy ―
Racconta la Klein che il celebre “economista” Milton Friedman (gran guru del movimento per il capitalismo sfrenato, nonché l’uomo a cui dobbiamo la bibbia dell’economia globale contemporanea basata su un’estrema mobilità) tre mesi dopo Katrina, benché novantatreenne e a un passo dalla tomba, scrisse un editoriale per il Wall Street Journal in cui sosteneva che la distruzione della maggior parte delle scuole di New Orleans era un’opportunità per riformare radicalmente il sistema educativo. Una tesi che non stupì affatto gli “economisti” e “intellettuali” di destra suoi estimatori, i quali sapevano da tempo che per Friedman lo Stato deve solo garantire il servizio di polizia e l’esercito; ogni altra cosa, ivi compresa l’istruzione gratuita, costituisce un’indebita ingerenza nel mercato.
Detto fatto. Mentre gli aiuti federali ai sopravvissuti all’uragano si facevano (e in parte ancora si fanno) attendere (clicca qui per leggere L'Olocausto dei Poveri) decine di milioni di dollari furono spesi da George Bush, continua Naomi Klein, per convertire le scuole di New Orleans in scuole charter, ovvero scuole pubbliche gestite da enti privati secondo le proprie regole. Da 123 che erano, le scuole statali scesero a quattro, mentre le scuole charter, da sette, salirono a trentuno. E l’American Enterprise Institute, un pensatoio friedmaniano, poté così dichiarare con indicibile entusiasmo che Katrina ha ottenuto in un solo giorno ciò che i riformatori scolastici della Louisiana non erano riusciti a ottenere in anni di tentativi. Lo smantellamento dell’istruzione pubblica e la sua sostituzione con un sistema di istituti privati.
Naomi Klein chiama capitalismo dei disastri la posizione teorica e pratica di chi ragiona a questo modo. Come Richard Baker, importante membro repubblicano del Congresso, che dopo Katrina disse testualmente: Siamo finalmente riusciti a ripulire il sistema delle case popolari a New Orleans. Noi non sapevamo come fare, ma Dio l’ha fatto per noi.
“Idee” di questa sorta, nota la Klein, sono figlie di quella che lei chiama la teoria dello shock di Milton Friedman. Il quale affermava che soltanto una crisi, reale o percepita, produce vero cambiamento. Quando la crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano. Questa è la nostra funzione principale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, e mantenerle in vita finché il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile.
Una “bellissima” crisi di cambiamento, molto reale e anche molto percepita, fu per Friedman il colpo di stato fascista di Augusto Pinochet in Cile. Una “bellissima” crisi fu per lui l’assassinio del presidente Allende, democraticamente eletto, e la sua sostituzione con una giunta militare che cancellò tutti i diritti e le libertà costituzionali. Una “bellissima” crisi furono i desaparecidos e il massacro di migliaia e migliaia di militanti di sinistra e di semplici cittadini che avevano simpatizzato per il governo democratico. Tant’è vero che solo due anni dopo il golpe e mentre gli omicidi politici e le sparizioni erano ancora in corso, quando Pinochet lo volle a Santiago come consigliere economico, Friedman accettò! E così anche i Cileni, racconta Naomi Klein, videro le loro scuole pubbliche rimpiazzate da istituti privati... Era la più estrema trasformazione in senso capitalistico mai tentata sino ad allora, e divenne famosa come la Rivoluzione della Scuola di Chicago, dato che molti degli economisti di Pinochet avevano studiato con Friedman presso quella università.
È per la suggestione esercitata su di lui da queste teorie e da queste pratiche, ci permettiamo di domandare, che il ministro TPS da più di un anno raccomanda il licenziamento di una parte degli insegnanti e classi di 40 alunni come in Corea? E se così stanno le cose, dobbiamo forse dedurne che anche lui è in attesa di uno shock come Katrina? Che anche lui continua sornione a diffondere idee di questa fatta, incurante dei rifiuti che raccolgono, per sviluppare alternative alle politiche esistenti e mantenerle in vita finché una qualche crisi catastrofica non trasformerà il politicamente impossibile in politicamente inevitabile?
Speriamo
di no. Auguriamoci di tutto cuore che lo sguardo freddo e la ringhiosa
dentatura di TPS (vedi la foto qui sopra) non abbiano
niente a che spartire con gli occhiali neri e la smorfia da idiota
imbronciato di Pinochet, o con la bonaria espressione da vecchio
insegnante che Friedman condivideva con Heidegger, il filosofo tedesco
ammiratore di Hitler. Ma se così non fosse ―
se per un triste caso avessimo colto nel segno e TPS fosse
davvero un figlio di Friedman in (malfunzionante) incognito dentro un
governo composto per più di metà da
“democratici” senza un’idea
che non abbiano accattato dalla destra religiosa, politica, economica e
culturale ―
1. Augurarsi che una qualche catastrofe naturale o artificiale distrugga i sistemi scolastici, sanitari e pensionistici pubblici permettendo così di costruire sulle loro macerie uno Stato che non abbia altre funzioni che quelle di polizia e militari, è un’idea nazista. Significa attendersi un Olocausto, contare su un genocidio, prepararsi a schiacciare e triturare sotto il peso dei grattacieli finanziari le ossa dei morti.
2. Chi è capace di “sperare” che accadano delle catastrofi come Katrina, è di sicuro anche capace, se messo nelle condizioni di farlo in segreto e impunemente, di predisporle e provocarle. E non è detto che da qualche parte, nel vasto mondo, ciò non sia già accaduto...
3. “Pensare” di ridurre, per far soldi, la cura, l’interessamento e l’affetto di una Società per i suoi bambini e i suoi ragazzi, è, a tutti gli effetti, una teoria e una pratica di quella risma. Son cose, ammoniva la mia mamma (che di cognome non faceva Pinochet né Friedman) che non si dicono neanche per scherzo.
Ma mettiamoci nei panni di lor signori (anche se a noi andrebbero assai stretti) e proviamo a rispondere a questi discorsi come farebbero loro, scrollando le spalle di cui essi tuttavia non dispongono perché per averle è necessario aver mantenuto in buone condizioni la spina dorsale...
E se il Cile di oggi, direbbero, fosse un paese florido, forse il più sviluppato del Sud America, proprio grazie alle politiche economiche patrocinate da Friedman?... Come la metteremmo, allora, eh? Come la metteremmo?...
Sapevamo che l’avrebbero detto. Sappiamo che questa gente si balocca da mane a sera con “esperimenti” mentali o anche pratici volti a stabilire come diavolo si comporterebbe un individuo in una situazione in cui avesse l’opportunità di salvare dieci persone a condizione di lasciarne morire una. Sappiamo benissimo tutto ciò e anche altro, e rispondiamo che noi non abbiamo paura di pensare che teorie come queste discendano come le uova dalla gallina dall’ormai bimillenaria idea che il sacrificio e la morte dei poveri cristi rinnovino il mondo umano. Così come non abbiamo alcun timore di affermare che è ora di finirla, una volta per sempre, con i sacrifici umani e le immolazioni a fin di bene: noi non le vogliamo, non vogliamo che muoia nessuno, che a nessuno crolli la casa sul capo, che nessuno debba soffrire perché un altro, in basso o altissimo loco, delira che così, poi, gli altri starebbero meglio. Gli altri, diciamolo una volta per sempre, siamo tutti o nessuno. E sacrifici non ne vogliamo, neanche se per assurdo potessero davvero espellere dai loro alvi sanguinolenti dei frutti positivi. Preferiamo di gran lunga tenerci tutto così com’è, con tutti i difetti possibili, piuttosto che anche solo un essere umano sia messo in croce per correggerli. |
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Fanfaluche e Furbizie
Anche il neopresidente Sarkozy, proprio come i massacratori della Scuola di casa nostra, si prepara a scippare ai bambini e ai ragazzi francesi una parte del tempo d’insegnamento che lo Stato aveva finora garantito. Ma lui glielo dice in faccia: Per risparmiare sugli stipendi degli insegnanti, riduco le ore di lezione. Non si nasconde dietro finte riforme, come la Moratti, o dietro finte riforme delle finte riforme, come il caro e onorevole Giuseppe Fioroni. Non alza polveroni mediatici di sproloqui a vanvera contando sulla complicità dei telegiornali e dei quotidiani e sulla credulità degli sprovveduti. Pane al pane e vino al vino: io, cari ragazzi, “coprirò” lo stesso numero di classi con meno insegnanti. Cioè: meno scuola per tutti.
Poi, certo, anche il Sarkozy cerca di indorare la pillola: Nella scuola che desidero, la priorità sarà data alla qualità sulla quantità! Che farebbe ridere, se non facesse piangere. La più classica delle scuse, la solita panzana stantia che ti rifilano tutti quelli che hanno di meglio da fare che perder tempo con te! Chissà se la racconta anche alla sua bella moglie, quando lei ricomincia a innervosirsi: Lo so, cara, che ti dedico solo cinque minuti alla settimana, ma quel che conta è la qualità!... Facile che non se la beva neanche lei.
Ridurre le ore di lezione significa solo una cosa: rispedire gli alunni a casa, sbolognarli ai genitori. Solo che i genitori a casa non ci sono, perché gli orari di lavoro e le pretese e i ricatti dei capi sono sempre più duri (prova un po’ a dirlo ai padroni, che ciò che conta è la qualità, non la quantità!) e perciò i bambini finiscono dai nonni, o dalle baby sitter, o in mezzo alla strada, o quel ch’è peggio davanti alla televisione...
Vogliamo parlar chiaro? Ridurre le ore di lezione è abbandono di minore.
Ma è lo Stato che li abbandona, e perciò è abbandono di minore di Stato. Abbandono di minore legalizzato.
Lo Stato che si disfa dei nostri figli. Che non vuol più saperne. Che dice loro: Non ho soldi da sprecare per i mocciosi. I soldi mi servono ad altro. A qualcosa di meglio.
In compenso, il Sarkozy ripristina l’obbligo degli alunni di alzarsi quando entrano in classe gli insegnanti. Quando entrano i servitori dello Stato che li scaccia da scuola. Io ti abbandono, dice lo Stato ai nostri figli, e tu, in cambio, portami più rispetto. Che è come dire: Io ti riempio di ceffoni, e tu bacia la mano che ti picchia.
Ma chi gliel’ha insegnato, al Sarkozy, questo trucchetto da prestigiatore? Non è un mistero: è stata Letizia Moratti. Che per aver sfilato dalla vita dei bambini e dei ragazzi italiani il 20 % del tempo d’insegnamento che li aiutava a realizzarsi, e per averlo convertito in denaro sonante per le casse dello Stato abbandonatore di minori, è stata premiata dalla sua parte politica con la seconda città d’Italia. Ed è oggi ammirata e riverita anche dai non pochi furbacchioni dell’altra parte politica, che da soli non c’erano arrivati neanche mettendo insieme due gran belle teste (si fa per dire) come quelle di Tullio De Mauro e Luigi Berlinguer.
Ma lo ripeto: almeno il Sarkozy parla chiaro. La Moratti, invece, nascose l’abbandono sotto il tappeto della sua cosiddetta riforma. Sotto i suoi tutor, i suoi portfolio e le sue tonnellate di scartoffie di chiacchiere. E gli insegnanti italiani come reagirono? Giù a protestare! Giù a scioperare! Giù a non applicare! Ma protestavano e scioperavano forse contro lo scippo, contro l’abbandono? Mai più! Ce l’avevano coi tutor, col portfolio, con le tonnellate di scartoffie. E la riduzione d’orario? Un po’ la negavano, un po’ non la vedevano, un po’ se ne fregavano. Stupidità? Complicità? Fatto sta che non una sola voce si è levata, dalla sconfinata mandria degli insegnanti italiani e dai loro sindacati, contro il furto delle ore di insegnamento.
E il nostro caro e onorevole leader, il molto onorevole signor ministro della Pubblica Istruzione, l’onorevole Giuseppe Fioroni che in questi giorni riempie della sua faccia i teleschermi una sera sì e l’altra pure? Perché si agita tanto? Che cosa dice? Che cosa vuole?
Ha restituito ai bambini e ai ragazzi italiani le ore d’insegnamento rubate? È andato a riprendersi i piccoli abbandonati di Stato strada per strada, casa per casa, teleschermo per teleschermo, e li ha riportati nelle aule con mille scuse? Neanche per sogno! I soldi dei nostri figli ormai se li son presi, li hanno spesi, e non glieli restituiranno mai. Ma il coraggio di parlar chiaro, come il Sarkozy, l’onorevole Fioroni non ce l’ha. E allora pensa: se con la Moratti gli insegnanti hanno strepitato solo per il tutor e il portfolio, e la riduzione d’orario l’hanno lasciata passare come se niente fosse, mi sa che sono stupidi o complici. Forse, entrambe le cose. E io, allora, faccio come la Moratti: le ore me le tengo, ma per farli contenti e canzonati gli tolgo il tutor e il portfolio. Chissà le risate! Chissà le gomitate nelle costole!
È un po’ come imbattersi in una coppia di scippatori (la Volpe e il Gatto, chiamiamoli) che fingono di non conoscersi (e magari di non potersi soffrire) ma in realtà lavorano assieme. La Volpe ti sfila il portafoglio, e per non fartene accorgere ti fa pure lo sgambetto. Poi arriva il Gatto, gentile, untuoso, che ti aiuta a rialzarti e inveisce contro la Volpe ormai lontana. Ma che lei ti ha derubato non te lo dice, se ne guarda bene, e men che meno ti aiuta a recuperare quel ch’è tuo: se ne va, quatto quatto, e fra poco (quando tu non vedi) sarà a pranzo con la Volpe in un lussuoso ristorante del centro. E saranno pacche sulle spalle e reciproci sorrisoni.
Poi, a pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico, ecco che l’onorevole signor ministro, il caro e onorevole Giuseppe Fioroni, come morso da una tarantola cade in preda a un frenetico attivismo.
Per prima cosa, senza farsi troppa pubblicità, regala qualche decina di milioni di euro alle scuole private.
Una settimana dopo, si piazza davanti alle telecamere e dichiara: le Scuole devono restare aperte anche il pomeriggio. Gli do sessanta milioni di euro, per questo, così toglieremo i ragazzi dalle strade. Proprio una bella cosa, non è vero? Peccato che le scuole siano quarantamila, e con sessanta milioni non aprono il pomeriggio neanche un mese. Peccato che le scuole abbiano un miliardo di euro di debiti, perché il governo precedente le ha strangolate e l’attuale l’ha lasciate tali e quali. Peccato che le scuole continuino a dover dare meno tempo agli alunni, perché le ore “sottratte” dalla Moratti non sono state restituite. Peccato, per dirla tutta, che l’apertura pomeridiana sia la scoperta dell’acqua calda, perché le scuole in teoria possono già da anni restare aperte anche ventiquattr’ore su ventiquattro, ma in pratica invece no perché non hanno attrezzature e soprattutto non hanno soldi per pagare gli straordinari. Soldi che la Moratti ha tolto, e che l’onorevole signor Giuseppe nostro onorevole Fioroni non ha restituito.
Ma non è finita. Passano altri due giorni, ed ecco il caro e onorevole Giuseppe Fioroni di nuovo davanti alle telecamere, agitato, trafelato, fradicio di sudore: Più Italiano!, annuncia. Più Matematica!, proclama. Meno progetti, ammonisce, e più leggere, scrivere e far di conto! Belle parole, non è vero? Peccato che le due ore di Italiano, per esempio, che la Volpe ha scippato ai bambini della Secondaria inferiore, il caro e onorevole Gatto si guarda bene dal restituirle, non le nomina neppure. Peccato che i famigerati progetti (che a un tratto son diventati il Male, segno evidente che gli stanziamenti in realtà devono diminuire ancora) fossero l’unica via che alle scuole era rimasta per dare più Italiano, più Matematica, più scuola insomma, e colmare almeno in parte il buco provocato dalla riduzione d’orario.
Qual è il vero ministro della Pubblica Istruzione? Quello che tre giorni prima ordina di aprire le scuole il pomeriggio, o quello che tre giorni dopo se la prende coi progetti che sono il solo modo per aprire le scuole il pomeriggio? Sa l’onorevole signor Ministro, quando parla il lunedì, che cosa l’onorevole signor Ministro dirà quando riparlerà il giovedì? Fumo negli occhi! Fumo e nient’altro. Per nascondere che l’abbandono di Stato continua e si aggrava. Per nascondere che le risorse e il tempo sottratti dalla Moratti ai nostri figli non saranno mai restituiti. Per nascondere, già che c’è (e questa piccolezza è ciò che più gli preme, perché le grandi cose l’onorevole Fioroni non stima abbastanza gli Italiani per supporre che se le ricordino) che l’inizio di questo 2007-2008, con le cosiddette chiamate degli insegnanti che ancora non iniziano e i Provveditorati ancora a carissimo amico, sarà uno dei più caotici dell’ultimo decennio.
Per nascondere il fallimento. Solo per questo, il caro e onorevole volto dell’onorevole Giuseppe Fioroni buca da due settimane i teleschermi vendendoci scatoloni infiocchettati pieni di nulla.
E l’obbligo scolastico elevato a 16 anni? Non è, almeno questa, una cosa buona?
Certo che sì! Sarebbe una cosa buona, se solo fosse vera. Il guaio è che sono quindici anni che gli onorevoli ministri della Pubblica Istruzione di tutte le risme politiche si fanno belli con questa storiella che fino a oggi non è mai stata vera. E mentre loro proclamavano e non mantenevano, intanto erano legioni i ragazzi che abbandonavano gli studi dopo la terza media, abbandonati dallo Stato. Sarà la volta buona, ora che a prometterlo è stato niente di meno che il caro e onorevole Giuseppe Fioroni? Noi non ci crediamo più.
Ma eccolo di nuovo! Non si fa in tempo a stargli dietro! Basta con gli insegnanti fannulloni!, sta sbraitando. Belle parole, non è vero? Parole sacrosante, che ogni insegnante degno di questo nome sarebbe felice di udire da un ministro sincero, da un ministro davvero diverso dal precedente, da un ministro come quello che ci avevano fatto credere di poter aspettarci quando accattavano i nostri voti. Peccato, invece, che la predica venga da chi non fannulla (troppo affaccendato a mettere i piedi nel piatto dell’ormai incombente Partito Democratico?) per restituire ai ragazzi italiani il tempo e le risorse (cioè la testimonianza coi fatti, non con gli sproloqui e le sbruffonate, dell’interessamento e dell’affetto della Nazione) che il precedente governo gli ha tolto con un indegno gioco di prestigio, come un bullo che ruba le caramelle ai bambini.
Peccato che la predica venga da chi non.
Peccato che la predica venga... da chi?
Ma perché, c’è qualcuno in quel palazzone di viale Trastevere?
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sabato 1 settembre 2007 Charles Darwin (1809 - 1882)
Obbligo di non mentire
Ci giunge notizia che il ministero dell’Istruzione canadese ha emanato una direttiva che rende obbligatorio lo studio della teoria dell’evoluzione delle specie in tutte le scuole, comprese quelle religiose.
La prima impressione, ovviamente, è positiva: quello sì che è un paese libero, pensiamo, non come qui da noi, dove non si muove foglia che il Vaticano non voglia, ecc. ecc.... La teoria di Darwin ha infatti ricevuto tali e tante conferme, da quando nel 1859 lo scienziato inglese pubblicò The origin of species, che un docente che la metta in dubbio dinanzi agli allievi o che si “dimentichi” di esporgliela non ci appare diverso da uno che andasse loro insegnando che il Sole gira intorno alla Terra, che i carboni ardenti sono ottimi per farci sopra una bella passeggiatina a piedi nudi (domani ci proviamo tutti insieme, ragazzi, e poi mi saprete dire!...) o che Dante ― come ci narrava Agnese, una delle nostre tate, cinquant’anni fa ― scrisse la Commedia sotto dettatura di un angelo del cielo: un mentitore e un diseducatore pericoloso, un falso insegnante, insomma, da mettere al più presto in condizione di non nuocere.
Poi, però, riflettendo, si scopre che la questione (tanto per cambiare) non è così semplice. Prendiamo la nostra Costituzione, infatti, e leggiamo: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (art. 21). E all’art. 33: L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
Vi sono, purtroppo, “professori” e “intellettuali” che vanno in giro a dire, a insegnare e a scrivere che l’Olocausto non è mai avvenuto. A nostro parere sono corruttori della gioventù, violentatori delle menti, e lì per lì abbiamo esultato quando uno di essi (che non nominiamo per non fargli pubblicità, siamo in Internet e fare un salto su Google è questione di un attimo) in Austria è stato condannato a una pena detentiva per aver pubblicamente sostenuto “idee” del genere. E tuttavia...
Tuttavia, limitare per legge la libertà di espressione e di insegnamento può essere più pericoloso che permettere a docenti negazionisti di “spiegare” ai ragazzi che Hitler internava gli Ebrei nei lager solo per obbligarli ad ascoltare i suoi sproloqui diffusi dagli altoparlanti, o ai creazionisti di “insegnare” che le ossa degli australopitechi le ha personalmente fabbricate e sotterrate Darwin in Africa viaggiando in incognito, o che la resistenza agli antibiotici evoluta dalle ultime generazioni di batteri è in realtà un regalino di Satana agli atei. Proibirglielo, infatti, obbligandoli a insegnare cose in cui non credono, significa limitare una libertà fondamentale. Non solo la loro, ma quella di tutti, perché i diritti fondamentali o son di tutti e inviolabili, oppure son solo concessioni dei potenti. E quando cambia il governo, che succede? Cambia anche la verità?
La questione, certo, non è semplice da sbrogliare. Ma proviamo a dire:
1. Non spetta ai Parlamenti (e men che meno ai ministri della Pubblica Istruzione) stabilire che cosa è vero e che cosa è falso.
2. Anzi: non spetta a nessuno! Nemmeno agli scienziati. Che infatti non lo pretendono e son pronti, invece, in qualsiasi momento, a rinunciare anche ai più profondi convincimenti dinanzi a osservazioni o esperimenti che li falsifichino.
3. Un Parlamento (o peggio un ministro) che decide che una certa teoria deve essere insegnata e un’altra no, è un Parlamento (o peggio un ministro) che definisce il vero e il falso per legge. E questo è inaccettabile. Anche a costo di continuare a permettere a negazionisti e creazionisti di tentare di fuorviare le menti dei giovani. Del resto, bisogna avere un po’ di fiducia nei giovani (soprattutto di questi tempi, con i peggiori pendagli da forca che gli si scagliano contro) e nella loro ben nota capacità di riconoscere al volo i cretini e di distinguere istintivamente il vero (insegnante) dal falso.
A ben guardare, anzi, si potrebbe addirittura sostenere che la decisione del ministro canadese è un regalo ai sanfedisti (ah, questi ministri della Pubblica Istruzione, è proprio vero che tutto il mondo è paese!) perché stabilisce un precedente che anch’essi potrebbero un domani utilizzare e li autorizza a supporre (e a far credere ai creduloni che li ascoltano) che delle “verità” assolute dopo tutto esistano, visto che niente meno che l’autorità dello Stato e la maestà delle Leggi ne santificano alcune e ne demonizzano altre...
Però, per consolare quelli che comunque preferiscono il ministro canadese all’onorevole Giuseppe Fioroni, e dal momento che l’ultimo numero de Le Scienze, in edicola in questi giorni, pubblica un’interessante conversazione su Scienza e fede tra Lawrence M. Krauss (Ambrose Swasey Professor e direttore del Center for Education and Research in Cosmology and Astrophysics presso la Case Western Reserve University) e Richard Dawkins (Charles Simonyi Professor of the Public Understanding of Science presso l’Università di Oxford, autore di molti libri, vincitore di numerosi premi, e indicato dalle nuove linee guida delle scuole britanniche, insieme a Galileo e a Darwin, come uno dei ruoli che gli studenti sono incoraggiati a interpretare nei dibattiti su scienza e creazionismo), ecco un paio di frasi di quest’ultimo che ci son parse stimolanti:
“Secondo me la religione è cattiva scienza... Una volta ho scritto in una recensione per il New York Times: Si può dire con assoluta sicurezza che, se incontri qualcuno che sostiene di non credere nell’evoluzione, quella persona è ignorante o stupida o pazza (o in malafede, ma preferisco non considerare questa ipotesi). Questa frase è stata citata innumerevoli volte per dimostrare che sono meschino, intollerante, di vedute ristrette, pieno di pregiudizi, e che sbraito aggressivamente. Ma... la mia frase... è la semplice e sobria enunciazione di un fatto. L’ignoranza non è un crimine. Definire qualcuno ignorante non è un insulto. Tutti noi ignoriamo la maggior parte di ciò che c’è da sapere. Io sono completamente ignorante in materia di baseball... Se definisco ignorante chi sostiene che il mondo ha 6000 anni di età, gli sto facendo il complimento di presumere che non sia stupido, pazzo o in malafede.” (Le Scienze, settembre 2007, n° 469, p. 99). |
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L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).
L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.
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