Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
La Terra vista da Anticoli Corrado
diario del Prof (scolastico e oltre)
gennaio 2009
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mercoledì 28 gennaio
Davvero gli Dei sono più in gamba degli Umani?
Realizzati fra il III secolo a. C. e il VII d. C., i ciclopici disegni di Nazca, in Perù, estesi centinaia di chilometri e visibili solo dal cielo, erano opere d’arte di cui poteva godere solo il dio. O comunicazioni che solo il dio poteva ricevere. O preghiere che solo il dio poteva udire. O le tre cose insieme. Essendo aldilà della portata dei cinque sensi, cioè, quei disegni rendevano “vera” un’idea d’impotenza e inferiorità dell’umano rispetto al divino che, se essi non fossero esistiti, sarebbe stata solo un delirio. Producendoli, in un sol colpo si umiliavano gli esseri umani, li si persuadeva di essere effettivamente umili e si erigeva una Società fondata sul disprezzo: sul delirio, cioè, che esista alcunché di superiore a (tutti e ciascuno) gli Uomini, le Donne e i Bambini dai quali una Società è composta. Meno male che in poco più di mille anni ― con le mongolfiere, gli aerei, gli elicotteri e le navicelle spaziali ― ci siamo “messi in pari” col dio e oggi sappiamo di essere capaci (almeno) quanto lui di vedere quel che a quei tempi sembrava essergli “strettamente riservato”. |
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martedì 27 gennaio
Giù le mani da mio Fratello! (dal sito http://www.sos-racisme.org)
Anticolani che avvelenano Anticoli
C’era un vecchio oggi, in un negozio di Anticoli, che a voce molto alta e davanti a molte persone ― alle quali avrebbe dovuto dare il buon esempio, perché erano tutte più giovani di lui ― andava blaterando che gli Immigrati (la maiuscola è nostra, nella sua voce non c’erano che odio, disprezzo e un senso di vuoto che faceva orrore) bisogna ammazzarli tutti.
Abbiamo taciuto: stavamo male, eravamo usciti un momento per fare un po’ di provviste, non ci è sembrato il caso, in un esercizio pubblico, di aprire una discussione che certo sarebbe stata molto accesa... Siamo stati vili, insomma: non solo nei confronti dei numerosi Stranieri che vivono ad Anticoli, e dei loro figli che tra mille difficoltà studiano nella nostra Scuola, ma anche di tutti gli Anticolani sani di mente e di cuore che quasi ogni giorno sono offesi dall’insensatezza e dalla violenza di certi loro concittadini. E al malessere fisico che da due giorni ci tiene chiusi in casa si è aggiunto così il dolore per non essere stati capaci di difendere, in questa Anticoli che amiamo, il senso di umanità senza il quale il Paese Immaginario, come ogni altro paese, si tramuterebbe in un realissimo Inferno.
Lo facciamo ora, però, da queste righe ― che anch’esse altrimenti non avrebbero più senso ― e vogliamo dirlo forte e chiaro, e preghiamo chi le leggerà di farlo sapere in giro (perché certi individui non vanno su Internet, sanno solo rimbecillirsi di televisione): siamo cittadini di Anticoli Corrado, lavoriamo qui da vent’anni, abbiamo fissato qui la nostra residenza ― speriamo per sempre ― e non tollereremo più senza reagire che davanti a noi si diano cattivi esempi ai Bambini e ai Ragazzi nei confronti dei quali ci sentiamo e siamo responsabili; non tollereremo più che davanti a noi si lancino minacce, né tanto meno che si commettano impunemente reati. A Roma, non conoscendo le persone, eravamo purtroppo impotenti. Qui le conosciamo ― le conosciamo tutte, nomi cognomi e soprannomi ― e impotenti non siamo più: l’istigazione all’odio razziale è un reato, la prossima volta raccoglieremo le testimonianze, sporgeremo denuncia a chi di dovere e andremo fino in fondo, costi quel che costi.
È un impegno che prendiamo oggi, 27 gennaio 2009 ― Giorno della Memoria ― davanti a tutti i visitatori di ScuolAnticoli, agli Anticolani e a tutti i Cittadini della Valle dell’ Aniene.
Razzisti avvisati, mezzi salvati. |
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mercoledì 7 gennaio
È ancora democratico il Paese ove sono eleggibili solo religiosi osservanti?
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Una “mossa vaticana” ha introdotto “una rilevante novità nei rapporti tra Stato e Chiesa, tra la legislazione della Repubblica Italiana e quella della Città del Vaticano”. Lo ha scritto, su La Repubblica del 5 gennaio - lunedì scorso, il giorno prima dell’Epifania: sempre più disgraziata la collocazione di quel poco di valido che ancora è possibile leggere su quel quotidiano... ― Stefano Rodotà, attento osservatore e analista del deterioramento a cui è da anni sottoposta, in Italia e altrove, la laicità dello Stato. “Fino a ieri,” spiega Rodotà, “quei rapporti erano fondati sul principio della recezione automatica (...) delle norme italiane nell’ordinamento vaticano (...) Ora, invece, «si introduce la necessità di un previo recepimento da parte della competente autorità vaticana», come sottolinea esplicitamente sull’Osservatore romano il presidente della Commissione che ha preparato la nuova legge (...) Non più automatismi, dunque, ma un filtro, una valutazione preliminare della compatibilità con l’ordinamento canonico di ogni singola legge italiana (...) L’annuncio è chiaro,” conclude Stefano Rodotà. “Il mondo è grande, ma l’Italia è vicina. La sua legislazione, da oggi in poi, sarà sottoposta a un continuo «monitoraggio etico», accompagnato da una sanzione: non entrerà a far parte dell’ordinamento canonico tutte le volte che il legislatore italiano sarà colto in flagrante peccato di violazione dei «principi non rinunciabili da parte della Chiesa»”.
Che dire di questa “bella” notizia? Lì per lì abbiamo pensato di cavarcela schiaffandola in Meglio Ridere e condendola con un (più o meno) divertente «Joseph Ratzinger, nuova “suocera” (in scarpette rosse) della politica italiana». Ma le “belle” notizie, come tutti sanno, non vengono mai da sole. E tale spiacevole fenomeno ― benché le renda nell’insieme molto più gravi della semplice somma matematica delle loro implicazioni ― proprio per questo aiuta talvolta a capirle meglio, a valutarne a pieno la portata. E a intuire, di conseguenza, che in esse, alla fin fine, da ridere c’è poco o niente.
Subito dopo le notizie dal Vaticano, per esempio, sullo stesso numero de La Repubblica, in un’interessante analisi di Lucio Caracciolo dell’impari e spaventosa guerra tra Israele e Gaza, abbiamo letto una “cosetta” che ci ha aiutato a farci un’idea ancor più precisa ― senza nulla togliere alla completezza dello scritto di Rodotà ― degli obiettivi a lungo termine di certe forze religiose e politiche.
“Nel giro di pochi anni,” scrive infatti Caracciolo, “fra Mediterraneo e Giordano, gli arabi (minuscolo nel testo, n.d.r) saranno maggioranza. Ciò minaccia il carattere ebraico dello Stato di Israele, che non è negoziabile. Dunque, ragiona l’establishment di sicurezza israeliano, o creiamo uno staterello palestinese a fianco del nostro, ma incapace di minacciarci, oppure dobbiamo tenere i palestinesi (minuscolo nel testo, n.d.r) sotto controllo con la forza.”
Il carattere ebraico dello Stato di Israele, che non è negoziabile...
Dunque lo Stato di Israele è uno Stato ebraico, e dovrà esserlo per sempre. E questo cosa vuol dire? Se quel che dice Caracciolo è vero ― e noi riteniamo che lo sia ― vuol dire che lo Stato di Israele non è uno Stato laico. Anzi: neppure democratico. Vuol dire che Israele, come l’Arabia saudita e la Città del Vaticano, è uno Stato teocratico.
Ma l’Arabia Saudita e la Città del Vaticano sono monarchie assolute ― si potrebbe obbiettare ― mentre Israele è una democrazia. Verissimo. Ma chi ha detto che una teocrazia ― vale a dire uno Stato governato da Dio: uno Stato, cioè (dal momento che Dio si mostra in pubblico assai di rado) governato dai rappresentanti di Dio ― non possa subdolamente camuffarsi da democrazia, anziché sinceramente mostrarsi come la tirannia che in effetti è? Basterà, perché così sia, che nessuna legge vi si possa approvare, nessuna decisione prendere ― anzi: che nessuna legge o decisione possa essere anche solo discussa, anche solo pensata ― se non in perfetto accordo con i principi di una religione. E non dovrà necessariamente esservi, perché così sia, un qualche supremo Teocrate detentore di ogni potere: basterà ― entro una cornice di democrazia formale del tutto garantita, rispettata e perfino celebrata ― che ai cittadini di quell’infelice Paese, per comune e (più o meno) tacito accordo tra le forze politiche, non sia mai più concesso di trovare, nelle liste elettorali, neppure un candidato capace di approvare, di discutere o anche solo di pensare checchessia in contrasto con i dettami della fede colà imperversante. Basterà questo: che nelle liste elettorali non sia più inserito alcun candidato che non sia religioso e osservante. E quell’infelice Paese ― pur continuando a definirsi e a considerarsi una democrazia, e pur senza manomettere in alcun modo i principi fondamentali sanciti dalla Costituzione ― sarà di fatto una teocrazia. Ove non si muoverà più foglia che Dio, ovvero i suoi rappresentanti, non vogliano o consentano.
Non esistono “razze” né “etnie” sulla Terra. C’è l’Umanità, e ce n’è una. Gli Ebrei, dunque (né più né meno come i Mussulmani, o gli Indù, o i Cristiani) non sono una “razza” e non sono una “etnia”. Sono le donne e gli uomini di religione ebraica. Il “non negoziabile carattere ebraico” dello Stato di Israele, pertanto, altro non è che il non negoziabile carattere religioso dello Stato di Israele. Che quindi ― se davvero questo carattere religioso non può essere messo in discussione dai suoi cittadini ― non è una democrazia, ma bensì una teocrazia camuffata da democrazia. Uno Stato, cioè, ove decisioni in contrasto con i principi religiosi (teoricamente possibili perché mai formalmente vietate) in realtà non sono nemmeno pensabili. Dove tutte le forze politiche, nessuna esclusa ― per una comune conventio ad excludendum tanto più autoritaria e violenta quanto più tacita e occulta ― fanno in modo che ai luoghi in cui si prendono le decisioni, grandi o meno grandi che esse siano, una donna o un uomo capaci di decidere in contrasto con quei principi non possano ambire nemmeno ad avvicinarsi. E dove, perciò, tutte le forze politiche, nessuna esclusa, pur di non mettere in discussione il carattere ebraico dello Stato ― pur di impedire, cioè, che la sovranità cada nelle mani di donne e uomini di un’altra religione ― sono pronte a impedire con ogni mezzo ― pacifico se possibile, militare se non vi è altro modo ― che le donne e gli uomini di religione mussulmana diventino la maggioranza della popolazione.
La cosiddetta “sinistra” israeliana si oppone alla teocrazia? Assolutamente no. Al contrario: il partito “laburista” israeliano ne è parte a pieno titolo. Concorre attivamente e militarmente, costi quel che costi, a far sì che in nessun caso possa mai formarsi in Israele una maggioranza di cittadini di religione diversa da quella ebraica. O, va da sé, di nessuna religione.
Guarda caso, sullo stesso numero de La Repubblica leggiamo poi un gustoso articoletto ― niente a che vedere, beninteso, con la finezza delle analisi di Rodotà o di Caracciolo, ma a suo modo non meno illuminante ― sulle più recenti “prodezze” di quel Tony Blair che fino a poco tempo fa, insieme e più di Bill Clinton, era (senza neanche passare per una qualche forma sia pur arrangiata e “all’italiana” di “primarie”) il leader più ammirato e imitato della “sinistra” mondiale.
L’individuo, da quando non è più premier e ha perduto il tragico rilievo conferitogli dalla sua insensata e feroce adesione alla guerra in Iraq, sembra deciso a rivelarsi una “macchietta”: si fa nominare rappresentante del Quartetto (Stati Uniti, Russia, Cina e Unione Europea) per il Medio Oriente, ma ci va a ogni morte di papa: “da quando ha assunto l’incarico, nel giugno 2007, è stato qualche volta in Cisgiordania ma non ha mai visitato Gaza. Nel frattempo ha tenuto numerose conferenze, pagate fra i 140 e i 280 mila euro a sera, dagli Stati Uniti alla Cina. Poi è venuto il contratto milionario per il libro in uscita quest’anno per Random House. Poi le assicurazioni Zurich hanno sentito il bisogno di averlo come advisor nel campo degli «sviluppi delle tendenze internazionali». Subito dopo è arrivata una superpagata «consulenza strategica» per la JP Morgan. Quindi ha avviato una Fondazione Blair per lo sport giovanile in Gran Bretagna. Lo scorso marzo è sbarcato in Giappone alla guida di un team internazionale di esperti di cambiamento climatico.” E infine (per ora) “ha accettato l’incarico (questa volta gratuito) di consulente del governo ruandese per la ricostruzione” (La Repubblica, martedì 6 gennaio 2008).
Lo ripetiamo: messe così le cose, il Blair sembra proprio la “macchietta” che vuol farlo sembrare anche il suo successore, Gordon Brown, quando alla domanda: “Dov’è Blair? Perché non si occupa dell’invasione israeliana di Gaza?”, risponde: “Non lo so. Forse è in vacanza.” Ma il Blair non è una “macchietta”. Al contrario: è l’uomo che ha mandato migliaia di giovani inglesi a uccidere e mutilare altri esseri umani in Irak, in una guerra d’aggressione “giustificata” a forza di menzogne. Anzi: è l’uomo senza il quale quella guerra forse non ci sarebbe stata, perché il Bush difficilmente l’avrebbe fatta solo con l’Aznar e il Berlusconi. Ed è l’uomo che, da quando non è più primo ministro, è diventato ― o almeno cerca di diventare, e perciò gira il mondo, tiene conferenze ad altissimo livello e accetta ogni sorta di incarichi ― una specie di “eminenza grigia” di portata planetaria, un super-Kissinger del ventunesimo secolo.
Una “eminenza grigia” globale. Ma, guarda caso, una “eminenza” di “sinistra”. E però ― guarda ancor più caso ― una “eminenza” nel senso letterale del termine, poiché il Blair non solo è religiosissimo, ma da qualche tempo è diventato cattolico osservante e ha fatto dono della propria conversione ― guarda di nuovo caso ― niente meno che al Joseph Ratzinger altrimenti noto come Benedetto XVI.
Cattolico tanto per dire? Nossignori. Cattolico per pura convenienza? Men che meno. Alla conversione, alle parole, il Blair sta accompagnando i fatti: ha creato un’altra Fondazione Blair, questa volta per il “dialogo” tra le fedi (espressione che si può tradurre come: vediamo di farla il più possibile globale, la teocrazia), si reca regolarmente a Yale, terza migliore università degli Stati Uniti, a tenervi delle lezioni su fede e globalizzazione (cioè, tradotto, sull’idea teocratica che solo il potere religioso possa tenere sotto controllo l’economia globale, sul modello di quanto già avviene nella cosiddetta “finanza islamica”) e, dulcis in fundo, a dirigere quella sua Tony Blair Faith Foundation ha chiamato la signorina Ruth Turner. La quale ― guarda, per l’ennesima volta, caso ― è la figlia di Denys Turner, un “docente marxista di teologia” (sic, come dire “un astronomo astrologo”) che per qualche tempo è stato iscritto all’Opus Dei e l’ha poi lasciata, fra “timori di perdersi l’anima” perché contrario a certe pratiche di “obbedienza, controllo della mente e psicologia della dipendenza”.
In questo quadro così complesso ma così univoco (riepilogando: la teocrazia vaticana che annuncia che d’ora in poi vaglierà e approverà o disapproverà in termini religiosi ogni singola legge dello Stato italiano; e nessuno, nel Pidì ― tranne l’ottimo Rodotà ― che le dica ah o quanto meno bah; la “sinistra” israeliana co-protagonista a pieno titolo di una teocrazia su cui la “sinistra” italiana, esclusa la Sinistra ormai extraparlamentare, sembra non avere il benché minimo dubbio; un Tony Blair, ex leader religiosissimo della “sinistra” inglese, ex modello ispiratore altrettanto religioso della “sinistra” mondiale e attualmente aspirante al ruolo di suo vice-papa, che fra poco si metterà il cilicio come la Binetti per punirsi non tanto delle sue colpe ― cosa che potrebbe anche starci ― quanto soprattutto della “colpa” di essere umano) che cosa c’entra il nostro Pidì, cioè la finta “sinistra” italiana?
Be’, secondo noi c’entra e come. È sempre stato ― anche quando si chiamava Partito Comunista Italiano, pieno di religiosi che neanche un oratorio. Lo è ancor di più da quando si è fatto penetrare dai vari Rutelli e Binetti e “Beppe” Fioroni e ha dato loro pieni poteri di veto. È dunque, ormai ― a quel che ci sembra ― un partito maggioritariamente confessionale, tant’è che non osa prendere una posizione che sia una, sulle questioni cosiddette “eticamente sensibili”, senza subire i pesanti condizionamenti delle sue componenti “papaline”. E per finire (per il momento) si è fatto acritico e attivo coprotagonista, con la Destra ma in prima persona ― nella persona, cioè, del suo attuale segretario Walter Veltroni ― della metamorfosi della democrazia italiana in un rito di imposizione agli elettori di liste bloccate decise da pochi oligarchi in riunioni di cui nessun registratore (si vede che non hanno mai invitato la Jervolino) ci ha ancora scoperchiato gli altarini. E se li chiamiamo altarini, ovviamente, non è certo a caso.
Fino a che punto potremo ancora considerarci liberi cittadini quando la Destra agirà nel nome del Ratzinger e del Napolitano, la “sinistra” le si opporrà nel nome del “vero pensiero” del Ratzinger e del Napolitano, e nessuno ― tra coloro che invece credono impossibile pensare e agire a favore degli esseri umani pensando e agendo a partire dalla fede in un Essere non umano e sovraumano ― avrà più la benché minima speranza di essere incluso in una lista elettorale o nelle liste degli “ospiti” dei media?
Naturalmente ci rendiamo conto che la nostra ipotesi (che la finta “sinistra” italiana complotti con la Destra politica e religiosa ― col Tremonti, per esempio, predicatore di una globalizzazione “etica” sotto l’egida del Ratzinger discepolo di Eucken o forse addirittura di Schmitt ― per la trasmutazione stile Invasione degli ultracorpi della democrazia italiana in una teocrazia) possa sembrare un po’ forzata, se non addirittura ridicola, a chi ponga mente ai miserevoli e grettamente interessati “inciuci” di cui il “regimetto” Destra-“sinistra” si è finora reso protagonista nelle giunte locali, o alle numerose “male parate” a cui il “regimetto” medesimo è finora andato incontro, a livello nazionale, nei suoi tentativi “bipartisan” di aggredire e smantellare quel poco di autentica e sostanziale “teoria e prassi della democrazia” che il Popolo italiano è bene o male riuscito a conquistarsi negli ultimi cinquant’anni. Ce ne rendiamo conto, e concludiamo perciò questo scritto con qualche riga di ottimismo...
Sì, lo ammettiamo: con “campioni” come il Tremonti, il Bocchino, il Veltroni, il “Beppe” Fioroni o i pii assessori di “sinistra” napoletani, la vittoria della Teocrazia Italiana probabilmente non è dietro l’angolo. Ma non facciamoci troppe illusioni, perché a far sembrare dei giganti questi “nani” e “ballerine” in cilicio c’è la crescente confusione (quando non è disperazione) del Popolo italiano. E perché davanti a loro, a tirarli per la cavezza come asini recalcitranti, ci sono forze davvero potenti. Forze globali. |
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L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).
L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.
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