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mercoledì 14 ottobre
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“Che faccia avrò domani,” pensi, “quando a Scuola non vedrò né Lei né Lui ― scacciati, cancellati, spariti ― e saprò che erano loro a urlare e che non torneranno mai più? Che faccia avrò, che voce, per i Bambini e i Ragazzi che imparano da me, quando mi vedranno sfiorare o addirittura calpestare i vuoti che ancora ieri erano le Scacciate e gli Scacciati di oggi?”
“Potrò avere anch’io, allora,” pensi, “sì, forse potrò avere anch’io l’impulso di diventare una donna o un uomo senza faccia... Sì, l’impulso forse l’avrò di far finta di niente e tirare avanti sperando che quelli che scacciano e fanno sparire mi scambino per uno di loro, o ancora meglio per un automa radiocomandato, e mi lascino in pace... Ma chissà: forse, invece, resisterò... Sì, forse resisterò ― pur sapendo che resistere significa soffrire, piangere, arrabbiarsi, lottare, e rischiare di essere a mia volta scacciato, fatto sparire, e sul nero vuoto lasciato dalla mia sparizione insultato e deriso ― perché più che di quelli che scacciano e fanno sparire avrò paura di diventare anch’io come loro. Di ritrovarmi anch’io, come loro, a mettermi sul viso ogni giorno una faccia diversa, alla disperata e sempre vana ricerca di una faccia che vada bene, che non mi tradisca, che non sveli a chiunque mi guardi che sono una donna o un uomo senza faccia, una donna o un uomo che è morto scacciando, cancellando Donne e Uomini con un sol tratto di penna, senza sentire, senza immaginare, senza voler sapere di essi alcunché, e che da allora cammina e parla e sorride come se fosse vivo ma vivo non è, e sa che si vede, se lo sente addesso, e disperatamente cerca una faccia che nasconda quella che non ha, e ogni giorno ne prova un’altra. E nessuna va bene.”
Post scriptum:
(su) Mariastella Gelmini (signorina ministro della Pubblica Istruzione) e Maurizio Lupi (pidiellìno): Nell’aula si discute del decreto sui precari della scuola o “lodo salva Gelmini”, come l’hanno battezzato dall’opposizione dopo la bocciatura del Tar e l’incombente commissariamento. Non c’è tempo da perdere. Ma ministro e capigruppo del centrodestra si accorgono che non ci sono i numeri. Chiedono la sospensione dei lavori. Niente da fare: mancano 20 pidiellìni e 4 leghisti, il Pidì è presente, la maggioranza va sotto per dieci voti e lo stop non passa. Si passa all’esame del primo, decisivo comma: contratti a tempo dei precari, che il governo non vorrebbe trasformare a tempo indeterminato, e maturazione della loro anzianità pensionistica durante il precariato, che il decreto vuole evitare. L’opposizione propone di cancellarlo del tutto. La Gelmini vede nero. Il berlusconiano Maurizio Lupi prima apre la votazione, poi concede la parola a tre deputati di maggioranza, che fanno melina, e in dodici (tra cui la Lussana) riescono a precipitarsi alle postazioni. A quel punto sì, Lupi chiude le votazioni e il centrodestra la spunta per due voti: 271 a 269. (La Repubblica, mercoledì 21 ottobre 2009). Lasciamo perdere il povero berlusconiano Lupi (lo si potrebbe considerare moralmente responsabile del proprio comportamento non istituzionale se la signorina ministro Mariastella Gelmini, ipoteticamente, emanasse effluvi che a un innamorato del premier risultano irresistibili?) e notiamo che il comma approvato, se il resoconto de La Repubblica è esatto, dice: 1°, che la signorina ministro Mariastella Gelmini non vuole trasformare i contratti a tempo determinato dei Precari in contratti a tempo indeterminato, cioè vuole che i Precari restino tali per tutta la vita; 2°, che la signorina ministro Mariastella Gelmini non vuole che i Precari, mentre restano tali per tutta la vita, maturino la loro anzianità pensionistica: vuole, cioè, che i Precari la pensione non la maturino mai.
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E sul tItalyc intanto si fa festa...
Nelle stesse ore in cui a Milano la Destra, in ghingheri e moccichini verdi, festeggiava e si sdilinquiva alla prima del Barbarossa (il cosiddetto kolossal leghista prodotto dalla Rai anche coi nostri soldi), in Sicilia Uomini e Donne e Bambini sepolti dal fango gridavano e invocavano aiuto con voci sempre più fioche.
Vittime dell’abusivismo, come senza vergogna va dicendo quel Bertolaso che è diventato uno degli uomini più potenti d’Italia badando bene a non pestare i piedi ai governi ― di Destra e di finta “sinistra” ― sotto i quali l’abusivismo e l’incuria hanno prosperato e prosperano? Vittime, dunque, solo di sé stessi? Compresi i Bambini?
No. Noi diciamo che quegli Uomini, quelle Donne, quei Bambini ― ieri in Sicilia come pochi mesi fa a L’Aquila ― sono soprattutto le Vittime di un Popolo che delira che la Libertà sia fare ognuno come gli pare: senza alcun rispetto, senza considerazione, senza neppure immaginare che gli Altri esistano. Peggio: senza immaginare di esistere nemmeno essi stessi!
Un Popolo di cui è possibile che facciano parte anche alcune delle Vittime, certo, ma soprattutto un Popolo che a delirare è spinto e incoraggiato ogni giorno dalle urla, dagli insulti e dalle minacce con cui la Destra aggredisce Noi che ci ostiniamo a ricordare che Libertà è tutt’altro. Una Destra che poi, dopo aver urlato e insultato e minacciato, si dà a feste e festini mentre l’Italia affonda.
Un’immagine ― questa dell’Italia come di un Titanic (anzi: di un tItalyc) con la sua ineffabile orchestrina di media suonanti e cantanti ― che La Repubblica di sabato 3 ottobre ci ha irresistibilmente suggerito con le pubblicità che ha accostato (certo senza volerlo) alle terribili immagini della tragedia di Messina. A pagina 3 quella del Gratta e Vinci: sotto una spaventosa marea di fango e di macerie, una strada di città sommersa invece dall’oro e le fatue parole Presto, tutto si ricoprirà di magia. E a pagina 5 quella dell’Emporio Armani: accanto a una via devastata dalla frana ― e a Soccorritori abbandonati a sé stessi al pari di Quelli che soccorrono ― un bellimbusto devastato invece dal tatuaggio di un angelo si cala dal cielo non con le ali, che non ha (i tagli della Destra e della finta “sinistra” per non perseguire i delinquenti fiscali devono aver colpito anche le creature ultraterrene) ma tenendosi stretto a una fune che non ha il coraggio di lasciare.
Non è forse così, l’Italia del 2009? Da un lato Uomini, Donne e Bambini che gridano sotto le macerie e il fango, dall’altro Uomini, Donne e Bambini che si affidano al gioco d’azzardo e agli angeli. Mentre nella Milano da bere fa festa indisturbato chi da vent’anni avvelena le menti e i cuori degli Italiani col delirio che sia Popolo di libertà un Popolo che se ne frega e odia, insulta e minaccia chiunque si azzardi a dirgli che così affonderemo e saremo ricoperti Tutti. E non di magia.
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L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).
L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.
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