Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
lungo l’Aniene, il 1906 nel 2011 nelle immagini di Gargiolli, Klughist, Moscioni, Sansaini, Tenerani, e nei testi di Arduino Colasanti
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Hic tiburtina jacet aurea Cinthia terra
Accessit ripae laus, Aniene, tuae.
Properzio, IV, 620.
Chi dalle scoscese pendici del Catillo, precisamente là dove il ponte eretto da Gregorio XVI valica l’antico letto dell’Aniene, in un sereno tramonto di primavera volge lo sguardo per l’ampio paesaggio, prova lo sgomento indicibile della solitudine e dell’infinito. Da un lato la campagna romana tragica, misteriosa, immensa, in cui non esiste null’altro che la linea arcuata e piana dell’orizzonte e la macchia di qualche rovina isolata, ritta nel vuoto; dall’altro un mare procelloso di montagne, nel quale si distinguono i gruppi del Gennaro, dell’Affilano e dei Prenestini, ingombri di vapori densi che si accendono di tinte strane e violente sotto il cielo color di stagno. E, fra i monti, l’Aniene, svolgentesi come un nastro di neve, mentre ai due lati la campagna sconfinata si sommerge in un’ombra fosca e la via Valeria corre interminabile, sembra fuggire all’infinito, in una linea retta.
Arduino Colasanti, L’Aniene, Istituto italiano d’arti grafiche, Bergamo, 1906
(Clicca sulle miniature per ingrandirle!)
(Avvertenza: l’itinerario segue il percorso del testo, non quello geograficamente più logico!)
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4. Mandela nel 1906 vista dal convento di San Cosimato (Gargiolli).
5. Mandela nel 2011 vista dalle pendici di Saracinesco (Scialanca).
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6. Il cosiddetto Castellaccio, a Castel Madama (Klughist). |
7. Il Castellaccio nel 2011 (Scialanca). |
8. Il ponte, che nel 1906 era ancora quello costruito insieme alla linea ferroviaria, dovette essere ricostruito un paio di decenni dopo, quando la ferrovia venne elettrificata. (Scialanca). |
9. Non tanto l’uomo quanto la vegetazione, ricoprendo il Castellaccio, le sponde della ferrovia e l’intera Valle dell’Aniene, ha reso i luoghi completamente diversi da cent’anni fa. (Scialanca). |
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10. L’Aniene sotto Castel Madama (Scialanca). |
11. L’Aniene sotto Castel Madama (Scialanca). |
12. L’Aniene sotto Castel Madama (Scialanca). |
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13. L’Aniene sotto Castel Madama (Scialanca). |
14. L’Aniene sotto Castel Madama (Scialanca). |
15. L’Aniene sotto Castel Madama (Scialanca). |
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16. Mentorella. La rupe di S. Eustachio (Tenerani). |
17. Alberi d’olivo nei dintorni di Palombara Sabina (Moscioni). |
18. Dintorni di Palombara Sabina. Chiesa di S. Giovanni in Argentella (Gargiolli). |
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19. Particolare della foto 18. |
20. Dintorni di Palombara Sabina. Chiesa di S. Giovanni in Argentella (Gargiolli). |
21. Particolare della foto 20. |
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22. Particolare della foto 20. |
23. Dintorni di Palombara Sabina. Interno della chiesa di S. Giovanni in Argentella (Gargiolli). |
24. Particolare della foto 23. |
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25. Santo Polo dei Cavalieri. La porta (Moscioni). |
26. Lo stesso luogo nel 2011 (Scialanca). |
La porta, nascosta dagli edifici costruiti nel corso di un secolo, non è più visibile da dove il fotografo la vedeva benissimo nel 1906.
27. Particolare della foto 25: contadino e notabile. |
28. Particolare della foto 25: carretto e cane. |
29. Particolare della foto 25: la porta del castello. |
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30. L’Aniene nei dintorni di Saracinesco (Klughist). |
31. L’Aniene nei dintorni di Saracinesco (Klughist). |
32. L’Aniene nei dintorni di Saracinesco nel 2011 (Scialanca). |
33. L’Aniene nei dintorni di Saracinesco nel 2011 (Scialanca). |
34. L’Aniene nei dintorni di Saracinesco nel 2011 (Scialanca). |
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35. Panorama di Vicovaro (Gargiolli). Impossibile riprodurlo esattamente per la presenza di ville, della rigogliosa vegetazione
e dell’autostrada A24. Ma ci abbiamo provato lo stesso, e il risultato è il seguente...
36. Vicovaro nel 2011 (Scialanca).
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Collocata sopra un ripiano di incrostazioni e di depositi addossati dall’Aniene alla falda meridionale del monte Lucretile, Vicovaro può, a prima vista, somigliare a una quantità di cose: a una conca rovesciata su la cima di una collina che si eleva di centocinquanta metri sul piano circostante e di trecento sul livello del mare, o alla bicocca di una città fortificata; ma, con le sue case giallastre, aggruppate in un disordine pittoresco, sembra più tosto un vecchio sparviero, spiante la valle sottoposta dal suo nido solitario.
Noi, poveri cittadini, che dopo esserci arrampicati fino a un quinto piano, ancora tutti ansanti e sudati ci affacciamo alla finestra per ammirare un magnifico panorama di tetti sudici, di comignoli e di abbaini, sentiamo più profondamente la bellezza di certi spettacoli naturali. Immaginate una distesa immensa di verde, limitata da una linea dolcissima di colli lievemente annebbiati da uno strato basso, fluttuante di vapori biancastri; rari casolari sparsi per il declivio, e nella valle, suonante fra le pietrificazioni fluviali, ombreggiato dai salici e dagli ontani, l’Aniene che corre, investe e trascina quanto si oppone all’impeto delle sue acque schiumose. Poi, di là dalla corrente, tutta una vegetazione rigogliosa di olmi, di querce secolari, di ulivi, che vien su dalla bella terra sabina atteggiata stupendamente nella coscienza della sua calma feconda e possente; e dietro i casolari, dietro i colli, dietro i boschi oscuri e profondi, lontano lontano, i gioghi dell’Appennino che si profilano azzurri sull’orizzonte purissimo. Nessuno può descrivere la suggestione dei mille echi che, tra i monti e la valle, le campane nei giorni di festa ridestano col loro invito chiaro e vibrante. Dalla piazza di Vicovaro la chiesa di s. Pietro chiama insistentemente alla messa, e a destra, dal suo nido di roccia popolato di cipressi, s. Cosimato risponde. Si diffonde la voce di bronzo, si ripercuote su le pareti di sasso vivo, si moltiplica attraverso le grotte oscure che furon ricovero di eremiti, trova altre voci sorelle che si confondono in una sola onda meravigliosa e solenne: voci squillanti e argentine, come inni di vittorie, voci gravi che si lanciano, ondeggiando, nell’infinito, perdute nell’ascoltazione della loro sonorità, voci flebili e dolorose, come singhiozzi e implorazioni di esseri deboli e sofferenti; voci di gioia e di pianto, di dolcezza e di malinconia, voci d’amore, in cui ogni vibrazione è l’eco di un sentimento che non si può ridire. “Voi, forti donne della Sabina, che avete nel cuore una speranza e una preghiera, donne di Vicovaro possenti come matrone romane, donne di Saracinesco, a cui lampeggia nello sguardo l’ardore del sangue levantino, venite, io son l’amore”.
Così gridano le campane dalle svelte torri o dagli archetti costruiti sulla sommità di scogli che sembrano inaccessibili, e a mano a mano si riempiono le chiese, erette dagli Orsini e dai Bolognetti, si popolano le povere cappelle scavate nella roccia, fra le radici delle roveri e dei cipressi: gli uomini avanti e sul palco dell’organo, le donne indietro, mirabili di freschezza e di salute, col bellissimo ovale dei volti incorniciato artisticamente da una pezzuola candida come neve, e i fianchi capaci, erompenti dalla stretta del busto colorato...
Arduino Colasanti, L’Aniene, Istituto italiano d’arti grafiche, Bergamo, 1906
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39. Particolare della foto 37. |
40. Dintorni di Vicovaro. Il ponte sull’Aniene (Gargiolli). |
41. Particolare della foto 40. |
42. Dintorni di Vicovaro. L’Aniene (Gargiolli). |
43. Particolare della foto 42. |
44. L’Aniene sotto Vicovaro nel 2011 (Scialanca). |
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45. Dintorni di Vicovaro. Monumento a C. Menio Basso (Klughist).
Il monumento oggi (Scialanca). |
46. Vicovaro. Il tempietto (Gargiolli).
Il tempietto oggi (Scialanca). |
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Da Vicovaro al convento di s. Cosimato, per circa un miglio, la strada abbandona il letto dell’antica via Valeria e si insinua fra i ruderi di un’antica villa romana, le cui tracce si indovinano, più che non si vedano, fra gli alberi di alto fusto e le erbe spessissime e tenaci. Il cenobio, con la chiesa dedicata ai santi Cosma e Damiano, sorge nel fondo di una larga piazza e non offre nulla di importante; ma basta salire la breve scala coperta, che si apre in mezzo all’orto, e oltrepassare una piccola grotta ridotta a cappella, per godere uno spettacolo solenne di magnificenza e di terrore. Immaginate una larga terrazza pensile, abbarbicata alle radici di alberi secolari, e da una parte e dall’altra una doppia fuga di monti, larghi, poderosi, tondeggianti a sinistra, più scabri, dirupati, irti di creste a destra. Innanzi il fiume si disfrena impetuosamente attorno a un’isoletta sassosa, mentre alcuni blocchi poderosi di opera romana rammentano l’antichissimo ponte che traghettava l’acquedotto Claudio. In alto, obliquamente, Mandela sorge sul cucuzzolo di una collina e Saracinesco domina la rupe scoscesa, che digrada nel baratro profondo, dove si aprono cento grotte oscure, umide, selvagge, in cui tutta una popolazione di eremiti visse di elemosina e di rapina. Chi può ridire l’orrore di quei luoghi, quando la peste nera, implacabile Dea, seminava la morte per le campagne popolose, e le turbe, frenetiche di ascetismo e di terrore, si accalcavano urlando attorno ai simulacri della loro fede impotente?
Ora gli echi della montagna, che intesero la bestemmia degli Anacoreti congiuranti contro s. Benedetto, ripetono solo il gorgoglìo delle acque spumeggianti fra i sassi e l’eterna canzone dei cipressi che si drizzano solennemente nella solitudine, dinanzi alla vuota cappella scavata nella roccia.
Arduino Colasanti, L’Aniene, Istituto italiano d’arti grafiche, Bergamo, 1906
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47. Dintorni di Vicovaro. S. Cosimato. La ripa con le grotte di s. Benedetto (Gargiolli). |
48. Dintorni di Vicovaro. S. Cosimato. Lo stesso luogo nel 2011 (Scialanca). |
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53. Dintorni di Vicovaro. L’Aniene presso le grotte di s. Benedetto (Gargiolli). |
54. Lo stesso luogo nel 2011: il viadotto dell’A24 fa sparire ogni altro aspetto del panorama (Scialanca). |
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55. Dintorni di Vicovaro. Presso il convento di s. Cosimato (Gargiolli). |
56. Lo stesso luogo nel 2011 (Scialanca). |
57. L’Aniene sotto s. Cosimato nel 2011 (Scialanca).
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58. L’Aniene sotto s. Cosimato nel 2011 (Scialanca). |
59. L’Aniene sotto s. Cosimato nel 2011 (Scialanca). |
60. L’Aniene sotto s. Cosimato nel 2011 (Scialanca). |
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61. Dintorni di Cineto. Il ponte della ferrovia (Klughist).
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Da Vicovaro a Subiaco prima la via Valeria, quindi la Sublacense seguono l’andamento generale dell’Aniene e si distendono a perdita d’occhio in mezzo allo stesso paesaggio di colline piantate di ulivi, di vallate cupe e boscose, di campi coltivati, popolati di bianche casupole, di vigne solatìe, nelle quali le stornellatrici mettono con i loro abiti dalle tinte vivaci una calda nota di colore, e interrompono la loro cantilena a ogni rumore di carrozza che giunge dalla strada. Poi riprende il coro delle giovinezze canore e dall’alto, librandosi, cullandosi nel sole, rispondono le allodole. A destra e a sinistra della strada molti paesi assediano i monti.
Arduino Colasanti, L’Aniene, Istituto italiano d’arti grafiche, Bergamo, 1906
62. L’Aniene al ponte di Anticoli Corrado (Scialanca). |
63. L’Aniene al ponte di Anticoli Corrado (Scialanca). |
64. L’Aniene al ponte di Anticoli Corrado (Scialanca). |
Sopra ai ruderi di una villa romana appare Roviano e, di fronte, nascosta dietro una collina a cui si giunge per una strada che si allunga nella vallata, costeggiando il fosso dell’Immagine, e poi sale a un tratto ripidissima, Anticoli Corrado, abbarbicata su un pendìo scosceso, con le case che sembrano sovrapposte una all’altra e addossate alla roccia stillante umidità e malanni. L’orizzonte è chiuso per tre quarti dai monti che cingono la rupe da vicino, eccetto dalla parte di tramontana e di levante, nella quale l’occhio spazia fino all’Aniene, fino a Roviano, che si leva alla stessa altezza di Anticoli, fino ad un’altra catena più lontana, brulla, nuda, deserta, interrotta repentinamente dalla gola di Arsoli.
Anticoli non ha monumenti importanti e solo nella pianura, in una contrada detta Casa delle orce, si possono vedere alcuni avanzi di terme romane, ma ha pur essa la sua celebrità, dovuta alla bellezza delle donne, che nell’inverno scendono numerose a Roma per servire da modelle agli artisti.
Poco più avanti del vecchio ponte sull’Aniene, da cui ha origine la strada che mena ad Anticoli Corrado, dalla via Valeria si distacca un altro diverticolo che si avanza tortuosamente per la gola di Oricola e, dopo aver valicato l’antico ponte Stratonico, passa vicino a una bella costruzione poligonale a due piani e giunge ad Arsoli.
Collocata su una bassa collina, la quale si distacca dal monte s. Elia ed è lambita ad oriente dal torrente di Riofreddo, Arsoli si presenta come una efflorescenza mostruosa della roccia calcarea. Sullo stretto viluppo delle case, attraversate da un dedalo di viuzze nere, tortuose e scoscese, domina superbamente il severo palazzo costruito dai Massimo a guisa di una fortezza; in basso, a sinistra, cinta da un monile di verde, si adagia la chiesuola di s. Maria, detta dell’Acqua marcia, perché prossima alle sorgenti dell’acqua portata a Roma da Marcio, pretore nell’anno 610 della città.
Chi dalla bella villa principesca, assorta nell’ascoltazione del gorgoglìo delle sue fontane nascoste in mezzo alle spalliere di bosso, agli olmi e ai cipressi, volge lo sguardo sulla campagna circostante, scopre un orizzonte la cui varietà è sufficiente compenso al difetto della larghezza. A sinistra la montagna ― che mostra sulle balze selvose le mura grigiastre del castello della Prugna, già temuta sede di ladroni ― degrada dolcemente, volgendosi verso l’Aniene; a destra continuano con lievi ondulazioni le pendici del colle, su cui Arsoli sta appollaiata, e bianca, polverosa, acciecante, la strada provinciale si allunga in mezzo ai vigneti. Lo sguardo si smarrisce nella gola profonda da cui scaturisce il torrente, segue il corso dell’acqua, che intravede lontano come un filo d’argento, si riposa sui verdi piani che si aprono e si allargano presso l’Aniene, s’indugia sulla collina di Marano e sull’aspra giogaia da cui si affacciano le nere case di Rocca Canterano e di Rocca di Mezzo.
La lingua di monte, che si distacca dai picchi nudi e taglienti nelle vicinanze di Cervara, lascia a cavaliere della via Sublacense e dell’Aniene una piccola collina calcarea, di forma rotonda, che si protende nella valle ampia, come se fosse desiderosa di bagnarsi nel fiume. La strada provinciale recinge il piede del monticello, su cui sorge Agosta col suo antichissimo castello, che ebbe la ventura di tener prigioniero l’abate di Subiaco Simone, sconfitto da Filippo signore di Canterano.
Da questo punto, fino a Subiaco, la distesa dei vigneti sorridenti nel sole primaverile, dei campi coltivati a frumento e a granturco, degli uliveti perlacei è interrotta soltanto da qualche antico sepolcro e dai ruderi di sontuose ville romane.
Arduino Colasanti, L’Aniene, Istituto italiano d’arti grafiche, Bergamo, 1906
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65. Via Sublacense (Klughist). Sullo sfondo, Agosta. Foto scattata dando le spalle a Subiaco. |
66. Il ponte sull’Aniene ad Agosta nel 2010 (Scialanca). |
67. L’Aniene ad Agosta nel 2010 (Scialanca). |
68. L’Aniene sotto Canterano nel 2010 (Scialanca). |
69. L’Aniene sotto Canterano nel 2010 (Scialanca). |
70. Agosta (Klughist). |
71. Dintorni di Marano. La via Sublacense (Klughist). |
72. Particolare della foto 71. |
73. Lago dell’Acqua Marcia (Klughist). |
74. Dintorni di Subiaco. Ponte di Campo d’Arco (Gargiolli). |
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77. Dintorni di Subiaco. Ponte di Campo d’Arco (Gargiolli).
78. Il ponte, oggi di san Francesco, visto da monte (Scialanca). |
79. L’inquadratura della foto 77 nel 2011 (Scialanca). Alcuni alberi sembrano essere gli stessi del 1906. |
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81. Particolare della foto 77. |
82. Stazione di Subiaco (Klughist). |
83. Lo spiazzo della foto 82, oggi parcheggio di un supermercato. |
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Dalle tre gibbosità di un colle, che si eleva per circa quattrocento metri sul livello del mare, Subiaco domina la lunga e stretta valle dell’Aniene. Sulla pianura che si distende lungo la riva destra del fiume si levano le prime case, isolate e bianche, come un gregge sparso nel piano. Poi gli edifici si avvicinano a poco a poco, si addossano, si stringono su per la china, si dispongono a guisa di un insormontabile baluardo attorno alla fortezza che si eleva sullo scoglio più alto, piantata come un uccello di rapina sulla sua rupe, dominando la moltitudine delle case dorate da secoli di sole e il piano procelloso della campagna, da cui perennemente risorge il miraggio di un grande passato.
Le colline di sud sono ancora sparse di castagni e di roveri, una popolazione di colossi, di mostri dalle membra torte, due o tre volte centenari, e tra le piante frondose, sotto le case perdute fra le rocce e gli alberi, l’Aniene, dopo aver circondata tumultuosamente l’isola degli Opifici, si quieta a un tratto e trascorre serpeggiando con una solennità grave, lambendo i rami più bassi dei salici che si curvano in una tristezza indicibile, in una malinconia mortale, oppressi da uno spasimo misterioso. A nord i filari delle viti si allungano giocondamente fino alla balza di Mora Ferogna e alle rovine, che serbano memoria della colonna di fuoco onde fu segnalata la morte della vergine Chelidonia, la quale ivi abitò lungamente in una grotta. Dalla parte di oriente finalmente Affile spunta in fondo a un burrone, da cui traboccano gli alberi nereggianti, alla radice di montagne gigantesche divise da una lunga erosione, squarciate da una lotta tremenda, sospese sul Sacro Speco, sulla badìa di santa Scolastica e sui ruderi della villa Neroniana.
Arduino Colasanti, L’Aniene, Istituto italiano d’arti grafiche, Bergamo, 1906
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84. Subiaco, veduta generale (Gargiolli).
85. Subiaco, la stessa veduta nel 2011 (Scialanca).
86. Particolare della foto 84. |
87. S. Scolastica dal ponte di s. Mauro (Gargiolli). |
88. Particolare della foto 87. |
89. Particolare della foto 87. |
90. Subiaco. Santa Scolastica. L’atrio (Klughist). |
91. Subiaco. Santa Scolastica (Gargiolli). |
92. Subiaco. Santa Scolastica (Gargiolli). |
93. Subiaco. Veduta generale (Gargiolli). |
94. Subiaco. La stessa veduta nel 2011 (Scialanca). |
95. Particolare della foto 93. |
96. Particolare della foto 93. |
97. Subiaco. Santa Scolastica (a sinistra) e il Sacro Speco dal monte Affilano (Gargiolli). |
98. Subiaco. Monastero dello Speco (Gargiolli). |
99. Subiaco. S. Scolastica nel 2011, vista dalla Crocetta (Scialanca). |
100. Subiaco. S. Benedetto nel 2011, visto dalla Crocetta (Scialanca). |
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101. Subiaco, santa Scolastica e san Benedetto nel 2011, visti dalla Crocetta (Scialanca).
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Dei dodici monasteri che s. Benedetto fondò nella valle Santa, solo due sono oggi superstiti; di alcuni altri si può fissare con certezza la posizione; di pochi è smarrita ogni memoria topografica.
Nel periodo di maggiore sviluppo dell’abbazia, allorché l’impeto dell’Aniene non aveva ancora abbattute le dighe costruite da Nerone, una strada, costeggiando il lago poco dopo le rovine al termine del ponte di s. Mauro, valicava la rupe e, abbandonata la via bassa (che ancora oggi conduce a Jenne, tocca Trevi e termina a Filettino) saliva a s. Scolastica. Da essa si distaccava il braccio che, recingendo a valle il monastero, saliva ancora e proseguiva fino al Sacro Speco.
Non molto diversa, nel suo tracciato generale, è oggi la strada che segue per un tratto l’Aniene, poi volge improvvisamente, sale con varie giravolte fra le rocce scoscese, si inerpica arditamente fino a mezza costa della montagna, dove, all’incontro di due vallate, si erge stupendo il monastero di s. Scolastica, con i suoi tre grandi corpi di fabbrica, con i contrafforti enormi, piantati a sostegno, col campanile alto e robusto, con le logge, gli arconi, i pilastri, con quella moltitudine di accessori e di particolari tutti diversi, che pur si compongono in una complessa e solenne armonia d’insieme.
Poco più avanti la valle dell’Aniene si fa sempre più angusta e la via con molte giravolte a fatica si apre un passaggio sul fianco del colle, fino a che, stretta dal monte Taleo e dal Francolano, che la premono da settentrione, da oriente e da mezzogiorno, valica il fiume e si arrampica sino ad Affile e ad Arcinazzo, per seguire poi verso Alatri e Frosinone. Sotto la punta piramidale della montagna gli scogli rovesciati e supini assumono forme paurose di giganti fulminati; le aperture delle grotte, scavate nel vivo sasso, si vestono di piante rampicanti, e le acque, che precipitano fra i massi enormi, fremono, ribollono in bianchissima schiuma, volano polverizzate fino alle cime delle elci forti e nane: rari campioni di una vegetazione che cresce con lentezza secolare e sembra torcersi di spasimo sotto il morso delle rocce taglienti.
Arduino Colasanti, L’Aniene, Istituto italiano d’arti grafiche, Bergamo, 1906
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102. Subiaco, cortile del Sacro Speco (Gargiolli). |
103. Lo stesso luogo nel 2011 (Scialanca). |
104. Particolare della foto 102. |
105. Subiaco, altarino del Salvatore (Moscioni). |
106. L’altarino del Salvatore nel 2011 (Scialanca). |
107. Subiaco, l’Aniene sotto il ponte di s. Mauro nel 2011. |
108. Subiaco, l’Aniene sotto il ponte di s. Mauro nel 2011. |
109. Subiaco, l’Aniene sotto il ponte di s. Mauro nel 2011. |
110. Subiaco, l’Aniene sotto il ponte di s. Mauro nel 2011. |
111. Subiaco, l’Aniene sotto il ponte di s. Mauro nel 2011. |
112. Subiaco, l’Aniene sotto il ponte di s. Mauro nel 2011. |
113. Subiaco, l’Aniene sotto il ponte di s. Mauro nel 2011. |
114. Subiaco, l’Aniene sotto il ponte di s. Mauro nel 2011. |
115. Subiaco, l’Aniene sotto il ponte di s. Mauro nel 2011. |
116. Subiaco, il castello visto dal ponte di s. Mauro nel 2011. |
117. Subiaco, l’Aniene sotto il ponte di s. Mauro nel 1906 (Gargiolli).
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