ScuolAnticoli

Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca

 

L'immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell'artista danese Viggo Rhode (1900-1976). L'ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

La Terra vista da Anticoli Corrado

nel luglio-agosto del 2015

 

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(Domenica 30 agosto 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Poiché non troppo diversamente, nei pressi dei campi

di sterminio, famigliole e coppiette in picnic riuscivano

a divertirsi mentre a pochi metri da loro i bambini,

le donne e gli uomini venivano torturati e sterminati.

NO AL TURISMO ESTERO, FINO A CHE LE

FRONTIERE NON SARANNO APERTE A TUTTI.

(Lunedì 31 agosto 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Un bel libro di Gianni Crialesi

Da I luoghi e le restrette, di Gianni Crialesi: Il secondo treno delle ore cinque, 1972, olio su tela, cm 80 x 60. “Nel dopoguerra, molti Rovianesi abbandonarono la terra. Ogni giorno, per andare al lavoro, partivano con il secondo treno delle cinque e rientravano la sera alle otto e mezza, se non alle undici. A quei tempi il sabato non era festivo. C’era bisogno di nuove abitazioni. I nostri compaesani, dopo una dura settimana di fatiche, la domenica, aiutati dai familiari, donne comprese, invece di riposare lavoravano per costruirsi la casa. Non era raro vedere le mogli impastare la calce. Attraverso il lavoro e l’apprendimento, tutti loro furono i principali artefici della crescita economica e culturale del Paese. Ma in quel periodo, a Roviano, venne a mancare una guida amministrativa capace di dettare le regole per una urbanizzazione che salvasse il centro storico e progettasse uno sviluppo migliore del territorio” (pp 89-90).

(Domenica 30 agosto 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Discorsi condivisibili. Ma un po’ troppo... “inclusivi”

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Per leggere la risposta del Consigliere de l’Arcobaleno Marco Calderari: pagina 1 - pagina 2 - pagina 3

 

Amo il potere della bellezza e quello della verità, ma diffido di ogni altro: sono convinto che il potere debba essere quanto più possibile limitato, suddiviso e tenuto sotto costante controllo dai Cittadini. La Storia dell’Umanità ha abbondantemente dimostrato che nei confronti del potere è di gran lunga meno pericoloso esser troppo guardinghi che troppo fiduciosi.

Amo, perciò, chi al potere si oppone. Amo, soprattutto, l’Opposizione. Purché sia autentica, affettiva, immaginosa. Umana. E collettiva.

Per questo, dunque, scrivendo del comizio de l’Arcobaleno che ho ascoltato con grande interesse ieri sera, venerdì 28 agosto 2015, in piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, cercherò di avere “un occhio di riguardo”. Non perché io mi sia iscritto a l’Arcobaleno, ma ― ripeto ― per il rispetto che nutro, “a prescindere”, per chiunque si oppone al potere.

Ma anche se così non fosse, cosa potrei dire dei discorsi dei signori Consiglieri dell’Opposizione, Francesco De Angelis e Marco Calderari, se non che condivido ogni loro parola?

In particolare, ho molto apprezzato la passione, la determinazione e la chiarezza di cui ha dato prova Francesco De Angelis. Ma ho trovato interessante e condivisibile anche Marco Calderari, sono stato felice di sentirlo ringraziare ― per la prima volta, nella nostra piazza ― anche “i maestri e i professori” delle Scuole elementare e media, e mi ha toccato e coinvolto la sua commozione.

Ripeto: condivido ogni loro parola. E ancor più il tono “acceso”, sinceramente appassionato, con cui sono state pronunciate.

Mi spiace, invece, di non poter condividere quel che non hanno detto.

 

1.

 

Come ho accennato nel mio articolo precedente (Due discorsi tristi, del 24 agosto), il signor Sindaco Roberto Falconi non è l’unico responsabile dell’infelicissima stagione politica, amministrativa, sociale, civile, culturale e morale che dal 2011 sta “spegnendo” Anticoli Corrado.

Intendiamoci: non amo (quasi) nessuna sua idea e (quasi) nessun suo comportamento. Mi si darà atto, spero, di esserne da dieci anni il più strenuo avversario. Nondimeno so, e non posso dimenticare, e quindi onestamente dico e scrivo, che il signor Falconi non si è candidato a Sindaco da sé, ma in seguito a un’operazione che fu decisa, segretamente organizzata e “imposta” (poiché le scelte politiche rese pubbliche all’ultimo momento da un ristretto gruppo dirigenziale son sempre “imposte”, cioè poco democratiche, non foss’altro perché non lasciano agli oppositori il tempo di contrastarle) da uomini e donne (di prima e di seconda “fila”) di cui egli è stato “semplicemente” il tramite.

Sia ben chiaro: non dico che dal palco de l’Arcobaleno quegli uomini e quelle donne dovevano essere “denunciati” chiamandoli per nome: assolutamente no, sarebbe stato ripugnante.

Ma la gravissima operazione politica, “culturale” e morale da loro promossa, sì, doveva essere denunciata. Si doveva dire che essa (anche se, da parte di alcuni, forse non del tutto consapevolmente) mirava a deprimere culturalmente e moralmente le Anticolane e gli Anticolani per far sì che ad Anticoli Corrado niente cambi mai davvero. E si doveva dire, pertanto, che nessun componente delle suddette “prime e seconde file” (mica tanti: saranno, sì e no, una decina) potrà essere, per qualche anno, un interlocutore valido, o anche solo accettabile, di chiunque abbia a cuore il presente e il futuro del nostro Paese.

Ciò non è stato detto. Anzi: non vi si è fatto cenno neppure alla lontana.

E questo ci porta direttamente al punto 2.

 

2

 

I Consiglieri dell’Opposizione, nel corso del comizio, si sono detti disponibili a rinunciare al nome e al simbolo de l’Arcobaleno per facilitare la nascita di un nuovo e “più inclusivo” soggetto politico al quale possano aderire “tutti coloro che desiderano, per Anticoli, un futuro migliore”.

Un’ottima idea? Forse. Ma che suscita in me una certa perplessità.

Intendiamoci: ben venga il cambiamento del nome (sebbene l’immagine di un variopinto arcobaleno sia già molto inclusiva di per sé). Ma se non cambiano anche i comportamenti, e soprattutto la mentalità che li ispira, c’è il grave rischio che i Cittadini pensino (o qualcuno li induca a pensare): “Il lupo perde il pelo? Bravo! Ma siamo sicuri che abbia perso anche il vizio?”

Quale “vizio”? Quali comportamenti? E, in primo luogo, quale mentalità?

È presto detto: l’area di riferimento di un soggetto politico davvero nuovo e “più inclusivo” dev’essere l’intera Cittadinanza anticolana (esclusa, però, la “prima e seconda fila” di cui sopra).

E come si riesce a far sì che l’intera Cittadinanza anticolana si senta sinceramente chiamata a “includersi” nel nuovo soggetto politico?

Rispondo: si dev’essere sinceramente pronti a rischiare perfino di perdere qualche voto, pur di far sentire alla Cittadinanza che si è davvero cambiati: che si è ancora sé stessi in tutto ciò che è valido, certo, ma che non si ha più niente a che vedere con i promotori di un’operazione che ha mirato a deprimere culturalmente e moralmente le Anticolane e gli Anticolani perché ad Anticoli niente cambi.

Cambiar nome non basta. Per essere sentiti diversi, si deve essere diversi. Cioè distinguersi pienamente non “solo” dall’Amministrazione uscente, ma anche dal modo di pensare e di agire di quelli che l’hanno promossa. Anche a costo di “scontentare” una parte della propria (ex) area di riferimento.

Si rischia, altrimenti, che alla “prima e seconda fila” di tale operazione basti “prendere le distanze” dall’Amministrazione Falconi per sembrare “degne” di far parte del “nuovo” soggetto politico “inclusivo”. Introducendo in esso, così, il “Cavallo di Troia” della propria immutata mentalità.

Si dirà: “Ma quelle che tu chiami la prima e seconda fila dispongono di consistenti “pacchetti di voti”! Se si separano dall’attuale Amministrazione e passano all’Opposizione, perché respingerli con discorsi duri e puri come quelli che a te sarebbe piaciuto ascoltare?”

È vero il contrario: quei “pacchetti” vanno “spacchettati”, e a coloro che in essi sono ancora “incartati” dev’essere restituita la libertà. E ciò si può realizzare solo così:

1. Essendo certi, e facendo loro sentire, che essi sono stati tratti in inganno con un’operazione deteriore volta a garantirsi che quei “pacchetti”, culturalmente e moralmente, non si aprano mai.

2. Dichiarando solennemente, per far sentire agli “ingannati” che non lo saranno di nuovo, che con i “proprietari” dei “pacchetti”, per un bel po’, non si berrà neanche un caffè.

 

3

 

Altrimenti, quali sono i pericoli? Ne vedo tre, tutti molto gravi.

1. Se non si comprende che non basta porre fine alle fallimentari politiche dell’Amministrazione uscente, ma che soprattutto è necessario liberare Anticoli dalla sudditanza “culturale” e morale agli ispiratori e promotori di essa (la “prima e seconda fila”), ad Anticoli non cambierà niente. Chiunque vinca le prossime elezioni, tutto continuerà come prima. E sarà la fine.

2. Non solo. La “prima e seconda fila”, onde sopravvivere al fallimento che ormai è sotto gli occhi e nei cuori di tutti, si sono “divise i compiti”. La “prima fila” e una parte della seconda hanno assunto un atteggiamento di “nobile” e “silenzioso” (?) distacco dall’Amministrazione uscente, sperando così, non dico di entrare dritti dritti nella prossima, ma di essere considerati suoi interlocutori validi e poter influire su di essa con tutto il peso (in ogni senso) di cui dispongono.

Alcuni membri della “seconda fila”, invece, all’improvviso, dopo quattro anni e mezzo, si sono “scoperti” feroci avversari dell’Amministrazione Falconi e vanno distribuendo pacche sulle spalle agli avversari veri (quelli come me, per intenderci) esortandoli a creare al più presto una “terza lista” veramente di sinistra. A costoro non va dato alcun credito. Essi, infatti, in realtà vogliono una “terza lista” solo per togliere voti all’Opposizione e far vincere, direttamente o indirettamente, i “soliti noti”.

Gli unici a cui si può dar credito, nel caso diventi necessario organizzare davvero una “terza lista”, sono coloro che fin da prima delle elezioni del 2011 si opposero ai promotori dell’Amministrazione Falconi. E che hanno continuato a farlo con grande rigore fino a oggi, pagando anche dei prezzi non lievi. Mi riferisco, in particolare (ma non solo), a Francesco Putignani e a Laura e Stefania Amicone.

3. Ma anche se non ci sarà una “terza lista”, le Anticolane e gli Anticolani di sinistra delusi si chiuderanno nel non voto se non saranno convinti che l’Opposizione è oggi davvero diversa dalla “prima e seconda fila” degli Uniti per Anticoli. E se la sinistra anticolana delusa non voterà (quella sinistra delusa che, non dimentichiamolo, nel 2011 ha quasi determinato la sconfitta elettorale degli Uniti, e che oggi è sicuramente più numerosa di allora), il triste risultato sarà che l’Opposizione sarà sconfitta. Oppure, che sarà sostanzialmente identica all’attuale Maggioranza.

 

4

 

Concludo (ma i quattro punti sono, evidentemente, collegati e consequenziali) dicendo che mi è molto spiaciuta l’assenza, dalla Festa de l’Arcobaleno, del signor Vittorio Meddi, Sindaco di Anticoli Corrado dal 2001 al 2011. Secondo me, doveva esserci. E doveva unire la propria voce a quella, pur valida, dei Consiglieri De Angelis e Calderari.

(Naturalmente, Vittorio Meddi può non essere intervenuto per gravi motivi personali. Se così è, nessuno ha il minimo diritto di criticarlo e prego, quindi, di considerare quanto segue come non detto).

Si dirà: “Ma a te Vittorio Meddi è simpatico, lo stimi, e ti piace ascoltarlo”. Ebbene: questo è vero, ma riguarda solo me. Vi è ben altro, e penso che riguardi tutti.

Posso immaginare ― e, entro certi limiti, capire ― le ragioni che potrebbero aver indotto Vittorio Meddi ad agire così. Per esempio per non avallare, con la propria presenza, i discorsi dei Consiglieri non per quel che essi hanno detto di condivisibile (cioè, ripeto, tutto), ma per quello che essi hanno omesso.

Non mi passa, invece, neanche per la famosa “anticamera del cervello” l’idea che egli, con la propria assenza, abbia voluto far capire alla “prima e seconda fila” degli Uniti che li ritiene interlocutori validi. Cioè che abbia voluto comportarsi esattamente come si stanno comportando loro.

Ma Vittorio Meddi non ha considerato, non venendo, che qualcuno poteva invece pensare proprio questo? Non si è reso conto di quanto sono (giustamente) inclini alla sfiducia le Anticolane e gli Anticolani come me, che cercano di dimenticare che proprio la prima Amministrazione Meddi aprì le porte del Comune di Anticoli Corrado a quei signori e a quelle signore? Quelle Anticolane e quegli Anticolani cercano di dimenticarlo, ma (giustamente) pretendono di essere molto incoraggiati a farlo!

No, Vittorio Meddi doveva esserci. Magari soltanto con un sms da leggere dal palco: sarebbe stato meglio che niente. E, mi permetto di ribadire, doveva dire che l’Opposizione rifiuta di considerare interlocutrici valide la “prima e la seconda fila” di cui sopra. Fino al 2021, diciamo.

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Per leggere la risposta del Consigliere de l’Arcobaleno Marco Calderari: pagina 1 - pagina 2 - pagina 3

(sabato 29 agosto 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com)

 

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Le armi non sparano da sole. Una certezza disumana sì.

Le armi non sparano da sole. Una certezza disumana sì.

Il sistema Usa, modello dei governi e delle classi dirigenti europee di destra e di finta sinistra, non è basato sulle armi, come si sostiene, ma sulla disumana certezza che il nemico, nel mondo o a due passi da casa (o addirittura in casa) debba essere annientato.

Un sistema, come dice uno che stimo molto, fondato sulla certezza disumana che essere è eliminare.

Il più grande aiuto che possiamo dare agli Americani è rifiutarlo, questo loro “bel” sistema. E, prima di tutto, rifiutare lidea mostruosa che lo sorregge.

(Tabella a pag. 17 del Corriere della sera di venerdì 28 agosto 2015).

(Venerdì 28 agosto 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Mercoledì 26 agosto 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Due discorsi tristi

di Luigi Scialanca

 

1.

 

Qualche parola sulla commemorazione funebre svolta dalla signora Francesca Splendori.

Onorare i defunti è cosa che distingue gli esseri umani da ogni altro animale. Come l’amore che è realizzazione, come l’arte, come la scienza. Quando, poi, il defunto è un uomo o una donna che ha dedicato la vita intera al Paese, onorarlo è anche un dovere pubblico, istituzionale.

Ma per onorare i defunti umanamente è necessario rispettarli davvero, altrimenti le onoranze appaiono “poco convinte”, come le condoglianze di un impresario di pompe funebri. E per rispettarli davvero è necessario non sfruttarli per i propri scopi (neanche per scopi, diciamo così, “pietosi”, come quello di nascondere, a sé prim’ancora che agli altri, il drammatico fallimento delle proprie scelte politiche).

Voglio dire che, se il defunto non era d’accordo con me, io che lo onoro devo dirlo. Non occorrono lunghi discorsi, nessuno pretendeva né pretende che la gentile signora commemoratrice si percuotesse il petto gridando mea culpa. Bastavano poche parole: “Non era d’accordo con le nostre scelte, e noi lo rispettiamo e lo onoriamo anche per questo”.

Così poco? Sì. Ma la differenza è immensa: senza quelle poche parole, la memoria del defunto, del suo pensiero e della sua opera viene alterata. Cioè viene tradita. Cioè viene sfruttata. E io che ti ascolto posso supporre che tu taccia che il defunto non era d’accordo con te, per usarlo per i tuoi fini.

Una volta, nel vecchio P.C.I., si usava dire: “Veniamo da lontano, andiamo lontano”. Ebbene, anche questo modo di “onorare” i defunti viene da lontano: Stalin fece così con Lenin. Togliatti fece così con Antonio Gramsci. Viene da lontano, sì. Speriamo che, almeno ad Anticoli, non vada lontano.

 

2

 

E veniamo al discorso del Sindaco, signor Roberto Falconi.

Può un sindaco essere depresso? Certo che sì. È una cosa che non fa piacere a nessuno, naturalmente, ma che nessuno ha il diritto di criticare.

Quel che un sindaco, a mio parere, non dovrebbe fare, è deprimere l’intera popolazione non lasciandole intravedere alcuna speranza per il futuro.

Potrebbe essere il motto dell’attuale amministrazione: Mai una gioia!.

Il signor Roberto Falconi ha esordito promettendo: “Non sarò lunghissimo”. E ha mantenuto la parola: è stato solo lungo. Ma lungo, si diceva un tempo, “come una Quaresima”. Ha svolto, infatti, un lungo, avvilito elenco di sconfitte: i debiti da pagare, i soldi che non bastano mai, i finanziamenti promessi e poi negati o promessi soltanto sulla carta, le risorse idriche che spariscone misteriosamente, i progettisti che si dimettono, gli amici che se ne vanno, la festa che finisce...

Cose importanti e perfino importantissime, non lo nego. L’economia è importante, i soldi sono importanti: lo so bene come lo sa, purtroppo, di questi tempi, chiunque non abbia uno “zio Paperone” che lo soccorre. Ma un sindaco non può parlare solo di guai!

Specialmente quando i tempi sono difficili, un sindaco ha il dovere di proporre un progetto e di indicare una speranza. È fondamentale, per i cittadini in difficoltà, sentirsi proporre delle vie d’uscita. Sentirsi coinvolti in una generosa, appassionata ricerca di un presente e di un futuro diversi, migliori, più umani. Ascoltare idee, e soprattutto sentire affetti in chi parla loro.

Se un pubblico amministratore non lo fa, è lecito supporre, o che non ne sia capace (e questo sarebbe grave, perché vorrebbe dire che, soprattutto in una crisi, egli non sarebbe all’altezza del ruolo che ricopre), oppure che stia scaricando sugli amministrati la propria (legittima) disperazione, il proprio (legittimo) senso di fallimento. E questo non sarebbe meno grave.

Fatto sta che ieri sera, domenica 23 agosto 2015, a mano a mano che il discorso del Sindaco andava avanti, la gioiosa atmosfera estiva di piazza delle Ville... andava indietro. Le teste si chinavano, i sorrisi si spegnevano, un cupo silenzio gravava su tutti. Perfino la leggendaria bellezza delle donne anticolane pareva affievolirsi. Perfino i giochi dei bimbi, che tanta allegria sempre diffondono intorno a sé nella nostra bellissima piazza (ma, si direbbe, poco apprezzata dagli amministratori), si sono interrotti come se un invisibile, gelido inverno precoce fosse calato su Anticoli Corrado.

Attenzione: non sto dicendo che il Sindaco doveva ingannarci. Non penso, cioè, che dovesse dirci (come faceva colui che era un tempo il suo idolo, Silvio-grazie-di-esistere) che tutto va bene. No, egli aveva il dovere di presentarci la situazione anticolana in tutta la sua gravità. Ma aveva anche il dovere di offrirci qualche appassionata e intelligente indicazione costruttiva.

Un’unica speranza il signor Sindaco ha lasciato intravedere ai cittadini: che egli nel 2016 non si ricandiderà. È già qualcosa, sì. Ma è troppo poco per ravvivare una Comunità in crisi.

Tuttavia è doveroso, mi sembra, dire anche qualcosa in difesa dell’attuale Sindaco. Non è colpa sua se egli occupa una posizione da cui dovrebbe dare indicazioni costruttive ai Cittadini, e invece non appare in grado di farlo, diffondendo, al contrario, un cupo senso di fallimento politico, amministrativo e, ciò che è più grave, civile e sociale. No, non è colpa sua. O almeno, non è solo sua. La maggiore responsabilità, la più grave, ricade sui suoi “autori”. Su coloro che hanno imposto ad Anticoli Corrado, benché da più parti li si avvertisse che stavano commettendo un gravissimo errore, un’Amministrazione che, per quanta buona volontà possano metterci i singoli, non è all’altezza di un periodo di crisi. Coloro che hanno fatto questa scelta dovrebbero scusarsi. Soprattutto con le Anticolane e gli Anticolani. Ma, un pochino, anche con il signor Sindaco Roberto Falconi. Del quale abbiamo ieri sera chiaramente sentito, purtroppo, tutto lo scoramento per essere stato messo in una posizione così difficile, senza averne gli strumenti, da forze politiche e individui che delle Anticolane e degli Anticolani conoscono forse (forse) i bisogni, ma ignorano del tutto le fondamentali esigenze umane.

 

3

 

C’è una sola lettera di differenza, tra la parola triste e la parola tristo.

Triste significa malinconico, dispiaciuto, addolorato.

Tristo significa cupo, incattivito, e perciò malintenzionato.

Al plurale, però, i due aggettivi non si distinguono più: tristi vale per entrambi.

Perciò, se dico che ad Anticoli Corrado, in piazza delle Ville, le sere di sabato 22 e di domenica 23 agosto 2015, si sono uditi (e purtroppo anche sentiti) due discorsi tristi, nessuno può capire se quel tristi è il plurale di triste o di tristo.

Ma va bene così: ogni Anticolana e ogni Anticolano hanno cuore e intelligenza per deciderlo da sé.

 

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(lunedì 24 agosto 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com)

 

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(Giovedì 20 agosto 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Lunedì 17 agosto 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Mercoledì 12 agosto 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Chi ha ragione e chi ha torto, tra Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, e Nunzio Galantino, segretario (generale) della Conferenza episcopale italiana? Tra il Salvini che dichiara, per esempio, che in Italia si sta compiendo una sostituzione etnica (Roma, piazza del Popolo, 28 febbraio 2015) e il Galantino secondo il quale (intervista a Radio Vaticana, 10 agosto 2015) in Italia c’è un atteggiamento che viene purtroppo alimentato da questi quattro piazzisti da quattro soldi che pur di prendere voti, di raccattare voti, dicono cose straordinariamente insulse?...

Be’, a parer mio la ragione e il torto, almeno in fatto di razzismo (ma forse anche in altri ambiti) non esistono: o si è razzisti o non lo si è.

Il Salvini, certamente, lo è: è un razzista e un propagatore di razzismo, lui e tutti quelli che parlano e scrivono con la stessa disumanità, insensatezza e violenza. E il Galantino? E il suo datore di lavoro, Jorge Bergoglio?

Io penso che non lo siano di meno. Anzi: che forse lo siano di più. Molto di più.

Non “solo” perché Bergoglio ha dichiarato (8 gennaio 2014) che un bambino battezzato o un bambino non battezzato non è lo stesso. Grazie a questo sacramento i cristiani sono immersi in quella sorgente inesauribile di vita che è la morte di Gesù, il più grande atto d’amore di tutta la storia. E grazie a questo amore possiamo vivere una vita nuova, non più in balìa del male, del peccato e della morte, ma nella comunione con Dio e con i fratelli: parole da incomparabile Maestro di razzismo, dinanzi alle quali anche il peggior Salvini sembra un chierichetto...

Non “solo” perché il Galantino, commentando il referendum che ha introdotto in Irlanda le nozze gay, ha parlato (lo ricorda il Corriere della sera di oggi) di delirio dell’emotività e sonno della ragione (come se si possa essere razzisti “solo” contro i gay senza essere razzisti del tutto: lo ripeto, razzisti, o lo si è o non lo si è)...

Ma, soprattutto, perché tutti i razzisti come Salvini son “figli” della stessa “madre”, cioè dell’idea di Dio.

L’idea che esista un Dio, infatti, è l’idea che noi esseri umani siamo inferiori a un Essere perfettissimo e onnipotente. Talmente perfetto da giudicare quanto siamo a Lui vicini o da Lui lontani. Ma l’idea che si possa essere più o meno vicini a un Essere perfettissimo che altro è se non l’idea che noi esseri umani non siamo uguali?

Attenzione: non che non siamo uguali perché alcuni sono più bravi a fare il caffè e altri meno, o perché alcuni ammazzano e altri salvano vite... No: non siamo uguali perché alcuni sarebbero più umani (i bambini battezzati, per esempio) e altri meno umani (i bambini non battezzati, per esempio). Perché alcuni, cioè, sarebbero più vicini a... un niente, e altri, da quel... niente, sarebbero invece più lontani.

Niente?! Ma che dici?! Dio per te è niente?!... Be’, vedete, il fatto è che miliardi di donne e di uomini non l’hanno mai visto, Dio. E ognuno, dunque, quando pensa a quel non visto-niente, lo riempie come gli pare: chi se lo raffigura bianco, chi nero, chi eterosessuale, chi gay, chi assolutamente non somigliante ai Rom, chi assolutamente non somigliante agli Ebrei, chi assolutamente non somigliante ai Cristiani... eccetera.

In un’idea vuota, ognuno ci mette quel che vuole. Dopo di che, giudica meno perfetto, meno umano, chi dalla sua idea si discosta. Questa è la Madre dei razzisti.

Poi si può anche definire il Salvini un piazzista da quattro soldi, e si può anche, astrattamente, avere “ragione”, definendolo così. Ma ciò non toglie che le “idee” che il “piazzista” mette... in piazza non esisterebbero, se non le figliasse, sempre incinta, l’idea che gli esseri umani non sono uguali.

Chi è più piazzista? Il piazzista, o chi i piazzisti li fabbrica (e poi, per incantare i non-razzisti ingenui, li insulta)?

(Martedì 11 agosto 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Gabriella B. fu mia compagna di Scuola, per qualche mese, nel secondo anno di Liceo classico all’Istituto Francesco Vivona di Roma. Apparve e scomparve, come una stella cadente, e anche in quel tempo brevissimo si assentò molto spesso. Poi non la rividi mai più. O chissà, forse sì.

A un certo punto mi chiese di aiutarla a studiare, a “mettersi in pari”. Perché proprio a me, che me la cavavo ma non ero certo il primo della classe (mi piacevano troppo le ragazze e le mie letture, per esserlo)? Non me lo disse, e io non glielo domandai. Forse.

Per alcune settimane, dunque, andai a trovarla a casa, in certi pomeriggi invernali che sembravano notti, spostandomi in autobus dall’Eur, dove malauguratamente risiedevo (ma d’altra parte, se avessi abitato altrove, forse non l’avrei conosciuta) a una vietta, dalle parti di piazza dei Navigatori, della quale ricordo soltanto che portava un nome di donna. E importante, con ben due cognomi.

Com’è naturale, di Gabriella B. m’innamorai all’istante. Il che, come tutti sanno, non può essere spiegato. Ma “facilitato” sì: prima di tutto dal fatto che mi aveva chiesto di aiutarla (a quel tempo, infatti, ignorando e non volendo sapere di quanto aiuto necessitassi io, trovavo molto seducenti le ragazze che condividevano questa mia presunzione fino al punto di chiedermi di aiutare loro); poi dal fatto che sembrava (e forse era) già una donna adulta, avendo “ripetuto” un anno o due (il che, per noi che avemmo diciassette anni nel ’68, era la più affascinante delle caratteristiche, in una fanciulla); poi dal fatto che suscitava in me una drammatica tenerezza (viveva, come una Raperonzolo, con zie ottocentesche in una casa sempre un po’ buia: ricca, sì, ma anche mestamente ingombra); e infine, e soprattutto, dal fatto che era straordinariamente bella: una brunetta dagli occhi scintillanti e consapevoli, minuta e tuttavia dolcemente flessuosa, sempre in minigonna, e riservata fino al mistero.

M’innamorai di lei, dunque, ma capii quasi sùbito di non avere speranze: mi trattava come un simpatico fratellino, e di tutti i miei scalpitanti sentimenti ne ricambiava solo uno: la tenerezza.

Perché arrivò a secondo trimestre iniziato? Dov’era stata fino a quel momento? Si era forse tagliata un polso? O fu davvero un gatto, graffiandola a sangue, a imporle per settimane quella fasciatura?

Un giorno mi rese felice... clicca qui per continuare a leggerlo in .pdf - oppure clicca qui per continuare a leggerlo in .doc.

(Venerdì 31 luglio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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