L'immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell'artista danese Viggo Rhode (1900-1976). L'ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

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diario del Prof (scolastico e oltre)

 

aprile 2008

 

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sabato 26 aprile

La prof.sa Patrizia Pintus tra il prof. Scialanca e il prof. Romiti durante la gita a Ventotene del 2001.

La prof.sa Patrizia Pintus tra il prof. Scialanca e il prof. Romiti durante la gita a Ventotene del 2001

 

Una lettera della professoressa Patrizia Pintus e la risposta del Prof

 

Non ho votato Veltroni perchè non mi interessavano nè il suo programma nè le sue idee. Tuttavia sento di rispettare tutti quegli Italiani che lo hanno votato, così come quelli che hanno votato altri schieramenti, a prescindere dal risultato che hanno ottenuto.

 

Questa è la vera democrazia: non si può rosicare dopo, usando nomignoli per un candidato che a parità degli altri ha fatto la sua campagna, non costringendo nessuno a votarlo (infatti io non lho votato e neanche tu).

 

Riguardo al fatto che gli Italiani si sarebbero fatti convincere da lui, lo stesso suo potere dialettico lo hanno avuto tutte le ideologie, in ugual misura: probabilmente chi non è riuscito a convincere, non ha trasmesso quella credibilità e fiducia che gli Italiani cercavano, fino allultimo giorno di campagna elettorale, per affidare un nuovo governo a chi li rappresentasse.

 

Quanto alla sinistra, per due anni ha governato, anche se con nomi diversi: era molto difficile che avrebbe riavuto la stessa fiducia di due anni fa. Se Veltroni avesse riunito nel suo nuovo partito gli stessi colori del precedente governo, lo avresti chiamato ugualmente Togliattino? E non poteva succedere il contrario, e cioè che tutti quelli che non si fossero fidati del Partito democratico, dei radicali, di Di Pietro, ma avessero avuto molto, ma molto forte lideologia di sinistra, votassero ugualmente Bertinotti, non curandosi del fatto che era da solo, e lo portasssero a vincere le elezioni? In quel caso, di chi sarebbe stata la colpa, o il merito (dipende dal punto di vista!) della vittoria?

 

Non mi piace chi critica dopo: non è rispettoso nè democratico. A chi dare colpe, se non al libero arbitrio di ciascuno, compreso te, e agli Italiani che, come vedi, non hanno creduto alle parole di tutti, perchè hanno anche loro una testa?

 

Non so se con questo governo le cose andranno meglio: sono certa però che nulla vale come la libertà che tutti abbiamo avuto di votare chi ci ha trasmesso più fiducia, senza alcuna manipolazione se non scegliendo la credibilità, che tutti possiamo conquistare con la nostra condotta oppure, purtroppo, perdere.

 

Avevo inizialmente pensato di non commentare il tuo articolo, ma lho fatto perchè sinceramente giudico troppo aspri i toni che usi e poco consoni a un sito scolastico, che dovrebbe veicolare pluralità di esperienze, ma sempre in modo sereno e rispettoso, segno di ricchezza interiore che nessuno ha il potere di abbassare di tono.

 

Forse riuscirò a vedere la mia risposta inserita nel tuo sito?

 

Saluti, Patrizia Pintus.

 

 

Gli articoli a cui si fa riferimento nella lettera e nella risposta:

 

Lettera aperta ai Costretti e ai Convinti dal Togliattino

(domenica 20 aprile)

 

La miserabile impresa del Togliattino

(lunedì 14 aprile)

 

 

La risposta del Prof

 

Ti ringrazio, cara Patrizia, per avermi scritto. Credo che sia un segno di interesse e fiducia nei confronti di ScuolAnticoli e per la grande passione che in ogni sua pagina è racchiusa e ben percepibile... Come non pubblicare la tua lettera, dunque? È una conferma preziosa!

 

Mi ha colpito, poi, anche il fatto che tu abbia sentito di dover prendere le difese” di Walter Veltroni (accogliendo la tua intercessione, per questa volta non lo chiamerò il Togliattino) pur non avendo votato per lui e non essendo interessata ― dici ― né alle sue idee né al suo programma. So che sei una persona sinceramente democratica e tollerante, ma la tua difesa d’ufficio” del segretario del Pidì, più che da questi nobili sentimenti, mi è parsa ispirata dall’idea che sia io, invece, poco democratico e intollerante! Non è così, ti assicuro: ce l’ho” con Walter Veltroni ― e parlo e scrivo così aspramente di lui ― non perché non sopporti che egli non la pensi come me o come Bertinotti, ma perché ritengo che le sue idee e intenzioni, (che certo non sono solo sue, ma concludono e portano alle estreme conseguenze un processo involutivo in corso nel Pidièsse-Dièsse-Pidì fin dal 1989), benché assai diverse da quelle dei suoi avversari della Destra, siano tuttavia non meno pericolose delle loro non solo per la Sinistra italiana, ma per la Democrazia nel nostro Paese. Di più: per la Speranza nel nostro Paese.

 

Nelle prossime settimane tornerò a parlarne, cercando di motivare meglio questo timore che del resto non è solo mio (e di spiegare più chiaramente perché io ritenga un appellativo come il Togliattino tristemente appropriato al signore al quale l’ho attribuito). Ma intanto ti domando: come si può non essere almeno un po aspri quando ci si sente minacciati e aggrediti in ciò che si ha di più caro al mondo dopo i propri affetti più cari: la libertà, l’umanità dei rapporti fra gli esseri umani e fra le classi sociali, la speranza in un mondo migliore? Son cose piuttosto importanti, non credi? Ebbene: sono persuaso che Walter Veltroni, magari inconsapevolmente, minacci e aggredisca me e te e tutti gli Italiani proprio in queste cose così importanti. E che lo faccia molto meglio ― molto meno timidamente ― di quanto l’hanno fatto finora i suoi predecessori, da Occhetto a D’Alema a Fassino. E che questo accada per di più in un Paese, il nostro, che ha prodotto una Destra pericolosissima, contro la quale solo una Sinistra Vera potrebbe fare argine.

 

Quanto al fatto se Walter Veltroni abbia o meno costretto” qualcuno a votare per lui, so bene anch’io, cara Patrizia, che egli non aveva materialmente questo potere e che ognuno, perciò, ha votato come ha voluto (tranne i talmente poveri o ignoranti o cinici da vendersi il voto un po’ dappertutto e un po’ a tutti in cambio di promesse di lavoro o addirittura di pochi spicci). Ciò nondimeno, so altrettanto bene che la costrizione”, al giorno d’oggi, si esercita con metodi più raffinati e meno avvertibili che ai tempi del manganello e dell’olio di ricino: anche spaventare gli elettori con lo spauracchio del voto utile” è tentare di costringerli, e a ben guardare non è neanche così raffinato (in effetti, non è poi tanto lontano dal manganello e dall’olio di ricino...) poiché l’elettore, in un Paese in cui la sua libertà sia davvero rispettata, dovrebbe esser libero anche psicologicamente. Dovrebbe poter votare per motivi ideali, affinché si realizzino le sue immagini e speranze di una Società migliore, e non perché qualcuno gli ha messo in corpo una maledetta fifa, non credi?

 

Su come, infine, debba o non debba essere un sito scolastico” potrei risponderti, cara Patrizia, che questo non è un sito scolastico e che la sua intestazione lo definisce senza ambiguità una Libera Scuola di Umanità. Ma preferisco dirti, invece, che penso che non ci sia niente di più positivo, nella Scuola pubblica, della possibilità che essa ancora garantisce ai bambini e ai ragazzi di entrare in contatto con immagini diverse e anche opposte del mondo e dei rapporti interumani sperimentando così tutta la vivacità e la passione di un confronto anche aspro (purché civile) tra di esse. E niente di più negativo, invece, dell’intenzione che alcuni hanno e tentano di mettere in atto ― ma non mi riferisco certo a te, o almeno lo spero! ― di trasformare la Scuola in una sorta di Disneyland in cui tutti si fingono d’amore e d’accordo e i sentimenti veri sono accuratamente banditi.

 

(E poi la Valle dell’Aniene è il regno dei soprannomi! Perché dovrebbe essere poco rispettoso attribuirne uno anche a Walter Veltroni?...)

 

Grazie ancora, cara Patrizia, e un caro saluto dal Prof! 

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domenica 20 aprile

Antonio Gramsci (1891 - 1937)

Antonio Gramsci (1891 - 1937)

 

Lettera aperta ai Costretti e ai Convinti dal Togliattino

 

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Questa non è una lettera ai cosiddetti “dirigenti” del Pidì. Quei “dirigenti”, in quanto tali (non come esseri umani, ma in quanto leader politici) sono perduti, tutti, e perduti per sempre. Non troveranno mai più, noi speriamo, uomini e donne generosi e intelligenti che si lascino “dirigere” da loro. Generosi forse sì, ne troveranno, ma con poco cervello. Intelligenti forse anche, ne troveranno, ma senza cuore.

 

Questa è una lettera a quella che un tempo avremmo chiamato la base del Pidì. Ai compagni. A quelli come noi che ― non come noi ― il 13 e il 14 aprile si son lasciati costringere o convincere a tracciare una croce sul simbolo del Pidì, anziché metterci una volta per tutte una croce sopra.

 

Ai Coatti, in primo luogo ― nel senso etimologico del termine ― a quelli, cioè, che a dare il voto al Togliattino si son sentiti Costretti per il terrore che Berlusconi, se avessero invece votato per la Sinistra Vera, tornasse al potere per colpa loro: intendi, ora ― vorremmo dir loro a uno a uno ― in che stupido e malvagio ricatto e inganno sei caduto? Vittima volontaria, come in un rito delirante ti sei immolato a quell’Orco travestito da Buono di Walter Veltroni e ti sei lasciato da lui divorare nell’illusione che il pasto delle tue carni lo rendesse così forte da sconfiggere la Destra. Il tuo libero voto ― e la gioia di imprimere nella vita politica del Paese il suggello della tua fantasia e speranza, quella gioia che al voto è indispensabile per esser diverso dall’andar fiutando, come animali non umani, tra un boccone e un altro ― l’hai degradato a mero dovere adempiuto con dolore e spavento. E il tuo sacrificio è stato vano.

 

Non ti è bastato sentir dire, da Berlusconi come da Veltroni, che il voto ai piccoli partiti era inutile, per capire che la logica entro la quale ti stavi lasciando irretire era quella di due finti avversari coalizzati contro un nemico comune, cioè contro di te? E non ti basta, ora, sentir gongolare Antonio Martino perché la feccia è stata buttata fuori dal Parlamento d’amore e d’accordo coi veltro-scalfariani che scodinzolano, benché in apparenza sconfitti, perché almeno si è razionalizzato il quadro politico riducendone l’affollamento? Ti rendi conto, ora, di come sia stato sciocco prestar fede al Togliattino, a Eugenio Scalfari e ai loro taroccatori di sondaggi che cianciavano di poderosa rimonta e perfino di possibile sorpasso? Capisci che mentivano sapendo di mentire, per derubarti del tuo voto e della fantasia e dell’intelligenza che in esso avresti potuto esprimere? Non per vincere, ché ben sapevano che non era possibile, ma per cancellare dalla tua mente e dal tuo Paese la speranza di una Società più umana? Per dare all’Italia l’ultima spinta verso il baratro, per costringerla una volta per sempre ― chiunque vincesse ― nella morsa insulsa e spietata di due superpartiti all’americana che si combattono su tutto, e con tutto l’accanimento che scatena in due disperati l’avidità di denaro e potere, tranne che su ciò che davvero possa rendere più umana la vita degli uomini, delle donne, dei bambini?

 

E il sacrificio è stato vano, e la distruzione da te prodotta della tua libertà e immaginazione e intelligenza e gioia di votare non ha sortito altro effetto che quello di far sparire ― non perché tu lo volessi ma, ripetiamolo, solo per la tua paura ― la Sinistra Vera dal Parlamento italiano e te stesso dal novero degli uomini e delle donne che in Parlamento son rappresentati. E perciò ti domandiamo: a che cosa è valso il tuo annullarti? Il Togliattino non avrebbe vinto nemmeno se tutta la Sinistra Vera fosse finita nelle sue fauci: non avrebbe raggiunto che il 40%, mentre Berlusconi e Bossi sono al 46. E non poteva andare altrimenti ― anche tu l’avresti intuito, se non ti fossi lasciato impaurire ― poiché l’Italia non è ancora (ma fino a quando?) un Paese ove a Sinistra si possano conquistare le menti e i cuori con l’inganno e il terrore come lo si fa a Destra.

 

Ora dovrebbe chiederti scusa, il Togliattino, per lo stupro da lui compiuto dell’umanità del tuo voto, ma dalle nuove ciance e menzogne che va spargendo è già chiaro che non lo farà, perché nella sua follia non si rende conto di ciò che ha fatto, ora che l’ha fatto, più di quanto se ne rendesse conto mentre lo faceva. E soprattutto dovrebbe chiederti scusa ― e non lo farà ― se sei una ragazza o un ragazzo di 18 anni. Poiché per te era la prima volta, e sarebbe potuta essere la tua prima esperienza della gioia di contribuire alla vita politica del Paese con fantasia e speranza, se il Togliattino non ti avesse ingannato, ricattato e impaurito fino a costringerti a votare per lui. Ma non disperate, ragazzi, non disperate ― ve ne preghiamo ― o davvero sarà la fine. Poiché è questo che vogliono, i veltroscalfariani razionalizzatori d’Italia, i papi “laici” ― oh, davvero laici, non c’è che dire ― della cultura e dell’economia e della politica italiane: portarvi alla disperazione, cancellare dai vostri cuori e dalle vostre menti la fantasia e la speranza di una Società più umana per fare anche in voi, come in tutto il Paese, il deserto ch’è in loro, e che spacciano per moderno, di meschina contabilità anaffettiva e vetuste giaculatorie insensate.

 

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E i Convinti? Che dire ai Convinti, che per il Togliattino hanno votato non perché ingannati, ricattati e impauriti, ma credendo in lui come hanno già mille volte creduto ― incantati, povere anime, gli occhioni blu persi nel vuoto! ― agli Occhetto, ai D’Alema, ai Cofferati, ai Violante, alle Turco, ai Fassino, alle Melandri (dei Franceschini e Fioroni e Binetti non parliamo neppure) e a tutta la compagnia stonatamente cantante che almeno dal 1989 sta degenerando la Sinistra italiana in una finzione maldestra, in una sconcia recita da guitti, in uno spettacolaccio di marionette sbilenche sorrette e manovrate dai potentati finanziari e ideologici adoratori del Mercato e della Globalizzazione? Come hai potuto ― vorremmo dir loro a uno a uno ― ancora una volta convincerti e credere alla sincerità di individui come quelli, nonostante tutte le delusioni e le prepotenze che ti hanno inflitto negli ultimi diciannove anni?

 

Ma non possiamo parlare a te, che il Togliattino ha Convinto, come se anche noi non fossimo stati Convinti dai suoi squallidi predecessori, nessuno escluso. Lo siamo stati, ahinoi, quasi tanto a lungo quanto te. Ed è con grande vergogna per il nostro passato, perciò ― oltre che con profonda convinzione ― che ti chiediamo oggi di vergognarti profondamente, insieme a noi e come noi, per il tuo interminabile, stralunato presente di uomo o di donna che anno per anno, niente apprendendo e comprendendo di ciò che pur vedeva coi suoi stessi occhi, hai continuato a credere che il Pidièsse-Dièsse-Pidì ― benché per diciannove anni gli Occhetto ne abbiano storpiato il sentire assai più che il nome scacciandone a poco a poco tutti i sani di mente e di cuore, i D’Alema lo abbiano prostituito ai Consorte, ai Fiorani e ai cento altri furbetti loro sodali, i Cofferati abbiano insinuato il veleno leghista dell’intolleranza e del razzismo anche in città ove da solo non era riuscito a penetrare, i Violante abbiano offeso la Resistenza e la nascita stessa dell’Italia repubblicana accreditando gli infami di Salò servi di Hitler d’aver combattuto come i Partigiani per un ideale, le Turco abbiano contrattato con papi e vescovi la libertà e la salute delle donne e di tutti noi, e i Fassino e le Melandri, meschini, pur nel loro piccolo abbiano inquinato anch’essi l’onesto sentire delle persone per bene andando istupiditi a versar lacrime tra le orripilanti braccia delle Marie De Filippi o a questuare uno strapuntino sui carrozzoni dei Mondiali di calcio e alle feste dei Briatore ― hai continuato a credere che il Pidièsse-Dièsse-Pidì sia il partito che finge di essere e davvero abbia a cuore e desideri e agisca per far dell’Italia un Paese ove l’irripetibile perfezione di ogni essere umano, e non solo gli affari e il denaro e le merci che alimentano il Moloch del Pil, ottenga fin dalla nascita e per tutta la vita attenzione e rispetto.

 

Vorremmo dirti ― compagna o compagno che al Togliattino hai creduto benché l’orrore sia in lui ben più evidente che negli Occhetto e nei D’Alema, nei Cofferati e nei Violante, nelle Turco e nei Fassino e nelle Melandri ― che se ancora seguiterai a non capire, a non vedere e soprattutto a non intuire, col sentimento e l’immaginazione, ciò che perfino i testoni come noi hanno ormai inteso ― e cioè che il Pidièsse-Dièsse-Pidì è divenuto negli ultimi diciannove anni la cinghia di trasmissione, lautamente remunerata fin nei minimi gangli del potere locale, dell’ideologia dell’indifferenza e della razionalità che in tutto il mondo mira alla robotizzazione della Società spacciandola per modernizzazione ― questa volta per noi sarà difficile non pensare, di te, che vi sia in te anche una stupidità, o addirittura un’inconscia complicità, insieme al tuo (e fino a ieri anche nostro) umano non voler credere possibile l’orrore di cui quegli individui e l’intero Pidì sono invece a tal punto consapevoli da essersi adattati a nascondersi, nel tentativo di occultarlo, tutti come un sol uomo sotto le insegne del Togliattino, che nella sua stranezza ― in quella palese astrattezza e bizzarria che finora li aveva indotti a temerlo ed emarginarlo ― adesso proprio per questo gli pare più bravo a mentire, più abile a fingere, più atto a ingannare.

 

Scuotiti, compagna o compagno che al Togliattino hai creduto! Sconfiggi, in te, la Fede e la Ragione che ti han reso stupido o complice del disprezzo per l’essere umano di chi alle donne e agli uomini non sa proporre ― e la chiama speranza, una simile disperazione! ― che di farsi formiche e termiti organizzate e ordinate del Capitalismo globalizzato che scanna il Pianeta e le nostre stesse vite insieme a quelle dei nostri discendenti. Sconfiggile, te ne preghiamo, o davvero sarà la fine. Ché son quella Fede e Ragione ― è il sottile, quasi invisibile disprezzo per l’essere umano che in esse si nasconde e striscia ― che ti hanno ingannato e reso complice dell’orrore fino a incantarti dinanzi a una figura, il Togliattino, che invece è mostruosa come il Pifferaio di Hamelin per quelli che non sanno e non vogliono lasciarsi trattare come topi.

 

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P.s.: Perché lo chiamiamo il Togliattino? Perché Walter Veltroni non è il primo (ma speriamo sia l’ultimo) che tradisce la speranza delle donne e degli uomini di Sinistra del nostro Paese. Poiché ce n’è stato un altro che a suo tempo ― come Veltroni vuol consegnarci oggi, legati mani e piedi dalla nostra stessa indifferenza e stupidità, al Capitalismo globalizzato e all’americanizzazione ― consegnò la Sinistra italiana, legata mani e piedi dal nazifascismo, all’Unione Sovietica di Stalin mentre moriva nelle galere di Mussolini il solo comunista ― Antonio Gramsci ― che ebbe il genio e la tempra per immaginare e cercare una speranza e una via diverse. Quello si chiamava Palmiro Togliatti. Ma a questo ― data l’evidente sproporzione fisica e psichica cagionatagli dall’essersi formato in tempi in cui all’esser funesti non occorre l’essere giganteschi ― basta (e avanza) d’esser chiamato appena appena il Togliattino.

 

Però ne riparleremo, perché di Gramsci, di Togliatti e di Berlinguer c’è da dire molto di più, anche se gli Occhetto e i D’Alema e i Togliattini hanno fatto di tutto perché quel molto ci paresse niente...

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lunedì 14 aprile

Il Togliattino mentre parte per la sua miserabile impresa...

La miserabile impresa del Togliattino

 

Davvero una bella prova, quella del Togliattino. Una memorabile impresa, non c’è che dire. Ecco le tappe principali:

 

1. Annuncia che correrà da solo. È una balla. In realtà, lo sorreggono le forze economiche e culturali che da più di vent’anni si battono per fare della Sinistra italiana una finta sinistra all’americana.

 

2. La Sinistra Vera non ci casca, ma il povero Mastella, impaurito, fa cadere Prodi. Effetto che il Togliattino, da vero genio, non voleva.

 

3. La Sinistra Vera è costretta ― lei sì! ― a correre da sola. Il Togliattino ha dunque diviso e indebolito lo schieramento anti-Berlusconi, ma fa credere a mezza Italia di aver fatto una cosa saggia e coraggiosa.

 

4. Col ricatto del “voto utile”, il Togliattino induce milioni di cittadini a un voto dettato dalla paura anzichè dalla speranza. Molto educativo, bravo! E al tempo stesso, col medesimo ricatto ― due piccioni con una fava, che genio! ― ne disgusta altri milioni, che decidono di non votare affatto.

 

5. Il risultato finale del Togliattino? Il Paese riconsegnato a Berlusconi, la Sinistra Vera al minimo, neanche un voto tolto alla Destra, il peggior quadro politico dal 1945.

 

Un effetto positivo? Ora nessuno può più dire di non sapere chi davvero è di Sinistra e chi è fasullo. Siamo pochi? Lo siamo sempre stati, ma credevamo di esser tanti perché scambiavamo per veri anche i finti. Abbiamo sempre resistito, resisteremo. Non aver paura.

 

(P.s.: perché lo chiamiamo il Togliattino? Ne riparliamo a giorni.)

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lunedì 7 aprile

Gary Cooper e Grace Kelly in "Mezzogiorno di fuoco" ("High noon", 1952), di Fred Zinnemann.

Will Kane resiste al terrore di Amy Fowler.

"Mezzogiorno di fuoco" ("High noon", 1952), di Fred Zinnemann.

Mezzogiorno è arrivato.

"Mezzogiorno di fuoco" ("High noon", 1952), di Fred Zinnemann.

Lo sceriffo si avvia da solo alla stazione

 

Mezzogiorno di Fuoco

 

Tre fuorilegge s’incontrano sulla collina di Hadleyville, a pochi chilometri dal deserto in cui la cittadina cerca di sopravvivere per star vicina alla ferrovia, per non perdere il rapporto col mondo. Arrivano al galoppo da ovest, da est e dal nord, portati dal vento come le streghe, e non si salutano, non parlano, quasi non si guardano, perché tutto ciò che son capaci di scambiarsi è un ghigno chè l’affiorare di una maschera, tenacemente intagliata per anni, che i lineamenti umani non sanno più smentire.

 

Alle dieci e mezza di una domenica d’aprile, sotto un bel cielo sereno che zoccoli e ruote macinano nella polvere, i tre malviventi attraversano il paese diretti alla stazione. Dove a mezzogiorno, da uno di quei treni che instancabili portano altrove ciò che altrove s’immagina e si pensa e si compie, scenderà Ben Miller, il loro capo: il feroce bandito che fino a due anni or sono, quando fu arrestato, processato e condannato, era il padrone di Hadleyville e di tutta la sua gente.

 

Potenti amici, ai cui loschi affari e soprusi una città pulita non conviene, l’han fatto scarcerare perché vi torni ad asservire tutti gli uomini, e le donne, e perfino i bambini. E in primo luogo perché faccia fuori Will Kane, lo sceriffo che osò affrontarlo e lo sconfisse, e che da allora è per tutti, buoni e cattivi, l’immagine insopportabile di come e quanto si possa essere umani, noi che umani si nasce.

 

È domenica ― una bella domenica d’aprile, non fosse per la polvere che zoccoli e ruote levano al cielo ― e metà della gente di Hadleyville si prepara ad andare in chiesa a pregare mentre l’altra metà è già da un pezzo al saloon a bere e a far chiasso. I buoni e i cattivi, potremmo appunto chiamarli, se non fosse che la linea che li divide gli uni dagli altri non è così facile da segnare, in questa domenica d’aprile che potrebbe essere ovunque, e in ogni epoca, ma questa volta invece è qui e tocca proprio a noi.

 

Will no. Will è in municipio, a sposarsi davanti al sindaco Jonas Henderson e a pochi, euforici testimoni impazienti di correre in chiesa o al saloon. Sua moglie è la bella AmyAmy Fowler, intendola maestrina di famiglia quacchera che per lui ha lasciato i suoi e che Will ha incontrato e amato e fatto innamorare appena in tempo, prima che la sua immagine solitaria d’onestà e pulizia si mutasse nella corazza che lo avrebbe reso un mostro. Con Amy, Will farà di sé un altro uomo, creerà in un’altra città un nuovo Will e una nuova Amy nati dall’immaginazione di entrambi: partiranno sùbito dopo la cerimonia ― una breve, minuscola cerimonia, invero ― il tempo di rendere al sindaco la stella da sceriffo e poi via!, un cavallo e due grandi ruote di legno ben congegnate li attendono quieti, ma pronti a mischiare altra polvere all’azzurro del cielo.

 

(Riflettiamo, su questo: Will e Amy non sono in chiesa né all’osteria: sono in comune. Però vi sarebbero soli, a “sposarsi” solo d’amore come due ragazzi che han trovato un luogo sicuro da occhi e pensieri malevolise essi stessi non avessero lì convocato testimoni e ufficiale che vorrebbero essere altrove, ma fingono di no.)

 

Ma ecco che nell’ufficio del sindaco irrompe il capostazione con una notizia che fuori di qui sta già andando di bocca in bocca, fra i ribelli e i disperati che dall’alba bivaccano all’osteria e i fedeli che da ore, scrupolosi e obbedienti, si preparano ad andare in chiesa: Ben Miller è uscito, torna a Hadleyville, è sul treno, sarà in città a mezzogiorno! E tre dei suoi sgherri son già qui ad aspettarlo!

 

Sùbito, quasi non fosse mai stata altro, la malcelata fretta dei testimoni e del sindaco di dileguarsi dove son soliti sparire si tramuta in fretta di liberarsi dello sceriffo dissimulata da amichevole trepidazione: presto, fuggite, non fatevi trovare, a mezzogiorno manca poco più di un’ora e Ben Miller viene per ammazzare te, Will Kane! Corri, bacia la tua bella mogliettina e vattene con lei, prima che sia tardi!

 

Will non ha tempo di domandarsi cosa davvero significhi, tanta premura nei suoi confronti da parte di uomini che non ha mai potuto chiamare amici pur non potendo chiamarli nemici: sembra così naturale, così ovvio, così ragionevole che lui che non è più lo sceriffo, ma inizia a essere l’uomo nuovo che per amore di Amy egli ha già nel cuore e nella mente sebbene ancora non sappia che uomo sarà ― adesso se ne vada, sì, senza pensarci due volte, dìmentico di tutto e in primo luogo della sua storia valorosa, degli anni e anni in cui quel che egli è stato finora, l’immagine di onestà e pulizia creata per gli uomini e le donne e i bambini di Hadleyville senza che alcuno mai se ne innamorasse, ogni giorno rischiava di indurirsi nella corazza che di lui avrebbe fatto un mostro: che se ne vada, sì, senza por tempo in mezzo, che non si faccia ammazzare proprio ora, in questa sua insperata primavera, come un fiore schiacciato tra la polvere che gli zoccoli e le ruote di Hadleyville macinano insensibili col bel cielo d’aprile!

 

Partono alle undici in punto, Will Kane ed Amy Fowler, mentre i testimoni e il sindaco allegramente si dividono tra quelli che in fila ordinata e tra garbati sorrisi entrano in chiesa e quelli che al saloon si scambiano, a pugni sulla faccia o a manate sulle spalle, disperata rabbia o incurabile disperazione. Partono, Will e Amy, ma non come due sposini in luna di miele. Will è pensoso, quasi aggrondato, ed Amy ne intuisce il motivo perché lo ama, e amandolo sa anche benissimo ciò che lui sta per fare e lei teme: tornare indietro, tornare in città proprio ora che già sono in salvo sulle colline ai cui piedi Hadleyville sopravvive nel deserto per non allontanarsi dalla ferrovia, per non troncare il rapporto col mondo da cui vengono a sfidarla uomini come Will Kane e Ben Miller.

 

Non può che tornare, Will ― ed Amy lo sa ― poiché sente che fuggendo, l’uomo che egli pur senza conoscerlo immagina di creare con Amy, di minuto in minuto gli zoccoli e le ruote già lo macinano con la polvere che levano al cielo; e comprende che non può essere che così, ché nessuna creazione d’uomo o di donna può mai farsi impastando polvere al cielo, per quanto bello e sereno esso appaia. La tua storia, Will ― la nascita, e poi il bambino cresciuto con amore, e il ragazzo che ricordò agli adulti da dove venivano, e l’uomo che mai rovinò l’immagine umana agli occhi dei bambini e dei ragazzi che gli rammentavano la nascita ― la tua storia ti ha messo contro gli oppressori perché non c’è altro modo per serbarsi umani, finché oppressori vi siano: e che uomo potrai dunque mai fare di te medesimo, se della tua storia zoccoli e ruote avran fatto polvere fra la terra e il cielo? Poiché il nuovo sceriffo arriva domani, Will, e fino a domani niente al mondo può far sì che lo sceriffo non sia tu, se è vera e non polvere la storia per la quale sei qui, a Hadleyville, e fino a domani ne sei lo sceriffo. O non solo Hadleyville non avrà chi la difenda, ma tu sarai nulla, Will, fino al giorno in cui ogni granello della polvere che ora levi al cielo non l’avrai riportato a posarsi là dove si trovava quando tu eri ancora ciò che la tua umana natura e la tua storia han fatto di te.

 

Torna in paese che son da poco le undici, lo sceriffo; torna ― con Amy che già pensa a lasciarlo ― ad appuntarsi sul petto la stella che fino all’arrivo del successore è carne della sua carne così come non può non esserlo, fino alla morte, la nascita umana. Torna a mettersi in cerca, ma questa volta con un’ora di tempo, di quegli stessi uomini e donne di Hadleyville che per due anni, tra garbati sorrisi e manate sulle spalle, si son guardati bene dal dirgli: “Noi non siamo come te! Non vogliamo, non possiamo esserlo! Facemmo Ben Miller nostro padrone, ricordi? ― che importa, ormai, se per averlo voluto o perché non sapemmo resistergli! ― e il bandito, da allora, ci è entrato nella mente e nel cuore. Tu l’hai disarmato, e condotto dinanzi al giudice e poi in prigione; ma noi, la sera, quando tutto ci si fa silenzio e semisepolti nelle poltrone fissiamo gli occhi nel vuoto come fanno i morti, quel che lui ci ha mostrato lo sentiamo ancora roderci dentro scavando storto. Tu sei diverso, Will, non sei come noi: sei libero, la notte dormi e fai bei sogni, non vedi e non senti il bandito andare e venire nelle nostre teste pensando per noi...”

 

Will Kane

Will Kane!

Harvey Pell

Harvey Pell?

Ben Miller

Ben Miller?

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L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).

L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

 

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