Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
La Terra vista da Anticoli Corrado
diario del Prof (scolastico e oltre)
febbraio 2009
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mercoledì 18 febbraio
Veltroni a casa? Senza allegria, speriamo di sì. Purché non ci vada solo lui...
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Semplice coincidenza? O qualcosa di più? Fatto sta che la carriera politica di Walter Veltroni si è conclusa (salvo sceneggiate sempre possibili, purtroppo) lo stesso giorno in cui, 409 anni or sono, Giordano Bruno fu arso vivo in Campo de’ Fiori ― “colpevole” solo del proprio genio e di aver sempre resistito all’odio religioso, papale ed ecclesiastico contro l’essere umano ― per decisione di un’autorità politica e di un tribunale che al potere religioso erano invece completamente asserviti. Renato Soru avrebbe quasi certamente vinto le elezioni regionali sarde, se Veltroni, a poche ore dal voto, non fosse volato nell’isola a deprimere la Sinistra ricordandole la vera faccia del Pidì. Se davvero avesse voluto la vittoria di Soru (a pochi giorni da una vittoria, quella dell’outsider Matteo Renzi alle primarie fiorentine, che ha aperto gli occhi perfino ai sassi sull’esasperazione della base del partito nei confronti della sua classe “dirigente”) Veltroni avrebbe cercato di farsi dimenticare, si sarebbe dimesso prima delle elezioni, insomma: avrebbe fatto di tutto purché gli elettori progressisti potessero per una volta ― una volta, dopo anni di delusioni! ― almeno fantasticare di andare a votare per un uomo davvero di Sinistra. Ma Veltroni è andato, ha messo il suo pallido sorriso da prete accanto alla bella faccia seria e tenace di Renato Soru, e un buon 5% dell’elettorato di Sinistra (più i voti clientelari manovrati dai capibastone cementieri e palazzinari della Margherita e dei Diesse, che odiano Soru perché difende l’ambiente) è mancato all’appello.
La parte più fragile dell’elettorato di Sinistra? Certo. Quelli a cui basta rivedere la faccia di un Veltroni per cadere nello sconforto, nella disperazione, nell’orribile certezza che perfino un’altra vittoria della Destra più antidemocratica e razzista dell’Occidente (ma che, almeno, negli avversari pompa per anni indignazione, rabbia, odio: sentimenti forti, che fan sentire vivi) sia preferibile alle delusioni, alla sfiducia, al senso di solitudine, di abbandono e di morte inoculato nelle menti e nei cuori ― giorno per giorno, mese dopo mese, anno dopo anno ― da una “sinistra” che di Sinistra non ha più neanche il nome. E che, all’opposizione o al governo, sempre si rivela almeno dieci volte più finta dei capelli di Berlusconi.
Stupidità? Delinquenza? Quando Veltroni dichiara, dopo le dimissioni, che però “la linea giusta per il Partito democratico è quella di questi mesi, perché c’è qualcosa di profondo nel Paese che soffia nelle vele di Berlusconi” (La Repubblica, 18 febbraio) sembra più stupido che cattivo. Sembra che sia in buona fede, che non si renda conto, che non ci arrivi a capire che Berlusconi non vince perché qualcosa di profondo (che cosa? i venti soffiati da Eolo per affondare le navi di Ulisse?) soffia nelle sue vele, ma per il semplice (?) fatto che a votare, ormai, elezione dopo elezione, sempre più ci vanno quasi solo gli elettori di Destra; perché la battaglia, ogni volta, è sempre più tra una Destra vera e una finta “sinistra” che scimmiotta la Destra. O tra una Destra vera e una Sinistra forse vera ― come quella di Renato Soru ― alla quale però arriva subito un Veltroni a farla sembrare finta con il proprio ghigno melenso, che tra una bella frase e l’altra ricorda a tutti che sotto c’è il vuoto, la disperazione, l’impotenza.
È per questo che in tutto l’Occidente, sempre più spesso, i risultati elettorali oscillano sul filo del rasoio del 50,01 a 49,99: perché non c’è più una vera competizione, perché a “combattersi” sono due Destre quasi identiche (preti di qua e preti di là, gente che non ha mai creduto in qualcosa di qua e gente che crede più a niente di là, cementieri di qua e palazzinari di là, speculatori di qua e truffatori di là, ladri di qua e disonesti di là) e perché a votare, di conseguenza, ci va ormai quasi solo chi da questo stato di cose trae “vantaggi” tanto prepotenti quanto effimeri, o l’illuso che ancora la scambia per una competizione vera. E ogni volta ― dinanzi a quel 50,01 a 49,99 ― nove commentatori su dieci si affannano a ripetere come pappagalli che oggi, signora mia, le elezioni si vincono al centro, e così blaterando spingono la “sinistra” ancora più a destra. E poi si meravigliano che Berlusconi vince. Come potrebbe non vincere, se gli elettori di Sinistra vanno a votare sempre di meno o sbagliano voto sempre più spesso? Anche un brocco imbolsito vince, quando è il solo cavallo a competere e gli “avversari” son asini e muli.
E di nuovo vien fatto di domandarsi: stupidità o delinquenza? Un Massimo Giannini che scrive: “La luna di miele tra il premier e l’Italia non è affatto finita: con questa vittoria, Berlusconi rinnova il mito del Leader Invincibile...” (La Repubblica, 17 febbraio). Un Ezio Mauro che scrive: “Berlusconi si riconferma padrone del Paese, che tiene ormai in mano come una cosa di sua proprietà...” (La Repubblica, 18 febbraio). Sono stupidi? Delinquenti? O cosa? È che proprio non ce la fanno a capire che la Destra vince perché non ha competitori, perché quasi nessun uomo politico pensa e parla e soprattutto si comporta e agisce più in modo davvero alternativo alla Destra? O è che non vogliono capire, perché troppo odio si è accumulato in loro nel corso di intere esistenze sprecate a difendersi con le unghie e coi denti dall’intuizione che l’attuale sistema sociale e politico dominato dal disprezzo religioso per l’essere umano continua a non essere il migliore dei mondi possibili, sebbene il comunismo ne abbia fallito la trasformazione?
Le dimissioni di Walter Veltroni (e, speriamo, la fine della sua carriera politica) sono un fatto positivo, perché dimostrano che il tentativo di inquinare e falsificare la Sinistra italiana ― in atto ormai da vent’anni a opera non solo di Veltroni, ma dell’intera classe dirigente del Pci-Pds-Ds, della cosiddetta “sinistra” ex democristiana e di un manipolo di squallidi avventurieri politici alla Rutelli-Fioroni ― non è onnipotente, può fallire, può essere fermato, e dalla sua rovina (a condizione che essa non si faccia attendere così a lungo da dissolvere in disperazione e qualunquismo quel tanto di fantasia, generosità e intelligenza che ancora resiste, malgrado tutto, nelle menti e nei cuori di milioni di donne e uomini di questo infelice Paese) può nascere una nuova e vera Sinistra che torni a vincere, in nome degli Esseri umano e dei loro Diritti, contro chi ogni giorno si adopera per umiliare gli uni e indebolire gli altri.
Perché questo avvenga, però, non bastano le dimissioni di Walter Veltroni, che con ogni probabilità sono solo “tattiche”, ipocrite, fasulline e striscianti come tutto ciò che da quest’uomo è venuto. No. Bisogna che sia crisi, e crisi vera. Bisogna che si dimettano tutti. Bisogna che piangano, che versino lacrime vere, che piangendo sciolgano questo partito fallito e che piangendo vadano a casa. Prima i Rutelli, i “Beppe” Fioroni, i Franceschini, i Letta, le Binetti e compagnia salmodiante, prima quelli che del disprezzo religioso per gli esseri umani hanno fatto vangelo e disprezzano e umiliano sé stessi e la Nazione dinanzi a ogni tonaca più o meno altolocata che volteggia su di essa. E poi gli altri: gli affaristi, i qualunquisti, i cinici, i festaioli, gli istupiditi dalla televisione, i fondamentalisti del libero mercato e della globalizzazione, i falsi sindacalisti, i venduti alla Confindustria e alle banche, gli amici degli evasori fiscali... Se ne devono andare tutti. Perché, se se ne va solo Veltroni, è un’altra presa per i fondelli tale e quale alla sua venuta, Lingotto e pullman verde e giovincelli al seguito compresi. E sarebbe la fine.
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domenica 8 febbraio
Ratzinger e Berlusconi contro l’Italia
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È un’ora troppo grave per il nostro Paese ― la più grave, senza dubbio, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ― perché ci si possa trastullare con le parole: il decreto con cui il governo della Destra ha tentato di annullare la sentenza della Corte di Cassazione sulla vicenda di Eluana Englaro e della sua famiglia ― in aperto disprezzo dei Diritti Umani sanciti dalla Costituzione della Repubblica, e contro i sentimenti e la volontà della stragrande maggioranza del popolo italiano ― non si può definire altrimenti che un tentativo di colpo di Stato. Lo ripetiamo: non si può definire altrimenti che un tentativo di colpo di Stato. Se fosse riuscito, un governo che odia la Democrazia (e che già è il sovrano assoluto di un Parlamento ridotto a una claque di plaudenti a comando) sarebbe diventato anche il padrone assoluto delle sentenze, cioè si sarebbe messo al di sopra della Legge, e nessuno in Italia avrebbe più avuto la certezza o almeno la speranza di poter essere difeso con successo da un tribunale contro un sopruso, una prepotenza, un’aggressione del potere esecutivo o di qualche suo sicario. Ce n’è più che abbastanza, dunque, per parlare di tentato colpo di Stato, e ― se vi è ancora, in Italia, un’Opposizione degna di questo nome ― per chiamare tutte le Forze sane del Paese a difenderne la Libertà. Ma ciò che è accaduto è, se possibile, ancor più grave di un “semplice” tentativo di golpe, poiché è stato anche il tentativo, da parte di un governo che ha giurato (o finto di giurare?) fedeltà alla Repubblica, di sottomettere la Libertà, la Costituzione, le Leggi ― cioè la Sovranità che appartiene al popolo italiano sulla Nazione ch’è sua ― all’arbitrio del signor Joseph Ratzinger, papa dello Stato della Città del Vaticano. È stato un tentativo, da parte del presidente del Consiglio e del governo che da lui dipende, di fare di ogni cittadino del nostro Paese il suddito e il servo di una tirannia straniera.Perché? Non hanno già tutto il potere che vogliono? Che cosa credono che gliene verrà, il Berlusconi e i suoi dipendenti e i servi dei suoi dipendenti, dal mettersi a loro volta agli ordini di un prete straniero e dalla liquidazione della sovranità e libertà d’Italia in una teocrazia fondamentalista quale non si vedeva in Occidente dai tempi delle Crociate?
È semplice: il Berlusconi e i suoi sono in preda al panico e a un’insopportabile sensazione di impotenza ― non è la prima volta che gli accade, sanno fin da bambini cosa significhi vivere nella paura e nella disistima di sé, ma così orribili come ora non erano state mai ― e implorano legge e ordine e sicurezza e sollievo dal terrore (dentro le loro teste, prim’ancora che nelle nostre) da uno dei maggiori rappresentanti viventi della millenaria “teoria” che l’Essere Umano sia una creatura inferiore.
Poiché il Berlusconi è in realtà molto meno, molto al di sotto di quel che vorrebbe far credere di essere quando serra le mascelle fino a farsi male: non è mai stato lui a raggiungere con le proprie forze i piedistalli che agli sprovveduti lo han fatto sembrare un gigante, son sempre stati altri a innalzarlo per i loro fini ― i Gelli, i Craxi, più qualche ormai remoto innominato le cui innominabili generalità non conosceremo forse mai ― e oggi, senza più Bush e la sua cricca, con Putin ridotto alla sua vera e modesta statura dal calo del prezzo del petrolio, e dinanzi a una crisi economica che diventa di giorno in giorno più devastante (e che lo terrorizza, oltre che perché non sa come affrontarla, soprattutto per l’ombra spaventosa di demenza che essa sta addensando sui biascichii che lui e quelli come lui s’illudevano di poter chiamare “idee” sulla Società, sull’economia, sulla politica, sugli esseri umani) cosa resta a un ometto come il Berlusconi, che mai si è sentito qualcuno (neanche al Quirinale ci riuscirebbe, e lo sa bene) se non cercare di ottenere, come ha sempre fatto, la statura, l’autorità, l’identità ― il pensiero forte ed egemone che non ha mai avuto, e la cui mancanza lo fa essere suo malgrado un incantatore che si affanna e saltella per sembrare più alto, per piacere, per sedurre ― attraverso un atto d’omaggio, facendosi vassallo di un altro che invero non è più di lui, ma che diversamente da lui gli sembra disporre del potere di terrorizzare e sottomettere le menti che è il solo potere che lo farebbe infine sentire al sicuro? Cedere l’Italia alla teocrazia vaticana, rassegnare nelle mani del Ratzinger le dimissioni da uomini liberi per averne in cambio l’eterna giovinezza di un potere che tanto più gli sfugge quanto più ne accumulano: è questa la sola via d’uscita che riescono a vedere i Tremonti, i Sacconi, i Maroni, i Brunetta, le Gelmini, con quei faccini lividi e spauriti che farebbero tenerezza se per vecchiezza non suscitassero repugnanza, spiando con le code degli occhi il Berlusconi che dovrebbe fargli coraggio e ha più paura di loro.
Noi siamo diversi. Noi siamo riusciti a rimanere diversi. Non ci riconosciamo in uomini come i Berlusconi e i Ratzinger. Siamo Esseri Umani, e non ammettiamo che vi sia nell’Universo qualcosa di più di un Essere Umano. Non abbiamo bisogno di prosternarci e umiliarci perché ci sia concessa dall’alto una scintilla di Umanità, noi siamo già Umani fin dalla nascita. Non abbiamo bisogno che si faccia ordine e si controllino le nostre menti, poiché da sempre liberamente immaginiamo e pensiamo da Umani, e così siamo riusciti a rimanere. Non abbiamo paura, nemmeno di noi stessi, non siamo pecore e non vogliamo pastori tedeschi: siamo Umani liberi in un Paese libero, e sudditi e servi di Joseph Ratzinger non lo saremo mai. E nemmeno vogliamo, per la nostra lotta, leader fasulli incapaci di lottare perché anch’essi da tempo già sudditi e servi impauriti. Ci riconosciamo solo in noi stessi, nei volti umani delle Donne, degli Uomini e dei Bambini come noi. E, tra noi, soprattutto nei volti di Uomini come Beppino Englaro, che da solo e con immensa sofferenza e dignità sta ricordando a un’intera Nazione qual è, davvero, il valore, l’immaginare, il pensare, l’agire e perfino l’aspetto di un Essere Umano.
Il momento è grave. Il governo della Repubblica italiana, benché legittimo, agisce ormai in nome e per conto di una potenza straniera, e non diversamente agiscono ― all’interno dei partiti e dei movimenti dell’Opposizione ― quelli che antepongono l’obbedienza al papa al riconoscimento e alla difesa della sovranità del Popolo italiano, della Costituzione, dei Diritti Umani, della Libertà e della loro stessa Umanità. Purché si allontanino da noi, purché ci lascino in pace, i Veltroni, i Rutelli, i Fioroni, le Binetti, lasciamo che vadano dove vogliono ― che corrano anch’essi a inginocchiarsi in piazza san Pietro, se così si è ridotta, in loro, l’immagine della dignità umana ― e noi, noi gli altri, quale sia stato fino a oggi il “nostro” partito o spezzone di partito, uniamoci a difesa dell’Italia, dei nostri figli e di noi stessi contro un pericolo talmente grave, che anche solo per non averlo del tutto percepito potremmo essere condannati dalle generazioni future quasi altrettanto severamente di chi lo sta facendo incombere sulle nostre vite.
P.s.: Ci è più chiaro, adesso, come mai il 5 dicembre scorso Licio Gelli si sia fatto intervistare (e dalla Sky di Murdoch!) per ricordare a tutti che “Berlusconi è stato nella P2 cinque anni”. Ci era parso strano, in effetti, che il “venerabile” volesse danneggiarlo, riaffermando una circostanza che il Berlusconi ha sempre negato, proprio ora che i piani della P2 si stanno realizzando grazie al Berlusconi medesimo. Ma evidentemente il “papa” dismesso è geloso del papa nuovo... |
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L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).
L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.
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