L'immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell'artista danese Viggo Rhode (1900-1976). L'ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

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diario del Prof (scolastico e oltre)

 

gennaio 2012

 

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lunedì 30 gennaio

 

Susanna Camusso, segretario generale della Cgil.

 

Facciamo tutti silenzio e ascoltiamo Susanna Camusso

 

Un prof deve saper stare in cattedra, ma anche scenderne quando è il caso di lasciar la parola a chi ne sa più di lui e lo dice meglio. Come Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, che su La Repubblica di oggi (30 gennaio 2012) ha risposto da par suo agli Scalfari, agli Ichino, ai Monti, alle Fornero, alle Marcegaglia, ai Sacconi e a tutti i nemici dei Diritti dei Lavoratori (che son Diritti Umani, non dimentichiamolo, ragion per cui li attacca chi ce l’ha con l’Umanità intera) che minacciando e impaurendo e ricattando vogliono darci a bere che siano essi, i Diritti, la causa della diseguaglianza, della precarietà, della disoccupazione e della povertà dilaganti. (Tipo il Monti, l’Uomo dei Dolori, che ha la faccia tosta di minacciare la cancellazione dell’articolo 18 soltanto per i nuovi assunti, cioè per i Giovani. Come se fossimo tutti scemi. Come se non sapessimo a memoria, ormai, che la soluzione finale ai Diritti Umani quegli individui la perseguono proprio così: li tolgono ai Figli, prima, per poter poi accusare i Padri della disparità di trattamento che loro hanno creato, contro i Figli e contro i Padri).

 

Ma basta: facciamo silenzio e ascoltiamo Susanna Camusso, le sagge, generose, splendide e chiare parole di Susanna Camusso (tra le quali ho evidenziato quelle che più mi hanno colpito):

 

La Cgil oggi, come Lama ieri, mette al centro occupazione e lavoro, ma mentre allora i salari crescevano, anche se molto erosi dall’inflazione, oggi siamo alla perdita sistematica del loro potere d’acquisto e ciò rappresenta una ragione importante della recessione in atto. La distribuzione del reddito tra profitti e retribuzioni non aveva lo squilibrio di oggi. Tutti, ormai, leggono in questa diseguaglianza la ragione profonda della crisi che attraversiamo e il motivo per cui le politiche monetariste non ci porteranno fuori dal guado. La diseguaglianza è dettata dallo spostamento progressivo dei profitti oltre che a reddito dei “capitalisti”, a speculazione (o si preferisce investimento?) di natura finanziaria. Così si riducono, oltre che la redistribuzione, anche gli investimenti in innovazione, ricerca, formazione e in prodotti a maggior valore e più qualificati. Senza investimenti, si è scelto di produrre precarietà, traducendo l’idea di flessibilità, invece che nella ricerca di maggior qualità del lavoro, di accrescimento professionale dei lavoratori, in quella precarietà che ha trasferito su lavoratori e lavoratrici le conseguenze della via bassa dello sviluppo. In sintesi: lo spostamento sui lavoratori dei rischi del fare impresa.

 

(...) Quanta disattenzione, poi, alle proposte vere della Cgil, quando indichiamo come priorità un Piano per il Lavoro (...) per i giovani e le donne del nostro Paese, ai quali non possiamo solo raccontare che avranno meno tutele perché i padri gli avrebbero mangiato il futuro.

 

(...) Il coro sull’importanza del rilancio della produttività trascura di cimentarsi con le cause del suo declino in Italia. O inventa cause di comodo: qualcuno arriva a teorizzare l’assurdità che sarebbe per colpa dell’articolo 18. Al contrario, la produttività del nostro Paese decresce al crescere della precarietà, che non ha neanche incrementato la produzione, producendo, invece, quel lavoro povero su cui sarebbe bene interrogarsi. Per noi l’urgenza è la riduzione della precarietà, che viene prima, molto prima, di altri temi.

 

(...) Una stagione di riorganizzazione del sistema produttivo non deve disperdere professionalità e competenze. Oppure si deve ritenere che la società della conoscenza è solo dei manager?

 

(...) Siamo i primi ad apprezzare che l’Italia sia tornata al tavolo dei grandi, a sostenere sforzi per far ripartire il Paese, ma se ogni scelta presenta il conto solo al lavoro (nella finanziaria la cassa sulle pensioni; nelle liberalizzazioni il contratto ferrovie e l’equo compenso dei tirocinanti, ad esempio) abbiamo il legittimo dubbio, anzi la certezza, che si affronta il “nuovo” con uno strumento antico e che il fine non sia far ripartire il Paese, ma “salvare il soldato Ryan”. Se sarà così, non si salverà l’Italia ma una sua piccola parte, che forse non ha bisogno di salvarsi, perché lo fa già tra evasione, sommerso e lobbismo di ogni specie.

 

Nessun commento: il silenzio (il silenzio pieno di significato che è di noi Umani) deve continuare a lungo dopo parole di questo valore.

 

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domenica 15 gennaio

 

La Concordia ha bisogno di Eroi?

 

La Concordia ha bisogno di Eroi?

 

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C’erano trenta persone ad ascoltarmi, venerdì 6 maggio 2011, mentre parlavo di Lord Jim, di naufragi e di disastri. La Politica ha bisogno di Eroi? ci domandammo, con l’aiuto di Joseph Conrad e di Rebecca Solnit, autrice dello straordinario libro Un Paradiso all’Inferno; e se in un’emergenza si possa contare di più (in politica come in navigazione) sulla nave e su chi la comanda o su di Noi e sugli Altri...

 

Sabato 14 gennaio 2012 c’erano più di quattromila persone invece, fra Uomini, Donne, Bambini, sulla Concordia naufragata all’Isola del Giglio, ma la maggior parte di loro e degli Italiani (se non in queste ore, nei prossimi giorni) riflettendo sulla tragedia si porranno la stessa domanda che ci ponemmo noi ad Anticoli Corrado otto mesi fa: nelle emergenze, nelle crisi, su chi si può davvero contare?

 

Ci vuole Concordia! Tutti Uniti! Siamo tutti sulla stessa barca!, proclamano le Autorità, e per il nostro bene ci ingiungono di affidarci a loro... Ma è davvero così che vanno le cose? È per Noi che Esse si danno da fare, o è per i loro scopi che si servono di Noi? C’è davvero Concordia, nei disastri, tra chi è al potere e chi è inerme? Ne sa davvero più di Noi il comandante, su ciò che sta accadendo e su ciò che va fatto, e vuol davvero salvarci, o ne capisce meno di (quasi) ogni altro e non pensa che a salvare sé stesso?

 

Sul Concordia, a quanto pare, queste domande si son rivelate retoriche una volta di più.

 

Il comandante è stato messo in stato di fermo (La Repubblica, domenica 15 gennaio). Ha portato la sua nave-città sugli scogli, ha lasciato la nave prima di tanti altri. “Sono caduto,” si giustifica. “L’ha abbandonata,” dicono i magistrati... Nelle emergenze, nelle crisi, le Autorità pensano a Noi o a salvarsi?

 

Giuseppe Lanzafame, di Messina, in crociera con le sue due bimbe, di navi se ne intende perché è stato marittimo per dieci anni: Siamo rimasti nelle mani di un gruppo di incompetenti. Più di un’ora senza notizie precise e poi il caos. Quelli dell’equipaggio non sapevano nemmeno come si mette in mare una lancia di salvataggio. Gridavano fra di loro, peruviani, cingalesi, indiani, e non si capivano perché tanti non conoscono l’inglese e ovviamente nemmeno l’italiano. Alla guida della nostra lancia mi sono messo io, loro non sapevano dove mettere le mani... Nelle emergenze, nelle crisi, le Autorità dispongono di validi esecutori? O di poveri schiavi di cui si servono per sfruttare Loro e Noi?

 

Dall’altoparlante qualcuno cercava di tranquillizzare i viaggiatori parlando di un semplice guasto elettrico... Nelle emergenze, nelle crisi, le Autorità ci dicono la verità o ci ingannano, si fidano di Noi o su di Noi proiettano la loro inconscia (e giustificata) sfiducia in sé stessi?

 

Prim’ancora che venissero informate le Capitanerie di porto sono arrivate diverse chiamate di aiuto al centralino dei carabinieri di Grosseto: venivano dagli stessi passeggeri della nave... Nelle emergenze, nelle crisi, le Autorità commettono tragici errori o quanto meno pèrdono tempo prezioso per la loro tronfia presunzione di essere superiori a tutti e non aver bisogno di nessuno?

 

Avvicinarsi così tanto al Giglio era una consuetudine? Una specie di omaggio a uno storico comandante della Costa Crociere ora in pensione?... Nelle emergenze, nelle crisi, le Autorità continuano stupidamente a compiacersi di sé stesse in ancor più stupide cerimonie, anziché fare quel che dovrebbero fare?

 

Domande retoriche: in ogni emergenza, in ogni crisi, lAutorità che dovrebbe risolverle si rivela invece, se non la causa prima del disastro, un devastante fattore di aggravamento delle sue conseguenze.

 

È quel che nel romanzo di Conrad scoprì Lord Jim che si credeva un gran comandante, un eroe del mare, ed era invece un vigliacco. È quel che scrive Rebecca Solnit dopo un approfondito lavoro di documentazione sulle grandi catastrofi del XX secolo, dal terremoto di San Francisco all’uragano Katrina, dal naufragio del Titanic all’11 settembre 2001: nelle emergenze non le comunità (gli Esseri umani riuniti) piombano nel panico, pèrdono il controllo, ricadono nella “originaria natura bestiale” (che non esiste, ma a cui tanti credono) e si abbandonano a eccessi e mostruosità, ma le Autorità che le comunità maldestramente si danno o che delle comunità s’impadroniscono. E la catastrofe peggiore (e, ciò ch’è ancor più tremendo, permanente) è che di Autorità in panico siamo in balìa non “solo” nelle crisi, ma da decenni e senza soluzione di continuità, e che è soprattutto il loro panico (e anche il nostro, nella misura in cui ci facciamo abbindolare dalle ideologie antiUmane che le Autorità coltivano e diffondono) a negarci il “paradiso terrestre” che le comunità solidali riescono nei disastri a realizzare avvantaggiandosi dell’eclisse delle élites, travolte dal panico (cioè dal terrore di Noi) che nei disastri le coglie.

 

Ma come?, si potrebbe obiettare. Ma se abbiamo letto e ascoltato con le nostre orecchie che sulla Concordia “c’era chi ha dato l’assalto alle scialuppe di salvataggio e ha strappato il salvagente al vicino? E questa sarebbe una comunità solidale?... Sì, nei disastri c’è chi si comporta così. Ma sono eccezioni, non la regola. Quelli che si lasciano prendere dal panico, infatti (quando non sono, nei rispettivi contesti esistenziali, Autorità e Capi essi stessi) son persone che hanno creduto e si son lasciate permeare dall’ideologia delirante delle Autorità e dei Capi secondo la quale gli Esseri umani sarebbero belve incontrollabili e feroci, e nelle emergenze, perciò, il pericolo maggiore non sarebbe il disastro in corso ma le sue vittime. Per questo alcuni, anziché cercare e offrire aiuto come fanno gli altri, lo negano e li aggrediscono: perché si credono mostri fra i mostri, perché non si riconoscono più, e da molto prima del disastro, come Esseri umani tra gli Esseri umani. Ma questa è una parte della realtà, non la verità, e anche i naufraghi della Concordia, come i superstiti di tutte le catastrofi passate, lo hanno constatato di persona: nelle emergenze, nelle crisi, non esistono Autorità, esistono gli Altri. Esistiamo Noi:

 

Per fortuna, sul molo, c’era già chi attendeva. Isola del Giglio è un paese di mille anime, in inverno. Tutti gli hotel meno uno, il Bahamas, sono chiusi, ma tutti hanno riaperto sùbito porte e camere. Anche la chiesa è diventata un dormitorio, come l’oratorio e la scuola elementare. “Tutti gli abitanti,” dice Davide Stefanini, tabaccaio, “sono corsi al porto e poi hanno aperto le case ai naufraghi. Tè per gli adulti, cioccolate per i bambini, vestiti asciutti. Hanno lasciato il loro letto caldo per dare una mano e nello stesso letto hanno messo mamme e bambini” (Jenner Meletti, La Repubblica, domenica 15 gennaio).

 

Nel mondo come in Europa, in Italia come nel nostro “piccolo” (ma per noi importante) di Anticolani, questa è l’unità, questa è “la stessa barca”, questa è la concordia che dobbiamo ritrovare. Non l’oppressiva “concordia” delle tirannie private, per la cui disumana razionalità economicista siamo tutti schiavi e polli da abbindolare e spennare e, nelle crisi, belve pericolose da domare spietatamente; non la fasulla “unità” dei “comandanti” che si “uniscono” per far fronte contro tutti gli altri, salvare sé stessi e abbandonare la nave alla rovina che in segreto danno ormai per scontata: ma l’unità vera, la vera concordia, quella che nasce dalla Certezza di Sé e gli Uni degli Altri. E quindi, finalmente, vera Democrazia: quella che si fonda sul sapere-sentire, contro ogni razionale dubbio, che Esseri quali Noi siamo, per natura sociali e liberi e dotati di immaginazione, non possono essere governati, pena le ricorrenti catastrofi che ci affliggono e che potrebbero condurci all’estinzione, ma solo autogovernarsi.

 

Vuol forse dire che i Titanic e le Concordia non avevano e non hanno bisogno di Comandanti? No, sarebbe assurdo. Vuol dire che nessuna comunità umana, piccola o grande che sia, ha bisogno di Eroi: poiché l’eroe, il dio, il pontefice, non Noi li mettiamo in trono o sul ponte di comando a portarci alla rovina, ma quel che in Noi odia e disprezza l’Umano, e non crede perciò che alla nostra rovina.

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