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Il dottor Stranamore
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Titolo: Il dottor Stranamore, ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la Bomba. Titolo originale: Doctor Strangelove, or: how I learned to stop worrying and love the Bomb). Regista: Stanley Kubrick. Paese di produzione: Gran Bretagna. Anno di produzione: 1964. Attori principali: Peter Sellers (capitano Lionel Mandrake / presidente Merkin Muffley / dottor Stranamore), George C. Scott (generale Buck Turgidson), Sterling Hayden (generale Jack D. Ripper, comandante della base Burpelson dell’Air Force), Keenan Wynn (colonnello “Bat” Guano), Slim Pickens (maggiore T. J. “King” Kong, pilota), Peter Bull (Alexiei de Sadesky, ambasciatore russo). Durata: 1h 33’.
Il regista
Il film
Il merito della sconfitta del nazismo e del fascismo nella Seconda guerra mondiale fu degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, dell’Unione Sovietica e dei partigiani che in Italia e in ogni parte d’Europa combatterono per liberare il mondo dall’incubo in cui quelle mostruose ideologie l’avevano precipitato. Fin dai primi anni del dopoguerra, però, la vittoriosa alleanza antifascista si spezzò, perché le nazioni dell’Occidente, cioè gli U.S.A. e i paesi a economia capitalistica da essi guidati, diffidavano profondamente dell’U.R.S.S. e degli altri paesi comunisti a essa soggetti e temevano che il comunismo di stampo sovietico dilagasse in tutto il pianeta sfruttando il desiderio di libertà, di giustizia e di eguaglianza delle classi lavoratrici dei paesi industrializzati e delle masse affamate del resto del mondo.
Del resto, il timore del comunismo non era un fenomeno recente: aveva ormai almeno cent’anni (visto che era già vivo e intenso nel 1848, quando Karl Marx, nelle prime righe del Manifesto, l’aveva descritto come uno spettro che si aggira per l’Europa) ed era giustificato dal fatto che i due sistemi (quello capitalista, fondato sul diritto di proprietà, sulla libera competizione fra i soggetti economici e sulla democrazia, e quello socialista, fondato sull’abolizione della proprietà privata, sul controllo statale dell’economia e sulla dittatura del proletariato) erano effettivamente incompatibili e miravano entrambi a unificare il mondo sotto la propria egida. E il timore si era trasformato in paura e in panico dopo la Rivoluzione russa del 1917, al punto che negli anni ’20 e ’30 del ’900 aveva ispirato alle classi dirigenti liberali e democratiche d’Europa e d’America, nei confronti di Hitler e di Mussolini, una politica assai remissiva (e talora addirittura incoraggiante) fondata sulla “speranza” che il nazismo e il fascismo s’incaricassero del lavoro sporco di far sparire i comunisti dalla faccia della Terra.
Poi, quando finalmente si era compreso che proprio il nazifascismo costituiva la vera e più spaventosa minaccia che incombeva sul mondo intero, ecco che l’Unione Sovietica, anziché come un nemico, all’improvviso era apparsa come un alleato indispensabile. Ma il confronto tra i due sistemi era stato solo rinviato, e dopo la caduta di Berlino riprese in tutto il mondo: il 6 e il 9 agosto del ’45 gli Stati Uniti sganciano due bombe atomiche sul Giappone non solo per costringerlo alla resa, ma anche per mostrare all’Unione Sovietica che dispongono di un’arma assoluta che in caso estremo potrebbero usare anche contro di essa; nel 1949 viene fondata la N.A.T.O. (North Atlantic Treatise Organization) che unisce gli U.S.A. e altri 14 paesi, fra cui l’Italia, nella prima di una serie di alleanze difensive che hanno lo scopo di contenere l’espansione del comunismo nel mondo; nel ’51 l’U.R.S.S. fa esplodere i suoi primi ordigni atomici sperimentali dimostrando di poter competere con gli U.S.A. sul piano militare; nel ’55 viene firmato il Patto di Varsavia, che si contrappone alla N.A.T.O. unendo in un’alleanza altrettanto “difensiva” gli otto paesi comunisti dell’Europa dell’Est... E così via: quella che presto viene chiamata la Guerra fredda (cioè la competizione economica, politica, propagandistica e psicologica fra le due super-potenze e i rispettivi alleati, competizione che per quarant’anni minaccia ogni giorno di trasformarsi in un conflitto atomico che distruggerebbe l’intera Umanità) si allarga e si intensifica di anno in anno, cimentando entrambi i contendenti in una frenetica corsa agli armamenti che assorbe ingentissime risorse economiche (con le quali l’Occidente potrebbe agevolmente eliminare i mali che affliggono l’Umanità, invece di dilapidarle per sconfiggere gli impostori che di quei mali si servono per presentarsi ai poveri del pianeta come i loro paladini), costringendo le nazioni, i partiti politici, i sindacati, i movimenti e ogni individuo a schierarsi senza dubbi né incertezze da una parte o dall’altra, e alimentando all’interno di entrambi i “blocchi” un’atmosfera paranoide di sospetto che vede nemici mortali dappertutto. Finché (senza più fare distinzione fra le dittature che opprimono i paesi comunisti e i milioni di persone in buona fede che in tutto il mondo si schierano generosamente contro l’ingiustizia e la miseria a cui vengono abbandonate intere popolazioni) negli Stati Uniti e in minor misura anche nell’Europa occidentale si scatena la cosiddetta caccia alle streghe: una violentissima campagna, condotta attraverso i media e nelle aule dei tribunali, che mira a diffamare, emarginare, lasciare senza lavoro e perseguire legalmente e illegalmente, con l’accusa di essere comunista, chiunque dia anche solo l’impressione di contestare la validità e la giustizia del sistema capitalistico, di dissentire dalle idee religiose, filosofiche e politiche della maggioranza e di opporsi, sia pure pacificamente, alle decisioni dei governi.
È in questo clima che il generale americano Jack D. Ripper, comandante della base Burpelson dell’Air Force, di propria iniziativa scatena contro l’Unione Sovietica i “suoi” bombardieri B52 carichi di bombe atomiche. Nella mente del generale, infatti, si è formata una spaventosa fantasticheria: è convinto che i Russi, attraverso i loro agenti segreti negli Stati Uniti, stiano inquinando l’acqua potabile e il cibo “per disseccare e dissolvere i succhi più preziosi” degli Americani! E come è venuta, a Ripper, un’idea del genere? “Be’, è stato il fatto di non riuscire più a far l’amore,” dice, “che gli ha dimostrato che i comunisti stanno aggredendo gli uomini liberi all’interno dei loro stessi corpi.” E il generale è fermamente deciso, pur di impedirglielo, a rischiare di far sparire dalla faccia della Terra l’intera Umanità.
Un solo uomo tenterà di indurlo a richiamare i bombardieri: il capitano Lionel Mandrake, un militare inglese distaccato presso la base Burpelson. Riuscirà a convincerlo? E in caso contrario, saranno in grado di trovare una soluzione i generali del Pentagono, che il Presidente ha riunito alla Casa Bianca? O sulle buone intenzioni del Presidente prevarrà la sinistra influenza del dottor Stranamore, uno scienziato nazista che gli Americani hanno portato negli Stati Uniti dopo la vittoria sulla Germania e che preme perché la guerra atomica, ora che è stata iniziata, sia portata a termine a qualunque costo?
Il dottor Stranamore (ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la Bomba) è il film di Stanley Kubrick che viene immediatamente prima di 2001: Odissea nello Spazio ed è già, come il suo illustre successore, un meccanismo narrativo governato dall’inizio alla fine da una logica perfetta e da una razionalità quasi brutale e, al tempo stesso, un’opera d’arte dotata di capacità quasi divinatorie, e in grado pertanto di illuminarci sul futuro (oltre che sul presente) dell’Umanità. In più ne Il dottor Stranamore c’è un’ironia graffiante e straziante contro l’ossessiva pulsione, dalla quale erano (sono?) possedute le classi dirigenti dell’intero pianeta, ad annullare anche fisicamente l’avversario, a farlo materialmente sparire dalla faccia della Terra. Ironia che poggia quasi per intero sulla straordinaria comicità di Peter Sellers (che abbiamo già visto nella parte dell’esilarante e umanissimo “indiano dell’India” Hrundi Bakshi in Hollywood Party) e che ci fa ridere ma insieme ci riempie d’angoscia non appena ci rendiamo conto (nel 1964 come nel 2014) che il mostro di cui stiamo ridendo, ben lungi dall’essere stato trasformato in un’innocua maschera carnevalesca, è ancora ben saldo al potere nelle menti e nei cuori degli individui che ci dirigono e ci governano, qualunque sia la fede e/o l’ideologia che li ispira e proprio perché sono uomini guidati più da fedi e ideologie che da quel che resta della loro umanità. |
Il commento di Luigi Scialanca
Furono davvero vinti, il nazismo e il fascismo, nel 1945? O l’odio mortale per l’umanità, da cui quelle ideologie deliranti erano scaturite, riuscì in qualche modo a trasmettersi, a “contagiare” una parte di coloro che l’avevano combattuto e sconfitto, e sopravvive ancora oggi nelle menti e nei cuori di alcuni loro successori nelle élites economiche, politiche, intellettuali e religiose di tutto il mondo?
Una cosa è certa: l’odio di chi vuol perdere la propria umanità contro quelli che almeno in parte la conservano esiste da quando il genere umano evolse le caratteristiche che lo rendono unico, ed esisterà finché una parte dei nostri bambini continueranno invece a essere allevati come se non avessero esigenze umane, diverse e superiori a quelle dei piccoli di ogni altra specie. Ma esso non era mai arrivato a creare e a diffondere il concetto di distruzione globale (l’idea, cioè, che l’odio per l’umanità possa estrinsecarsi nel cancellarla materialmente dal pianeta) prima che lo facessero il nazismo e il fascismo.
È vero che delle antiche città sconfitte i nemici talvolta non lasciavano pietra su pietra e spargevano il sale sulle rovine, che tutte le civiltà antiche ridussero in schiavitù e deportarono interi popoli chiamandoli “barbari”, che gli imperatori romani perseguitarono i cristiani, che i cristiani indissero crociate contro i mussulmani, gli ebrei e gli eretici, e che gli Indiani d’America furono quasi annientati dai coloni provenienti dall’Europa. Ma nessuno di questi atti, per quanto mostruosi, fu mai determinato dalla volontà e dalla teorizzazione del genocidio. E benché sia certamente vero che è l’intera Umanità a essere colpita, ogni volta che un solo essere umano viene umiliato, maltrattato, ferito o ucciso (e in questo senso è indubitabile che all’intera Umanità si è attentato innumerevoli volte, nel corso dei millenni) è però altrettanto vero che nessuno, prima dei nazisti, aveva mai intrapreso lo sterminio di una comunità o di un popolo non per impadronirsi di un territorio o di vitali risorse naturali, non per eliminare un’ideologia che giudicava pericolosa per la sopravvivenza della propria cultura, non ― insomma ― perché avesse una qualunque “ragione” diretta o indiretta per volerne lo sterminio, per quanto insensata tale “ragione” potesse essere, ma all’unico scopo di cancellare dalla faccia della Terra la possibilità stessa che il genere umano continui a distinguersi dalle altre specie viventi del pianeta.
I nazisti furono dunque i primi a concepire e a tentar di inventare armi di distruzione globali. E questa idea, quando il nazismo fu sconfitto, purtroppo non morì con esso. Non solo perché le idee, una volta che siano state comunicate ad altri e si siano diffuse, è quasi impossibile che muoiano (e le idee del nazismo non fanno eccezione: entrano nella mente di chiunque ne venga a conoscenza, o di chiunque abbia notizia delle azioni che esse hanno determinato, e a partire da quell’istante cimentano tutte le sue qualità umane e gli “anticorpi” di cui il suo pensiero è dotato nel compito di neutralizzarle ad ogni costo) ma anche perché le autorità delle due maggiori potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, non resistettero al “fascino” mostruoso del concetto di distruzione globale, si impadronirono degli scienziati che avevano lavorato per Hitler alla realizzazione delle relative armi, li portarono nei rispettivi paesi, li dotarono di fondi illimitati e li misero alacremente al lavoro.
La bomba atomica, è vero, fu concepita e inventata negli Stati Uniti prima dell’arrivo degli scienziati tedeschi. Ma i primi esperimenti di fissione nucleare (la fissione nucleare, dal latino fissio, -onis ― dal verbo findere, spaccare ― è il processo in cui il nucleo di un atomo, bombardato da neutroni, si scinde in due parti; se opportunamente controllata, la fissione può essere utilizzata per produrre energia nucleare; se incontrollata, dà invece luogo a una reazione a catena che genera un’esplosione di immani proporzioni) avvennero in Germania nel 1938 a opera di Otto Hahn (1879-1968). E negli U.S.A. suscitarono una tale preoccupazione, che un gruppo di scienziati americani ed europei immigrati, guidato da Albert Einstein (1879-1955, tedesco, ma fuggito dalla Germania nel ’33) rivolse un appello al presidente, Franklin Delano Roosevelt (1882-1945) affinché disponesse la fabbricazione della bomba atomica prima che riuscisse a realizzarla Hitler. Roosevelt accolse l’appello e mobilitò le risorse scientifiche e industriali del paese nel cosiddetto Progetto Manhattan, che nel luglio del ’45, grazie al lavoro di migliaia di scienziati e di tecnici diretti da Robert Oppenheimer (1904-1967, americano, in séguito rimosso da tutti gli incarichi ufficiali perché giudicato simpatizzante del partito comunista per essersi pentito di aver lavorato alla realizzazione della bomba atomica) condusse alla sperimentazione del primo ordigno nel deserto del Texas. Un mese dopo, poiché la Germania si era già arresa ai primi di maggio, le prime due bombe atomiche a essere impiegate in guerra (e fino a oggi le uniche) furono sganciate sulle città giapponesi di Hiroshima e di Nagasaki. E così l’idea e la realtà delle armi di distruzione globale, che i democratici Stati Uniti avevano mutuato dalla Germania nazista convinti di farlo soltanto per precederla e per impedirle di metterle in pratica contro il resto del mondo, anzichè essere abbandonate e distrutte dopo la sconfitta tedesca, diventarono un elemento permanente ― soprattutto dopo che anche l’Unione Sovietica le ebbe fatte proprie ― dell’immagine che gli Stati Uniti hanno di sé come nazione, e del loro rapporto con gli altri popoli come estrema istanza risolutiva delle controversie con essi.
Insieme al suo omologo di Mosca (che il film non ci mostra, ma la cui esistenza è provata dall’invenzione per i Sovietici dell’ordigno-fine-di-mondo) il personaggio del dottor Stranamore (ma doctor Strangelove sarebbe tradotto meglio da qualcosa come dottor Pervertito, o dottor Perversione) rappresenta dunque il “virus” del nazismo che gli Americani e i Russi, più o meno consapevolmente, riportarono nelle rispettive patrie mentre combattevano contro di esso, e che mantennero in vita (un po’ come conservano nei loro laboratori il virus del vaiolo) nella convinzione di essere in grado di controllarlo. Nella certezza che lo avrebbero sempre dominato, e che mai e poi mai ne sarebbero stati invece dominati.
Ma era giustificata questa presunzione? Si può coltivare e diffondere per più di mezzo secolo l’idea e la possibilità di distruggere l’intera Umanità senza esserne in qualche modo alterati nella psiche? Il film di Stanley Kubrick sostiene che non si può (a torto, speriamo) e che l’esito finale della pura e semplice esistenza delle armi di distruzione globali (o anche solo dell’idea della loro esistenza) non potrà essere che il loro uso, con la conseguente totale catastrofe del genere umano. E il corpo del dottor Stranamore, che non è più integro, è la rappresentazione visiva dell’impossibilità che un singolo essere umano o una qualsiasi collettività umana si conservino sani pur coltivando idee di tal genere.
Il dottor Stranamore, infatti, non si muove che su una sedia a rotelle, e una parte dei suoi arti e dei suoi organi sono stati sostituiti con protesi inorganiche. Ma il suo corpo fisicamente dimidiato non allude alle vere disabilità (che naturalmente non possono impedire a chi ne è afflitto di rimanere pur sempre un essere umano) ma per l’appunto è la metafora del fatto che Stranamore, che è rimasto un nazista, non è più un essere completamente umano. È la metafora del fatto che il disumano che è in lui, oltre che la sua mente, a poco a poco gli ha corroso anche il corpo, e partendo dalla mente e dal corpo si è propagato alla tecnologia che quella mente e quel corpo concepiscono e realizzano. Tant’è vero che dalle sue mani ormai non più umane continuano a uscire armi di distruzione globali sempre più perfezionate, e che quelle stesse mani, ribellandosi a chi le ha create e pretenderebbe di servirsene, tentano infine di strangolare quel poco di umano che ancora sopravvive in lui.
In una nazione che continua a coltivare le idee naziste di distruzione dell’Umanità (o piuttosto, ormai, in un mondo che lo fa) come ci si può stupire che appaiono prima o poi dei serial killer di massa? Personaggi come il generale Jack D. Ripper, comandante della base Burpelson dell’Air Force (altri due nomi che son tutto un programma: to rip significa strappare, stracciare, e Burpelson potrebbe essere tradotto come Figlio d’un rutto) che decide di distruggere l’Umanità perché è convinto che i comunisti vogliano distruggere l’Umanità, o come il comandante del solo B52 che il Pentagono e il Cremlino non riescono né a richiamare né ad abbattere, il maggiore T. J. “King” Kong (nome che allude al famoso scimmione gigante dell’omonimo film di Ernest B. Schoedsack del 1933, lo stesso anno dell’ascesa di Hitler al potere) che niente al mondo (né tanto meno una qualche propria renitenza a distruggerlo, il mondo) può trattenere dall’ubbidire fino in fondo agli ordini ricevuti (altra classica caratteristica dei nazisti, che non riconoscevano all’identità individuale né il diritto né il dovere di esaminare e discutere le leggi e gli ordini) sono due tipici esempi del fatto che una comunità o una nazione, se accetta di ospitare un dottor Stranamore (se accetta, cioè, di accogliere e lasciar sopravvivere nel proprio mondo fantastico idee mostruose come quella dello sterminio) non può evitare che quelle idee a poco a poco si diffondano e proliferino, all’inizio nell’ombra, e che finiscano prima o poi col manifestarsi in comportamenti aberranti, di singoli individui o addirittura di massa, che mettono in pericolo l’intera collettività.
Alcuni sostengono che l’esistenza delle bombe atomiche (e delle loro ancor più distruttive discendenti, le bombe all’idrogeno, o bombe H) è stata in fin dei conti benefica, perché il terrore di provocare con esse la fine del mondo trattenne gli U.S.A. e l’U.R.S.S. dallo scatenare una Terza guerra mondiale che sarebbe stata ancora più spaventosa delle precedenti. Ma questo ragionamento contiene più di una falla: perché la Storia non si fa con i se, e dunque non si può affermare con certezza che le due superpotenze, se non avessero avuto le bombe atomiche, sarebbero entrate in guerra; e soprattutto perché il pericolo che si tenti di cancellare l’Umanità dalla faccia della Terra, finché le armi che lo permettono e le idee che lo pensano non saranno state fatte sparire al suo posto, non è cessato con la fine della Guerra Fredda. |
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(Le schede di Spiegare un film a un bambino sono per bambini e ragazzi di Quinta elementare, Prima, Seconda e Terza media.
Sono scritte, perciò, il più semplicemente possibile. Ma non sono affatto... semplicistiche.
Vuoi servirtene? Fai pure. Ma non spezzettarle, non alterarle e non dimenticare di citarne l’autore!)
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