Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
La Terra vista da Anticoli Corrado nel febbraio del 2015
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Clicca per leggere l’intervista a Massimo Fagioli su ScuolAnticoli. O qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc. Nota di ScuolAnticoli. Mentre a Subiaco e in Val d’Aniene non si placano le polemiche sulla decisione della Regione Lazio di realizzare nell’ospedale Angelucci una delle strutture previste dal piano di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, ScuolAnticoli ritiene doveroso, oltre che utile, pubblicare la preziosa intervista che, su questo argomento e sulle sue importanti implicazioni, lo psichiatra Massimo Fagioli ha rilasciato a left il 28 febbraio 2015. Dal dibattito in corso nella Valle, infatti, il tema della cura delle patologie psichiatriche è stato finora assente, come se i medici e gli operatori del settore non avessero in merito alcunché da dire o, peggio, non sapessero cosa dire. Il che può meravigliare o meno chi conosce la situazione locale, ma non può non apparire preoccupante a chiunque. Le domande di ScuolAnticoli (sottolineando che di domande si tratta, e le più pacate possibili) sono le seguenti: l’afflusso, nel nostro territorio, di nuove leve della psichiatria (e con esse, forse, di una teoria e una prassi più avanzate) può contribuire a migliorare per tutti noi, cittadini della Valle, un’“offerta” d’attenzione per la salute mentale che non pochi ritengono non abbastanza adeguata alla “domanda” sia dal punto di vista della quantità sia, e soprattutto, dal punto di vista scientifico e terapeutico? Oppure la “cultura” alla base dell’idea stessa di “superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari” ― o, quanto meno, dei suoi criteri attuativi ― è così errata ed assurda da non permettere che alcunché di positivo possa mai scaturirne? Clicca per leggere l’intervista a Massimo Fagioli su ScuolAnticoli. O qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc.
Chi mi volle più bene, la maestra o la mamma? Clicca qui per leggere il testo in .pdf. O qui per leggerlo in .doc.
A otto anni e mezzo dovetti cambiare scuola. La mia famiglia si trasferì da un lato all’altro di Roma e io, giovane com’ero, non potei che seguirla. Non ricordo se qualcuno mi domandò cosa ne pensassi: non è impossibile ― forse, anzi, ricevetti perfino qualche spiegazione ― ma di due cose sono certo: che non ero d’accordo, e che il mio dissenso di “terzultima ruota del carro” (le mie sorelle avendo, rispettivamente, sei anni e mezzo e due e mezzo) non influì in alcun modo sulla decisione ormai presa. Non fu per uno sfratto: la casa in cui abitavamo non era meno nostra di quella in cui traslocammo. Né meno confortevole. Non andammo, insomma (da un punto di vista civile e sociale) né a star meglio né a star peggio. Traslocammo, semplicemente, perché “dovevamo” seguire i genitori di mia madre. E sospetto che neanche mio padre dovette esserne felice, visto che ci allontanammo molto dai suoi e che il tragitto casa-ufficio e ritorno gli divenne dieci volte più lungo. Ma neppure la sua contrarietà (che egli, penso, si guardò bene dall’esplicitare) fu presa in considerazione. Io amavo la mia casa, e soprattutto la mia camera, dalle cui ampie vetrate al quarto piano avevo contemplato spettacoli meravigliosi, come la nevicata del ’56, o raccapriccianti, come quello della “donna” dei vicini sospesa nel vuoto ogni volta che le comandavano di pulire le finestre dall’esterno. Amavo così tanto quella camera, che ricordo ancor’oggi il sapore del suo intonaco accanto al mio letto... Clicca qui per continuare a leggere in .pdf! O qui per continuare a leggere in .doc! (Sabato 28 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Giovedì 26 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Schiacciando la Grecia, l’Europa ha gettato la maschera A proposito dello sconvolgente, tragica sconfitta di quella che fu la libera e democratica Grecia, ieri, 24 febbraio 2015, Ettore Livini ha scritto sul sito de la Repubblica le seguenti parole (o, meglio, il seguente epitaffio): I creditori hanno portato a casa un risultato fondamentale. Al di là dei nomi utilizzati (istituzioni al posto di Troika, accordo al posto di memorandum) Atene ha in sostanza accettato i paletti degli impegni di Samaras e il monitoraggio costante dei creditori. Qualsiasi decisione futura da parte del governo ellenico dovrà avere il via libera da parte di Ue, Bce e Fmi. Tsipras ha fatto marcia indietro rispetto a parte degli impegni elettorali: ha accettato la supervisione internazionale e non rivedrà unilateralmente nessuna delle misure imposte dalla Troika negli anni scorsi, privatizzazioni già avviate comprese. L’arma letale in mano a Bruxelles, Washington e Francoforte è il portafoglio. La Grecia in questo momento ha pochissimi soldi in cassa. E i creditori hanno in mano i rubinetti della liquidità. Gli 11 miliardi custoditi fino alla scorsa settimana nei forzieri della banca centrale greca alla voce fondo salvabanche sono stati trasferiti al Fondo salva-Stati di Bruxelles per evitare che Tsipras ne faccia usi diversi da quelli previsti dalle intese (la ricapitalizzazione degli istituti di credito). Un segno chiarissimo del grado di incomprensione raggiunto tra le parti. La Grecia non può emettere titoli di Stato, nessuno li comprerebbe oltretutto, e l’unico canale di finanziamento per tenere in piedi lo Stato sono in questo momento i fondi d’emergenza garantiti dalla Bce. Il governo di Syriza è quindi ostaggio dei suoi partner, che in ogni momento sono in grado di staccargli la spina. Queste parole significano che la Democrazia, in Europa, è stata assassinata, e che le Costituzioni sono ormai considerate carta straccia. Non solo non vi è più, in alcun Paese, un’opposizione di sinistra che non sia ormai del tutto fasulla, ma la brutale umiliazione di Syriza, di Tsipras, di Varoufakis e di tutti i Greci (compresi quelli che per Syriza non hanno votato) è un brutale avvertimento a tutti gli Europei, a tutti noi che fummo un tempo cittadini e oggi non siamo che sudditi: ogni tentativo di ricostruire e di votare una Sinistra vera, in qualsiasi altro Paese d’Europa, sarà del pari stroncato da un ricatto finanziario al quale non è possibile resistere. Inutile illudersi: le elezioni, in tutta l’Europa, sono ormai una tragica, umiliante farsa. E quel ch’è peggio è che tutto ciò, gettata ogni maschera, abbandonata ogni finta cautela politically correct, ci viene sputato in faccia con mostruosa impudenza: Siete finiti. Siete morti. Giocate pure, se volete. Votate, se volete. Fate quello che vi pare: vinceremo sempre noi. Gettata ogni maschera, abbandonata ogni cautela ipocrita, l’Europa delle tirannie finanziarie si mostra qual è: una dittatura disumana e violentissima (sì, quando il denaro è usato come arma letale chi lo brandisce è uno spietato assassino), una dittatura che si crede ormai così potente, così onnipotente, da proclamare che le elezioni, il nostro voto, e dunque noi stessi, contiamo meno delle bestie. O forse no? O forse l’esibizione senza pudore di tanta ferocia è segno che il mostro ha invece l’acqua alla gola ed è, per salvarsi, disposto a qualunque estremo? Due cose sono certe: 1. L’Europa delle tirannie finanziarie sta tentando di spingere la Grecia (e, con la Grecia, chiunque di noi le si opponga) all’autoannientamento. 2. L’unica alternativa all’autoannientamento, quando la Democrazia e le elezioni sono pubblicamente dichiarate irrilevanti, è la Resistenza. (Mercoledì 25 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Un articolo di straordinaria importanza Clicca qui per scaricare il testo dell’articolo di Faye in .pdf Clicca qui per scaricare il testo dell’articolo di Faye in .doc
Consiglio vivamente la lettura, sul Corriere della sera di lunedì 23 febbraio 2015, di Heidegger profeta del IV Reich, di Emmanuel Faye, storico della filosofia, e uomo e ricercatore di straordinaria levatura, noto anche in Italia per il suo libro Heidegger - l’introduzione del nazismo nella filosofia, a cura di Livia Profeti, edito da l’Asino d'oro. È un articolo importantissimo, che per molti versi ritengo un punto di non ritorno immensamente positivo per la cultura italiana, per la politica e, soprattutto, per la comprensione, da parte nostra, di ciò che sta accadendo in Italia e nel mondo da almeno due decenni. Vi invito a leggerlo con l’attenzione che merita (cliccando, se non lo avete trovato in edicola, sui link acclusi a questa breve nota) a partire già dal titolo: “Heidegger profeta del IV REICH”. Quarto, capite? Eccone, per invogliarvi alla lettura, un brevissimo estratto: “Si trattava [per Heidegger dopo la disfatta del nazismo, nota mia] di prendere la distanza adeguata da un’impresa [il nazismo, appunto, nota mia] il cui fallimento era stato totale. Non però per rinnegarla, ma per prepararne il ritorno in forme nuove, anticipate attraverso la diffusione della sua opera intesa a tale scopo” [corsivo mio]. Non aggiungo altro. Ripeto soltanto: questo articolo è una svolta rivoluzionaria. Non “solo” per quanto concerne la comprensione del nefasto influsso di Heidegger, ma per capire meglio, in toto, il mondo in cui viviamo, e il nuovo ordine disumano che forze potentissime stanno cercando di imporre. E, soprattutto, per capire dove possiamo trovare le “forme nuove”, pienamente umane, per contrapporci validamente alle mostruose “forme nuove” del nazismo che ci minacciano tutti. Clicca qui per scaricare il testo dell’articolo di Faye in .pdf Clicca qui per scaricare il testo dell’articolo di Faye in .doc (Lunedì 23 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Domenica 22 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Sabato 21 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Venerdì 20 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Mercoledì 18 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Martedì 17 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Mentre Roberta Pinotti, ministro della Guerra del regime piddino-renzista, nel più completo e violento disprezzo della Costituzione, della Democrazia, del Parlamento e del Popolo sovrano, e con odio contro l’Umanità, dichiara (come se il nostro Paese si chiamasse Roberta Pinotti, o Matteo Renzi, o Piddilandia) che l’Italia è pronta a guidare in Libia una coalizione di paesi europei e dell’Africa del nord, mi sembra molto importante ricordare alcune parole (storiche e, allo stesso tempo, dolorosamente preveggenti) del compagno onorevole (lui sì che davvero onorevole) Pietro Ingrao, tratte dal suo libro La libertà del dubbio, pubblicato nel 2007 da Manni editori:
Il 1991 fu l’anno cruciale. A gennaio con l’operazione Desert Storm una coalizione con a capo gli Americani intervenne contro l’Iraq che aveva invaso il Kuwait. Anche l’Italia partecipò nel concerto delle 27 nazioni che affidavano la parola alle armi. Era una decisione che cancellava l’articolo 11 scritto in Costituzione. Ma il blocco democristiano-socialista non ebbe dubbi, e si schierò con l’America. Presi la parola in Parlamento, dove, in pesante solitudine, dichiarai il mio dissenso. Non trovai consensi nemmeno dai miei banchi. [...] Quell’anno vide l’esplosione della guerra civile in Jugoslavia, l’indipendenza di Slovenia e Croazia, insieme però con l’inizio di un’aspra tensione interna che si aggiungeva alla crisi e al crollo del dispotico regime albanese. E venne poi la grave azione militare della Nato in Serbia, giustificata in nome della democrazia e della liberazione dei popoli schiacciati da Milosevic. Furono i giorni dei sermoni sulla “guerra giusta.” Qualcuno ― in Europa ― si spinse addirittura ad evocare un termine supremo e antico parlando di “guerra santa.” In quella vicenda dei Balcani furono lanciate ed alimentate ― almeno da parte di alcuni degli attori in campo ― anche la speranza e l’immagine di una purificazione della guerra: come se essa sganciandosi dal fango del territorio e muovendo nella purezza delle grandi altitudini potesse e volesse colpire soltanto (con la sapienza delle tecniche moderne) i mezzi militari dell’avversario. Fu quella che io definii l’illusione della “guerra celeste.” Ne sgorgò quella rappresentazione consolante del pilota americano che muoveva dalla sponda atlantica e ― adempiuto lo sgancio della bomba intelligente ― tornava puro da macchie al focolare domestico, nella patria americana. Quale errore! Tornarono presto i conflitti in Afghanistan; e l’attacco dal cielo si mischiò rovinosamente alla cancellazione delle città, alle stragi civili, alla macchina delle armi che si spingeva nel ventre degli altopiani come nei ghirigori della terra. Caddero le giustificazioni etiche, i sermoni moraleggianti. In verità in Italia sino ad ora non sono stati cancellati i vincoli formali che, in molte Costituzioni europee e nella Carta delle Nazioni Unite, vennero posti nel dopoguerra al ricorso alle armi. Quei vincoli stanno ancora lì: scritti in quelle leggi solenni. Semplicemente accade che essi vengono scavalcati o cassati. Nel mio Paese l’articolo 11 della Costituzione, che consente solo la guerra di difesa, è in realtà stracciato: senza che su ciò ci sia scandalo o sorpresa, e nemmeno discussione. E se c’è qualcosa che mi spaventa, è il fatto che il senso comune non si allarma. Non trema più. Tu che mi ascolti sfoglia i libri, porgi l’orecchio alle parole dei governanti. Scorri le pagine dei dibattiti parlamentari. Troverai che è sparita la parola “disarmo”. Non la usa più nessuno. È in questo senso largo che io parlo di una “normalizzazione” della guerra. S’è liquefatto lo spavento, l’orrore che scosse la mia generazione e ci fece giurare che mai più sarebbe tornato il massacro. Come mentivamo! E ciò è avvenuto quasi senza scandalo. Non si riuniscono in ansia i parlamenti. Non suonano a stormo di spavento le campane delle chiese. Né i sindacati preannunciano scioperi. In tempi ormai lontani i promotori della guerra, gli aggressori, usavano presentare la loro iniziativa armata come puro atto di difesa. Ora dalla sponda americana, dal Paese che si considera guida del mondo, a legittimare l’attacco armato è stata messa in campo la guerra di prevenzione. L’uccidere di massa per prevenire la guerra di massa. Quante menzogne! (Lunedì 16 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Domenica 15 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Sabato 14 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Venerdì 13 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Lunedì 10 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Clicca sull’immagine per vederla meglio! (Domenica 8 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Clicca sull’immagine per vederla meglio! (Sabato 7 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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E sottolineo: malattia nel corpo o nella mente... Clicca sull’immagine per vederla meglio! (Venerdì 6 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Tsipras, rompi il fronte bellicista-finanziario euro-americano che vuole “uscire” dalla crisi (e farci tutti morti o schiavi) con una guerra mondiale: chiedi soldi alla Russia. L’Ucraina li chiede all’Europa, perché la Grecia non potrebbe chiederli alla Russia o alla Cina? (Giovedì 5 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Martedì 3 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Martedì 3 febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Restaurazione e ampliamento dello Stato Pontificio
I quotidiani di oggi, domenica 1° febbraio 2015, piangono l’orribile fine dei cattocomunisti definitivamente schiacciati, asserviti e ridotti alla più insensata e umanamente indegna futilità. In realtà i cattocomunisti (cioè i distruttori dell’unica, forse, realizzazione valida del comunismo: l’ateismo, per conservarne invece tutto il peggio) hanno esaurito ieri, sabato 31 gennaio 2015, la loro funzione “storica” di utili idioti, di ascari pontifici, completando (ben più che la nuova DC, ben più che una risorta “balena bianca”) la restaurazione dello Stato della Chiesa ampliato all’Italia intera. La teocrazia non ha più alcun bisogno di loro, e la loro scomposta piaggeria filo-renzista dimostra che lo sanno. Ora siamo lo Stato della Chiesa-teocrazia italica e, fino a una sperabile e sperata “alba” che purtroppo sembra tutt’altro che vicina, ScuolAnticoli non chiamerà l’Italia altrimenti che così: Teocrazia italica (Domenica 1° febbraio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).
L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.
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