L'immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell'artista danese Viggo Rhode (1900-1976). L'ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

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La Terra vista da Anticoli Corrado

 

diario del Prof (scolastico e oltre)

 

giugno 2008

 

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sabato 14 giugno

 

Fuori dall’Italia, certi Italiani

 

Fuori dall’Italia, certi Italiani

 

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Mi ha confidato mia figlia che prendere i mezzi pubblici a Roma le sta diventando penoso per i continui episodi di intolleranza razzista ai quali è costretta ad assistere da qualche tempo. Pena che insieme è rabbia, com’è naturale, ma che ho dovuto pregarla di non manifestare – sebbene sia anche la mia – poiché l’uomo (e la donna) che possono trattare altri esseri umani come se non siano umani si son resi così simili a fantastiche bestie malvagie, inesistenti in Natura, che non si sa mai come potrebbero rivoltarsi contro chi rammenti loro la bellezza e la dignità perdute.

 

Il vero e insopportabile degrado della città ove sono nato, e che più che mai vorrei lasciare per Anticoli nella speranza di trovare nel Paese Immaginario il Paese umano che mi ostino a immaginare possibile, è fatto in realtà da individui come quelli, tanto abietti da non vergognarsi di scagliare sui più deboli e indifesi l’odio meschino sedimentatosi nel corso degli anni nelle loro povere vite fallite, e fatte fallire; e tanto abietti, al contempo (poiché l’odio che scagliano sui più deboli e indifesi è anche, ma segreto e vigliacco, contro gli astanti e l’Umanità intera, loro stessi compresi) da non vergognarsi di occupare così anche solo per qualche istante le immagini e i pensieri di ragazze di vent’anni – e di chissà quanti altri bambini e ragazzi ogni giorno – che altrimenti non recherebbero che gioia con sé, sugli autobus e per le vie delle nostre città.

 

Sono Italiani, gli uomini e le donne di quella risma, che vorrei fuori dall’Italia, sùbito, senza e senza ma, foglio di via obbligatorio e divieto assoluto di ricomparire finché non avranno – se possono – ritrovato sé stessi.

 

E non sono i soli. No, non sono affatto i soli. Poiché, ora che ci penso, son davvero tanti gli Italiani che da quando ero bambino vedo insozzare le nostre città... I mafiosi? I camorristi? Gli ’ndranghetisti? Gli evasori fiscali? I corruttori e i corrotti? I diffusori di menzogne, provvisti o sprovvisti di abito talare? I falsi insegnanti? Certo, sì, loro per primi. Ma oggi, adesso, qui, più che con i grandi criminali voglio prendermela con i piccoli, miserabili zozzoni che non solo ho dovuto sopportare per cinquantasette anni, ma che oggi sono addirittura costretto a veder ergersi a campioni ed eroi della lotta contro il degrado e per la sicurezza: proprio loro, pensa un po’, che sempre han fatto il possibile – il loro minuscolo possibile, intendiamoci, ché mai son riusciti a essere i giganti o anche solo i normodotati del crimine che in cuor loro sarebbero voluti essere – per offendere la vista e i sentimenti di chiunque avesse la sfortuna d’incontrarli, dalla mattina quando uscivano alla sera quando rincasavano.

 

Da chi comincio? Dagli zozzoni nel senso etimologico del termine, è ovvio: gli Italiani che odiano e disprezzano così tanto gli altri da riempire i marciapiedi, le vie, le spiagge e i boschi di cartacce, cicche, merde di cane, barattoli, bottiglie, pile esauste, cartoni di negozio, siringhe usate, televisori, bidet, ombrelli rotti, rifiuti ospedalieri e tutto ciò che sgorga e cola, sporco o scassato, dalle loro esistenze. E, ancor più, gli Italiani che odiano e disprezzano così tanto i loro stessi bambini da mandarli ogni giorno a buttar la spazzatura perché è così che immaginano i figli: affini all’immondizia; ed è logico, quindi (solo immondizia avendo prodotto nel corso delle loro vite) è logico che confondano con i rifiuti l’unica cosa buona che invece hanno fatto, i bambini, e li mandino ad aprir cassonetti che non riescono ad aprire e a sollevare sacchi di spazzatura troppo pesanti anche per un adulto... Fuori dall’Italia, questi Italiani che la degradano, fuori sùbito, senza se e senza ma: tolleranza zero.

 

E poi, dal momento che ho parlato di bambini, fuori dall’Italia anche le nonnacce italiane che camminano in mezzo alla strada facendosi scudo con i corpi dei nipotini tra loro e le macchine in corsa. Guardate, nonnacce, guardate se vedete una Rom far lo stesso ai figlioli suoi! E fuori, già che ci sono, anche gli Italiani che in mezzo secolo di scenate negli uffici e nei negozi hanno imparato a rispettare le file, sì, come no?, ma non quando in fila c’è un bambino che si possa vigliaccamente far finta di non vedere: fuori dall’Italia, questi Italiani, sùbito, senza se e senza ma, perché al solo veder quelle loro facce da totem della Furbizia Demente mi ribolle il sangue nelle vene.

 

Ho detto macchine? E chi sono, se non gli automobilisti e i motociclisti, i maggiori responsabili del degrado e dell’insicurezza delle nostre città? Quelli che guidano ubriachi e drogati? Quelli che passano col rosso? Quelli che non rispettano la precedenza? Certo, sì, loro per primi. Ma oggi, adesso, qui, più che con i grandi criminali della strada voglio prendermela con i piccoli, miserabili maleducati che parcheggiano auto e moto sui marciapiedi e sui passaggi per le carrozzelle degli invalidi, che non mettono la freccia tranne quando ne va della loro sudicia pellaccia, che sfrecciano sulle corsie di emergenza, che bloccano la corsia adiacente per superare chi prima di loro si è messo in fila per svoltare, che oltrepassano la linea di mezzeria invadendo la corsia opposta, che ai semafori si spingono così avanti da intralciare il passaggio dei pedoni. E che, oltre a tutto ciò, da mane a sera aggrediscono le orecchie e le menti degli Italiani per bene e degli Immigrati facendo ruggire i loro motoroni da impotenti e strombazzare le loro trombette da scorreggioni... Fuori dall’Italia, questi Italiani, fuori sùbito, senza se e senza ma, poiché loro sì che disturbano e offendono, non i lavavetri e i mendicanti.

 

Ruggire e strombazzare? Questo mi fa venire in mente tutti gli Italiani che odiano e disprezzano gli altri così tanto da scassar loro i timpani e i pensieri e i sogni a tutte le ore con le scarpacce e i martelli con cui pestano sui pavimenti e sulle pareti dalla mattina alla sera, e gli Italiani che sbattono i loro sudici tappeti e coperte piene di peli ritorti sopra i balconi e le finestre dei vicini, e gli Italiani che giocano a pallone sotto le case alle due di notte, e gli Italiani che dopo la chiusura dei bar e delle gelaterie rimangono davanti alle saracinesche abbassate a sghignazzare come dementi fino alle tre del mattino, e gli Italiani che oltre a rimbecillire sé stessi e i figli davanti ai televisori per ore e ore, alzano il volume al massimo nella bacata speranza di rimbecillire anche i vicini e i figli dei vicini e i figli dei figli... Fuori dall’Italia, questi Italiani, fuori sùbito, senza se e senza ma, fino a quando non capiranno quanto più decoroso sarebbe per loro osservare il massimo silenzio, squallidi e brutti e insensati come sono i suoni che emettono.

 

Arroganti gli Immigrati, per esempio i lavavetri? E tutti gli Italiani che nelle nostre città in ogni sorta di uffici – compresi gli uffici scolastici ma in primo luogo gli uffici postali – approfittano del meschino, miserabile, servile potere loro concesso, di passare una carta a un altro essere umano al quale essa occorre, per offendere e maltrattare soprattutto i più indifesi, gli anziani, gli incolti, gli insicuri dei propri diritti, e ancora una volta gli Stranieri?... Ma no, è vero, non è arroganza la loro, è peggio: è la mostruosità interiore di quelli che non sono kapò nei campi di sterminio solo perché i tempi non glielo permettono, ma intanto si esercitano, fanno pratica, non si sa mai: dovessi capitar sotto di loro quando potranno decidere della mia vita o della mia morte, allora sì che vedrei chi era davvero, lo spregevole impiegatuccio che non rispose al mio saluto... Fuori dall’Italia, questi Italiani, fuori sùbito, senza se e senza ma, prima che siano essi stessi a produrre i tempi che sognano nei loro incubi.

 

Chi altro? Ce ne sarebbero così tanti... Stavo dimenticando, fra i peggiori, gli Italiani violentatori che a milioni ogni giorno massacrano in pubblico, lungo le strade che invece appartengono agli Italiani per bene e agli Stranieri, ragazzine schiave rapite in ogni parte del mondo alla speranza di un’esistenza umana. E, all’altro estremo – dal momento che ho pensato alla devastata bellezza delle giovani Immigrate che proprio per essa son da certi Italiani ogni giorno distrutte e assassinate – fra i più innocui stavo invece dimenticando l’orrida bruttezza dei milioni di Italiane rifatte tutte uguali dai chirurghi estetici non perché piacciano agli uomini, non perché soddisfino un desiderio di rapporto, ma perché ubbidiscano perfino nell’aspetto fisico alle donnacce della tv alle cui finte porte vanno a mendicare ogni sera... Fuori dall’Italia, questi Italiani e Italiane, fuori sùbito, senza se e senza ma, perché i cumuli di bruttezza di cui riempiono le nostre città sono ormai assai più alti di quelli dei rifiuti di Napoli.

 

E però... E però vorrei dire alla mia cara figliola – e insieme a lei a tutti i ragazzi e le ragazze che considero i veri Italiani, ché lo saranno quando io non lo sarò più – che le cose in Italia non sono così nere come potrebbe farvi credere ciò che qui ho scritto e ciò soprattutto che ogni giorno vedete e udite sugli autobus e nelle vie delle nostre città. Poiché quegli Italiani lì, sapete – quei finti Italiani che davvero vorremmo fuori dall’Italia sùbito, senza se e senza ma – non sono una spaventosa catastrofe, piombata per destino avverso sulle vostre giovani vite a portarvi bruttezza e cattiveria così opposte e aliene alla splendida generosità ch’è in voi: son sempre esistiti, ci son sempre stati, son gli stessi che quando noi eravamo bambini e ragazzi sputavano e vomitavano odio sui Meridionali, sugli Operai, sui Capelloni, su chiunque capitasse loro a tiro. Ma il bello – il bello per voi, che siete ancora così giovani – è che in realtà sono diminuiti, sono molto meno, oggi, di quanti erano ai tempi nostri. Sembrano di più in questi giorni, è vero, ma solo perché la stupidità e gli errori della finta “sinistra” – altra categoria di Italiani che vorrei veder fuori dall’Italia, insieme alla Destra che invece è vera, per un discreto numero di annetti – hanno permesso che uscissero dalle fogne, alzassero le vecchie creste smangiucchiate dalle loro vite di schifo, trovassero il coraggio da serpi di sibilare e mordere. Ma sono pochi, in realtà, pochi come gli anni che gli restano, e questo è solo un brutto periodo; vedrete, ragazzi, Italiani o Immigrati che siate purché siate veri, vedrete: il futuro è vostro, non date retta alla gentaglia, resistete, restate belli come siete ora. Ne sarete felici.

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martedì 3 giugno

 

Ernesto "Che" Guevara (1928-1967) in una famosa fotografia di René Burri

Ernesto Che Guevara (1928-1967) in una famosa fotografia di René Burri

 

Picconate alla Costituzione?

 

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Con il governo Berlusconi e Soci, e con la finta opposizione della finta sinistra” del Pidì, tutte le picconate che volete! Ammesso che le vogliate. Noi non le vorremmo, perché i diritti che in questi giorni sono colpiti o messi in discussione non appartengono solo ad alcuni: sono anche nostri, sono di tutti. Ma andiamo con ordine, articolo per articolo della nostra Carta fondamentale...

 

Articolo 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Aggredito dal cosiddetto pacchetto sicurezza (le violazioni della Costituzione ce le impacchettano come regali di Natale) là dove stabilisce che le pene per i reati commessi da Immigrati clandestini siano aggravate di un terzo.

 

Articolo 25: Nessuno può essere distolto dal giudice naturale pre-costituito per legge. Aggredito dal decreto per lemergenza rifiuti creando in Campania un tribunale speciale al quale sono attribuite tutte le controversie riguardanti la gestione dei rifiuti, ivi comprese quelle relative a diritti costituzionalmente garantiti.

 

Articolo 27: La responsabilità penale è personale Aggredito dal pacchetto sicurezza additando tutti gli Immigrati clandestini come criminali.

 

XII disposizione finale: È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. Aggredita dalla tollerante sottovalutazione, da parte del sindaco di Roma e del ministro degli Interni, delle aggressioni squadristiche verificatesi in tutta Italia e delle gazzarre neofasciste fin sulle scalinate del Campidoglio.

 

Se non basta, aggiungiamo ― con le parole (per una volta condivisibili) di Eugenio Scalfari su La Repubblica di domenica 1° giugno ― che l’Alitalia viene di fatto commissariata dal governo. A essa non si applicheranno le leggi vigenti che regolano la vita delle società quotate in Borsa, ed è esentata da ogni tipo di comunicazione alla Consob e al mercato. Aggiungiamo l’altra cosiddetta “deroga”, contenuta anch’essa nel decreto rifiuti, che “sospende” le valutazioni di impatto ambientale per i siti che saranno adibiti a discariche, e le ulteriori deroghe alla normativa in materia ambientale e igienico-sanitaria, con l’abolizione della differenza tra sostanze tossiche e rifiuti comuni (La Repubblica, domenica 1° giugno 2008). Aggiungiamo il decreto governativo che nomina i prefetti di Roma, Milano e Napoli “commissari per l’emergenza nomadi” (sic!), conferendo loro il potere di definire programmi d’azione per il superamento dell’emergenza, se necessario, anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia ambientale, paesaggistico-territoriale, igienico-sanitaria e di pianificazione del territorio...

 

Dicono, per giustificarsi dinanzi alla Nazione, che si tratta di misure rese indispensabili dalle emergenze in atto. Ma è vero l’opposto: le emergenze (vere, come quella dei rifiuti, o gonfiate a furia di allarmismi e veleni e idiozia televisiva, come la cosiddetta emergenza Immigrati) sono state seminate, concimate (in Campania a forza di immondizie) e fatte crescere robuste e rigogliose non solo per ignoranza e incompetenza, non solo per derubare gli sfortunati Italiani per bene, ma soprattutto per poter poi sfruttarle per imporre al Paese uno stato di emergenza. Come ovunque negli ultimi trent’anni, dal Cile del golpe di Pinochet al mondo intero del dopo 11 settembre (leggere, per esserne persuasi, lo splendido Shock Economy di Naomi Klein) non sono le emergenze a rendere necessarie le aggressioni alle Costituzioni e alla democrazia sostanziale, ma è la volontà criminale di aggredire le Costituzioni e di rendere fittizia la democrazia a far sì che le emergenze vengano create e lasciate marcire o addirittura inventate a bella posta. Non è perché siamo cattivi che i padri (snaturati) ci prendono a sberle: è perché i padri ci violentano da trent’anni che stiamo diventando cattivi. E non solo, anche stupidi: di modo che, oltre che prenderci le sberle, li ringraziamo pure.

 

Come stupirsi, allora, se in questi giorni anche la Chiesa (cattolica), visto l’andazzo, si sente autorizzata a prendere a picconate la Costituzione della Repubblica? Articolo 8: Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. Aggredito da Giuseppe Betori (segretario generale della Conferenza episcopale italiana) affermando che lo preoccuperebbe una collaborazione con l’Islam per l’uso di luoghi di culto. Quando si concede un luogo per farvi una moschea, quello stesso suolo viene consacrato all’Islam e non è più disponibile per la religione cattolica (La Repubblica, mercoledì 28 maggio). Articolo 33: Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. Aggredito da Joseph Ratzinger (papa) affermando che in uno Stato democratico, che promuove la libera iniziativa, non sembra giustificarsi l’esclusione di un adeguato sostegno all’impegno delle istituzioni ecclesiastiche nel campo scolastico (La Repubblica, venerdì 30 maggio).

 

A proposito di Scuola, tuttavia, anche la finta “sinistra” del Pidì veltroniano non si può dire che scherzi. Prima, quando erano al governo con il mai abbastanza vituperato “Beppe” Fioroni, hanno lasciato intatta la “riforma” della mai abbastanza esecrata Letizia Moratti nei suoi punti sostanziali ― la diminuzione delle ore di lezione e il massiccio prelievo di risorse economiche ― ritoccandola appena qua e là, tanto per fare un po’ di “scena” per i creduloni, solo su questioni di scarsa importanza. Adesso, che al governo non ci sono più ma si tengono ancora strette (purtroppo, anche con la collaborazione della Sinistra Vera) numerose e importanti amministrazioni locali, ecco per esempio quel che racconta il giornalista Curzio Maltese dell’amministrazione genovese targata Pidì retta da Marta Vincenzi:

 

...E qui entrano in scena i “Marta boys”, i trentenni rampanti di cui la Vincenzi si fida per vincere la sfida dentro la sinistra, prim’ancora che contro la destra, all’insegna della novità, o della “discontinuità,” dice lei... La Marta magari ci crede davvero, a quei ragazzi figli di amici e compagni... I “ragazzi” (si fa per dire) ci credono molto meno. Se la tirano da staff elettorale all’americana, spendono e spandono, forzano sondaggi, vantano amicizie altolocate e pensano agli affari loro... Paolo Francesca, dalemiano e poi all’occorrenza veltroniano, cresciuto nella Fgci ma col mito del rampantismo craxiano... Massimiliano Morettini, ex dirigente dell’Arci e braccio destro di Agnoletto al Genoa Social Forum... Massimo Casagrande, figlio di operai divenuto a prezzo di sacrifici anche morali un avvocato della Genova bene... Tutti fra i trenta e i quaranta, con l’eccezione dello “zio Claudio, il sessantenne Fedrazzoni, ex sindacalista dei camalli... che tiene i rapporti con Roberto Alessio, mercante di carni di Alessandria che vuole entrare “a tutti i costi” negli appalti scolastici genovesi, e con il “pezzo grosso del Vaticano,” il professor Pino Profiti, ex dirigente della Regione Liguria e consulente personale del segretario di Stato vaticano, il cardinal Tarcisio Bertone...

 

I “Marta boys” giocano a fare i padroni della città e, come quelli veri, la sera si ritrovano al ristorante “Europa,” in galleria Mazzini, per decidere i destini della Lanterna... Così i pubblici ministeri mandano i carabinieri a piazzare le microspie sotto i tavoli, li pizzicano uno per uno e li portano dentro... Che schifo. A leggere le intercettazioni, sale la rabbia dei concittadini... Soprattutto per chi conosce lo stato delle scuole genovesi. Tutte fuori dalle norme di sicurezza, molte fatiscenti, senza soldi neppure per i maestri di sostegno, con i genitori costretti a infilare la carta igienica negli zaini dei ragazzini. E questi che sanno tutto, da amministratori e pure da padri di figli piccoli, si mettono a speculare sulle mense dei bambini.

 

Si capiscono le lacrime amare e pubbliche di Marta Vincenzi. Ancor più si comprende il dolore privato delle famiglie dei “traditori,” brava gente di sinistra con un passato di militanza pura. Nel salotto del padre di Casagrande, per esempio, sono esibiti i cimeli di una vita da operaio: la medaglia ricevuta da bambino da Palmiro Togliatti per il volantinaggio de L’Unità, le foto del banchetto dello stoccafisso gestito per vent’anni alle feste di partito e la laurea in giurisprudenza del figlio. Il padre di Morettini è stato un eroe della rivolta del ’60, con i morti in piazza, e poi un ingegnere licenziato dall’azienda per aver scioperato, unico impiegato, con gli operai. La politica per loro era impegno, ideali. Per i figli privilegiati, una merce in vendita a cinquemila euro. È una storia di padri e figli...” dice il vecchio sindaco Beppe Pericu.

 

Ci scusiamo per la lunga citazione (l’amaro articolo di Curzio Maltese, disperato ma importantissimo, è naturalmente assai più lungo, e invitiamo chi non l’abbia letto il 30 maggio su La Repubblica ad andare a ripescarlo sul sito del quotidiano) ma questa storia di padri e figli ci è parsa troppo istruttiva per non trascriverne almeno le linee essenziali. Poiché mostra che la cosiddetta “sinistra” del Pidièsse-Dièsse-Pidì, che iniziò a esser finta come una Ferrari cinese nel 1989 alla Bolognina, aveva qualcosa che non andava anche prima, anche quando su L’Unità si poteva ancora leggere la parola rivoluzione e Palmiro Togliatti appuntava medaglie sul petto dei bravi compagni come il padre di quel poveretto di Massimo Casagrande, cresciuto per diventare un Marta boy.” E ciò che non andava (cosa che il pur bravo Curzio Maltese forse non sa, o i suoi articoli sarebbero meno disperati) era la mancanza di un’immagine e un’idea di essere umano davvero alternativa alla rappresentazione religiosa dell’uomo come immagine e somiglianza di Dio. E quando ciò che non va è così terribilmente importante ― quando ciò che non si sa e non si capisce non è qualche nozioncella di economia o di storia, ma niente meno che cosa sia un essere umano ― inevitabilmente le “storie di padri e di figli” sono le prime ad andar male. Poiché sono i figli (pensiamo, per fare un esempio più “illustre” di quei meschinelli dei “Marta boys,” al povero Giuliano Ferrara, figlio del dirigente del PCI Maurizio Ferrara) i primi a soffrire se padre e madre, per quanto “compagni,” ignorano chi sia, umanamente, il bambino che hanno messo al mondo. E dopo i figli soffrono gli allievi, per quanto “compagni” siano gli insegnanti. E dopo gli allievi le cosiddette “nuove leve” dei partiti, per quanto “compagni” siano, e carichi di gloria, i loro predecessori. E diventano, quando va “bene,” dei “Marta boys.” O, quando va male, dei Giuliano Ferrara...

 

I nostri quattro lettori, già da un po’, si staranno domandando che cosa c’entri Ernesto Che Guevara con tutto ciò. Ebbene: cercheremo di spiegarlo in poche righe...

 

Il piccolo aspirante boss del quartiere romano del Pigneto, primo responsabile di un’aggressione di stampo fascista contro negozi e bar gestiti da Immigrati, ha avuto l’incredibile improntitudine (o faccia tosta, per usare un termine a lui più consono) di definirsi “di sinistra” (come se possa essere di Sinistra chi si “fa giustizia” da sé, chi fracassa le vetrine e le schiene della gente, chi di sé stesso dice di non aver mai lavorato perché pò mai lavorà uno ch’è nato er Primo Maggio?!) e, per dimostrare di esserlo davvero, si è scoperto l’avambraccio e ammiccando a destra e a manca ha mostrato un tatuaggio “di” Che Guevara. Improntitudine? Faccia tosta? O piuttosto un’abissale ignoranza? Ciò che in questa storia davvero importa (e sbalordisce) non è che il miserabile energumeno pensi e dica simili baggianate tentando di mestare nel torbido, ma che abbia trovato fior di giornalisti e di politici disposti a credere e ripetere che un individuo di tal fatta possa essere “di sinistra” solo perché si porta in giro un tatuaggio “di” Che Guevara! Ciò che importa (e sbalordisce) è che vi siano giornalisti e politici, nella finta “sinistra” che si riconosce nel Pidì di Walter Togliattino Veltroni, che fino a questo punto ormai ignorino che cosa significa, sul serio, essere di Sinistra.

 

Ma anche loro, come il teppistello del Pigneto, più che suscitare ribrezzo o addirittura odio, fanno pena. Poiché è una storia, anche la loro, “di padri e di figli.” Di poveri figli, invero, i cui poveri padri non sapevano, e dunque non potevano insegnargli, che cosa davvero significhi essere di Sinistra.

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