ScuolAnticoli

Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca

 

L'immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell'artista danese Viggo Rhode (1900-1976). L'ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

La Terra vista da Anticoli Corrado

nel marzo del 2015

 

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Nota di ScuolAnticoli. Mentre a Subiaco e in Val d’Aniene non si placano le polemiche sulla decisione della Regione Lazio di realizzare nell’ospedale Angelucci una delle strutture previste dal piano di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, ScuolAnticoli ritiene doveroso, oltre che utile, pubblicare la preziosa intervista che, su questo argomento e sulle sue importanti implicazioni, lo psichiatra Massimo Fagioli ha rilasciato a left il 28 febbraio 2015. Dal dibattito in corso nella Valle, infatti, il tema della cura delle patologie psichiatriche è stato finora assente, come se i medici e gli operatori del settore non avessero in merito alcunché da dire o, peggio, non sapessero cosa dire. Il che può meravigliare o meno chi conosce la situazione locale, ma non può non apparire preoccupante a chiunque. Le domande di ScuolAnticoli (sottolineando che di domande si tratta, e le più pacate possibili) sono le seguenti: l’afflusso, nel nostro territorio, di nuove leve della psichiatria (e con esse, forse, di una teoria e una prassi più avanzate) può contribuire a migliorare per tutti noi, cittadini della Valle, un’“offerta” d’attenzione per la salute mentale che non pochi ritengono non abbastanza adeguata alla “domanda” sia dal punto di vista della quantità sia, e soprattutto, dal punto di vista scientifico e terapeutico? Oppure la “cultura” alla base dell’idea stessa di “superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari” ― o, quanto meno, dei suoi criteri attuativi ― è così errata ed assurda da non permettere che alcunché di positivo possa mai scaturirne?

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(Domenica 8 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Pietro Ingrao su ScuolAnticoli

(Lunedì 30 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Stephen King’s Remortal...

Sempre più ossessionato dalla morte (altrui), Stephen King “risponde” alle critiche di ScuolAnticoli (La morte e Stephen King, 29 giugno 2013) con un romanzo ispirato a Il grande dio Pan di Arthur Machen (Stephen King, Revival, traduzione di Giovanni Arduino, Sperling e Kupfer, 2015) e a Howard Phillips Lovecraft (Non è morto ciò che in eterno può attendere, e con il passare di strane ere anche la morte può morire), in cui la dipartita (altrui) per l’appunto... muore, tramutandosi in un’ipermorte che più mostruosa e spaventevole non si può. E che si abbatte, questa volta, non “solo” sugli umanamente migliori tra i poveri personaggi della vicenda, ma (heideggerianamente?) sull’intera Umanità. Particolare curioso, King crede di offrirci una sorta di “risarcimento” per averci imprigionati tutti in Revival (come se ognuno di noi fosse una creazione della sua fantasia) suggerendo che un Aldilà così orripilante (se dimostrato o, quanto meno, da tutti accettato) segnerebbe la fine di ogni forma di religione. Un abbaglio madornale: non esistono Aldilà più brutti di altri, né tanto meno ne esistono di fatali per la fede, perché un Aldilà (qualsiasi Aldilà) non può che essere mostruosamente disumano. Non per chi vi si trova (dato che, ovviamente, non vi si trova alcuno) ma per i vivi. E perché le Chiese, sul terrore che ogni Aldilà ispira, ci campano alla grande: l’hanno inventata loro, la paura come strumento di dominio. Spiace, dunque, vedere uno scrittore come King, che in passatio ebbe momenti di ben altra levatura, farsi anch’egli strumento del remortal religioso in corso sul pianeta Terra.

(Post scriptum: detto ciò, intendiamoci, Revival resta comunque un romanzo dal quale è impossibile staccarsi prima dell’ultima riga).

(Venerdì 27 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Venerdì 27 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Per la serie Esilarante Religione - Grandi Scrittori atei e irriverenti che han preso in giro le religioni e i loro ministri...

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Il 18 gennaio 2015, pochi giorni dopo il massacro compiuto da fanatici religiosi malati di mente nella redazione di Charlie Hebdo e la successiva esibizione del pugno di papa Bergoglio contro chi offende la religione, il quotidiano La Repubblica ha avuto il coraggio di pubblicare le seguenti parole del suo fondatore, l’ex giovane fascista Eugenio Scalfari: Il pugno dovrebbe essere ― credo io ― una norma che vieti e punisca chi si prende gioco delle religioni. Puoi criticarle, certamente, ma non insultarle. Questo è il pugno. Voltaire non sarebbe daccordo, ma non possiamo chiedere a Francesco di esser volterriano. Disgraziatamente, lo Scalfari si è dimenticato di stabilire dove passi, esattamente, il confine tra critica e insulto, nonché ― e questo è, se possibile, ancor più spiacevole ― chi altri potrebbe farlo se non, a loro esclusivo piacimento, i cosiddetti “offesi”, dal momento che i cosiddetti “offensori”, non sentendo la cosiddetta “offesa”, di quale aiuto potrebbero essere nel determinare tale confine? Ma niente paura, egregio dottor Scalfari: c’è qui ScuolAnticoli, Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca che, per soccorrerla in una così ardua opera di discernimento, pubblicherà le pagine più “offensive” che è riuscita a reperire nelle opere di alcuni grandi scrittori. Dopo Il buon soldato Sc’vèik, di Jaroslav Hašek, si continua con alcuni capitoli de Il circolo Pickwick, di Charles Dickens, nei quali, come avranno modo di constatare fin dalle prime righe l’egregio dottor Scalfari e tutti i “figli di... mamma religione” del suo stampo, il confine tra critica e insulto è così sottile che passerebbe entro la cruna del più minuscolo degli aghi senza neppure sfiorarla. Che ne dite, egregio dottor Scalfari e “fratelli” vari, sarà il caso di “vietare e punire” anche Il circolo Pickwick?... Come?... La domanda è troppo difficile? Può darsi, ma... altrimenti che compito a casa sarebbe?

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(Lunedì 24 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Lunedì 23 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Venerdì 20 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Ormai lo dicono perfino i Tedeschi...

(Domenica 22 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Una copertina di sessant’anni fa

Nel 1955 le Edizioni Giuseppe Malipiero di Bologna “ridussero” per bambini Le avventure di Tom Sawyer di Mark Twain: centocinquanta pagine mal tradotte e sciattamente tagliuzzate che a paragone di una buona traduzione attuale non inducono che disappunto, allidea che in quegli anni si potesse proporre un capolavoro ai giovanissimi scempiandolo a quel modo. Ma nel 1959, quando le lessi io, avevo solo otto anni e ne fui ammaliato: la ribellione di quel mio coetaneo al conformismo venato di disprezzo che gli adulti pretendevano di imporgli, le drammatiche vicende a cui tale rifiuto lo esponeva, e soprattutto la sua “inconsapevole consapevolezza” che solo lamore per la piccola Becky, tanto infantile quanto appassionato, gli avrebbe permesso di ribellarsi senza distruggersi, benché di tutto questo non mi rendessi conto in alcun modo, divennero parte di me e lo rimasero per sempre. Tuttavia, ciò che allora mi fece “capire” Le avventure di Tom Sawyer a dispetto della pochezza di quella “riduzione” furono, lo capisco solo oggi, soprattutte le bellissime immagini ― le “figure” ― che la illustravano e, in particolare, la copertina che vedete qui sopra. Erano di un artista di Bologna, Alberto Abbati (1923-2011), a cui l’edizione bolognese de l’Unità del 30 agosto 2011 ha dedicato queste parole: Il maestro Alberto Abbati è scomparso. I famigliari ne danno annuncio a esequie avvenute. Pittore e artista eclettico, nato a Faenza nel 1923, Abbati frequentò nella città natale l’Istituto di Ceramica. Arrivato giovanissimo a Bologna, studiò all’Accademia d’Arte avendo come maestri, fra gli altri, Giorgio Morandi per l’incisione e Virgilio Guidi per la pittura. Il suo talento per la figura lo portò a percorrere, in un primo periodo, un realismo permeato di poesia e di forza espressiva. Gli anni successivi lo videro impegnato nella progettazione di case di amici, nell’illustrazione per l’editoria e nella grafica pubblicitaria. Era il mestiere che gli permetteva di coltivare la libertà nella pittura. Che intanto si evolveva, giungendo a all’astrattismo attraverso una continua ricerca dell’armonia. Come si vede, dice un suo amico e compagno d’arte, lo scultore Gilbert Kruft, «in tutte le sue opere, che partono dal disordine per trasformarsi in ordine». Uomo affabile ma schivo, Abbati ha lavorato fino agli ultimi giorni nella pace della sua casa in campagna, dove ha vissuto circondato dagli affetti famigliari, dagli amici di sempre, dagli amati animali. Le ultime realizzazioni, dagli anni ’80 a oggi (come l’Infinito, che è tra le sue opere più significative) esprimono la sua tensione verso i temi esistenziali. Una lunga, complessa vicenda di vita, ricca di emozioni e mai banale.

(Mercoledì 18 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Alessandro Pace, docente emerito di Diritto costituzionale, 13 febbraio: “A me non piace parlare di deriva autoritaria: crea confusione con il regime di Pinochet o dei colonnelli greci. Più semplicemente, dico che quella di Renzi sarebbe una svolta pericolosa perché elimina i contro-poteri, che non sono le autorità indipendenti, i magistrati o la Commissione europea. Sono i contro-poteri politici esterni, come il Senato elettivo, e i contro-poteri politici interni, cioè i poteri parlamentari delle minoranze. Vi sarebbe, invece, il Partito della Nazione? Ebbene: più che di Pinochet, ho paura che la Camera possa assomigliare alla Fattoria degli animali di George Orwell”.

Stefano Rodotà, docente emerito di Diritto civile, 10 marzo: “Si inizia ad avere la consapevolezza di ciò che sta accadendo: molti tra chi diceva non esageriamo, non è una svolta autoritaria cambiano idea. Si parla di un’Italia a rischio democratura, di tendenze plebiscitarie, di deperimento del sistema dei controlli. Se ne sono accorti un po’ tardi. [...] Ci sarà un accentramento dei poteri nella mani dell’esecutivo e insieme una depressione di ogni forma di controllo. Non dimentichiamo mai che questa riforma del Senato è accompagnata da una proposta di legge elettorale che costruisce una maggioranza artificiale nella Camera, che diventerà un luogo di ratifica delle decisioni del governo. [...] Se il controllo parlamentare avrà le caratteristiche derivate dal combinato disposto di riforme e Italicum, il Parlamento non sarà altro che la prosecuzione del governo”.

Massimo Villone, costituzionalista, 12 marzo: “Credo che tre legislature di Porcellum abbiano spezzato le gambe al Parlamento. Non si può sopravvivere a un tale inquinamento ― fatto di conformismo, opportunismo, fedeltà a capi e capetti ― mantenendo un’istituzione vitale. [...] Questo è un Parlamento snervato: come un malato terminale che non ha più la forza di alzarsi dal letto. [...] Non c’è forma repubblicana se non c’è una partecipazione democratica reale, se non c’è rispetto sostanziale dei diritti fondamentali. Se venissero ridotti i caratteri essenziali del sistema democratico, del rapporto tra governanti e governati, si andrebbe a toccare un elemento sostanziale della democrazia. Ed è quello che intendono i costituzionalisti che richiamano la prospettiva di una svolta autoritaria [...]. Il referendum sulla riforma sarà tale solo nell’etichetta: il contenuto vero sarà un plebiscito pro o contro Renzi. [...] Non sarà più la Costituzione della Repubblica: sarà la costituzione del Pd con escrescenze, una costituzione di minoranza”.

Lorenza Carlassare, docente emerita di Diritto costituzionale, 13 marzo: “Una repubblica democratica non può avere un Senato non elettivo che esercita funzioni costituzionali! Se uniamo questa riforma alla eliminazione delle province (che in realtà ci sono ancora, ma senza alcun organo eletto dal popolo) e ad una legge elettorale dove l’esito del voto è completamente alterato, si vede bene che il popolo è considerato, anziché il sovrano, un fastidio da tacitare. [...] La famosa legge truffa del 1953 [...] era più democratica dell’Italicum, perché il premio di maggioranza veniva attribuito alla coalizione che otteneva il 50%, ossia a chi la maggioranza l’aveva già. E poi, se nessuno raggiungeva quella soglia, il premio non scattava; e infatti non scattò! Nell’Italicum, invece, che ricorda la mussoliniana legge Acerbo del 1923, se nessuno raggiunge il 40%, il premio viene comunque attribuito dopo il ballottaggio tra le due liste più votate, qualunque sia la percentuale ottenuta! Si prende tutto anche con un seguito popolare assai modesto: una minoranza governa indisturbata”.

(Venerdì 13 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Domenica 8 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Domenica 15 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Alessandro Pace, docente emerito di Diritto costituzionale, 13 febbraio: “A me non piace parlare di deriva autoritaria: crea confusione con il regime di Pinochet o dei colonnelli greci. Più semplicemente, dico che quella di Renzi sarebbe una svolta pericolosa perché elimina i contro-poteri, che non sono le autorità indipendenti, i magistrati o la Commissione europea. Sono i contro-poteri politici esterni, come il Senato elettivo, e i contro-poteri politici interni, cioè i poteri parlamentari delle minoranze. Vi sarebbe, invece, il Partito della Nazione? Ebbene: più che di Pinochet, ho paura che la Camera possa assomigliare alla Fattoria degli animali di George Orwell”.

Stefano Rodotà, docente emerito di Diritto civile, 10 marzo: “Si comincia ad avere la consapevolezza di ciò che sta accadendo: molti tra quelli che dicevano non esageriamo, non si dica svolta autoritaria stanno cambiando idea. Si parla di un’Italia a rischio democratura, di tendenze plebiscitarie, di deperimento del sistema dei controlli. Se ne sono accorti un po’ tardi. [...] Ci sarà un accentramento dei poteri nella mani dell’esecutivo e insieme una depressione di ogni forma di controllo. Non dimentichiamo mai che questa riforma del Senato è accompagnata da una proposta di legge elettorale che costruisce una maggioranza artificiale nella Camera, che diventerà un luogo di ratifica delle decisioni del governo. [...] Se il controllo parlamentare avrà le caratteristiche derivate dal combinato disposto di riforme e Italicum, il Parlamento non sarà altro che la prosecuzione del governo”.

Massimo Villone, costituzionalista, 12 marzo: “Credo che tre legislature di Porcellum abbiano spezzato le gambe al Parlamento. Non si può sopravvivere a un inquinamento di quel tipo ― fatto di conformismo, opportunismo, fedeltà a capi e capetti ― mantenendo un’istituzione vitale. [...] Questo è un Parlamento snervato: come un malato terminale che nemmeno ha più la forza di alzarsi dal letto. [...] Non c’è forma repubblicana se non c’è una partecipazione democratica reale, se non c’è rispetto sostanziale dei diritti fondamentali. Quando venissero ridotti i caratteri essenziali del sistema democratico, del rapporto tra governanti e governati, allora si andrebbe a toccare un elemento sostanziale della democrazia. Ed è quello che intendono i costituzionalisti che richiamano la prospettiva di una svolta autoritaria [...]. E il referendum sulla riforma sarà tale solo nell’etichetta: il contenuto vero sarà un plebiscito pro o contro Renzi. [...] Non sarà più la Costituzione della Repubblica: sarà la costituzione del Pd con escrescenze, una costituzione di minoranza.”

Lorenza Carlassare, docente emerita di Diritto costituzionale, 13 marzo: “Una repubblica democratica non può avere un Senato non elettivo che esercita funzioni costituzionali! Se uniamo questa riforma alla eliminazione delle province (che in realtà ci sono ancora, ma senza alcun organo eletto dal popolo) e ad una legge elettorale dove l’esito del voto è completamente alterato, si vede bene che il popolo è considerato, anziché il sovrano, un fastidio da tacitare. [...] La famosa legge truffa del 1953 [...] era più democratica dell’Italicum, perché il premio di maggioranza veniva attribuito alla coalizione che otteneva il 50%, ossia a chi la maggioranza l’aveva già. E poi, se nessuno raggiungeva quella soglia, il premio non scattava; e infatti non scattò! Nell’Italicum, invece, che ricorda la mussoliniana legge Acerbo del 1923, se nessuno raggiunge il 40%, il premio viene comunque attribuito dopo il ballottaggio tra le due liste più votate, qualunque sia la percentuale ottenuta! Si prende tutto anche con un seguito popolare assai modesto: una minoranza governa indisturbata”.

(Nota. Questa drammatica rassegna delle valutazioni dei costituzionalisti continuerà nei prossimi giorni, sempre sotto questa immagine: torna a trovarci).

(Venerdì 13 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Venerdì 13 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Siamo liberi o no?

(Illustrazione di Noah Hutton)

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Ennesima “ripresa” (su le Scienze di marzo, pp 58-61) della millenaria discussione sull’esistenza o meno del “libero arbitrio”. Rinfocolata, negli ultimi anni, dai non pochi esperimenti neuroscientifici che hanno dimostrato che le nostre decisioni coscienti (cioè la nostra consapevolezza di decidere) sono precedute da attività cerebrali inconsce e sarebbero, perciò, “predeterminate”. Da qui a concludere che il “libero arbitrio” non esiste, poiché noi, mentre crediamo di decidere, staremmo in realtà “ubbidendo al nostro cervello”, il passo, per alcuni, è stato breve. Al punto che John-Dylan Haynes, del Bernstein Center for Computational Neuroscience di Berlino e capofila degli “anti-liberisti” (se così possiamo chiamarli) ha dichiarato al New Scientist: “Sembra che a prendere le decisioni sia il cervello prima della persona”.

Confesso di non capire (o, meno modestamente, di capire forse più dell’egregio professor Haynes). Perché mai, mi chiedo, il fatto che i nostri comportamenti sono da noi decisi prima che ne diventiamo consapevoli dovrebbe indurci a pensare che non siamo liberi? Ciò sarebbe vero soltanto in un caso: se in ognuno di noi albergassero due individui (da una parte il signor Cervello, soprannome politically correct del vecchio signor Spirito o della vetusta signora Anima, e dall’altra il signor Decisore Cosciente) e se si fosse scoperto che il secondo, senza rendersene conto, non può che ubbidire al primo. Ma, ovviamente, non è così: la compresenza per natura di due individui l’un contro l’altro armati in ogni essere umano non è mai stata dimostrata. E “temo” che non lo sarà mai.

Quel che gli esperimenti di cui sopra, caso mai, dimostrano, è tutt’altro (ed è, con buona pace del professor Haynes, ben più interessante della possibilità di riproporre per l’ennesima volta la scissione tra corpo e anima): non che la nostra libertà non esiste, bensì che la nostra libertà non è cosciente ma inconscia. Non razionale, ma irrazionale.

Se, cioè, fino a oggi ho “pensato” (o, per meglio dire, ho religiosamente o ideologicamente creduto) di essere libero mentre ragiono sul da farsi, ora scopro, invece, che io (individuo e indiviso, senza alcuna scissione in “entità” conviventi nel mio corpo) nel momento in cui ragiono ho in realtà già “deciso” inconsciamente. Vale a dire, ho già avviato il comportamento che tra poco manifesterò. Ma sempre libero sono: solo che la mia libertà precede la mia convalida razionale di essa.

Significa forse che il mio pensiero cosciente è del tutto vano? No. Ragionando e discutendo coscientemente io posso ancora ritardare, attenuare o perfino bloccare il comportamento inconsciamente intrapreso. Ma posso farlo, beninteso, se la razionalità è in me così potente da riuscire a tanto. Poiché questo e non altro è la nostra coscienza razionale: un’attività di pensiero che ci è stata insegnata, e addirittura imposta, e che noi abbiamo poi implementato, per indurci a tentare di privarci da noi stessi della libertà. De-liberazione che in alcuni casi è da considerarsi, come estremo rimedio, perfino opportuna (se, per esempio, riesco a bloccarmi un attimo prima di rapinare una banca, certamente agisco in modo encomiabile, anche se per niente risolutivo della mia delinquenza) ma che in tutti gli altri (nei casi in cui poi diciamo: “Avrei fatto meglio a seguire il primo impulso”) si rivela maldestra, fuorviante e dannosa.

Mi si potrebbe obiettare, a questo punto, che la libertà non razionale di cui vado blaterando non esiste, poiché anche le mie “decisioni” inconsce sono determinate dalla mia storia precedente. Ma io ribatterei che la mia storia non è altro che tutte le libere scelte da me inconsciamente compiute dacché sono al mondo: e che, di conseguenza, se adesso non son più libero di non entrare in banca armato di taglierino (e perciò sono “obbligato” a tentar di impedirmelo a forza di ragionamenti più o meno pii) è perché per troppi anni ho liberamente fatto di me, pian pianino, l’individuo poco raccomandabile che sono oggi.

Liberamente? Al tempo. Essendo noi umani una specie sociale, la nostra libertà, in effetti, ha un limite, ma esterno. Voglio dire che nessun umano, quando inconsciamente si avvia in una certa direzione, lo fa da solo, bensìinsieme ad altri: i quali talvolta possono aver creato, intorno a noi e contro di noi, reti di rapporti così deformi, specialmente nei fondamentali anni dell’infanzia, da spingere e mantenere la nostra libertà costantemente sull’orlo di un disumano “buco nero” mostruosamente “attrattivo”.

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(Giovedì 12 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Domenica 8 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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L’insensata idea di reintrodurre le razze nella Costituzione

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Se vi dico che ScuolAnticoli è un sito “senza scopo di lucro”, secondo voi, cosa vi dico: che per ScuolAnticoli lo “scopo di lucro” esiste o non esiste? Se conoscete l’Italiano, risponderete in coro: “Ci dici che, per ScuolAnticoli, lo scopo di lucro non esiste”. E se un bel giorno vi annunciassi che sto per cancellare le parole “senza scopo di lucro” dallo “statuto” di ScuolAnticoli, cosa ne dedurreste? Ne dedurreste, conoscendo l’Italiano, che ScuolAnticoli, da quel momento, potrebbe diventare un sito a scopo di lucro.

Il primo comma dell’articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana, essendo stato scritto da uomini e donne che conoscevano l’Italiano, è chiarissimo e inequivocabile. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” significa che le dette distinzioni, per la Costituzione e per tutte le leggi italiane (che dalla Costituzione non possono derogare) non esistono. Significa, cioè, che per la Costituzione italiana le razze” non ci sono. Giustamente: sulla Terra, infatti, attualmente (e da circa ventimila anni) vi è un’unica razza umana: Homo sapiens.

Che senso ha, dunque, proporre di cancellare dall’articolo 3 della Costituzione le parole senza distinzione di razza”? Ovvio (per chi conosce l’Italiano): lo stesso senso che avrebbe la cancellazione, dallo “statuto” di ScuolAnticoli, delle parole “senza scopo di lucro”: la “distinzione di razza”, per la Costituzione e per le leggi italiane, tornerebbe a essere possibile non appena a chi detiene il potere venisse l’insana voglia di introdurvela.

Se ne rendono conto Gianfranco Biondi e Olga Rickards, autori dell’appello per la cancellazione del termine razza dalla Costituzione, e con essi l’intera Università la Sapienza di Roma, che tale appello ha fatto proprio? Non lo so. Ma spero di no, poiché, qualora se ne rendano conto, qualcuno potrebbe dubitare della loro buona fede.

Certamente se ne rendono conto Giovanni Destro Bisol e Maria Enrica Danubio, che rilanciano l’appello su le Scienze di marzo. Scrivono, infatti: “Si potrebbe ottenere un risultato paradossale: far sembrare che la razza, scomparsa da quell’elenco, possa tornare a essere elemento di discriminazione” (le Scienze 559, marzo 2015, p. 13)...

Non potrebbesembrare, egregie le Scienze: sarebbe proprio così! La “distinzione di razza” cesserebbe di far parte di quelle che per la Costituzione non esistono: vale a dire, tornerebbe a esistere!

Quale la soluzione, secondo Bisol e Danubio e le Scienze? Non, come ci si aspetterebbe, quella di cestinare all’istante l’insana proposta, ma quella di sostituire le quattro chiarissime e inequivocabili parole senza distinzione di razza” con ben 23 (ventitré) parole! Cioè le seguenti: senza distinzione di aspetto fisico e tradizioni culturali, [...]. La Repubblica non riconosce l’esistenza di presunte razze umane e combatte ogni forma di razzismo e xenofobia”. Non vi viene da ridere? Sostituire quattro parole con ben 23 per dire, meno bene, esattamente la stessa cosa?!

Ma sarebbe davvero la stessa cosa? Assolutamente no. Poiché verrebbe creato un pericolosissimo precedente: per la prima volta verrebbero manomessi, sia pure a fin di bene (?), i Principi fondamentali che sono alla base di ogni (residuo) diritto umano degli Italiani. E manomessi da chi? Da un Parlamento che è stato eletto con una legge elettorale che la Suprema Corte ha dichiarato incostituzionale. Da un Parlamento eterodiretto che in queste stesse settimane sta facendo della Costituzione un tale scempio, da indurre perfino un costituzionalista moderato e prudente come Alessandro Pace a temere che il Parlamento stia trasformando sé stesso in un’orwelliana Fattoria degli animali.

Chi, a questo punto, non sarebbe quanto meno “sfiorato” dal dubbio che la cancellazione delle parole “senza distinzione di razza” dall’articolo 3 possa essere un cavallo di Troia? “A pensar male si fa peccato”, diceva quello, ma io che nel peccato non credo mi ritengo autorizzato a farlo e sostengo, novella Cassandra, che la proposta in questione è, per lappunto, un pericolosissimo cavallo di Troia. Indipendentemente dalle intenzioni dei proponenti? Sia pure. Nondimeno mi permetto dinvitarli a rileggersi il fondamentale articolo di Emmanuel Faye su Heidegger pubblicato dal Corriere della sera il 23 febbraio scorso, specialmente là dove l’autore scrive: “Nel 1941, mentre si va precisando la politica nazionalsocialista di costringere con ogni mezzo i dirigenti delle comunità ebraiche a coinvolgersi nell’organizzazione della loro propria distruzione, Heidegger scrive nei Quaderni neri che il genere più alto e l’atto più alto della politica consiste nel manovrare con il nemico per metterlo in una situazione in cui si trova costretto a procedere al proprio autoannientamento”.

La fintissima “sinistra” catto-piddino-renzista che ci governa, egregi ingenuotti dalle pie intenzioni, è da decenni una fan sfegatata di Heidegger: niente di strano, perciò (ma molto di disumano) se, facendo proprio il “consiglio” di quel supremo teorico del nazismo, stia tentando di spingerci ad autoannientarci facendoci, noi per primi, promotori della manomissione dei fondamentali Principi costituzionali che (ancòra) ci difendono.

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(Venerdì 6 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Ma vedi anche qui!

(Giovedì 5 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Il gigante e gli gnomi

Poiché li amava gli parvero giganti, quando ne fecero un reietto. Oggi, benché li ami ancora, vede che sono, invece e forse già erano ― miseri gnomi. E che il solo gigante era, ed è, colui che essi a quel tempo tentarono di far apparire il mandante della loro duplice, meschina vendetta.

(Martedì 3 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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