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Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca

 

L'immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell'artista danese Viggo Rhode (1900-1976). L'ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

La Terra vista da Anticoli Corrado

nel maggio del 2015

 

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(Lunedì 1° giugno 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Lunedì 1° giugno 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Com’è possibile? È tragicamente semplice: nella cosiddetta “scuola” americana, modello della cosiddetta “scuola” piddino-renzista, la libertà d’insegnamento (che la Costituzione della Repubblica italiana sancisce) non esiste più: cosa e come si deve “insegnare” (in realtà, come si devono robotizzare i bambini e i ragazzi) è deciso dalle autorità politiche e applicato, pena il licenziamento, dai dirigenti-caporali di “scuole”-aziende sempre più privatizzate. Chi vuole un insegnamento vero, chi per i figli desidera Scuole vere, deve pagarseli profumatamente (ma viene anch’egli truffato, poiché ben poco di autentico, e perfino di umano, può serbarsi in “docenti” che si rassegnano a “insegnare” in enclaves di privilegio classista). In Italia, fino a settembre prossimo, un insegnante può ancora ribellarsi. Potrebbe ancora dire, se anche qui se ne desse il caso: “No, io insegno a scrivere a mano”. Da settembre prossimo, invece, dovrà sottomettersi, o rischiare il posto.

(Sabato 30 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Mercoledì 27 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Chi distrugge nei ragazzi la speranza nella Scuola?

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Le scuole di Baltimora tolgono la speranza è il titolo di un articolo di D. Watkins apparso in origine sulla rivista inglese Aeon e pubblicato in Italia su Internazionale dell’8 maggio 2015.

Ve lo racconterò fra poco, ma prima vorrei parlarvi della situazione in un Paese, l’Italia, che da tempo si “ispira” agli Stati Uniti per conseguire il medesimo scopo che laggiù è stato ormai raggiunto: lo scempio della Scuola pubblica statale, cioè della Scuola di tutti i cittadini, e la trasformazione di quel che ne rimane in un ghetto per le figlie e i figli delle famiglie più disagiate.

Con i risultati che l’immagine qui sopra orribilmente prefigura.

La prima domanda è: anche la Scuola italiana, violentata da vent’anni di berlu-renzismo agli ordini delle tirannie finanziarie globali, sta togliendo la speranza?

Risposta: la Scuola italiana cerca ancora di resistere, ma la mostruosa deforma (mi rifiuto, infatti, di chiamarla riforma) cosiddetta della “buona Scuola” le darà il colpo di grazia: i nostri istituti stanno già diventando più poveri, più disperati, più violenti, e la deforma Renzi-Giannini accentuerà e accelererà questo processo fino al parossismo, all’agonia e alla morte.

Seconda domanda: cosa c’entrano la disperazione e la violenza con la deforma Renzi-Giannini? La causa di esse non è piuttosto da cercare nei ragazzi stessi e nelle loro famiglie?

So che lo pensano in parecchi, e tra loro non pochi insegnanti. Il ritornello: “I ragazzi peggiorano di anno in anno” è purtroppo molto diffuso nelle Scuole. Ma... è profondamente sbagliato. La colpa non è dei ragazzi, e nemmeno delle famiglie. La colpa è di chi, da più parti, descrive noi insegnanti in modo che rispettarci sia sempre più difficile. E di chi, al contempo, riduce noi insegnanti in condizioni tali, che per molti è sempre più difficile non assomigliare, volenti o nolenti, a tale descrizione.

Come rispettare un individuo accusato di rovinare i ragazzi? O, quanto meno, di muoversi nei loro confronti in maniera più o meno inadeguata? Anche per il più saggio degli adulti sarebbe assai difficile non diffidare di un insegnante su cui gravi un simile sospetto: figuriamoci per gli alunni!

Terza domanda: chi scredita gli insegnanti, e perché lo fa?

Il discredito degli insegnanti non è cominciato con l’esiguità degli stipendi. Che li scredita, sì, ma c’è sempre stata ― è disprezzo antico ― e dunque non è ascrivibile al perverso disegno in corso d’attuazione. No, il discredito è cominciato quando, per la prima volta nella Storia del nostro Paese, di un’intera categoria di lavoratori ― gli insegnanti, appunto ― una campagna politico-mediatica capillare, così pervasiva da incidere sull’immaginario e sull’autostima degli insegnanti stessi, ha iniziato a chiedere a gran voce la pubblica valutazione. Il discredito, cioè, è cominciato quando contro tutti gli insegnanti si è iniziato a chiedere un pubblico processo. Soltanto contro gli insegnanti.

Nessuno chiede che siano “valutati” (processati) i medici, o i poliziotti e i carabinieri, o i conducenti1, dai quali dipendono le vite di noi tutti. Nessuno chiede che siano “valutati” (processati) i padri e le madri, le cui figlie e figli, benché nascano perfettamente umani, al raggiungimento della maggiore età lo sono talvolta un po’ meno, o addirittura non lo sono quasi più.

No: gli unici da “valutare” (processare) sono gli insegnanti.

Ripeto: contro gli insegnanti è stata lanciata (da tutti meno che dai magistrati inquirenti, che invece sono i soli titolari del diritto-dovere di incriminare) una pubblica accusa infamante: “anziché formare, deformano”. E sulla base di tale accusa è iniziato un pubblico processo che stravolge le basi stesse del diritto, poiché in esso sono gli insegnanti, cioè gli imputati, a dover fornire le prove della propria innocenza, e non gli accusatori a dover dimostrarne la colpevolezza.

Nelle famiglie italiane, e nei loro figli, questa campagna denigratoria, criminalizzante, ha insinuato e insinua il tremendo, desolante sospetto che tutti gli esami, i concorsi e le abilitazioni sostenuti e conseguiti dagli insegnanti siano fasulli, e i corrispondenti titoli rubati. E poi ci si meraviglia che i bambini e i ragazzi non riescano più a rispettare i maestri e i professori, li guardino con diffidenza e cerchino perfino di non ascoltarli? Chi di noi si comporterebbe diversamente? Chi di noi entrerebbe fiducioso in un ospedale, per esempio, se da anni sentisse ovunque ripetere che i medici devono essere pubblicamente valutati (processati) per stabilire con precisione chi di essi merita e chi demerita? No, i bambini e i ragazzi son le prime vittime, insieme agli insegnanti, della campagna diffamatoria in atto: cosa accadrebbe nelle case italiane, i figli come guarderebbero i genitori, se interi governi, Parlamenti, media e “intellettuali” da strapazzo li convincessero che i loro padri e madri non sono all’altezza di esserlo? Come si sente un bambino quando lo tolgono a genitori indegni? Ebbene, proprio questo è stato fatto agli scolari e studenti italiani: nelle loro giovani menti è stata inculcata l’idea che una parte degli insegnanti siano indegni di esserlo. Una parte così cospicua, che è necessario valutarli (processarli) tutti.

E, ripeto, senza uno straccio di prova.

Ma come, si dirà, e i test somministrati da importanti organizzazioni internazionali, dai quali risulta che gli studenti italiani sono molto meno competenti dei loro compagni del resto del mondo? Non sono prove, quei test? No, non lo sono. O meglio: lo sono, ma provano che in caduta libera sono le competenze di tutti i ragazzi del mondo, e che lo sono, dunque, per colpa delle distruttive deforme della Scuola che in tutto il mondo vengono messe in atto. Solo che (attenzione!) nessun organo di stampa o televisivo (tranne, in Italia, la rivista Internazionale2) ha spiegato ai lettori e ai telespettatori che i 296 punti ottenuti in quei test dagli studenti giapponesi (primi in classifica) e i 250 ottenuti dagli italiani (ventitreesimi) equivalgono, rispettivamente, a un 5,9 e a un 5. E non l’hanno spiegato per un solo motivo: poiché il loro scopo era quello di screditare bugiardamente gli insegnanti italiani, non di dire la verità che le deforme scolastiche stanno danneggiando la Scuola ovunque.

A ciò si sono aggiunte le cosiddette prove Invalsi, il cui vero scopo è quello di insinuare nelle famiglie italiane e nei loro figli il sospetto che gli insegnanti siano così incapaci e/o disonesti da non valutare correttamente i risultati conseguiti dagli scolari e dagli studenti; che i loro voti siano, perciò, tutti “campati in aria”; e che la valutazione debba quindi essere affidata ad altri: a gente seria e competente, ma che si guarda bene, chissà perché, dal lasciarsi a sua volta valutare.

E alle prove Invalsi si sono aggiunti i dirigenti scolastici, una parte dei quali, da subornati o da conniventi, rischiano ormai di tramutarsi in svalutatori sistematici degli insegnanti: in addetti, cioè, a incoraggiare e assecondare la diffidenza delle famiglie e dei loro figli insinuando che sì, è vero, gli insegnanti sono incompetenti, e/o troppo severi, e/o troppo “conflittuali”; e che, pertanto, li si deve “mettere in riga”; e che a “metterli in riga” ci penseranno loro, i “presidi-sceriffi” del duo Renzi-Giannini.

E alla campagna per valutare (processare) gli insegnanti, alle prove Invalsi e al “caporalismo” di certi dirigenti si aggiungono, purtroppo, tutti quegli insegnanti che, identificandosi con gli aggressori, cominciano ormai a disprezzarsi da sé, e ad agire contro sé stessi collaborando alla campagna di discredito e, soprattutto, lasciando intravedere da mille piccoli segni (che ai bambini e ai ragazzi non sfuggono, poiché a loro non sfugge niente) che essi stessi si ritengono incompetenti e/o disonesti.

Come meravigliarsi, ripeto, che in queste condizioni molti bambini e ragazzi italiani, spalleggiati da certi genitori, non riescano più a rispettare gli insegnanti? Colpa loro? No: colpa di chi ha fatto e fa di tutto per togliere loro la speranza di incontrare nelle Scuole insegnanti validi.

Ho risposto, così, alla prima parte della Terza domanda: chi scredita gli insegnanti italiani, mettendo i bambini e i ragazzi e i genitori contro di essi, sono i governi e i loro sgherri.

Ma perché lo fanno?

La risposta è: Baltimora. Lo fanno perché vogliono che le nostre Scuole (come quelle americane e di tutti i Paesi in cui la media degli studenti non ottiene ormai più del 5,9 nei test internazionali) si dividano in Scuole “di serie A” (sempre più finanziate dai privati, aziende o famiglie, e perciò sempre meno accessibili a chi non è figlio di “finanziatori”) e in “scuole” “di serie B”, abbandonate dapprima all’incuria e all’avarizia governative e, poi, a sé stesse. Lo fanno per derubare la Scuola pubblica, la Scuola di tutti, la Scuola che chiamavamo statale finché lo Stato non cadde nelle grinfie dell’antiStato, come hanno già derubato la nostra Sanità, le nostre Forze dell’ordine, i nostri Trasporti, il nostro Ambiente, la nostra Cultura, le nostre Case, le nostre Aziende, la nostra Acqua e, tra poco, anche la nostra Aria.

Ed ecco, allora, come son ridotte le povere “scuole” “pubbliche” di Baltimora e di tutti gli Stati Uniti (e come si vuole ridurre le nostre) da quando i loro insegnanti vengono pubblicamente screditati, umiliati, valutati (processati) e resi facilmente licenziabili dall’antiStato e dai suoi sgherri mercenari. E da quando le famiglie e i loro figli, purtroppo, dall’antiStato e dai suoi sgherri si lasciano ingannare3...

 

[...] Tutti sanno quanto sono violente le scuole medie di Baltimora. Tempo fa ho parlato con Stacey Cook, un’ex insegnante della scuola elementare e media James McHenry, nella zona sud della città. Cook mi ha raccontato che l’anno scorso ci sono state diverse sparatorie davanti all’istituto durante le lezioni: “Un giorno l’insegnante di educazione fisica si è quasi trovato sotto il fuoco incrociato. Temendo per la sua vita, ha suonato il campanello e ha implorato di lasciarlo entrare. Ma il preside ha aspettato che la sparatoria finisse, spiegando che non c’era nient’altro da fare. L’insegnante di educazione fisica, io e molti altri ce ne siamo andati alla fine dell’anno”.

[...] Un lunedì mattina abbiamo parcheggiato davanti all’istituto. L’edificio era immerso in una graziosa zona alberata e da fuori sembrava pulito. Appena entrati ci siamo ritrovati in uno stretto corridoio. Tre guardie con divise troppo strette per il loro fisico robusto ostruivano il passaggio. Sembravano secondini. Il metal detector installato all’ingresso era fuori uso; così, come succede nelle prigioni, una delle guardie ci ha perquisito con uno scanner portatile mentre un’altra controllava le nostre credenziali. Superato l’esame, ci siamo diretti verso l’ufficio della preside, al primo piano in fondo al corridoio.

Le scale puzzavano di preservativi usati e di piscio di topo. Residui di canne, fluidi non meglio identificati e carte di caramella ricoprivano il pavimento. Scavalcando i rifiuti abbiamo raggiunto l’ufficio.

[...] Se l’ingresso della scuola sembrava un carcere, il secondo piano, quello frequentato da mio nipote, somigliava a un ospedale psichiatrico. C’erano studenti che correvano nei corridoi, banchi che volavano, una scia di fogli con o senza voti sparpagliati dappertutto, scene di lotta che venivano riprese con i cellulari, musica rap a tutto volume, ragazzini che giocavano a carte e che interagivano fra di loro a suon di parolacce, e il tutto era avvolto dalla stessa puzza rivoltante. Il tanfo era così forte che riuscivo a sentirlo in tutto il corpo, e ho cominciato a sperare che non mi restasse attaccato ai vestiti.

[...] Uno degli obiettivi principali della nostra visita era liberare mio nipote dal supplente e farlo tornare dalla sua vera insegnante, che però quel giorno non c’era: in seguito siamo venuti a sapere che era stata presa a calci e a pugni da un gruppo di ragazzine di terza media inferocite perché i loro cellulari erano stati confiscati.

È difficile ricevere una buona istruzione in un contesto simile. Neanche il più bravo insegnante potrebbe fare un lavoro efficace. Durante la mia visita ho notato che i computer erano vecchi, che i libri di testo erano rovinati e che nelle aule non c’erano più di dieci gradi: anche se c’erano almeno trenta ragazzi che trasudavano pubertà da tutti i pori, faceva comunque un gran freddo. Come si fa a seguire le lezioni con un freddo così? Com’è possibile che in un’importante città degli Stati Uniti del 2014 le aule non siano riscaldate? Perché l’ufficio centrale era grazioso e accogliente mentre le aule erano dei congelatori?

[...] Oggi mio nipote riceve un’istruzione migliore, ma quanto durerà? Nel 2015 a Baltimora probabilmente chiuderanno altre scuole perché Larry Hogan, governatore del Maryland, ha proposto di ridurre di 35 milioni di dollari le spese per le scuole pubbliche della città. Ma il problema non riguarda solo Baltimora. A Filadelfia, per esempio, ci sono scuole che ospitano fino a cinquanta studenti per classe e sono piene di topi.

Spesso sento qualcuno lamentarsi del fatto che le nostre scuole sono in rovina. Ma è proprio così? Le nostre scuole sono in rovina oppure il sistema funziona esattamente come vogliono le persone che lo hanno creato? Negli anni in cui ho seguito i corsi di Scienze dell’educazione della Johns Hopkins ho studiato la teoria della riproduzione sociale elaborata dal sociologo Christopher Dobb. Secondo questa teoria il capitalismo, per conservarsi, ha bisogno di produrre un certo numero di lavoratori a salario minimo e di detenuti, e ciò richiede la creazione di strutture che riproducano questo meccanismo. [...] Il sistema tende a produrre le persone che servono per i posti di lavoro che saranno disponibili. Sentiamo spesso discorsi sulla necessità di insegnare il pensiero critico perché i lavori del futuro si troveranno nel campo delle scienze, della tecnologia, dell’ingegneria, della matematica e dell’informatica. Ma in realtà in futuro una quantità enorme di posti di lavoro sarà nei fast food, nelle industrie dei servizi e in molti altri settori dove lo spirito critico non è richiesto. Non voglio dire che questo meccanismo sia stato pianificato a tavolino, ma trovo interessante che continuiamo a produrre masse di persone adatte a lavori umili e che, in genere, quelle masse di persone provengono da questo sistema scolastico.

 

Pensiamoci bene, dirigenti scolastici, colleghi insegnanti, genitori, ragazzi, concittadini: chi è che ci toglie la speranza? La Scuola? O quelli che riducono la Scuola in condizioni simili? E quelli, talvolta in ruoli dirigenziali entro la Scuola stessa, che accettano di far loro da collaborazionisti? Gli insegnanti? O quelli che, screditandoli, riempiono le menti e i cuori di preconcetta sfiducia nei loro confronti? Le famiglie e i ragazzi che cadono nella sfiducia e, disperando, impazziscono? O quelli che, fingendo di accarezzarli e blandirli, li deludono, li riempiono d’odio e li abbandonano?

(lunedì 25 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com)


[1] Non parliamo dei politici, che con due deforme elettorali, una delle quali già giudicata incostituzionale dalla Suprema Corte, si sono messi al riparo dalla valutazione degli elettori.

[2] Il brano che segue è un estratto da L’Italia è il Paese più ignorante del mondo? Balle!, di Luigi Scialanca, 23 ottobre 2013:

<No, l’Italia non è il Paese più ignorante del mondo. E per capirlo basta quel poco di numeracy (capacità di comprendere e risolvere problemi matematici) che occorre per non sbagliare una moltiplicazione e una divisione. Vediamo perché.

Sulla rivista Internazionale (n°1022 del 18/24 ottobre 2013, p. 17) si legge che il punteggio massimo ottenibile dai Paesi esaminati era 500. Nella scala 0-10 dei voti scolastici italiani, 500 corrisponde dunque a 10, 450 a 9, 400 a 8, 350 a 7, 300 a 6, ecc.

I 246 punti dell’Italia in numeracy e i 250 in literacy (lettura, comprensione e scrittura di testi) equivalgono pertanto a un 5 tondo tondo. E i 288/296 del Giappone, “glorioso” primo in classifica? Udite udite: a 5,9!

Cosa diremmo di una classe di 24 alunni, se nessuno di loro avesse ottenuto la sufficienza? Penso che tutti la definiremmo mediocre. E se il “somarello” che ha 5,9 si permettesse di prendere in giro il “somarello” che ha preso 5? Ognuno di noi gli farebbe notare che ha ben poco di cui vantarsi.

Invece no: tutti a puntare il dito contro l’Italia come se solo l’Italia fosse insufficiente. Peggio: tutti a puntare il dito contro la Scuola italiana come se fossimo noi insegnanti i colpevoli dell’ignoranza dell’intero pianeta!

Sentite Tullio De Mauro (che è uno dei più moderati) nell’articolo da lui scritto per quel numero di Internazionale: “I risultati italiani sono pessimi: ultimo posto in alfabetizzazione e penultimo in numeracy”. Pessimi?! Pessimo il nostro 5 dinanzi al 5,9 del Giappone, al 5,44 del Regno Unito, al 5,4 degli Usa, al 5, 24 della Francia? Ma non diciamo sciocchezze! Mediocre (non pessimo) è il risultato complessivo di tutti e 24 i Paesi esaminati. Tra i quali l’Italia sta forse perfino meglio di altri (e con l’Italia la sua Scuola) se è vero, come De Mauro stesso fa notare, che essa è arrivata ultima alla scolarizzazione di massa, e che i suoi indici di scolarità, ancora fino agli anni ’60, erano “da Paese sottosviluppato”>.

[3] Brani tratti da La scuole di Baltimora tolgono la speranza, di D. Watkins, apparso in origine sulla rivista inglese Aeon e pubblicato in Italia su Internazionale dell’8 maggio 2015, pp 52 – 56.

 

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(Il titolo in basso a destra è de Il Corriere della sera del 23 maggio 2015)

(Sabato 23 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Venerdì 22 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Il Pd sta cancellando il Suffragio universale

Non votare significa tornare volontariamente allepoca in cui votavano solo i ricchi, e solo se maschi. Gli uomini, cioè, che avevano un preciso (e violento) interesse a conservare il sistema vigente. Oggi, in Italia, il peggior nemico del Suffragio universale è il Partito (cosiddetto) democratico, o Pd, un nemico tanto più pericoloso quanto più subdolo, sfuggente e pretesco, nel suo smielato e fasullo eloquio politically correct. Rendiamoci conto di ciò che accade: in Italia (e in Europa) siamo ormai allultima spiaggia: la difesa del diritto di voto, smantellato dal potere, cioè dal Pd renzista, attraverso limpalpabile, tetro scoraggiamento che tale partito diffonde tra i cittadini non ricchi umiliandoli con ogni mezzo, dalle leggi liberticide giù giù fino alle facce da schiaffi dei Renzi e delle Boschi.

(Nell’immagine, le suffragette Annie Kenney (1879-1953) e Christabel Harriette Pankhurst (1880-1958).

(Giovedì 21 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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E se dal giorno in cui veniamo al mondo, anno dopo anno, con una serie di riti si tenti di confondere, in ognuno di noi, l’esperienza umana della vita?

Se con un primo rito si cerchi di mistificare, nei nostri genitori e un domani in noi, il significato umano delle nostre nascite?

Se più in là, con un secondo rito, si tenti dingannarci sul rapporto umano convincendoci che esso è sacrificio disumano di sé e dell’altro?

Se quindi, con un terzo rito, si cerchi di confonderci sullumana ricerca di ognuno di noi sulla propria storia riducendola a un’interminabile sequela di ammissioni e cancellazioni di colpe?

Se in seguito, con un quarto rito, si tenti di cancellare, in ognuno di noi, il senso del fondamentale momento del passaggio dall’infanzia all’adolescenza, e con esso il rapporto umano della donna con l’uomo e dell’uomo con la donna?

Se poi, con un quinto rito, si cerchi di devastare, in ognuno di noi, lumanità dell’amore, con le sue gioie e le sue sofferenze, raggelandola in un dogmatico dovere verso la divinità?

E se infine, con un sesto rito, si tenti di falsificare il significato umano della morte spacciandola per una nascita? E alterando, così, il senso dell’intera vita?

Sarebbe mostruoso, vero?

Ebbene, dipende solo da noi che così non sia. Da ognuno di noi.

(Domenica 17 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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Interessante (quanto deprimente) articolo del New Yorker su Internazionale della settimana scorsa (1101/2015): scopro, leggendolo (e l’interessante è questo) che i “guru” che negli anni ’60, a partire dagli Stati Uniti, magnificarono e diffusero tra i giovani le droghe allucinogene, erano quasi tutti “psichiatri”, psicoanalisti e “psicologi” di formazione religiosa (protestante o cattolica) dediti al misticismo spinto; e che (e questo è il deprimente) l’amministrazione del finto-sinistro Barack Obama sta via via allentando i divieti, imposti agli inizi dei ’70 dal destro Richard Nixon, che misero fine alla libera vendita di tali sostanze e, di conseguenza, agli investimenti pubblici e privati nelle sedicenti “ricerche” su di esse. Ora le “ricerche” riprendono, e una nuova generazione (la vecchia essendo quasi tutta anzi tempo defunta) di “psichiatri”, psicoanalisti e “psicologi” di formazione religiosa torna ad annunciare la “buona novella” della “efficacia terapeutica” degli allucinogeni nei confronti... del dolore cronico?, di qualche patologia incurabile? No. Gli allucinogeni, secondo i neo-psico-mistico-guru, sono un toccasana per la “ostinata” incapacità di alcuni di rassegnarsi a crepare. Facilitano la morte, insomma. Ma non solo.

In che modo, vi domanderete, quelle sostanze accompagnano tranquillizzati al decesso? Semplice: riducendo la “coscienza del corpo” fino a sopprimerla. Rendendo acorporeo il morente. Convincendolo di non essere che “anima” e “avvicinandolo a Dio”. Talvolta, addirittura, fino a farglieLo “incontrare”.

Un “discorso” non diverso, come vedete, da quello degli psico-mistico-guru degli anni ’60, serpi velenose in seno al ’68 che fecero impazzire milioni di ragazze e di ragazzi di tutto il pianeta convincendoli che le droghe (meglio se corroborate da “salvifiche” immersioni annullanti nel misticismo orientale) li avrebbero “liberati” dalle pastoie della “razionalità occidentale” e, con essa, dalla cultura e dagli stili di vita dominanti, dal lavoro, dalla famiglia, dall’aggressività e dalle “cattive vibrazioni” proprie e altrui, permettendo loro di “lasciarsi andare” e di godere a pieno, all’insegna del “tutto è permesso”, di qualsiasi “esperienza” avessero fino a quel momento evitato sentendola ripugnante e pericolosa.

Gli allucinogeni e il misticismo, in realtà, non li “liberarono” che da sé stessi, dalla propria storia, dai rapporti, dagli affetti e perfino dalle sensazioni, riducendoli a larve umane a cui poteva ormai accadere ed esser fatto di tutto ― e tutto effettivamente accadde e fu fatto loro ― mentre nella più totale disperazione (ma con un eterno, benevolo, fatuo sorriso sulle labbra) continuavano lentamente o rapidamente a distruggersi consegnandosi, appunto, a ogni sorta di “esperienze” pur d’illudersi di sentire ancora qualcosa, qualsiasi cosa, anche la più mostruosa, o almeno di essere ancora vivi.

È ovvio che la storiella dell’efficacia terapeutica degli allucinogeni nel “facilitare la morte” non è che una “testa d’ariete”: ciò che preme ai neo-psico-mistico-guru è allentare i divieti, poter chiedere e ottenere cospicui finanziamenti e intonare di nuovo la “canzone” di cinquant’anni fa. E non si può escludere che dietro di essi, oggi come allora, si muovano ambienti che vedrebbero con immenso piacere i nostri figli e nipoti ― che secondo i politici e i tecnocrati sgherri delle tirannie finanziarie globali sarebbero ormai una generazione “senza futuro” ― distruggersi con le proprie mani anziché lottare contro di essi.

 

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(Lunedì 18 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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La risposta? Alberto la sa. Ma per l’Invalsi NO.

Al mio alunno Alberto (nome di fantasia) ho chiesto l’analisi logica del seguente periodo: Il corpo docenti, afferma la Costituzione, non lavora per il progetto discrezionale di un singolo, ma per il valore nazionale dell’istruzione, nella varietà, nel senso critico, nella laicità1.

All’inizio va tutto bene: “Lavora, predicato verbale” dice Alberto (nome di fantasia). “Corpo docenti, soggetto. Afferma, predicato verbale. La Costituzione, soggetto...” Poi, arrivato a per il progetto, Alberto (nome di fantasia) è indeciso: ci pensa sù, si guarda intorno, guarda me con qualche preoccupazione, torna a concentrarsi sul testo, a pensarci sù... Io aspetto, calmo, sorridente, senza mettergli fretta neanche con lo sguardo, o con un gesto che possa sembrargli impaziente. Ed ecco che, dopo circa due minuti, Alberto (nome di fantasia) esclama: “Complemento di fine!”

Esatto! Sollievo di entrambi.

Secondo voi, dovrei “abbassare” il voto di Alberto (nome di fantasia) perché la risposta corretta non è venuta che dopo due minuti di riflessione? No, vero? Quel che conta, e che mi preme, non è che Alberto (nome di fantasia) sia rapido, ma che sappia, e che faccia bene.

“Ma come, la rapidità non conta?” potrebbe obiettare qualcuno.

Nossignore, non conta. Non, almeno, quando si analizza: ve lo immaginate cosa potrebbe accadervi, se l’analista del vostro sangue pensasse solo a sbrigarsi?

Io, insegnante umano a cui preme che Alberto (nome di fantasia) sappia, e che faccia bene, respiro di sollievo insieme a lui e gli do lo stesso voto che avrei dato a chi mi avesse risposto all’istante.

Ma pensate ora ad Alberto (nome di fantasia) alle prese con la prova Invalsi, minotauro meccanico che in 75 (settantacinque) minuti pretende che egli legga attentamente e comprenda a pieno due testi abbastanza complessi di circa una pagina e mezza ciascuno, e che poi risponda a 45 (quarantacinque) quesiti di varia natura su quegli stessi testi. E non nella sua aula, un giorno qualsiasi, dinanzi a me che con calma aspetto e incoraggiante sorrido, ma in sede di esame, con tutta l’ansia che ne consegue, e dinanzi a un altro insegnante, non della materia, che per l’intera durata della prova è tenuto per legge a non relazionarsi con lui, pena l’incriminazione.

Come andrà a finire, secondo voi?

Ve lo dico io: Alberto (nome di fantasia) non avrà il tempo (il suo tempo, commisurato al suo carattere e alle sue esigenze, e diverso dal tempo di ogni altro) di rispondere correttamente a tutti i quesiti, e forse neppure di terminare la prova. Ma a valutare il suo sapere (e, insieme a esso, a valutare il mio lavoro e il mio rapporto con lui) non troverà un insegnante umano, lieto che egli sappia, e che faccia bene, anche se ci mette un po’ più di tempo di un altro: troverà un computer ― un minotauro meccanico ―  che conterà le “crocette” da lui apposte e gli sputerà in faccia il suo gelido voto disumano.

Potrebbe perfino accadere, così ― per assurdo, ma non tanto ― che un compagno di Alberto (nome di fantasia) che metta tutte le crocette a casaccio ottenga una valutazione più alta di lui che risponderà esattamente, e sapendo quel che fa, solo a metà dei quesiti? Certo che potrebbe accadere.

Questo sono le prove Invalsi per i vostri figli, cari genitori: non un’imparziale valutazione di quel che hanno appreso, come vorrebbero farvi credere, ma una sferza aguzzina che per settantacinque minuti si accanisce su di essi senza conoscerli, senza nemmeno guardarli, per selezionare come “migliori”, come “più meritevoli”... i più rapidi o i più fortunati.

Ricordate quella terribile scena di Schindler’s list in cui il vecchio operaio ebreo deve dimostrare al comandante del campo di sterminio di essere ancora capace di fabbricare un cardine in un minuto, altrimenti verrà terminato (oggi si direbbe rottamato?) all’istante?

Io non voglio fare quel tristo mestiere, cari genitori. Per me ― e penso anche per voi ― vostro figlio Alberto (nome di fantasia), anche se di minuti ce ne mette due, merita.

[1] Maria Mussini, senatrice del Gruppo misto, relatrice della Lip (Legge di iniziativa popolare ― contrapposta alla legge di iniziativa governativa cosiddetta della “Buona scuola”, nota mia ― per la Buona Scuola della Repubblica. Da left 18, 16 maggio 2015, p. 18.

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(Sabato 16 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Giovedì 14 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Mercoledì 13 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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CONTRO le prove INVALSI,

che diffondono nelle Scuole lanaffettività!

ScuolAnticoli sulle prove INVALSI:

Genitori, le prove Invalsi danneggiano i vostri figli... - (mercoledì 30 aprile 2014). Genitori, il 6 e il 7 maggio, ancora una volta, i vostri figli saranno costretti a sottostare alle cosiddette “prove Invalsi”. Costretti? Sì. Ma solo se si troveranno all’interno degli edifici scolastici. Vi raccontano, genitori, che le prove Invalsi sono prove di valutazione del sistema scolastico, degli insegnanti, degli alunni. Cercano di convincervi che valutarli è necessario, che si deve sapere quali risultati stiano ottenendo, che bisogna confrontarli con quelli degli altri Paesi... Niente di tutto ciò è vero... Clicca qui per continuare a leggere!

 

Buttereste i vostri figli nel nulla? - (mercoledì 8 maggio 2013). Vi raccontano che le prove Invalsi sono prove di valutazione del sistema scolastico, degli insegnanti, degli alunni. Vi dicono che valutarli è necessario, che si deve pur sapere cosa stiano combinando, quali risultati stiano ottenendo, e che si devono pur confrontare i risultati delle scuole italiane con quelli degli altri Paesi. Niente di tutto ciò è vero, e chi lo dice racconta balle sapendo di raccontarle oppure, animuccia candida, non si rende conto di quel che dice. Le prove Invalsi... Clicca qui per continuare a leggere!

(Martedì 12 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Lunedì 11 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Martedì 12 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Clicca sulla miniatura o qui per vederla meglio!)

Perché mai non si ribellano all’orrendo scafista e ai suoi sgherri? Perché mai si lasciano portare alla rovina e alla morte senza proferir parola? Perché alcuni cancellano, addirittura sorridendo, i nostri slogan di protesta dalle fiancate della barca?

Nessuno perché davvero creda. Molti perché s’illudono, tacendo e restando immobili, di essere risparmiati, o perfino premiati con qualche minimo privilegio. Altri perché ormai così poco umani da non sentire, né tanto meno capire, dove gli scafisti li portino. Altri ancòra perché, per la mortale stanchezza e la disperazione, vogliono morire.

(Martedì 5 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Lunedì 4 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Lunedì 4 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Lunedì 4 maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

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(Venerdì 1° maggio 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

 

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L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).

L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

 

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