Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
La Terra vista da Anticoli Corrado nell’aprile del 2014
(Questa pagina segue dalla homepage. I post più recenti li trovi lì).
Vuoi andare ai post del mese precedente, marzo 2014? Clicca qui! Vuoi andare all’Indice di tutti i post precedenti dal 2002 a oggi? Clicca qui!
Genitori, le prove Invalsi danneggiano i vostri figli... Clicca qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc.
Genitori, il 6 e il 7 maggio, ancora una volta, i vostri figli saranno costretti a sottostare alle cosiddette “prove Invalsi”. Costretti? Sì. Ma solo se si troveranno all’interno degli edifici scolastici.
Vi raccontano, genitori, che le prove Invalsi sono prove di valutazione del sistema scolastico, degli insegnanti, degli alunni. Cercano di convincervi che valutarli è necessario, che si deve sapere quali risultati stiano ottenendo, che bisogna confrontarli con quelli degli altri Paesi... Niente di tutto ciò è vero. Chi dice queste cose è un bugiardo. Oppure, se è onesto, non sa quel che dice.
In primo luogo, queste prove stanno già oggi danneggiando fortemente l’istruzione dei vostri figli, perché obbligano i docenti a sottrarre tempo all’insegnamento e al rapporto educativo e didattico (tempo già ridotto dai tagli con cui i governi italiani hanno fatto soldi per le banche derubando i bambini) per addestrare gli alunni, con continue esercitazioni, al superamento delle prove stesse. Ma c’è di peggio...
Le prove Invalsi non sono prove di valutazione, ma prove di sostituzione: mirano a sostituire agli insegnanti i computer (o, che per i vostri figli è anche peggio, a tramutare gli insegnanti stessi in computer); a sostituire agli affetti (che rendono umano e vivo ed efficace il rapporto insegnanti-alunni) la razionalità anaffettiva, gelida, ostile all’umano; a sostituire, cioè, al rapporto il nulla.
Solo voi, genitori, potete impedirlo. Ed è a voi, perciò, che migliaia di insegnanti chiedono di tenere i bambini a casa, in quei giorni: di stare con loro, se possibile, o di affidarli ai nonni, o riunirli in case di amici, e far loro sentire ancor più del solito il calore degli affetti umani. Poiché in quei giorni nelle aule non ci saranno insegnanti, ma un meccanismo: impersonale, insensibile, freddo, astratto, al quale gli insegnanti dovranno consegnare i vostri figli e poi restar lì come statue, muti, come se non esistessero.
Poiché i vostri figli saranno lasciati soli col nulla, il giorno delle prove Invalsi, e sarà il nulla a valutarli. Gli insegnanti dovranno solo premere il tasto Invio dopo aver inserito i dati in apposite griglie, predisposte dall’Invalsi, nelle quali non c’è spazio per descrivere, dei vostri figli, la personalità, le qualità, i punti di forza, i problemi: nulla. E sarà un computer a trarre dai dati una valutazione della situazione scolastica dei bambini senza rapporto con loro, come se neanche i bambini esistessero più.
Il rapporto insegnanti-alunni ridotto a nulla, gli insegnanti ridotti a nulla, i bambini ridotti a nulla, solo numeri valutati da macchine... ecco cosa sono le cosiddette prove di valutazione Invalsi: prove di sostituzione del non umano all’umano. Per vedere “se funziona”. Sulla pelle dei vostri figli.
È questo che vogliamo per i bambini e i ragazzi? Questa è la Società che vogliamo lasciare loro: un meccanismo senza affetti che decide i destini di tutti per mezzo di gelidi calcoli?
Il sistema scolastico, gli insegnanti e i risultati conseguiti dagli alunni devono essere valutati, certo: ma da esseri umani, cioè dagli alunni stessi e dalle loro famiglie. Da voi.
Senza dimenticare, però, che i risultati che la Scuola conseguirà non dipenderanno solo dalla Scuola, ma anche dalla famiglia, da quanto i governi fanno per sostenerla (che in Italia è peggio che poco, poiché in Italia i governi hanno sempre fatto di tutto per metterle in difficoltà, le famiglie), dalle condizioni economiche, sociali, civili e culturali del territorio in cui i bambini vivono, dai religiosi a cui i bambini sono affidati, dai media che i bambini frequentano e dai giochi di cui dispongono.
Post scriptum. Si obietterà che i test delle prove Invalsi sono predisposti da esseri umani e sono prodotti altamente professionali, migliorati ogni anno: perché, dunque, chiamarli nulla? La risposta è semplice quanto dolorosa: sono nulla perché, per quanto professionali siano, quelle prove non conoscono i vostri figli, non sanno niente, non hanno con loro alcun contatto umano, alcun affetto, alcuna storia di rapporto: nulla, appunto. Tanto che, se invece di un bambino fosse un computer a svolgere le prove, all’Invalsi non se ne accorgerebbe nessuno: lì non la conoscono più, la differenza tra un bambino e una macchina.
Post post scriptum. Si obietterà che tenere i bambini a casa il 6 e il 7 maggio non servirebbe, perché le prove sarebbero ripetute in altra data. Ma questa obiezione non esprime che il solito, vecchio disfattismo con cui si cerca sempre di scoraggiare chi lotta per migliorare le cose: un’astensione di massa, uno sciopero generale delle famiglie contro le prove Invalsi servirebbe e come, perché dimostrerebbe che gli Italiani non ne possono più di veder distruggere le speranze, il futuro e l’umanità stessa delle nuove generazioni dagli esperimenti insensati di una classe politica piena ormai solo di odio antiumano. Clicca qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc. (Mercoledì 30 aprile 2014. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
*
“San” Karol Wojtyla protettore dei preti pedofili?
Giovanni Paolo II ha esercitato un pontificato autoritario, opprimendo i diritti delle donne e dei teologi. Per questo non merita di essere presentato ai fedeli come un esempio... Personalmente, ho pur sempre costituito il primo grande caso di inquisizione promosso da questo papa. Non mi ha dato la possibilità di difendere le mie posizioni teologiche, per le quali mi è stata ritirata la cattedra di teologo cattolico ufficiale nel Natale del 1979. Eppure era palese che Wojtyla non aveva letto neanche uno dei miei libri. Ma questo non lo tratteneva dal condannarli. Di qui si evince come questo papa sia stato intollerante e contrario al dialogo. Del resto, il suo comportamento nei confronti dei teologi sudamericani della liberazione è stato l’esatto opposto di quello che un esempio cristiano dovrebbe rappresentare... Il successore canonizza il papa precedente, una pratica già vista a Roma in epoca imperiale, quando sistematicamente gli imperatori paragonavano il loro predecessore a Dio. I processi di beatificazione e canonizzazione servono al papa per mettersi in mostra. Come un sovrano assoluto, Benedetto XVI ha infranto il diritto canonico per poter beatificare alla spiccia Giovanni Paolo II mediante l’aggiramento dei termini temporali stabiliti e l’approvazione di una delle più dubbie guarigioni miracolose... Il santo sùbito è stata un’esortazione pilotata. Me li ricordo gli striscioni spontanei di piazza San Pietro: tutti di stampa meticolosa, raffinata. Una palese messa in scena da parte di gruppi cattolici, conservatori e reazionari, che sono molto forti soprattutto in Spagna, Italia e Polonia... Anche in Vaticano fa discutere il rapporto decennale di papa Wojtyla con il sacerdote messicano e fondatore dei Legionari di Cristo Marcial Maciel Degollado, colpevole di svariati abusi sessuali. Sino alla fine dei suoi giorni, Giovanni Paolo II ha protetto Maciel. Allo stesso modo, l’entità degli scandali sessuali nella Chiesa è stata sistematicamente nascosta sia da Wojtyla sia dall’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Ratzinger. (Hans Küng, teologo, intervista al Frankfurter Rundschau citata da La Repubblica di sabato 30 aprile 2011). (Domenica 27 aprile 2014. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
*
(Venerdì 25 aprile 2014. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
La donna, per la quale il mondo non finisce
Clicca qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc. (Domenica 20 aprile 2014. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
*
(Sabato 19 aprile 2014. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
*
Spiegare un Film a un Bambino: La vita è bella, di Roberto Benigni. (Le schede di Spiegare un film a un bambino sono per bambini e ragazzi di Quinta elementare, Prima, Seconda e Terza media. Sono scritte, perciò, il più semplicemente possibile. Ma non sono affatto semplicistiche. Vuoi servirtene? Fai pure. Ma non spezzettarle, non alterarle e... non dimenticare di citarne l’autore!)
Guido Orefice non sa di essere ebreo fino al giorno in cui i fascisti, per la prima volta, lo chiamano tale. Né, prima di quel giorno, ha mai pensato a sé con un aggettivo che lo qualifichi come appartenente a una qualsiasi categoria. Non è mai stato bianco, né nero, né giallo. Né italiano, né francese, né extracomunitario. Né cristiano, né mussulmano. Né comunista, né fascista. Né questo né altro.
Vuol forse dire che Guido è sempre stato niente? No. Vuol dire, al contrario, che egli è sempre stato tutto quello che si può essere davvero: un essere umano. E che, da essere umano, si è sempre messo in rapporto con la realtà attraverso sé stesso, con le proprie sensazioni e idee, e non per il tramite del “pensiero” ufficiale di un qualsiasi gruppo o partito o religione (scritto, è ovvio, fra virgolette, poiché il pensiero, come le sensazioni, non può aver luogo in più individui assieme...)
Ma non l’ha mai proclamato. Mai si è presentato a qualcuno dicendo: “Buongiorno, piacere di conoscerla: io sono un essere umano, e lei?” Non ha mai dovuto farlo perché gli esseri umani si riconoscono a vista: basta guardarli, per accorgersi che lo sono. Solo il malato di mente o lo stupido credono che a un essere umano, per esser tale, occorra altro che l’esser nato da una donna. Che gli occorra, per esempio, di essere anche adulto, o maschio, o bianco, o cristiano. O magari d’esser nato qui invece che lì.
Il fatto che Guido non sappia di essere ebreo, ma “solo” di essere umano, significa che quel che accade a lui e alla sua incantevole famiglia per mano dei fascisti e dei nazisti (la persecuzione, la perdita di tutto ciò che possiedono, la deportazione, la schiavitù, la morte) non è una catastrofe che può colpire solo gli Ebrei e solo in un determinato periodo storico, ma, al contrario, qualcosa che può accadere a chiunque e in qualsiasi momento. Significa, cioè, che lo scopo della Shoah non è l’eliminazione degli Ebrei, che quel che i nazifascisti vogliono annientare è piuttosto l’umanità degli esseri umani, di tutti gli esseri umani, e che lo sterminio degli Ebrei (che sono in quel momento i più deboli e attaccabili a causa della millenaria campagna d’odio e di calunnie a cui sono stati sottoposti dal Cristianesimo) è più lo strumento che l’obiettivo della cosiddetta “soluzione finale.” Poiché accanirsi sugli Ebrei serve in realtà a render complici o acquiescenti tutti gli altri, a mortificarne l’immaginazione per i secoli dei secoli, a tramutare la speranza in disperazione, l’amore in odio, l’intelligenza in stupidità, il coraggio in paura. A lasciare, nei cuori e nelle menti di coloro ai quali sarà concesso di sopravvivere, un marchio indelebile, un nuovo (e questa volta effettivo) “peccato originale” che impedisca loro una volta per sempre di tornare ad aver fiducia nella propria umanità. Sterminare gli Ebrei, insomma, serve a rendere disumana l’intera Umanità: questo e non altro è lo scopo più o meno consapevole dei nazisti (e dei fascisti nostrani, loro complici). Poiché nazismo è solo il nome che assume, nella prima parte del ’900, l’antico odio di chi ha devastato la propria umanità contro tutti quelli che sono ancora umani: un odio che è latente in ogni epoca storica e presso ogni cultura, e che è costretto per la maggior parte del tempo a trattenersi, a controllarsi, a intorbidare e avvelenare i rapporti interumani mantenendosi nell’ombra, strisciando in silenzio nel buio e “accontentandosi” di perpetrare continue vigliacche aggressioni agli affetti, alle idee, alle proprietà di quelli che vorrebbe distruggere. Ma che di quando in quando, se non lo si tiene sempre a bada, riesce di nuovo a diffondersi, a dilagare, a esplodere. E allora può assumere qualsiasi nome, vestirsi di qualsiasi casacca, prender di mira chiunque e scagliare contro di lui, questa volta, l’odio che per tanto tempo si è tenuto in corpo contro tutti quanti. Poiché quello che egli vuol far sparire (quale che sia la vittima su cui di volta in volta si scaglia: ieri gli Ebrei, oggi gli Extracomunitari, domani chissà) in realtà è sempre Guido Orefice: è sempre, cioè, l’essere umano in quanto tale, il bambino dell’uomo, di cui non sopporta la vista poiché gli ricorda, momento per momento, quel che egli non è riuscito a rimanere... (Clicca qui per continuare a leggere!). (Giovedì 17 aprile 2014. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
*
(Mercoledì 16 aprile 2014. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
*
(Martedì 15 aprile 2014. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Non c’è una “sana e libera” separazione di un corpo umano dalla sua umanità Clicca qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc.
Il Partito democratico, i suoi dirigenti, i militanti, gli elettori, sanno o non sanno che l’idea che si possa comprare e vendere un essere umano è idea malata, sintomo di malattia mentale? E che l’idea che in un essere umano si possano separare, per poter venderli e comprarli, il corpo dagli affetti, il corpo dalla mente, il corpo dalla storia dell’essere umano ― in una parola: il corpo dalla sua umanità ― è idea non meno malata e sintomo di malattia mentale non meno grave?
Forse non lo sanno più, cioè sono malati essi stessi, ed è per questo che non vedono malattia nell’idea della senatrice Maria Spilabotte e del Partito democratico (con l’autorevole sostegno di Alessandra Mussolini) di presentare un disegno di legge (sedicente) di Regolamentazione del fenomeno della prostituzione (in realtà di Depenalizzazione del favoreggiamento della prostituzione) che propone “due strategie: la decriminalizzazione dell’adescamento e del favoreggiamento, da un lato, l’individuazione [dall’altro] di regole minime che indichino dove si può e dove non si può esercitare” e, naturalmente, una “autorizzazione” statale all’esercizio della prostituzione “sia in forma individuale (comprendendola nelle attività di cui al titolo III del libro V del codice civile ― lavoro autonomo) che in forma cooperativa” al costo semestrale “di euro 6.000 per l’attività full time e 3.000 per la part time: un giusto costo, considerando che su centocinquanta giorni lavorativi si pagherebbero circa 20 euro al giorno, che è già meno del prezzo medio per prestazione stabilito in almeno 30 euro”. Il tutto purché, è ovvio, “le persone autorizzate si assoggettino ai regimi fiscali e previdenziali previsti dalle normative vigenti”.
Una delle due: o la senatrice Spilabotte e il Pd non sanno che ciò che chiamano “esercizio della prostituzione” è in realtà, sempre, esercizio di violenza. O lo sanno, ma non sanno... quel che fanno.
Scrive così, nel suo disegno di legge, la senatrice Spilabotte: “Una regolamentazione è necessaria, perché... Clicca qui per continuare a leggere! Clicca qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc. (Domenica 13 aprile 2014. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Rivedere ogni film ogni volta diverso, con i bambini...
Clicca qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc.
Mi dispiace tanto per chi non ha letto Il buio oltre la siepe o non ha, almeno, visto il film. Sono infelici che non sanno di esserlo. E, tra chi l’ha letto o l’ha visto, mi dispiace per chi non l’ha capito neanche un po’ o non ha, almeno, tentato. E tra chi l’ha letto, visto e capito, mi dispiace per chi non l’ha letto o visto con i bambini. E tra chi l’ha letto o visto con loro, mi dispiace tanto per chi, non essendo insegnante, non l’ha riletto o rivisto con altri bambini, e poi con altri ancòra, e ancòra, e ancòra... I grandi libri e i grandi film sono ogni volta diversi, si sa. Ma letti e visti con i bambini (purché non induriti e istupiditi dalla devastante esperienza di aver avuto accanto certi adulti in quei primi, decisivi anni) essi sono, ogni volta, intensamente diversi. Magari solo per un dettaglio, e spesso apparentemente minuscolo, rileggere un grande libro o rivedere un grande film con una nuova classe è, per un insegnante, un evento sempre assoluto, e tanto più sconvolgente e trasformativo quanto più la classe per prima lo vive intensamente (e lui di riflesso, illuminato da loro). Naturalmente, purché l’insegnante non sia così indurito e istupidito dalle sue devastanti esperienze, da non esser più capace di illuminarsi: ma quelli sono insegnanti che non leggono Il buio oltre la siepe e non ne vedono il film. Oggi, dunque, ho rivisto Il buio oltre la siepe per la ventesima volta o forse più. E di nuovo è stato diverso (tranne che in quel che non deve assolutamente cambiare: cioè le lacrime che ogni volta “riempiono d’un tratto i miei occhi” come quelli di Scout nel momento in cui dietro la porta appare “Boo”, Arthur Radley; poiché sono esse che ogni volta mi dicono che anch’io, come Arthur, sono ancora umano), e potentemente diverso, e lo è stato così tanto perché l’ho rivisto con una classe così poco indurita, così poco istupidita, che per tutto il tempo ha brillato nel buio dinanzi a me come una costellazione umana. E alla fine, nella sequenza di cui vedete qui sopra un fotogramma, mentre “le lacrime riempivano d’un tratto gli occhi” della bambina e i miei e mentre il volto di Arthur “tremava e si offuscava”, ho visto una cosa che, in almeno venti visioni nell’arco di quarant’anni, non avevo mai notato: il ritratto della defunta moglie di Atticus Finch collocato (dal regista?, dallo scenografo?) proprio lì, accanto a “Boo” (Robert Duvall) che Scout incontra in quell’istante per la prima volta. Sono andato a controllare sul libro e non vi ho trovato alcun ritratto della mamma di Scout e Jem: non in quel momento, non lì. Perché ce l’hanno messo? Per dirci (alla faccia di Harper Lee, autrice di questo meraviglioso romanzo) che chi ha salvato Scout e Jem dalle grinfie assassine di Bob Ewell non è stato Arthur Radley ma una defunta madre che “dall’Aldilà” vegliava su di loro tramutata in “angelo custode”? Una piccola (grande) macchia su un film bellissimo, indimenticabile, ma evidentemente meno bello, e d’ora in poi meno indimenticabile, del romanzo che in quel momento ha tradito. E ancor meno bello, e ancor meno indimenticabile, dei bambini senza i quali non l’avrei mai scoperto. Nemmeno rivedendo il film (e rileggendo il libro) per altri quarant’anni. Clicca qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc. (Martedì 8 aprile 2014. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Fare ricerca culturale in un piccolo paese... A Boat and Red Buoy in Rough Sea (1830), di Joseph Mallard William Turner (1775 - 1851) Clicca qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc.
“Fare ricerca culturale” (e non di rado, cerca oggi cerca domani, combattere una battaglia culturale) in un paese di mille abitanti ― se tenti di farla davvero, e se hai “armi” e “munizioni” con cui farla ― significa che ogni cosa che dici, insegni, scrivi (e perfino ogni tuo gesto, perfino il tuo modo di camminare, per esempio se un giorno sei un po’ stanco e fai, in salita, un po’ più fatica del solito) suscita negli altri mille ininterrotte reazioni che cambiano la tua vita momento per momento: dal meglio al peggio e dal peggio al meglio, ogni istante e giorno e ogni mese e anno che trascorri con loro, ti vedano o no e tu li veda o no, in contatto con te o che il contatto passi, dall’uno all’altro, di mano in mano e di bocca in bocca.
È come vivere su una barca, dove proprio stabile e immobile non sei mai, poiché il mare ti muove sempre e col mare si muove il cielo e soprattutto si muove in lontananza la rossa boa che vuoi raggiungere per intravedere, da lì, un’altra boa da raggiungere ancor più lontana: il mare sono gli altri e son sempre in movimento, sì, e reagiscono a ogni tuo moto e a loro volta muovono te (e naturalmente saresti mosso anche se non facessi ricerca né battaglia alcuna, se ti sforzassi di rimanere immobile come una statua e rinunciassi a muover loro a tua volta: verresti mosso e trasmetteresti ad altri il movimento altrui come se fosse tuo, e sarebbe la cosa più brutta poiché staresti male sempre, senza più alcun meglio, neanche per un attimo, ma solo un continuo peggio).
Ecco: “fare ricerca culturale”, in un paese di mille abitanti, è come tuffarti in un ballo che non finisce né s’interrompe mai e che danzano tutti, perfino i più piccoli per mano o in braccio, e ogni tuo passo echeggia nei passi d’ognuno fin in fondo alla piazza, nelle vie e nei vicoli intorno, e di laggiù torna indietro da tutte le parti nei passi mossi dal tuo che tornano a muovere i tuoi che muoveranno i loro.
Solo che il ballo talvolta esagera, e allora è come lasciare che ti mettano su un tappeto che tutti tengono insieme per farti volare in aria, ogni volta più sù, così che ogni volta che cadi sia più forte il colpo e più intensa la scossa che trasmetti a ogni mano e, attraverso le braccia, al cuore di ognuno. Mentre tu intanto speri, cercando malgrado tutto di restare vivo, che i mille che reagiscono e sentono e danzano e ti fan volare non si tramutino a un brutto momento in un unico immenso barile di polvere da sparo per farti saltar per aria una volta per sempre.
Sì, cambia tutto e cambia sempre, il “fare ricerca e battaglia culturale” in un piccolo paese di mille abitanti: cambia il sapore del mangiare, l’odore dell’aria che respiri, il peso di ogni uscio che apri ogni volta che l’apri, il tuo essere giovane e ancor più il tuo essere vecchio, il tuo resistere o il tuo ammalarti. Cambia perfino il morire o invece ancora no, la continua risposta di mille donne, uomini e bambini alla tua continua ricerca, alla tua continua battaglia tra loro e con loro. Clicca qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc. (Venerdì 4 aprile 2014. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Una macchina più umana di noi? Clicca qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc. (Immagine di Pinocchio di Cecco Mariniello)
“A chi mette in guardia dalla sempre più forte concorrenza intellettuale delle macchine, c’è chi ribatte: «Basta che gli umani imparino a fare cose più sofisticate»” (Riccardo Staglianò, “Poveri ma connessi”, La Repubblica, 30 dicembre 2013, p. 37).
Discorso colmo di disprezzo (o, meglio, di razzismo antiumano) nei confronti di chi, non avendo “imparato” (sic) le “sofisticate cose” che hanno appreso a fare gli Staglianò, potrebbe e dovrebbe essere rottamato e sostituito da macchine ben più degne di lui di considerazione e di rispetto.
Sfugge, agli Staglianò, che non solo essi (gli Staglianò) ma tutti gli umani fanno già “cose più sofisticate” di quelle che qualsiasi macchina è ― o mai sarà ― in grado di fare. E che, pertanto, le macchine non fanno né faranno mai “concorrenza intellettuale” ad alcuno.
Quel che distingue, per natura, (vale a dire per la storia evolutiva di cui noi Sapiens siamo un esito), gli animali umani dagli altri è, infatti, l’incapacità della mente di produrre rappresentazioni della realtà interamente matematizzabili. È l’immaginazione, cioè: per la quale la mente umana nel suo insieme e ogni suo “contenuto” singolarmente considerato (ammesso che una mente umana si possa suddividere in contenuti delimitati), a differenza dell’Universo di realtà a cui essi si riferiscono, non sono né saranno mai del tutto adattabili a modelli matematici. Né, di conseguenza, matematicamente calcolabili.
Vi è un “di più”, nelle produzioni mentali umane, che non permette che esse siano del tutto assoggettabili alla descrizione matematica come lo sono, invece, le realtà a cui tali produzioni si riferiscono. Ma definirlo un “di più” è, in fondo, un antropocentrismo: nei momenti difficili delle nostre vite potremmo essere più propensi a giudicarlo un “di meno”, considerando in quanti e quali errori incorriamo, talvolta, a causa dell’intrinseca instabilità dei nostri contenuti mentali. E tuttavia è proprio quell’instabilità che ci rende creativi: è per essa che siamo costretti a pretendere che sia il mondo ad adeguarsi a noi, poiché noi non siamo né mai saremo in grado di rassegnarci completamente al mondo.
Mentre è del tutto evidente che le “macchine”, invece (come grossolanamente le chiamano gli Staglianò) “sanno” e “imparano” a fare solo “cose” (stupefacenti, gigantesche, ma) la cui descrizione matematica le contiene per intero, senza il benché minimo “residuo” di quella creativa “instabilità” da cui scaturiscono tutte le realizzazioni (e, purtroppo, tutte le de-realizzazioni) impreviste e imprevedibili che ogni essere umano è “costretto” (ebbene sì:costretto) a compiere vita natural durante.
Quel che nessuna “macchina” è né sarà mai in grado di fare, insomma, è ciò che ogni animale umano non può non fare: essere, per quanti sforzi faccia per “razionalizzarsi” (per ridursi, cioè, alla stregua degli altri animali, vale a dire per disumanizzarsi) sempre almeno in parte irrazionale. Non misurabile. Incommensurabile. E troppo “sofisticato”, dunque, perché una “macchina” possa eguagliarlo.
Si obietterà: “Ma il di più di cui tu parli non è misurabile soltanto perché è immaginario!”
E io cosa ho detto?
Ma se un giorno (forse non lontano) fabbricassimo invece una “macchina” (forse “quantistica”, e contenuta, forse, in un hardware biologico) le cui prestazioni, come quelle di ogni bimbo a partire dalla nascita, risultassero sempre almeno in parte “indescrivibili” matematicamente? Be’, a mio parere non è impossibile: ma quel giorno, semplicemente, avremmo creato un essere umano artificiale, e chiunque lo trattasse come una macchina commetterebbe un crimine. Clicca qui per scaricare il testo in .pdf. O qui per scaricarlo in .doc. (Mercoledì 2 aprile 2014. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
*
Vuoi andare ai post del mese precedente, marzo 2014? Clicca qui! Vuoi andare all’Indice di tutti i post precedenti dal 2002 a oggi? Clicca qui! |
* |
|
* |
Questo sito non costituisce testata giornalistica, non ha, comunque, carattere periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità e la reperibilità
dei materiali. Pertanto non può essere considerato un prodotto editoriale ai sensi della L. n. 62 del 7/3/2001... Clicca per continuare a leggere.
*
L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).
L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.
*
Torna in cima alla pagina Il diario del Prof: puntate precedenti Home