L'immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell'artista danese Viggo Rhode (1900-1976). L'ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

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La Terra vista da Anticoli Corrado

 

diario del Prof (scolastico e oltre)

 

dicembre 2011

 

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lunedì 26 dicembre

 

Giù le mani dai nostri Figli!

 

Giù le mani dai nostri Figli

 

 

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Dopo gli Stati Uniti, l’Irlanda, la Germania, Malta (e miriadi di segnalazioni da ogni parte del mondo) anche in Olanda la Commissione d’inchiesta indipendente guidata dall’ex ministro Wim Deetman ha concluso i lavori annunciando che nei Paesi Bassi, negli ultimi 65 anni, decine di migliaia di bambini e ragazzi hanno subìto abusi sessuali da parte di sacerdoti e laici all’interno di istituzioni cattoliche. Gli autori degli abusi, compiuti tra il 1945 e il 2010, sono stati 800, dei quali 150 viventi. La Commissione ha anche accertato che gli abusi sono stati sistematicamente coperti dalla Chiesa cattolica, accusata ora di “inadeguati controlli e inadeguate azioni” (La Repubblica, sabato 17 dicembre 2011).

 

E in Italia? Dove le violenze dei preti pedofili sui Bambini, protette da una Chiesa molto più vicina e potente che in ogni altra parte del mondo, sono state ben più estese, sistematiche e atroci? E nella Valle dell’Aniene? Dove persone di ogni età (ma, da una certa età in poi, al riparo del vile e italianissimo qui lo dico e qui lo nego) raccontano di aver visto, nell’infanzia, preti e monache umiliare, malmenare e non di rado appartarsi con alcuni dei loro compagni, sempre i più deboli, i più soli e abbandonati?

 

Perché le denunce sono così rare? Non si capisce che il silenzio è omertà? E che l’omertà, anche rispetto a episodi remoti, è complicità diretta nelle sofferenze di migliaia di Bambini sui quali oggi, adesso, individui gravemente malati continuano a esercitare un potere quasi assoluto? O si finge di non capire?

 

I Bambini raccontano, ho potuto spesso constatarlo di persona. Ma non sono creduti. E presto, non creduti, rinunciano a raccontare e perfino a sentire e si chiudono in una disperazione “invisibile” solo a chi non credette loro perché essi stessi, i suoi Bambini, erano per lui invisibili, inesistenti, annullati.

 

L’annullamento dei Bambini, la loro “inesistenza”, cominciano nelle famiglie, continuano nelle scuole. E le monache violente e i preti pedofili son lesti a individuare nei Bambini annullati e inesistenti le prede che “genitori” e “insegnanti” assenti non ascolteranno né difenderanno.

 

È tempo che l’omertà cessi anche in Italia. Anche nella Valle dell’Aniene. Rispetto non soltanto agli abusi sessuali ma a ogni singola percossa, a ogni minima umiliazione, a ogni piccolo segno di disprezzo e di scherno. Poiché le irrisioni, le offese, le umiliazioni e le percosse sono le esche, per così dire progressive, con cui violenti e pedofili scoprono i Bambini che sapendosi non difesi, meno si difendono.

 

È tempo, in primo luogo, che tutti riconoscano che la dimensione del “fenomeno” è tale (si cerchi, se ancora si ha immaginazione, di sentire cosa significhino non le parole ma la realtà di decine di migliaia di Bambini e di Ragazzi violentati in un Paese minuscolo come l’Olanda) da imporre ormai a chiunque non voglia esserne complice di considerare la Chiesa cattolica, nel mondo e in Italia (anche se, certamente, non in tutti i suoi capi e i suoi esecutori) come la prima “agenzia” mondiale di sistematica aggressione e distruzione dell’Infanzia. Cioè come la prima “agenzia” mondiale per lo snaturamento degli Umani.

 

È lo snaturamento umano che trasforma gli Umani snaturati in violentatori di altri Esseri umani. Ma lo snaturamento umano è un’operazione che si compie nella mente, ed è nel suo prender di mira e aggredire la mente, pertanto, che prima di tutto dobbiamo individuarlo e arrestarlo.

 

Giù le mani dai nostri Figli! significa, in primo luogo ― deve significare ― Giù le mani dalle menti dei nostri Figli!. O sarà del tutto inutile, un grido inascoltato che lascerà tutto come prima.

 

Una notizia fra tante: La cruenta lotta tra il bene il male, San Michele contro Lucifero, angeli malvagi incatenati da Dio, cieli fiammeggianti tra violente ribellioni e castighi biblici. (...) Una lettera della Segreteria di Stato vaticana prende le difese dell’insegnante della scuola Bombicci di Bologna sanzionata per una descrizione dell’Apocalisse poco politically correct che avrebbe turbato una bimba della prima elementare. Invece di angeli rassicuranti da immaginetta votiva, ha raccontato a tinte realistiche e “sconvolgenti”, facendo ricorso anche ad alcuni dipinti, quelli che nella Bibbia sfidano Dio. Per questo l’insegnante è stata sospesa e il suo caso ha fatto il giro del mondo. Mentre Benedetto XVI le esprime stima per una professione “svolta con impegno e dedizione”. (...) “A fine novembre ho scritto una lettera al Papa per raccontare le mia situazione”, spiega Cristina Vai, e ringraziarlo per la sua battaglia eroica contro lo spirito nichilista di questi tempi (La Stampa, lunedì 12 dicembre 2011). Sconsideratamente, il giornalista afferma che ciò che la maestra ha tentato di conficcare nella mente di una bimba di sei anni sarebbe meno di quanto trasmesso in “fascia protetta” da qualunque canale tv. Senza capire ― o fingendo di non capire? ― che quel che si vede in tv è fiction (che i Bambini piccoli non son così sprovveduti da credere vera come alcuni di loro saranno purtroppo indotti a fare negli anni successivi) mentre quelle tremende parole e immagini di fine del mondo e di feroce giudizio divino sono state imposte come vere, alla bambina, dall’autorità di un’educatrice. Autorità non indiscussa, per quella bambina, visto che la piccola ha potuto confidarsi con i genitori ed è stata da essi ascoltata e creduta, ma quanti altri subiscono invece analoghe aggressioni nella più totale solitudine?

 

Un’altra notizia fra tante: la “santificazione”, da parte della tirannia finanziario-religiosa vaticana, dell’infelice Kateri Tekakwitha, indiana d’America, morta in Canada all’età di 24 anni nel 1680.

 

Ancora una volta, invito chi legge a sentire con l’immaginazione (abbia o non abbia avuto figlie di quell’età) cosa significhi, in qualsiasi epoca, la morte di una ragazza a ventiquattro anni. C’è proprio da “beatificare” o “santificare” un bel niente, nella morte di una ragazza a ventiquattro anni: ovunque e comunque sia avvenuta, è un orrore e basta. Ed è un orrore tale, che gli Esseri umani sani di mente, quando ne vengono a sapere, immediatamente sentono e sanno una cosa soltanto: che una Civiltà umana si giudica da quel che riesce a fare per evitare che simili orrori si verifichino.

 

Ma nel modo di questa morte vi fu un orrore anche peggiore, che ― in un tono di fatua ironia che non fa onore al narratore ― ci viene raccontato così: Kateri Tekakwitha, figlia di un capo tribù dei Mohawk-Algonquin, appartenenti alla più ampia nazione degli Irochesi, rifiuta di andare a nozze per motivi dinastici e sposa invece la fede in Gesù portata sulle rive dell’allora Nuova Amsterdam dai gesuiti francesi (invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto talora cambia: in realtà la povera Tekakwitha prima “sposa” Gesù, poi rifiuta di sposare un uomo; nota mia). Devastata dal vaiolo che decimò la regione, uccise i suoi genitori e le lasciò i segni sul volto dolcissimo, Kateri con lo zelo delle convertite trasformò il piercing diffuso tra i nativi in una tecnica per l’automortificazione, facendo sanguinare il corpo a imitazione del sangue di Cristo: finché un’amica “visa pallida”, Marie Therese, espresse tutta la sua disapprovazione per quella tecnica selvaggia consigliandole i più occidentali carboni ardenti. Nata a Ossernenon, l’odierna Auriesville, New York, per sfuggire le persecuzioni Kateri dovette rifugiarsi in Quebec, Canada, in una comunità di nativi che come lei aveva abbracciato il cristianesimo. Battezzata a vent’anni, a ventitré fece voto di castità. La malattia la piegò un anno dopo: “Jesus, I love You!” furono le sue ultime parole. (La Repubblica, martedì 20 dicembre 2011). Bella storia. Bell’esempio da propinare “santificato” ai nostri Figli, quello di un’infelice ragazza fatta impazzire da neri aggressori venuti di là dall’Oceano e da nessuno curata, da nessuno aiutata a non ferire sé stessa fino a distruggersi anche fisicamente.

 

Ecco perché Giù le mani dai nostri Figli! significa in primo luogo Giù le mani dalle menti dei nostri Figli!. È ora di dire Basta! alla storia millenaria del Futuro di intere generazioni devastato fin dalla nascita nei Bambini indifesi. È necessario, è di vitale importanza, che siano sempre meno le Madri e i Padri che sottovalutano ciò che soffrono i Bambini da chi racconta loro come vere e propone loro come ammirevoli storie ed esempi come questi. Poiché è sempre dalla parola, compresa la più melliflua e carezzevole, che ha inizio (e talora un mostruoso séguito) la violenza di chi non è più capace di affetti.

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mercoledì 14 dicembre

 

 

Seminarono vento, raccolsero tempesta

 la crepa della finta sinistra nell’antirazzismo della Sinistra

 

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Che dice Piero Fassino (ex segretario del Pd, oggi sindaco di Torino) dell’incendio appiccato da squadracce razziste al Campo Nomadi della Continassa? Molte cose. Troppe, anzi ― bastava che si scusasse, con gli Italiani rimasti umani, per aver inseguito (e “sdoganato”) per anni l’odio leghista e fascista contro i Migranti e i Rom ― ma abbastanza interessanti, nella malcelata ostinazione nell’insensatezza che le contraddistingue, perché valga la pena di sopportarne la lettura.

 

“No ai linciaggi,” dice il Fassino, “e a chi vuole far prevalere odio e violenza. È inaccettabile che si dia luogo a manifestazioni di linciaggio nei confronti di persone estranee ai fatti con la sola ragione che sono cittadini stranieri. Torino è una città civile. È dovere della nostra comunità respingere chi vorrebbe precipitare la vita della nostra città nell’odio e nella violenza” (La Repubblica, domenica 11 dicembre). “È inaccettabile, a maggior ragione per una città che è la capitale dell’accoglienza... È la spia di una situazione di grande difficoltà e disagio. Bisogna affrontare le ragioni che hanno provocato questo scoppio d’ira (La Repubblica, lunedì 12 dicembre). A Torino non c’è un problema di razzismo. Torino ha sempre mostrato una grande capacità di accogliere e integrare i flussi migratori: in passato, tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900, quando l’industrializzazione portò grandi masse contadine dalle campagne in città, e poi negli anni ’50, ’60 e ’70, quando sono arrivate centinaia di migliaia di persone dal Sud e dal Nord-est del Paese perché sapevano che qui avrebbero trovato lavoro e la possibilità di costruire una vita sicura. (...) Si tratta di un episodio inaccettabile, inammissibile, che va condannato. Vanno accertate le responsabilità e i colpevoli devono essere chiamati a rispondere. (...) Soprattutto in una fase di crisi economica e insicurezza, c’è il rischio di guardare con crescente diffidenza lo straniero, il diverso, come un competitore se non addirittura un nemico. In più questa vicenda è la spia di un malessere particolare che si ha nei confronti dei rom (sic, l’iniziale minuscola è de L’Unità, n.d.r.), una popolazione straniera diversa, meno stanziale. A Torino ce ne sono duemila: una parte è ospitata in campi regolari, altri vivono in campi irregolari, dove accanto a tanta povera gente ci sono persone dedite ad attività illecite. Questo suscita paura e pregiudizio, e il problema dev’essere affrontato e rapidamente risolto mettendo immediatamente in campo strategie che tengano insieme sicurezza e accoglienza. Bisogna anche tener conto del fatto che siamo all’indomani della sentenza del Consiglio di Stato che ha dichiarato illegittime alcune norme sugli immigrati assunte da Maroni e che quindi siamo in carenza di un quadro normativo adeguato. Ho parlato già la scorsa settimana con il ministro degli Interni, Cancellieri, perché sapevo e so che la situazione dei rom (sic, la minuscola è de L’Unità, n.d.r.) è critica, a Torino come a Milano, Napoli o Roma, e mi sono fatto carico di rappresentare al ministro la necessità di una strategia comune tra governo ed enti locali per dare una sistemazione ai rom (sic, la minuscola è de L’Unità, n.d.r.) che vogliono stabilizzarsi nella legalità e di allontanare chi non lo accetta” (L’Unità, lunedì 12 dicembre).

 

Ho messo in corsivo le frasi più preoccupanti, ma prima di commentarle voglio ricordare i pesanti trascorsi del Fassino (e della finta sinistra di cui è uno dei maggiori esponenti) in questa materia.

 

Il Fassino, infatti, è un finto sinistro non “solo” perché si schiera col Marchionne contro i Diritti umani e contro i Lavoratori. Il Fassino è un finto sinistro anche e soprattutto perché (come tutti i finti sinistri) da anni fa l’occhiolino ai razzisti portatori di moccichino verde e fascisti. Nel maggio del 2009, per esempio, mentre gli Italiani rimasti umani provavano dolore e vergogna per le violenze del governo Berlusconi-Maroni nel Canale di Sicilia, il Fassino dichiarava: “Il respingimento degli immigrati non è uno scandalo, si è fatto anche quando eravamo noi al governo”. E il Fassino era ed è un “amico di merende” di quell’altro gran finto sinistro del Chiamparino Sergio; il quale, sempre nel maggio del 2009, in un’intervista al Mattino aveva difeso i respingimenti alle frontiere (pur sapendo (1) che il modo in cui venivano eseguiti, tipico dei procedimenti posti in atto da leggi razziali, vanificava il diritto costituzionale d’asilo di alcuni dei “respinti”, (2) che i “respinti” sarebbero andati a finire nei lager di Gheddafi, e (3) che perciò i respingimenti erano stati condannati, oltre che da tutti gli Italiani rimasti umani, dall’Alto commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati), aveva chiesto “confini blindati”, aveva attaccato la parte sana del suo stesso partito, il Pd, chiamandola “sinistra degli snob”, e aveva concluso: “La mia linea, sugli immigrati clandestini, coincide con quella di Fassino”, dopo di che aveva sùbito ottenuto (che lo dico a fare?) la piena solidarietà di altri due finti sinistri di lungo corso come il Letta Enrico e il Penati Filippo. Non solo: il finto sinistro Fassino è noto anche per esser pappa e ciccia col finto sinistro Veltroni, che ai primi di dicembre del 2007 (mentre incontrava Berlusconi e ― in accordo col medesimo, per la serie Molotov-Ribbentrop ― si preparava a far cadere il governo Prodi “colpevole”, agli occhi della finta sinistra, di includere alcuni ministri della Sinistra radicale) intanto gridava: “In Italia c’è un problema Rumeni!” (facendo così di un intero popolo un problema senza curarsi del fatto che il termine “problema” è strettamente connesso ai termini “soluzione” e “finale”) e da sindaco di Roma chiedeva e otteneva la devastazione dei Campi Nomadi della capitale nonché la distruzione delle proprietà e la deportazione delle Donne, dei Bambini e degli Uomini che in quei Campi vivevano. E tutt’e tre, il Fassino il Chiamparino e il Veltroni, non son forse pappa e ciccia con quell’altro gran finto sinistro del Renzi Matteo, che a Firenze nel 2008, anche in base ai nuovi poteri conferiti ai sindaci dal decreto Maroni del 5 agosto 2008, ha varato una delibera addirittura peggiorativa della tristemente famosa ordinanza contro i lavavetri firmata dall’assessore Cioni (anche lui finto sinistro) nell’estate 2007?

 

La finta sinistra, invero, dal 2007 a oggi si è assunta una responsabilità perfino più grave di quella dei portatori di moccichino verde e dei fascisti, poiché ― con innumerevoli prese di posizione, ordinanze di sindaci e assessori nonché campagne di stampa di quotidiani finti sinistri anch’essi ― ha aggredito e corroso la Resistenza al razzismo di milioni di Donne e di Uomini di Sinistra che sono l’unico baluardo del Paese, l’unica difesa su cui l’Italia può contare. Come si può considerare casuale, dunque, il fatto che proprio le città amministrate dai finti sinistri siano luogo oggi di esplosioni di follia razzista?

 

Eppure il Fassino, da “buon” finto sinistro, fa finta di niente. “A Torino non c’è razzismo”, proclama, e delle due l’una, o mente o è un ignorante di prima forza, poiché i Torinesi non rimasti umani son sempre stati fra i più intolleranti e razzisti d’Italia, e gli Immigrati meridionali soffrirono a Torino le pene dell’inferno, prima di riuscire a poco a poco a integrarsi, e gli unici che li difesero, e che allo stesso modo sarebbero stati pronti a difendere i Migranti dal Sud del mondo, erano i Torinesi di Sinistra prima che i Chiamparino e i Fassino venissero a farli dubitare di sé stessi e dei propri valori.

 

Ma il Fassino ― invece di chiedere scusa per la confusione seminata per anni nelle menti dei Cittadini di Sinistra ― dinanzi a fatti mostruosi come il pogrom incendiario alla Continassa cosa fa? Minimizza e continua a far l’occhiolino all’intolleranza e al razzismo.

 

Minimizza: dice che è inaccettabile (aggettivo, di per sé, già molto riduttivo) che si dia luogo a manifestazioni di linciaggio nei confronti di persone estranee ai fatti con la sola ragione che sono cittadini stranieri! Perché, se non fossero stati estranei ai fatti il linciaggio sarebbe stato meno inaccettabile? E il fatto che erano cittadini stranieri, è sicuro il Fassino che possa essere definito una ragione?

 

Fa l’occhiolino: ciò che è accaduto, dice, è la spia di una situazione di grande difficoltà e disagio. E così, oltre che spostare l’attenzione dalle vittime ai carnefici, insinua che difficoltà e disagi possano indurre gli Esseri umani a tentare stragi. Ma quanti, in Italia e nel mondo, vivono estremi disagi eppure non torcono un capello ad alcuno? Nessuna difficoltà, nessun disagio, causano follia omicida.

 

Ma al Fassino questo livello già alto di “diseducazione” non basta. Deve anche insinuare (prima di concludere deplorando che una sentenza del Consiglio di Stato abbia dichiarato illegittime alcune norme sugli immigrati assunte da Maroni) che queste difficoltà, questi disagi (che secondo lui trasformerebbero chi li subisce in assassini) possano essere ulteriormente aggravati dal malessere particolare che si ha nei confronti dei rom. Poiché i Rom, dice, rappresentano una situazione critica.

 

Cioè un problema, no? A cui, come a ogni problema, si dovrà trovare una soluzione, vero? E perché non una soluzione finale? I finti sinistri, come i berluscisti e i portatori di moccichino verde, stravolgono termini delicatissimi con una fatuità impressionante, e così facendo stuprano e storpiano non solo il linguaggio, quanto soprattutto i valori e i disvalori che attraverso quei termini sono stati, gli uni difesi, gli altri esecrati, ed entrambi tramandati come fondamentale patrimonio etico della Sinistra.

 

Esagero? Magari. Ma non è così, purtroppo. E lo dimostra, lugubremente, il fatto che le “argomentazioni” del Fassino sono del tutto analoghe agli allucinanti discorsi di un Borghezio (il portatore di moccichino verde che l’estate scorsa pubblicamente difese i deliri del massacratore norvegese Breivik definendoli “idee condivisibili”) e addirittura a quelli dei dirigenti di Casa Pound.

 

Mario Borghezio: “È un fatto sicuramente molto negativo,” dichiara, riferendosi con questo aggettivo incredibilmente minimizzante al pogrom della Continassa, “però, se non vogliamo nasconderci dietro il dito, al di là di gravi responsabilità personali di singoli che han dato luogo all’aggressione, c’è il disagio della popolazione, quella non ricca che non dimora nella collina torinese, alla quale forse non si doveva regalare un campo nomadi” (La Repubblica, lunedì 12 dicembre).

 

Casa Pound Italia: “Oggi si è consumata una immane tragedia della follia, e quattro persone sono morte senza motivo, ma se è avvenuta vogliamo ricordare che è anche perché questo Stato non è in grado di fornire alcuna protezione e assistenza ai suoi figli più deboli”.

 

Spostano l’attenzione dalle vittime alle presunte “ragioni” dei carnefici. Insinuano che tali presunte “ragioni” possano indurre chiunque provi un disagio alla devastazione, all’assassinio e alla strage. Invocano misure non nei confronti dei razzisti (che dovrebbero ricevere cure psichiatriche fin dalle prime parole che in tal senso si lascino sfuggire) ma contro gli Uomini, le Donne, i Bambini che da razzisti non curati (non solo: neppure diagnosticati) rischiano ogni giorno di essere offesi, umiliati e uccisi.

 

Il Borghezio e Casa Pound parlano come il Fassino, anche se con meno cautela?

 

No. Il Borghezio e Casa Pound sono come il Fassino. E come tutta la finta sinistra.

 

È ora che il Partito democratico, i suoi dirigenti, i militanti e ogni Italiano rimasto umano se ne rendano conto. È tempo di tolleranza culturale zero, contro gli avvelenatori del sapere rimasto umano

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domenica 11 dicembre

 

Perché John Kennedy fu ucciso e Aldo Moro no?

 

Perché John Kennedy fu ucciso e Aldo Moro no?

 

Perché John Kennedy fu ucciso e Aldo Moro no?

 

 

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Il 5 dicembre ho scritto su Facebook: “Sono a pag. 489 di 22/11/’63, l’ultimo romanzo di Stephen King. Non so cosa ne penserò quando sarò arrivato a pag. 768, ma le ultime trenta mi son sembrate una delle più grandi lezioni di Storia (e di Letteratura) della mia vita. In parte anche perché il TG delle 20 del 22 novembre 1963 (avevo dodici anni e mezzo, allora) lo ricordo come se lo avessi subìto stasera”.

 

Ma l’ho scritto davvero? Chi andrà a controllare scoprirà che in questo articolo ho reso quel post più elegante... C’entra con l’idea fantascientifica di viaggiare nel tempo per cambiare il passato?

 

Ora che sono arrivato a pag. 768, l’emozione di una settimana fa si è un po’ sbiadita. Le pagine successive alla 489esima mi hanno spesso deluso... Come mai? Spiegarlo non è facile, anche perché non posso rivelarvi (cioè rischiare di prestabilire) come il romanzo andrà a finire per voi.

 

La prenderò un po’ alla lontana... ma non troppo, come si vedrà.

 

Dice King nella postfazione: “La prima volta che cercai di scrivere questo libro fu nel 1972. Rinunciai, perché la ricerca che il progetto implicava era soverchiante per uno che insegnava a tempo pieno. C’era anche un altro motivo: persino nove anni dopo i fatti, la ferita non era ancora guarita. Sono contento di aver aspettato” (Stephen King, 22/11/’63, trad. di Wu Ming 1, Sperling & Kupfer, 2011, p. 766). Ha aspettato trentasette anni: a pag. 761 la stesura del libro è datata 2 gennaio 2009 - 18 dicembre 2010.

 

Meno di sei anni prima, nel settembre del 2003, Marco Bellocchio terminò Buongiorno, notte, con Maya Sansa e Roberto Herlitzka, “liberamente ispirato” alla vicenda di Aldo Moro rapito e assassinato dalle Brigate rosse fra il 16 marzo e il 9 maggio del 1978: un capolavoro che ha avuto grande successo anche negli Stati Uniti, dove Good Morning, Night è stato presentato ai festival internazionali di Portland (febbraio 2004), di Philadelphia (aprile 2004), di Milwaukee (ottobre 2005) e nei cinema di New York a partire dall’11 novembre 2005. Stephen King potrebbe averlo visto e averne tratto ispirazione? Penso di sì. Non solo: penso che King, che certo non difetta di intuizione, abbia sentito nell’opera di Bellocchio qualcosa di troppo grosso per lui, qualcosa a cui non ha “retto”, e per questo abbia fallito l’impresa di regolare con l’assassinio di Kennedy “i conti” che non gli erano riusciti nel ’72.

 

La pagina del sito Imdb (Internet Movie Database, http://www.imdb.com/title/tt0377569/) dedicata a Buongiorno, notte si conclude con questo preteso “anacronismo”: “Near the end, when Aldo Moro walks away in the deserted street, you can see a multicolored Peace flag in the background. Those flags would decorate Italian streets only in 2003, to oppose the invasion of Iraq”, “verso la fine, quando Aldo Moro si allontana per una strada deserta, sullo sfondo è visibile una bandiera multicolore della Pace. Ma quelle bandiere avrebbero decorato le strade italiane solo nel 2003, per opporsi all’invasione dell’Iraq”.

 

È significativo che qualcuno abbia scambiato per un “errore” del regista un’immagine che è invece un ottimo esempio della rigorosa (benché irrazionale) “esattezza” della sua fantasia...

 

Aldo Moro ha trovato aperta la porta della prigione brigatista nel maggio del ’78? Certo che no. Solo nel 2003, mentre si girava l’ultima scena di Buongiorno, notte, Aldo Moro è stato liberato da una donna che nel farlo ha ritrovato sé stessa e ha ripreso a realizzare la propria umanità. In quel momento, nel settembre del 2003, il passato è stato cambiato e ha smesso di dispiegare i suoi perniciosi effetti, se non ancòra sull’Umanità tutta, almeno sui milioni di Donne e di Uomini, tra i quali buon ultimo il sottoscritto, che finalmente hanno ritrovato Aldo Moro vivo, e con le lacrime agli occhi si son sentiti liberi, insieme a lui vivo, da un po’ a molto più di quanto lo erano stati negli ultimi venticinque anni.

 

Il viaggio nel tempo è dunque possibile? Sì. Ma nel solo tempo di cui disponiamo: il presente.

 

Sto forse parlando di viaggi fantastici, realizzabili solo nell’immaginazione? Sì e no. È nell’immaginazione, certo, che Aldo Moro trova la porta aperta e s’incammina in una nuova vita, sua e del Paese, che né lui né noi immaginavamo prima di quel momento. Ma è nella realtà che in milioni di Uomini e  Donne si dispiegano gli effetti di questa “immaginaria” trasformazione del passato entro loro stessi.

 

Stephen King non l’ha capito, quando (e se) ha visto Buongiorno, notte. O forse lo ha capito benissimo, magari inconsapevolmente, si è infuriato per non averlo scritto lui (o, peggio, si è infuriato “disinteressatamente”, a comando subliminale ― per la serie The Manchurian Candidate ― come accade agli intellettuali nostrani al servizio del Potere), ha deciso di mettersi in viaggio nel tempo per tornare a cambiare in peggio il passato cambiato in meglio da Marco Bellocchio, e ha scritto 22/11/’63.

 

Fantasticherie? Può darsi. Ma una cosa è certa: l’ultimo romanzo di King (leggetelo e controllate, io non verrò meno alla promessa fatta di non raccontarvelo) dichiara impossibile il viaggio nel tempo non perché in contrasto con le leggi fisiche ― tant’è che il protagonista, un insegnante, viaggia nel tempo e come ― ma esclusivamente perché l’immaginazione umana, dice lui, non sarebbe in grado di far fronte alla gigantesca complessità del tentativo. 22/11/’63, cioè, tenta di colpire l’immaginazione che ci rende umani negando che essa possa ciò che solo noi Umani possiamo: far fronte al presente con infinita creatività, trasformare il passato, rendere il futuro diverso da quello che altrimenti sarebbe.

 

Il discorso è esplicito: «Il suo viso si contrasse. Si portò le mani alle tempie e premette, come per tenersi a posto il cervello. Ma fu la tessera nella fascia del cappello ad attirare quasi tutta la mia attenzione. Il colore era instabile. Per un momento turbinò e fluttuò, ricordandomi il salvaschermo che si impadroniva del mio computer quando restava inattivo per oltre un quarto d’ora. Il verde mutò in un pallido giallo canarino. Poi, mentre l’uomo abbassava lentamente le mani, tornò verde. Ma un verde meno brillante di prima. (...) “Non ci capisco niente”, dissi, ma non era del tutto vero: potevo almeno immaginare cosa fosse la tessera che quell’uomo (...) teneva nel cappello. Era come i dosimetri indossati dai lavoratori delle centrali nucleari, solo che, anziché misurare le radiazioni, monitorava... cosa, la salute mentale? Verde: il tuo sacchetto di biglie era pieno; giallo: avevi iniziato a perderne qualcuna; arancione: chiamare i tizi in camice bianco! E quando la tessera diventava nera... (...) “È una... come si dice? Una malattia professionale. (...) Gli uomini (e noi siamo uomini, non alieni o esseri soprannaturali, se è questo che pensavi) non sono fatti per tenere insieme una molteplicità di realtà diverse. Non è come usare l’immaginazione. (...) È come l’Alzheimer, ma non è Alzheimer. Succede perché il cervello tenta di riconciliare tutte quelle sovrapposizioni di realtà. (...) Intasano il marchingegno, e arriva il momento in cui il marchingegno, semplicemente... si ferma”» (S. King, 22/11/’63, cit., pagg 719 – 723).

 

Tipico, forse, per uno scrittore onnisciente qual è King, temere che ognuno debba poi “reggere” da solo, anziché insieme a milioni di Uomini e Donne, l’immenso edificio d’immaginazione che trasformare il passato (e/o il futuro) richiede? Forse sì. Mi piace pensarlo, poiché mi dispiacerebbe cambiare in peggio, in me, l’affetto e la riconoscenza per le centinaia di ore appassionanti che ho trascorso con lui

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lunedì 5 dicembre

 

Il governo degli speculatori in Borsa, degli evasori fiscali e dei vescovi

 

Il governo degli speculatori in Borsa, degli evasori fiscali e dei vescovi

 

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“Ecco il decreto salva-Italia”, titola La Repubblica di lunedì 5 dicembre. Titolo che meriterebbe di essere annoverato tra i più squallidi della storia della stampa (da quando in qua i giornali danno le notizie... del futuro?!) e che le virgolette non rendono meno vergognoso perché mentono, il Monti non ha parlato come un indovino: “Siamo stati chiamati per salvare l’Italia” ha detto, e quel per, benché insincero anch’esso (altri sono gli scopi del governo, li vedremo fra poco, e la salvezza dell’Italia, ammesso che vi sia compresa, è in realtà la salvezza della piccola parte d’Italia che vuol salvarsi da sola mandando a fondo noi) rende il dire montiano meno fasullo di un titolo che spaccia la “salvezza” per già conseguita.

 

Prima Domanda: La manovra ― che non è “salva-Italia” ma “per salvare l’Italia” ― salverà l’Italia? No. Questa “manovra” non salverà l’Italia poiché nessuna delle analoghe manovre precedenti ha salvato le sventurate nazioni le cui classi dirigenti hanno ceduto ai ricatti delle tirannie finanziarie globali. Tutte, al contrario, sono finite una dopo l’altra in un baratro d’ingiustizia, miseria, disoccupazione, prostituzione e spietata criminalità da cui alcune, come il Messico, non sono più riuscite a risalire.

 

Limitiamoci a un esempio: la Grecia, che ci precede di meno di un anno nel precipizio, che ha già subìto la macelleria sociale che sta subendo l’Italia onesta (fino a ieri dalla destraccia impresentabile del berluscismo, oggi dalla destraccia elegante, forbita e piagnona del governo Draghi-Bagnasco-Monti), la Grecia che ormai sta peggio dell’Italia “solo” per il taglio del 25-30% degli stipendi pubblici e privati, ha forse risalito la china? Mai e poi mai: “La Grecia è ben lungi dall’essere risanata”, ci avvisava tre settimane fa Ettore Livini da una di quelle “finestre” di onestà e sincerità che di quando in quando ancora  si aprono nel monolitico edificio di propaganda di finta sinistra del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari: “Il rapporto deficit-pil continua a salire, come la disoccupazione arrivata tra i giovani al 40%. Il prodotto interno lordo (― 5,5% nel 2011) scende da tre anni consecutivi, e ad Atene hanno chiuso due negozi ogni dieci” (Ettore Livini, La Repubblica, mercoledì 9 novembre 2011).

 

Dove son finiti le lacrime e il sangue dei Greci onesti? Dove finiranno le lacrime e il sangue degli Italiani onesti? Ad arricchire quell’1% del pianeta che con la speculazione finanziaria si arricchisce sempre di più, e ci ricatta in modo sempre più disumano, e ci priva di ogni diritto, e presto ci distruggerà del tutto. Affondando insieme a noi? Probabilmente sì, ma questo non ci consolerà.

 

No, la macelleria sociale non salverà l’Italia. La macelleria sociale (quella elegante e forbita e piagnona del governo Draghi-Bagnasco-Monti non meno di quella volgare e arrogante del berluscismo) ha obiettivi che con la “salvezza dell’Italia” hanno niente a che vedere. La macelleria sociale, in realtà, cede al ricatto delle tirannie finanziarie (colpevoli della crisi per un’avidità di denaro, una malvagità-follia e un’idiozia che non hanno precedenti nella Storia), deruba gli onesti, corrode e cancella i Diritti degli Esseri umani e in particolare dei Lavoratori e dei Giovani, consente uno sfruttamento che rasenta ormai lo schiavismo, e tutto questo non lo fa per salvare “l’Italia”, ma per salvare quella piccolissima parte degli Italiani che saranno ammessi sulle poche “scialuppe di salvataggio” che le tirannie finanziarie concederanno ai propri servi, e per lasciar andare a fondo tutti gli altri. E lasciar andare a fondo noi.

 

Riuscirà così la macelleria sociale almeno a “stabilizzare” (nazisticamente) il mondo nella schiavitù del 99% sotto l’1%? No. Riuscirà solo a ritardare (forse, e comunque di poco) la catastrofe che intanto prepara e che rende a mano a mano più micidiale. Poiché le lacrime e il sangue degli onesti, che sono lacrime e sangue veri, nelle banche dei rapinatori finanziari globali si tramutano in denaro finto.

 

Seconda Domanda: Qualcuno ha visto in giro una qualche Equità?

 

Se davvero vi fosse equità, nella “manovra” del governo Monti, ciò che abbiamo scritto fin qui sarebbe falso e menzognero. Poiché, se in essa vi fosse davvero equità, il governo che ce l’ha scagliata addosso sarebbe il governo degli Italiani onesti, non il governo delle tirannie finanziarie globali e della tirannia finanziario-religiosa vaticana. Ma così non è, di equità nella “manovra” del Monti, del Passera e della Fornero non vi è traccia alcuna (proprio come nelle precedenti manovre berlusciste) e a dimostrarlo son sufficienti poche, elementari considerazioni.

 

1. Non vi è alcuna patrimoniale a carico “di chi finora ha dato poco o nulla”. All’opposto: il ritorno dell’Ici sulla prima casa, aggravato dalla rivalutazione catastale, colpisce soprattutto i milioni di Italiani onesti che a prezzo di enormi sacrifici si son resi proprietari delle quattro mura in cui vivono insieme a figli che molto difficilmente riusciranno a fare lo stesso. All’opposto: l’aumento generalizzato dell’Iva colpirà soprattutto chi vive di stipendio o pensione, e i pensionati al minimo (molti dei quali già si son ridotti a chiedere l’elemosina ai negozianti o a rubare nei supermercati) più di tutti gli altri.

 

2. Non vi è alcuna “lotta all’evasione fiscale”: il divieto di usare i contanti per i pagamenti superiori ai mille euro è ridicolmente troppo alto, e la manovra non prevede la benché minima misura contro gli evasori, che il Monti ha anzi invitato a dormire sonni tranquilli con le incredibili parole: “Colpiamo gli evasori con una non misura: non facciamo alcun condono”, che tradotte significano: Non vi preoccupate, cari evasori, il non condono è il peggio che può capitarvi2. Non vi è alcuna “lotta all’evasione fiscale”: il divieto di usare i contanti per i pagamenti superiori ai mille euro è ridicolmente troppo alto, e la manovra non prevede la benché minima misura contro gli evasori, che il Monti ha anzi invitato a dormire sonni tranquilli con le incredibili parole: “Colpiamo gli evasori con una non misura: non facciamo alcun condono”, che tradotte significano: Non vi preoccupate, cari evasori, il non condono è il peggio che può capitarvi. All’opposto: tra tutti gli evasori, si colpiscono solo i meno disonesti, quelli che credendo alla parola dello Stato hanno fatto rientrare in Italia i capitali illegalmente esportati; a costoro, il trio Monti-Passera-Fornero manda a dire: Gonzi!

 

3. Nessun contributo viene chiesto alla Chiesa miliardaria che dal 1929, grazie a Mussolini e poi a Togliatti e infine a Craxi, succhia le lacrime e il sangue degli Italiani onesti incurante di tutte le emergenze pur di continuare a satollarsi e, da qualche anno, anche a comprarsi le scarpette rosse di Prada.

 

4. Non vi è alcuna riduzione delle spese militari né delle spese per le “missioni di pace” (in realtà imperialistiche, e sempre per conto delle tirannie finanziarie globali) in varie parti del mondo.

 

5. Non vi è alcun taglio delle spese della politica. Non, almeno, delle vere spese: la “casta” si limita a sfoltire un pochino la “sotto-casta” (si sa, gli “stracci” son sempre i primi a volare, e il concetto di “stracci” è destinato ad allargarsi fino a contenere, appunto, il 99% di tutte le categorie) per mantenere (e magari ampliare, fra poco) i privilegi della “super-casta” in costruzione.

 

6. Non vi è alcuna limitazione degli scandalosi “bonus” e “buonuscite” con cui si rimpinzano a spese degli Italiani onesti i cosiddetti supermanager come il Marchionne (è tutto super, nell’1%, fateci caso, e adesso c’è anche superMario) che sono i maggiori responsabili dello sfascio o della “delocalizzazione” di grandi aziende che erano il frutto del duro lavoro di generazioni di Donne e di Uomini...

 

Avremmo altri punti non meno importanti da aggiungere, e c’è sicuramente dell’altro, e forse di peggio, scritto in caratteri piccoli, che non siamo ancora riusciti a vedere. Ma ci fermiamo qui, perché i sette punti elencati sono già più che sufficienti a rendersi conto della vera natura, predatoria, del governo Draghi-Bagnasco-Monti. Che di equità sa nulla, e tra sé ne ride a crepapelle, ma che pretesco com’è (a differenza in peggio del berluscismo) si è sentito in dovere di scimmiottarla con la trovata della rinuncia del Monti allo stipendio (un’elemosina che noi qui, per la nostra parte, gli gettiamo in faccia) e con le lacrime di coccodrillo della Fornero: nel complesso una sceneggiata strappalacrime che fa rimpiangere, lo ripetiamo, la sincera protervia da “coatto” di Silvio Berlusconi... Niente per la crescita, niente per l’occupazione (dicono, i fanfaroni-per-non-chiamarli-peggio, che ridurranno l’Irap “alle imprese che assumono”; ma quali imprese assumeranno, in una recessione che la “manovra” renderà più grave?), niente per i giovani: la crisi peggiorerà, nei prossimi mesi, e a pagarla fin in fondo saremo noi, gli Italiani onesti, e soprattutto i nostri Figli. I quali, con le lacrime della Fornero, non potranno farci neanche la birra in cui già troppi di loro cercano invano di annegare la crescente disperazione.

 

Terza Domanda: C’era bisogno di un governo Draghi-Bagnasco-Monti per fare strame degli Italiani onesti? Non poteva continuare a farlo il Berlusconi-Tremonti-Bossi, che aveva il pregio di riderci in faccia, nel frattempo, e così ci aiutava almeno a salvare i nostri veri sentimenti, anziché tentare di anestetizzarli e distruggerli a forza di eleganza, buone maniere e lacrime fasulle?

 

Sì, c’era bisogno di un Monti per far peggio di un Berlusconi, la cui cattiveria, per le tirannie finanziarie globali, era ancora troppo “intenerita” dalla sua passione per i sondaggi plebiscitari, cioè non era ancora abbastanza da schiavista vero. Un peggio economico, certo ― delineato nelle righe precedenti ― ma anche e soprattutto un peggio politico. Che tentiamo di delineare nelle righe che seguono.

 

1. La caduta del governo Berlusconi-Tremonti-Bossi è stata ― lo sanno tutti ― un colpo di Stato “freddo”. Non “per salvare l’Italia”, come abbiamo visto. E non contro Berlusconi. Il golpe freddo a cui ― chi attonito, chi disperato, chi imbambolato dalla propaganda della finta sinistra ― abbiamo tutti assistito, golpe freddo predisposto e realizzato da un circolo ristretto di alte cariche dello Stato e della Chiesa coadiuvato da un certo numero di lanzichenecchi all’interno di quasi tutti i partiti, e del quale la caduta di Berlusconi è stata solo lo strumento, ha avuto come suo principale se non unico obiettivo politico (e condizione sine qua non anche del perseguimento degli obiettivi economico-finanziari) quello di “terminare” la rigenerazione in corso del Partito democratico come partito di (vera) Sinistra (rigenerazione potenzialmente in grado, tra l’altro, di avviare processi analoghi nelle Sinistre europee e mondiali, e invisa perciò a forze che vanno ben al di là dei confini dell’Italia), di arrestare la crescita dei consensi nei suoi confronti (annunciata dai sondaggi), di scongiurare le elezioni anticipate, naturale esito democratico della crisi del berluscismo, e di impedire a Pier Luigi Bersani di diventare il presidente del Consiglio.

 

2. Per evitare tutto ciò, bisognava costringere il Pidièlle e il Partito democratico a collaborare. Il che si è ottenuto con due distinti e convergenti ricatti: il crollo in Borsa delle azioni Mediaset (orchestrato, è ovvio, dai cosiddetti “mercati”) ha tramutato in un agnellino il Berlusconi; la minaccia di scissione del Partito democratico (l’ala destra e i servi della tirannia finanziario-religiosa vaticana essendo pronti a passare al Terzo polo non appena “le più alte cariche dello Stato e della Chiesa” glielo avessero ordinato) ha tramutato in un agnellino Pier Luigi Bersani (anche se noi, facili alle illusioni come la gran parte degli Italiani onesti, speriamo ancora che l’agnellitudine del segretario sia solo una maschera).

 

3. Dai punti 1 e 2 consegue che il vero scopo politico del governo Draghi-Bagnasco-Monti (conditio sine qua non, lo ripetiamo, del perseguimento degli obiettivi che le tirannie finanziarie globali e la tirannia finanziario-religiosa vaticana pretendono da esso) è quello di completare la distruzione della Sinistra italiana, che il Veltroni e camerati iniziarono ma non riuscirono a portare avanti, nel senso e sull’esempio di quel che già è riuscito contro la Sinistra Usa e quella inglese.

 

È ancora possibile fermarli?

 

Forse no. Ma se invece lo fosse, molto ― per non dire tutto ― dipende dalla parte sana del Partito democratico, che deve avere il coraggio e l’intelligenza di capire che bisogna assolutamente votare al più presto, poiché niente di quel che ci viene minacciato sarebbe peggio, nel medio periodo, della fine della democrazia e della morte dell’ultima importante Sinistra europea e mondiale degna del proprio nome. Chi farà cadere il governo Draghi-Bagnasco-Monti pagherà un enorme prezzo elettorale? Non lo pensiamo. Pensiamo, al contrario, che le scomposte reazioni in cui incorrerebbero in tal caso la destra e la finta sinistra aprirebbero finalmente gli occhi a tutti gli Italiani onesti che ancora li tengono chiusi. Le tirannie finanziarie globali ci salteranno addosso e faranno fallire l’Italia? Non lo pensiamo, poiché fallirebbe l’Occidente intero e con esso le tirannie medesime. No, pensiamo che il loro sia un bluff, e che il solo modo per salvarci davvero ― per salvarci da Liberi, non da schiavi ― sia di andare a vederlo.

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L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).

L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

 

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