Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
La Terra vista da Anticoli Corrado nel novembre del 2015
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(Venerdì 27 novembre 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Emiliano Fittipaldi, rinviato a giudizio nello Stato
straniero della Città del Vaticano per un libro pubblicato in Italia (in
caso di condanna, sarà estradato come Giordano Bruno?) scrive a
la Repubblica. Un solo errore,
quando dice:
“Io
non sono incolpato per aver diffamato qualcuno, né per aver scritto
falsità: finora nemmeno un rigo di Avarizia è stato smentito.
Sono stato rinviato a giudizio perché un nuovo articolo del codice
penale vaticano, approvato da papa Francesco nel luglio del 2013,
prevede pene severe per chiunque riveli notizie o documenti riservati”.
Forse Fittipaldi ignora che anche in Italia, contro la
Costituzione,
milioni di donne e di uomini (tutti i lavoratori dipendenti, privati e
pubblici) possono essere perseguiti per avere rivelato notizie o
documenti definiti riservati dalle amministrazioni o dalle
aziende per le quali lavorano. I giudici spesso li assolvono, poiché
giustamente considerano la Costituzione più importante di qualsiasi
legge, norma o regolamento liberticida, ma... fino a quando? Visto che i
governi degli ultimi vent’anni, uno più liberticida dell’altro
(Berlusconi, Monti, Letta, Renzi) hanno tentato e continuano a tentare
di asservire il Potere giudiziario ai voleri dell’esecutivo?
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La notizia sul sito de la Repubblica. I particolari sull’organizzazione terroristica internazionale che si guarda bene dal rivendicare la strage sul sito Lettera 43. ScuolAnticoli si augura che tutte le capitali del mondo si addobbino con i colori della bandiera birmana, che tutti i profili Facebook e Twitter facciano lo stesso, e che il ministro Giannini proponga un minuto di silenzio in tutte le Scuole italiane. (A qualcuno, forse, sembrerà che questa campana suoni troppo da lontano perché si possa dolersene come quando suona a Parigi. A costoro mi permetto di ricordare le parole del poeta John Donne: Non domandarti per chi [o dove] suoni la campana: essa suona per te). (Domenica 22 novembre 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Giovedì 19 novembre 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Perché noi Docenti non dovremmo eleggere i nostri rappresentanti nel comitato di valutazione Clicca qui per leggerlo in .pdf o qui per leggerlo in .doc. Oppure vai alla pagina dedicata.
Perché noi Docenti non dovremmo eleggere i nostri rappresentanti nel comitato di valutazione? 1. Eleggerli significa proclamare ufficialmente che tutti i Docenti devono essere valutati. Che tutti i Docenti, cioè, sono sospetti di inaffidabilità e di scarsa competenza. E che tutti i Docenti, pertanto, devono essere costantemente controllati. Lasciamo che sia il Governo a delegittimarci e sfiduciarci a priori davanti alle Famiglie e agli Alunni, non fiancheggiamolo contro noi stessi! 2. Il comitato di valutazione avrà un solo potere: servire il potere contro i docenti. Non potrà, quindi, essere “mite” (come alcuni di noi, propensi a candidarsi, credono ingenuamente di poter essere). Il comitato, infatti, stabilirà solo i criteri della valutazione. Ma sarà il Dirigente a interpretarli a proprio arbitrio.
(Nota. I criteri dovranno essere declinati sulla base di 3 vettori. Il primo è la qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica. Il secondo, i risultati ottenuti dal Docente o dal gruppo di Docenti in relazione al potenziamento delle competenze degli Alunni e dell’innovazione didattica e metodologica. Il terzo si baserà sulla natura e l’entità delle responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale. In buona sostanza, dunque, l’unico criterio oggettivo è il terzo. Mentre sul primo e sul secondo peseranno, inevitabilmente, considerazioni legate al mero gradimento dell’utenza. Il parere del comitato non sarà vincolante per il Dirigente scolastico. L’articolo 9, comma 3, della legge prevede infatti che il Dirigente valuti il Docente interessato “sentito il comitato di valutazione”. Ciò vuol dire che il Preside, se lo riterrà, potrà motivatamente discostarsene (tra le più recenti si veda la sentenza 474/2015 del Tar della Campania). In caso di valutazione negativa, il Dirigente scolastico provvederà alla dispensa dal servizio con effetto immediato, senza obbligo di preavviso. Se il Docente verrà da un altro ruolo scolastico o della pubblica amministrazione, il Dirigente provvederà a restituirlo al ruolo di provenienza. La nuova disciplina non prevede più la possibilità di ripetere l’anno di prova in caso di valutazione negativa. Dunque, l’Insegnante messo alla porta non potrà che ricorrere al Giudice. Chi di noi vuol condividere la responsabilità di un licenziamento che il Dirigente potrà comminare anche in caso di parere negativo del comitato? Chi se la sente? Spero nessuno!)
La possibilità che ci è stata “generosamente concessa” di eleggere i nostri rappresentanti nel comitato, dunque, ha in realtà un solo scopo: renderci corresponsabili, ma senza alcun potere di contrasto, della nostra delegittimazione in massa dinanzi all’opinione pubblica nazionale e locale. Dimostrare che anche noi chiediamo di essere valutati. Che noi per primi, cioè, non ci fidiamo di noi stessi.
3. Per i motivi appena esposti, dunque, chiedo a tutti i Docenti A. Di non candidarsi, per non consegnarsi a un ruolo di “caporali”, umanamente e professionalmente indegno, e perché la candidatura stessa equivale già a una dichiarazione di preconcetta sfiducia nei propri colleghi. B. Di non votare gli eventuali candidati, poiché votarli ― al di là del giudizio positivo che si può avere su di essi come Docenti e come colleghi ― significa riconoscersi, dinanzi alla Comunità scolastica, “bisognosi” di essere valutati e costantemente controllati. E, in via subordinata, chiedo agli eventuali candidati eletti C. Di dimettersi immediatamente, qualora ottengano un numero di voti inferiore alla metà più uno dei votanti. Clicca qui per leggerlo in .pdf o qui per leggerlo in .doc. Oppure vai alla pagina dedicata. (Lunedì 16 novembre 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Anticoli Corrado e Parigi, e ovunque nel mondo, venerdì 13 novembre 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com). (Post scriptum: Leggo commenti secondo i quali il Giubileo sarebbe una sfida al fondamentalismo islamico. Naturalmente è vero l’opposto: il Giubileo è una proposta di alleanza del fondamentalismo cristiano al fondamentalismo islamico. Preannunciata da Bergoglio dieci mesi fa, dopo il massacro della redazione di Charlie Hebdo, quando disse: “Se un amico dice una parolaccia sulla mia mamma, si aspetti un pugno”. E oggi, ancora a Parigi, la scelta, come principale obiettivo dell’azione stragista, non di una chiesa ma di un teatro in cui si esibivano i Death Metal ― scelta per altro ignorante, poiché quel gruppo si chiama così ma non è metal ― che altro può essere se non una chiara accettazione di tale alleanza? Dieci mesi fa:
Quando in me non vi fu l’idea, consapevole o meno, di uccidere mia madre e mio padre Clicca qui per leggerlo in .pdf o qui per leggerlo in .doc.
A sedici anni m’innamorai di una ragazza (che chiamerò Valentina). E i miei ci dichiararono guerra. Forse perché misi di studiare? No. Avevo smesso già da un pezzo. Non sopportavo l’istituto religioso e solo maschile che mi avevano imposto (l’ho raccontato ne L’Istituto che quasi mi uccise) e lo “combattevo” così: “dimenticando”, non appena ne uscivo, tutto ciò che aveva a che fare con esso. Valentina mi sconvolgeva, è vero. Ma in un modo che mai e poi mai avrei voluto dimenticare, benché non capissi (né tanto meno mi domandassi) come mai soffrire in quella “scuola” mi fosse insopportabile e soffrire per lei mi fosse invece necessario come l’aria che respiravo. Lo capisco oggi: non pensando che a lei, in poche settimane ero riemerso da un vuoto affettivo che mi avrebbe fatto impazzire, se avesse continuato ad aggravarsi, ed ero approdato a una terra di dolore e di preoccupazione che mi sembrava di non aver mai conosciuto prima di allora. E quella terra era un’isola deserta (l’idea di chiedere aiuto non mi sfiorava neppure, e mai e poi mai a mia madre e mio padre, poiché tra noi non c’era più rapporto, se mai vi era stato), ma... neanche Valentina poteva aiutarmi: era lei, pur non volendo, la causa del dolore e della preoccupazione ai quali sentivo, senza capire perché né tanto meno domandarmelo, che non avrei voluto rinunciare per niente al mondo. Era sempre buia, sfuggente, nascosta in sé stessa come una chiocciola nel suo guscio: muta, non parlava con me se non per dirmi che tutto, fra noi, certamente sarebbe finito. Io, di conseguenza, non parlavo con lei se non per dirle che non potevo accettarlo, e per supplicarla invano di confidarmi i motivi di tanta sfiducia. Lei, allora, prendeva a maltrattarmi, a mettermi alla prova, forse a punirmi di chissà che cosa, e litigavamo fin quasi a odiarci. Poi facevamo pace, con indicibile sollievo di entrambi, e per un po’, malgrado sapessimo che la tregua non sarebbe durata, eravamo immensamente felici. Finché, un pomeriggio d’aprile, sulla spiaggia libera di Ostia (cinquanta lire in tasca fra tutt’e due, ma dinanzi a noi un tramonto così struggente, e dal mangiadischi una musica così dolce, che la prospettiva di tornare a Roma a piedi non ci preoccupava affatto) Valentina, vinta da un’insistenza così amorevole che sentivamo entrambi che più che a lei di parlare stavo chiedendo a me stesso di renderglielo possibile, riuscì finalmente a rivelarmi che cosa la tormentava. O forse inventò? Era l’incapacità d’innamorarsi, di sentire per me quel che sentiva in me per lei. Ma allora non potevamo immaginarlo né Valentina né io. E perciò credetti, con assoluta convinzione, a quel che anche lei credeva con assoluta convinzione: che con tutte le sue forze doveva impedirsi di amarmi poiché sapeva che il nostro amore non aveva futuro, dal momento che lei non poteva far altro che scappare di casa e sparire per sempre perché la sua vita, per colpa di sua madre, era un inferno in terra. Così, mentendo senza saper di mentire ― o dicendo la verità senza però conoscerla ― Valentina per la prima volta mi aprì il suo cuore sinceramente. E aprì anche il mio, poiché mi costrinse a uno scontro così violento con i miei genitori, che attraverso esso io mi unii a lei, l’unica alleata che avevo, come mai lo ero stato prima con un altro essere umano, e come forse mai più lo sono stato dopo. Piangevamo tutt’e due, mentre cercavo di convincerla a desistere da quel pazzesco progetto. E né io né lei avevamo mai pianto insieme ad altri per un medesimo, profondo, sincero dolore! Alla fine, poiché non riuscivo a persuaderla, fermamente decisi e le dissi che sarei fuggito con lei. E lei tentò, a sua volta, di dissuadermi supplicandomi di non rovinarmi per amor suo. Ma non ci fu niente da fare: per entrambi, ormai, non scappare insieme era diventato impossibile. Da quel momento fummo in trappola: Valentina non poté più rinunciare a fuggire con me, poiché le avrebbe rivelato che in realtà era da me che voleva andar via; io non potei più rinunciare a scappare con lei, perché l’avrei perduta; ed entrambi, soprattutto, non potemmo più rinunciarvi poiché la vicinanza che realizzavamo inscenando con assoluta convinzione quel dramma immaginario aveva reso vera la nostra passione, l’aveva resa travolgente, ma soltanto se lo credevamo reale. Non sapevo che mia madre leggeva di nascosto il mio diario fin dalla prima volta che mi aveva visto bisbigliare per ore al telefono. Fui scoperto, fummo scoperti, così ebbi anch’io l’inferno in terra che prima non mi accorgevo di avere, e il dramma divenne realtà ventiquattr’ore su ventiquattro, anche quando io e Valentina non eravamo in scena insieme. Tutti vi furono risucchiati: genitori, sorelle, parenti d’ogni grado, amici di famiglia: il mondo intero partecipò ad accrescere il dolore che rendeva autentico, con la sua sincerità, il nostro amore che non aveva che essa. Le scenate, le proibizioni di uscire di casa, i lucchetti al telefono, l’atmosfera di continuo, assillante, straziante rimprovero, e la conseguente, definitiva rovina scolastica sia mia che di Valentina furono solo l’inizio, ma... quale inizio! Più ci perseguitavano e più la nostra unione diventava profonda, fisicamente sentita con tutto il corpo benché tra noi non ci fossero che baci e carezze: assolutamente vera, confermata da famiglie sconvolte e, soprattutto, da un sentimento del nostro esistere l’uno per l’altra, e l’una per l’altro, che non si affievoliva neppure nel sonno. L’ineluttabile fuga che preparavamo meticolosamente era una creazione fantastica, assurda, irrealizzabile... ma quanto e come ci univa davvero! Avevamo fatto qualcosa di più che mettere al mondo un figlio: avevamo dato vita a un mondo. Tanto doloroso quanto inesistente, ma follemente felice persino quando piangevamo a dirotto. Intanto ci addolorava la morte di Luigi Tenco, andavamo in estasi al Palasport per i Who e per i Rolling Stones, attendevamo con ansia Blonde on Blonde di Bob Dylan e Sergeant Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, i miei capelli crescevano fino a farmi sospendere e poi espellere dall’Istituto... e ci amavamo sempre più, camminando per ore abbracciati per tutta Roma, parlando, litigando, facendo pace, baciandoci ogni due passi... e progettando di portar con noi nella fuga anche il pesciolino rosso che avevamo vinto al Luna Park il giorno in cui ci eravamo messi insieme. Mia madre e mio padre tentarono allora di intimidire la madre di Valentina e il suo compagno: si recarono da loro insieme a un “amico di famiglia” ― “psicologo”, criminologo, consulente della polizia ― e proferirono non oscure minacce. All’oscuro ero io ― e le minacce sarebbero state attuate se Valentina me ne avesse parlato ― al punto che mi lasciai convincere a recarmi da quello stesso “psicologo” (un sessantenne obeso, unto, ridanciano, che viveva con un domestico dall’aspetto patibolare) con un disegno di Valentina che mi fu “interpretato” come una ferrea dimostrazione della sua pazzia e totale immoralità. Talmente ferrea che pochi giorni dopo una cameriera dei miei nonni materni fu indotta ad “avvalorarla” raccontandomi di aver visto Valentina abbracciata a un altro. Ma nemmeno quegli atti delinquenziali ebbero effetto su di noi: continuammo a vederci di nascosto, a progettare, eternamente progettare la fuga, e di nuovo fummo scoperti, di nuovo sorvegliati a vista. Un altro “psicologo”, anzi: un “neurologo”, servizievolmente mi prescrisse dei tranquillanti che io finsi di assumere e sputai ogni volta in gabinetto come in un film di Alfred Hitchcock. E poi, un’indimenticabile sera, mio padre si chiuse con me nella mia camera tappezzata di poster e, dinanzi alla foto incorniciata di Valentina, mi diede un pugno nello stomaco (con poca forza, in verità, ma poiché non mi aveva mai toccato mi sconvolse come se mi avesse messo k.o.) e mi disse che, “se non la smettevo di far soffrire mia madre”, “mi avrebbe ammazzato”. “Con le sue mani”. Fu allora che non volli ucciderli entrambi. Non lo pensai nemmeno per un attimo. Non mi venne proprio in mente. Neanche inconsciamente, ne sono certo, o il dramma che stavo vivendo era per me così vero ― e così vero era in effetti, benché immaginario ― che qualcosa di concreto l’avrei fatto, per quanto in modo vago: che so, avrei fantasticato di abbordare un bandito per procurarmi un’arma, o nascosto un coltello sotto il materasso... Eppure mi sentivo realmente minacciato, davvero in pericolo di essere ucciso, probabilmente nel sonno. Tant’è che per molte settimane mi chiusi a chiave tutte le notti (ci volevano dieci minuti per girarla nella serratura senza farla cigolare) e vegliai per ore, prima di addormentarmi stremato, spiando ogni più piccolo rumore che mi giungeva dal resto della casa e dalla strada. Ma l’idea di uccidere mia madre e mio padre, consapevolmente o meno, nella mia mente non vi fu mai. Al contrario, in quei giorni fu la mia vita che misi a rischio, attraversando la strada di corsa senza guardare per non perdere un autobus: venni investito, dovetti essere operato, Valentina non mi lasciò un istante per tutto il tempo che rimasi in ospedale, e... finalmente fummo lasciati in pace. Solo per una frazione di secondo, per un’impercettibile increspatura dello spazio-tempo, il dramma immaginario che rendeva vero il nostro amore non si era tramutato in una reale tragedia. Come di quando in quando accade, invece, in altri universi. Anticoli Corrado, quarantotto anni dopo, tra il 7 e il 14 novembre del 2015 - Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com) Clicca qui per leggerlo in .pdf o qui per leggerlo in .doc.
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Luciano Gallino (1927-2015), Difensore dei Diritti Umani e dei Lavoratori (Martedì 3 novembre 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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di Luigi Scialanca Come avete visto, tra coloro che ho interpellato per Amore di Anticoli c’è chi non risponde. Qualcuno, forse, per mancanza di tempo? Qualcuno, forse, per vecchiaia o stanchezza? Può darsi. Come può darsi che qualcuno non risponda per mancanza di “voglia”. Cioè per mancanza d’amore. Amare per forza, del resto, come tutti sappiamo, non è possibile. Amare non può essere un dovere. Ma se non si ama, non si può tacere. Se non si ama lo si deve dire, a sé stessi e agli altri. Poiché, se si tace, si rischia d’ingannarsi e di ingannare. Di credere e far credere a un amore che non c’è. Lasciamoli perdere, e parliamo di noi. Per Amore di Anticoli è un’iniziativa concepita per dar modo a tutti noi, Anticolane e Anticolani di dire liberamente, “con il cuore in mano”, cosa vorremmo per il futuro del Paese per il quale, oggi come oggi, tutti soffriamo. Ma per il quale soffriamo in silenzio. Come se non ci fossimo. Come se fossimo Caduti. Come se fossimo, benché ancora vivi, già tra coloro che ci hanno lasciato. Parliamo, invece! Non confondiamoci con chi non parla per mancanza d’amore. Né con quelli che avevano amore ma non ci sono più, e che invece, se rivivessero, ci esorterebbe a farci sentire. Per Amore di Anticoli è un’iniziativa concepita al di fuori dei partiti e degli schieramenti. Se ci esprimeremo, i partiti e gli schieramenti potranno liberamente attingere dalle nostre parole la passione, la speranza e le idee che da soli faticano a trovare. Se non ci esprimeremo, anche noi li spingeremo a ricadere nei vecchi, disperati, anaffettivi comportamenti di cui non ne possiamo più. Per questo, dunque, rinnovo il mio appello. Ma rivolgendolo, come dovevo fare fin dall’inizio, a tutte e a tutti le Anticolane e gli Anticolani: diciamo la nostra! Poiché non siamo Caduti. Siamo vivi. E abbiamo passione, speranza e idee. E amiamo davvero Anticoli Corrado. E se restiamo in silenzio non è, come forse altri, per mancanza d’amore o di vita. Se restiamo in silenzio è, forse, perché non ci sentiamo amati. Lasciamo perdere la mia “intervista”, le sei domande “ufficiali”: parliamo liberamente. Bastano cinque righe, tre, una: vorrei questo..., non vorrei quest’altro... E poi la firma: un nome e un cognome degni di rispetto. Un nome e un cognome che noi per primi dobbiamo rispettare, apponendolo liberamente, “con il cuore in mano”, alle nostre idee, alla nostra speranza, alla nostra passione. Qualcuno teme forse di non scrivere “bene”? Niente paura, sono qui per questo: correggerò gli “errori”, riscriverò “in bella”, come faccio da un quarto di secolo con i bambini di Anticoli Corrado, e non lo dirò a nessuno. Ma non correggerò il senso e il significato, poiché in essi non c’è niente da correggere: la passione, la speranza e le idee non si correggono, anzi: si rispettano profondamente, se noi per primi le rispettiamo (e ci rispettiamo) esprimendole, e apponendovi le nostre firme. Qualcuno teme forse che i propri desideri per il futuro di Anticoli siano troppo “semplici”, troppo “modesti”? Niente paura, non è così: anche soltanto tre parole ― “vorrei dei portacenere in piazza”, “vorrei una Festa delle Mamme”, o perfino “vorrei qualcosa che non so esprimere” ― sono invece immense perché, a paragone del silenzio, sono l’infinito. Qualcuno pensa, forse, che sia sufficiente “esprimersi” su Facebook? Non è così: “parlare” su Facebook non è rompere davvero il silenzio: Facebook non ci ama, e non può farci sentire amati. Via mail (luigi.s@katamail.com) o per posta (via Torresini 7) o nella cassetta delle lettere, vi domando, care Anticolane e cari Anticolani, di corrispondere al mio amore per Anticoli facendo sentire il vostro a me e a tutti noi. Non mi servirò delle vostre parole per qualche fine, non faccio parte di alcun partito o schieramento e non ho ambizioni politiche. Ho “solo” un mio vorrei: che finisca, una buona volta, il silenzio di noi tutti sul nostro amato Paese. Che finisca, un buona volta, di parlare in pubblico soltanto io, oltre a coloro che godono del privilegio di farlo dal palco e dall’alto. Le bambine e i bambini di Anticoli, se si domanda loro di esprimere “tre desideri” per il Paese, lo fanno senza problemi. Perché mai alle sorelle e ai fratelli maggiori, alle mamme e ai papà, alle nonne e ai nonni, dovrebbe invece essere impossibile? Chi lo proibisce? Chi può impedirci di parlare? Soltanto la morte, o la mancanza d’amore per Anticoli Corrado. Ma grazie, in ogni caso, per la vostra attenzione: centinaia di Anticolane e di Anticolani (dati ufficiali del “contatore” di aruba.it) hanno letto, anche se finora son rimasti in silenzio, le parole di (in ordine alfabetico) Laura Amicone, Marco Calderari, Manuel Carrera, Vittorio Meddi, Marco Occhigrossi e Antonietta Starnati. Che ringrazio tutti, ma in particolare Antonietta: l’unica, finora, che ha osato parlare liberamente. Già “soltanto” grazie a lei, questo appello per Amore di Anticoli non è caduto nel vuoto. 8 novembre 2015. Luigi Scialanca, luigi.s@katamail.com Clicca qui per scaricare il testo in formato .pdf
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(Mercoledì 4 novembre 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Ogni anno, si sa, gli anniversari sono tanti, e scegliere quali celebrare è un sentimento, un pensiero e un atto che hanno un significato e un valore che è possibile sentire e comprendere. Che vogliono e possono suscitare in noi un’eco affettiva e intellettuale incoraggiante o, all’opposto, disperante. Per questo sono felice che la rivista Le Scienze abbia dedicato un numero speciale al centenario della teoria della relatività generale di Albert Einstein: poiché in questa scelta, in questa preferenza, potrà anche esservi un intento polemico, più o meno consapevole, nei confronti di un altro anniversario non meno importante (anzi: perfino più importante, forse), ma chi l’ha compiuta ha pur sempre inteso celebrare l’immaginazione creatrice e non la disperazione distruttiva, l’appassionata ricerca scientifica e non il gelo del misticismo e dell’oscurantismo, l’umanità e non la sua mortifera rinuncia a sé stessa. (Martedì 3 novembre 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Lunedì 2 novembre 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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ScuolAnticoli ha inviato sei domande sul futuro di Anticoli Corrado ai signori Laura Amicone, Marco Calderari, Manuel Carrera, Anna D’Incalci, Fernando Espositi, Giovanni Gaudenzi, Angelo Iacovelli, Vittorio Meddi, Marco Occhigrossi, Francesco Putignani e Piero Splendori, ai quali è stato chiesto di voler cortesemente rispondere a tutte o solo a quelle da essi preferite, eventualmente modificandole e/o integrandole secondo le proprie esigenze, con la formale garanzia che tutti i contributi saranno pubblicati con la medesima evidenza e senza commenti. Le risposte finora pervenute sono quelle di Sindaco di Anticoli Corrado dal 2001 al 2011 Ingegnere, Capogruppo dell’Opposizione nel Consiglio Comunale di Anticoli Corrado Direttore del Civico Museo d’Arte moderna e contemporanea di Anticoli Corrado PhD, MD, Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia dell’Università di Roma La Sapienza Responsabile Amministrativo A.t.c.l. - Associazione Teatrale fra i Comuni del Lazio Studioso e scrittore Anticolano
Come mai i primi undici intervistati sono proprio quelli? Clicca qui e lo saprai! Tutti i Cittadini di Anticoli Corrado sono invitati a esprimere idee e desideri per questo nostro amato Paese, inviandole via mail a luigi.s@katamail.com o per posta a Luigi Scialanca, in via Torresini 7, o a mano direttamente in cassetta, e tutte le risposte verranno pubblicate, senza commenti, con la medesima evidenza. Anticoli Corrado, Elezioni 2016 tutti gli scritti apparsi finora su ScuolAnticoli: (8 novembre 2015) (12 settembre 2015) Discorsi condivisibili. Ma un po’ troppo... “inclusivi” (29 agosto 2015) (Con la risposta dell’ing. Marco Calderari, Capogruppo dell’Opposizione in Consiglio comunale: pagina 1 - pagina 2 - pagina 3) Discorsi tristi ad Anticoli Corrado (24 agosto 2015) Elezioni libere, trasparenti, partecipate ad Anticoli Corrado (31 luglio 2015) (Mercoledì 7 ottobre 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).
L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.
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