Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
Più Niente da Ridere
la Pagina di Chi andò dietro alla Morte e portò l’Italia con sé nel mese di agosto del 2010
“Libertà, giustizia sociale, amor di patria. Noi siamo decisi a difendere la Resistenza. Lo consideriamo un nostro preciso dovere: per la pace dei morti e per l’avvenire dei vivi, lo compiremo fino in fondo. Costi quel che costi.” (Sandro Pertini, Genova, 28 giugno 1960).
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In questa pagina raccoglievamo le parole di chi vuol farci piangere e cercavamo, invece, di riderne. Ma presto ci fu più niente da ridere, e la pagina cambiò. Le immagini divennero quelle de Il settimo sigillo (1957), di Ingmar Bergman, e sullo sfondo apparve l’attore Bengt Ekerot nei panni della Morte... Clicca qui per sapere perché la pagina Meglio Ridere è così cambiata! |
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(su) I bravi imprenditori: Texas, gas tossici dalla raffineria: il disastro segreto della Bp. La fuoriuscita è durata 40 giorni. Dall’azienda, non una parola alla popolazione. (Titolo de La Repubblica di martedì 31 agosto 2010). Forse è vero che la lotta di classe è finita, come dice il Veltroni: adesso è guerra contro l’Umanità intera.
Umberto Bossi: Confermo: Bersani non solo è andato da Berlusconi a piagnucolare perché fossero evitate le elezioni anticipate, ma ha pure detto a Silvio che, in caso di rottura parlamentare, i voti per garantire al governo di andare avanti li avrebbe messi lui. (La Repubblica, lunedì 30 agosto 2010). L’anno scorso, durante le primarie del Pidì, le dichiarazioni a favore di Bersani dei leghìni-nordìni (valga per tutti il Bossi del 15 agosto 2009) e di molti berluscìsti (valga per tutti l’Alemanno del 19 agosto 2009) avevano un solo obiettivo: la vittoria del Franceschini. Gli andò male. Non solo: con Bersani il Pidì è, se non altro, un po’ meno depresso. Di qui la rabbia dei portatori di moccichini verdi e degli sbandieratori di diti medi, il cui giudizio non può che far valere l’opposto in chi è sano di mente.
(su) Walter Veltroni, Sergio Chiamparino e Nicola “Nichi” Vendola: Walter Veltroni candidato alle primarie? “E in nome di che? Di una linea con la quale abbiamo già perso, in un sol colpo, governo, alleanze ed elezioni?”. È netta Rosy Bindi, presidente dell’Assemblea nazionale del Pd, che in un’intervista a La Stampa dice la sua sulle questioni primarie e candidatura alla premiership. “Alle primarie,” spiega, “per quanto ci riguarda il candidato del Pd è il segretario, cioè Bersani. Dopodiché, visto che si tratterà, credo, di primarie di coalizione, se ci sono candidati di altri partiti, si facciano avanti. È nel loro diritto, non c’è problema”. Quanto a Sergio Chiamparino, “per ora,” rimarca Bindi, “ha annunciato la sua disponibilità. Vedremo. Ma quel che vorrei dire è che qualunque democratico, in presenza della candidatura di Bersani, dovrebbe pensare molto seriamente se è il caso di scendere in pista. Personalmente la considererei una scelta discutibile”. E a chi le chiede quale impressione le hanno fatto le due lettere di Veltroni e Pier Luigi Bersani, Bindi osserva che la prima “è una lettera, e racconta di un’isola ideale che purtroppo non c’è, indicando una prospettiva che non esiste e in nome della quale abbiamo già pagato prezzi pesanti”. L’altra, quella del segretario, invece, “è una proposta politica solida e, secondo me, convincente. Diciamola così: Bersani ha indicato quale deve essere la linea per un partito realmente e concretamente riformista”. Per quanto riguarda invece la candidatura di Nichi Vendola, Bindi sottolinea: “È in campo. A mio giudizio con una scelta quanto mai intempestiva. Detto questo, Vendola è una ricchezza. Sta facendo un gran lavoro nell’area della sinistra ed è un bene, perché noi dobbiamo vincere le elezioni e per farlo abbiamo bisogno di recuperare un dialogo con tutte le aree e le fasce di elettorato di centrosinistra”. Ma, avverte il presidente dell’Assemblea nazionale del Pd, “c’è bisogno di una riflessione seria da parte di tutti. Anche di Nichi. Di fronte alla prospettiva politica di un nuovo Ulivo, motore di una più ampia alleanza democratica, abbiamo bisogno di candidati-premier capaci della più larga interlocuzione possibile. Insomma, non mi pare il momento di rincorrere parzialità...”.
(Rosy Bindi su Adnkronos di domenica 20 agosto 2010).
17 febbraio 2009: Matteo Renzi festeggia la vittoria alle primarie del Pidì.
(Ogni somiglianza delle facce dei suoi supporter con quelle di suore e preti è puramente casuale).
Matteo Renzi: Il Nuovo Ulivo (proposto da Bersani, n.d.r) fa sbadigliare: è ora di rottamare i nostri dirigenti. (La Repubblica, domenica 29 agosto 2010). Ricordiamo, brevemente ― anche se non ne avremmo voglia ― chi è il Renzi. Ex ciellìno ― che già basterebbe ― nel 2009 si candidò a sindaco di Firenze mettendo in lista l’ex “schedina” di Quelli che il calcio Elisa Sergi e dichiarò: Anche Berlusconi le preferisce belle, che male c’è... Il 19 giugno 2009 su La Repubblica appare questo interessante trafiletto: I siluri contro di lui da parte dello schieramento opposto sono partiti con un singolare ritardo: quando Renzi, con il 47 e mezzo per cento ottenuto al primo turno, aveva già praticamente in tasca la vittoria che celebrerà lunedì prossimo. “L’è evidente,” è stato il commento di chi nel Pidì non ama il giovane cattolico rampante, “Denis deve dimostra’ che il bimbo non l’ha cresciuto lui a mollichella”. Dove mollichella sta per coccole, Denis sta per Denis Verdini, plenipotenziario del Pidièlle in Toscana, e il bimbo per Renzi. Il quale, secondo la leggenda metropolitana, fu aiutato nelle primarie democratiche da votanti infiltrati dalla Destra, e a queste elezioni dalla scelta verdiniana di contrapporgli per favorirlo un avversario debole come l’ex calciatore della Fiorentina e del Milan Galli. Esser graditi a un individuo come Verdini non è un po’ peggio che essere bersaniani? Ma non finisce qui: all’improvviso, il giorno di Ferragosto del 2009, come morso da una tarantola il Renzi si mette a urlare: Mai più con la Sinistra radicale! Lungo silenzio, poi riappare il 28 aprile scorso e detta questa ponderosa dichiarazione: Se il Pidì è solo il gruppo dirigente, c’è da stare preoccupati. Ma se è l’esperienza di popolo, quello non ossessionato da Berlusconi, allora vedo entusiasmo ed energia. Non ce l’ho con Bersani, anzi: siamo pronti a dare una mano. Ma al Pidì, non al disegno di Fini. Perché, c’è qualcuno, a Sinistra, che straveda per Fini? Ma il Renzi si preoccupa lo stesso: ha l’ossessione di Fini, lui, mica di quel povero caro “utilizzatore finale” di “belle donne” del Berlusconi. Tutto qua: il Renzi, chissà perché, esterna solo ad aprile e ad agosto. Ma si evolve: adesso usa il verbo rottamare riferendosi a Esseri umani. Non più da ciellino ― i ciellini queste cose le pensano, certo, ma non le confessano neanche a sé stessi ― ma già quasi da fascista. O, più modernamente, da leghìno-nordìno. (P.s.: tutto questo, naturalmente, non per difendere Bersani ― che continuiamo a considerare con una certa diffidenza e amiamo, per ora, solo perché ha fatto abbandonare la nave del Pidì a un discreto numero di papalini ― ma per l’antipatia che sentiamo per i fasullissimi furbetti della parrocchietta come il Renzi e per tutti quelli che si fanno incantare dalle loro moine da cicisbei, vuote come palloncini scoppiati).
Finto “sinistro”... |
...autentico destro. |
Giuseppe “Beppe” Fioroni: La legge elettorale si può cambiare solo in modo condiviso: non offriamo a Berlusconi il ruolo di vittima della minoranza. La cosa più urgente è riconsegnare ai cittadini la possibilità e il diritto di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento. (La Repubblica, lunedì 30 agosto 2010). I due concetti si contraddicono, un po’ come farebbero la Destra e la Sinistra nella testa di “Beppe” se in essa ci fosse anche la Sinistra: riconsegnare ai Cittadini la possibilità e il diritto di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento, infatti, è possibile solo se si cambia la legge elettorale. Ma poiché il Berlusconi non vuol neanche sentirne parlare, cambiare la legge elettorale in modo condiviso è impossibile. Intendiamoci: tutti i papalini del Pidì tremano verga a verga, all’idea che i candidati del partito alla camera e al Senato vengano scelti con le primarie; e tutti i papalini del Pidì, perciò, sono affezionatissimi alla legge elettorale porcata, che non a caso il loro beniamino Walter Veltroni si guardò bene dal ridiscutere quando trescava con i berluscìsti per far cadere Prodi; ma solo il papalino “Beppe” riesce ad arrampicarsi sugli specchi così bene. Onore al merito.
(su) Ignazio La Russa: Bossi ha raccontato di aver voluto salutare Ignazio La Russa, durante un consiglio dei ministri, nel suo solito modo: un pugno sul palmo della mano. Il ministro della Difesa non sembrava molto preoccupato: “Mi ha detto: dài, colpisci forte, questa è la mano di un fascista che fa il saluto romano”. È finita così: don Ignazio non è riuscito a parare il colpo, “e il mio pugno gli ha quasi fracassato la spalla”.
(La Repubblica, lunedì 30 agosto 2010).
Lasciate che i non moralisti vengano a me.
Angelo Scola (dipendente di Joseph Ratzinger in qualità di “patriarca” di Venezia): Diventa necessario liberare la categoria della testimonianza dalla pesante ipoteca moralista che la opprime riducendola, per lo più, alla coerenza di un soggetto ultimamente autoreferenziale. (...) La Chiesa, in modo diretto o indiretto, diventa condizione indispensabile per desiderare Dio. (La Repubblica, sabato 28 agosto 2010).
(su) Giuseppe “Beppe” Fioroni: Il 5 agosto il ministro Sacconi & Co. presentava l’Agenda Bioetica del governo per imbonire il Vaticano. Il 15 rincarava la dose proponendola come tema di verifica di governo con giustizia, fisco, federalismo, ecc., per spiazzare i dissidenti finiani di Futuro e libertà. E subito “Beppe” Fioroni e altri tre parlamentari del Pd (Corriere, 17 agosto) approvavano l’Agenda e rilanciavano la “libertà di coscienza” del parlamentare sui temi bioetici. L’uscita di Fioroni e il successivo silenzio totale del Pd è un atto politico grave che sconcerta gli elettori. In un momento in cui il ddl Calabrò potrebbe diventare la Caporetto di Berlusconi, invece di rafforzare le critiche a un pessimo testo rifiutato dai medici e da moltissimi cattolici, Fioroni & Co. dichiarano che l’Agenda è condivisibile! E gli altri zitti... Forse, Fioroni non ha neanche letto l’Agenda, che prevede come “principio irrinunciabile e fondamentale” che “per tutti, credenti e non credenti, la vita sia il bene piu` prezioso”. So che l’Agenda non è un trattato di bioetica, ma queste parole sono tanto superficiali e sbagliate che chiunque abbia un minimo di competenza dovrebbe rifiutarle. Neanche i cattolici sostengono che la “vita sia il bene piu` prezioso”, perché elogiano i martiri pronti a rinunciare alla vita per proclamare che la fede è ben più preziosa. Per i laici, invece, più preziosa è la libertà di decidere, come ci hanno insegnato Welby e altri. L’Agenda è solo un’ennesima prova dell’incompetenza del governo Berlusconi: altro che richiamo ai valori! Che dire, poi, delle interpretazioni restrittive date della 194/78 e del “Piano federale per la vita”, che è un ulteriore attacco all’eguaglianza di tutte le italiane e un espediente per finanziare il volontariato cattolico? O continuiamo a far finta di non vedere l’attacco frontale agli attuali servizi offerti dalla 194? Ancora più preoccupante è che Fioroni plauda alla proposta di Sacconi del “principio di sussidiarietà” per dare un’ulteriore spallata allo Stato sociale, affermando che in seguito alla lunga crisi oggi “non c’è nessuna eccedenza da dividere” (Avvenire, 18 agosto). Invece, di profitti ce ne sono e tanti, ma vanno ad ingrassare i pochi, i quali sono abili nel ribattezzare “principio di sussidiarietà” il rilancio della corruzione dilagante e del liberismo più sfrenato. Domando: ma un Partito che si propone di governare ha una linea programmatica sui temi di bioetica, famiglia, sussidiarietà e quant’altro, o sui “temi etici” si affida agli umori di coscienza di parlamentari come Fioroni & Co.? (Lettera di Maurizio Mori a L’Unità di venerdì 27 agosto 2010).
Giulio Tremonti: Robe come la 626, la legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sono un lusso che non possiamo permetterci. (La Repubblica, venerdì 27 agosto 2010). Detto mentre escono i dati secondo i quali, dalla sua introduzione nel 1994, la legge 626 ha ridotto gli “incidenti” sul lavoro del 24%, e del 21% quelli mortali.
Sergio genius Marchionne: Non siamo più negli anni ’60. Non è possibile gettare le basi del domani continuando a pensare che ci sia una lotta tra “capitale” e “lavoro”, “padroni” e “operai”. (La Repubblica, venerdì 27 agosto 2010).
Renato Brunetta: Credo che Marchionne sia un attore importante e non un semplice banale applicatore delle regole... Io sto con chi innova. Sto con Sacconi, con Bonanni. Sto con il 63% dei lavoratori di Pomigliano che ha detto sì all’accordo. Sto con chi ha voglia di innovare e non con chi si riempie la bocca di diritti, diritti, diritti, nascondendo assistenzialismo, privilegi, opportunismo, doppi lavori e camorra... Dico che l’opposizione è arrivata da tutte le cattive rendite: da un pezzo di sindacato, dalle alte burocrazie, dai governi locali, dai partiti. Si stanno coagulando le forze della reazione. (La Repubblica, venerdì 27 agosto 2010). Applicare le regole è troppo semplice e banale, difendere i Diritti è da camorristi, fare argine allo strapotere delle tirannie private, giunte in Italia a impadronirsi del governo, è da reazionari: il Brunetta la “pensa” così.
Giuseppe “Beppe” Fioroni: Io personalmente ritengo che un’alleanza da Ferrero a Fini sia qualcosa di complesso, di poco comprensibile, di molto poco serio. (La Repubblica, venerdì 27 agosto 2010). Povero “Beppe”, come non capirlo? Un’alleanza da Ferrero a Fini lascerebbe fuori solo lui, che è ancora più a destra.
(su) Daniele Capezzone, Sandro Bondi e Denis Verdini: “Lei e io siamo i soli che abbiamo fatto paura a Marco” gli ha detto Berlusconi il giorno che Daniele Capezzone gli si è offerto, introdotto e sponsorizzato da Sandro Bondi. Figura minore dell’Italia dei traditori, Capezzone è apparentemente il solo caso di tradimento per affrancamento, di tradimento come iniziazione. “’A stronzo” gli gridava Pannella in diretta a Radio radicale. E Capezzone: “Vuoi mangiare anche me, ma io non mi faccio mangiare: io mangio”. Pochi sanno che anche Sandro Bondi oggi lo liquida come “servizievole e malfido”. Capezzone infatti lo ha tradito per Verdini, l’altro coordinatore di Forza Italia con il quale Bondi neppure parla più. (Francesco Merlo su Il venerdì di Repubblica, 27 agosto 2010). Un terzetto che, se non temessimo di offendere l’industria farmaceutica, vorremmo definire emetico.
(su) Joseph Ratzinger: All’udienza del mercoledì BXVI propone l’esempio di Agostino, il contemporaneo di “San” Cirillo, il massacratore di Ipazia. (L’Osservatore Romano, giovedì 26 agosto 2010). All’udienza generale il Papa invita a non aver paura della verità e propone i santi come Agostino come compagni di viaggio del cristiano. Agostino, autore di perle come: “I coniugi peccano non appena si abbandonano alla voluttà. Per cui, dopo, devono pregare: Perdona, o Dio, la nostra colpa!”. O anche: “Quanto maggiore il piacere, tanto più grave il peccato. Chi ama con troppo calore la moglie, è un adultero!”. (Da Segnalazioni).
Orwell non previde che, se si controllano i media, non c’è bisogno di rizzarsi sulle zampe posteriori per darla a bere ai disperati.
Giorgio Vittadini (fondatore e presidente della Fondazione per la sussidiarietà dopo esserlo stato della Compagnia delle opere, strutture facenti capo entrambe a Comunione & liberazione): La posizione di Famiglia cristiana sul governo è vecchia, parziale. Parte da una visione moralistica, invece che dalla proposta di valorizzare il desiderio più vero delle persone. Se si riduce il desiderio ai propri schemi moralistici, non si pone nessuna radice per il cambiamento... Il bipolarismo all’italiana ha creato solo demiurghi, tribuni della plebe, cooptazioni, la politica dei talk show e dei salotti pensati per far vincere il conduttore. (La Repubblica, giovedì 26 agosto 2010). Il desiderio contrapposto al moralismo da un affarista ammanicato coi preti: la neolingua avanza.
Bonanni e Angeletti: il rovescio del Sindacato.
Raffaele Bonanni: Marchionne non deve cadere nella trappola della Fiom che alimenta la confusione per spostare l’attenzione dal vero nodo, che è l’investimento sugli stabilimenti italiani. Talvolta la Fiat è il rovescio della Fiom: il giudice ha emesso una sentenza e la sentenza si applica. (La Repubblica, martedì 24 agosto 2010). È davvero orribile che ci siano ancora sindacati e sindacalisti che si considerano e si comportano come il rovescio del padrone. Meno male che ci sono il Bonanni, la Cisl, l’Angeletti e la Uil, che dei padroni sono invece i dritti.
Silvio Berlusconi: La strada maestra non può che essere quella di ritornare davanti al giudizio del popolo, che è sovrano. E chi dice il contrario, invocando magari dei formalismi costituzionali, sa benissimo di dire una falsità.
(La Repubblica, lunedì 23 agosto 2010).
Umberto Bossi: Tremonti mi ha detto che se arriva Casini lui si dimette da ministro. Se si rompe la coalizione si va al voto, perché quando non si va avanti bisogna ricorrere al popolo. Polverizzeremo questi signori.
(La Repubblica, lunedì 23 agosto 2010).
per la serie Dai preti mi guardi Dio ché dai nazisti mi guardo io: Padre Hervet, molto attivo nella difesa dei Rom, ha deciso di restituire simbolicamente una medaglia al Merito ricevuta quattro anni fa, e ha dichiarato di pregare perché “Sarkozy abbia un attacco cardiaco”. (La Repubblica, lunedì 23 agosto 2010). Gratta gratta, anche i preti “migliori” si rivelano per quel che sono: nemici dell’Essere umano perfettamente capaci di tramare la strage di chi non la pensa come loro.
Roberto Formigoni, “governatore” della Lombardia e re del Commento furbesco alle parole papali.
Roberto Formigoni (commentando il discorso del papa secondo il quale i testi liturgici ci ripetono che tutti gli uomini sono chiamati alla salvezza e contengono quindi un invito a saper accogliere le legittime diversità umane seguendo Gesù venuto a riunire gli uomini di tutte le nazioni e di tutte le lingue): La parola del papa è il punto di riferimento e non soltanto per me. Lo considero l’ideale a cui guardare. Per arrivarci dobbiamo fare di tutto, ma con gradualità e realismo. E costruendo anche le condizioni di sviluppo nei Paesi stranieri. È giusto accogliere perseguitati politici e vittime di catastrofi naturali, ma quanti arrivano dai Paesi dell’Europa dell’Est, ad esempio, non sono in queste condizioni. Vanno richiamati gli stessi governi, che hanno accettato le regole dell’Unione, alla responsabilità. Non si possono far passare per libertà di movimento masse di persone che non sono in grado di lavorare o mantenere sé stessi: sarebbe una presa in giro. I due paletti da rispettare devono essere questi: la possibilità di avere un posto di lavoro e una casa decente. (La Repubblica, domenica 22 agosto 2010). Ringraziamo il Formigoni per aver mostrato con straordinaria chiarezza che le parole del papa, e per estensione il cattolicesimo e la religione, non hanno alcun effetto sulle ingiustizie e le sofferenze del mondo: ideali a cui guardare ― sì, certo ― ma tutto resta com’è. Però non basta, Robertino: devi arrivare a comprendere che la religione non è solo impotente, ma è essa stessa la causa prima dell’odio e della violenza.
Sergio genius Marchionne (ai tre iscritti alla Fiom di Melfi licenziati a luglio e reintegrati dal giudice): La informiamo di non ritenere necessario, allo stato, di avvalerci della sua prestazione lavorativa. Ella, pur rimanendo dispensato dal rendere servizio effettivo, mantiene titolo a percepire la retribuzione nonché ad esercitare i diritti e le prerogative di carattere sindacale. (La Repubblica, domenica 22 agosto 2010). Come il Berlusconi, che fin dal primo giorno si fece beffe degli Italiani scendendo in campo con una calza sulla faccia, così il Marchionne degli inizi (osannato come un genio per essersi accorto che la Fiat fabbrica auto, non prodotti finanziari) con un golfino diede a bere a (quasi) tutti di essere un manager illuminato. Ma qual è l’altra faccia di una faccia coperta da una calza? Facile: quella di qualcuno che, se siamo sani di mente, proprio non vorremmo veder entrare all’improvviso in un luogo pubblico mentre ci siamo noi. A meno che non siamo d’accordo con lui già da prima.
Roberto Maroni, futuro ministro degli Internamenti.
Roberto Maroni: Roberto Maroni ha preannunciato al Corriere della Sera un provvedimento per espellere dall’Italia non solo i Rom, come sta facendo la Francia di Sarkozy, ma anche i cittadini comunitari: “La Francia segue la nostra linea, noi saremo ancora più duri”. L’ulteriore giro di vite, secondo Maroni, andrebbe a colpire nel nostro Paese tutte quelle persone non italiane che non hanno “redditi minimi e dimore adeguate”. Il capo del Viminale, pur sapendo che “in Europa questa linea non è ancora possibile,” intende però sollevare il problema “il 6 settembre prossimo a Parigi in un incontro con i ministri degli Interni degli altri Paesi europei”. (La Repubblica, domenica 22 agosto 2010). E i milioni di Italiani che non hanno redditi minimi e dimore adeguate? Non gliene può importare di meno.
Alfredo Mantovano: Chi intende muoversi nella direzione opposta a quella del presidente Sarkozy o a quella annunciata dal Viminale favorirà mendicità o atti illeciti o lo sfruttamento dei minori, come in troppi casi è accaduto. (La Repubblica, domenica 22 agosto 2010). Se i mendicanti possono essere messi sullo stesso piano dei criminali, i pidiellìni e i leghìni-nordìni su quale piano potremmo metterli?
Umberto Bossi: Ci hanno rovinato, lo diceva sempre mio padre che bisogna andare giù a Roma a strozzarli tutti. Silvio Berlusconi: Dobbiamo organizzarci per “dipartimenti elettorali” in ognuna delle 60.000 sezioni italiane. In media ci sono 200 elettori del Pidièlle in ogni sezione e tra questi dovrete individuare almeno cinque volontari che formino una “squadra”. Tra loro ci dovranno essere una donna e un giovane. Formeranno un esercito di 300.000 persone da lanciare sul territorio. E la gestione sarà affidata a Denis Verdini. (La Repubblica, domenica 22 agosto 2010). Credete di farci paura? Venite, venite: troverete quello che meritate.
Silvio Berlusconi: Non c’è alcuna teoria giuridico-politica che possa giustificare un governo di chi è stato sconfitto alle elezioni. Nel 2008 si è realizzata la novità che gli elettori scelgono il primo ministro: è una novità che non si cancella. Se la maggioranza non fosse congrua, non vedo altra soluzione, per il bene del Paese, che rivolgersi ai cittadini, titolari della sovranità. Una sovranità messa a rischio dal tentativo che una minoranza militante della magistratura cerca di porre in atto dal 1994: abbattere il governo legittimo in nome di una presunta superiorità morale. (La Repubblica, sabato 21 agosto 2010). Ricordiamo, en passant, che la “novità” del 2008 fu un regalino del Veltroni: il Berlusconi potrebbe almeno citarlo, se proprio non vuole ringraziarlo.
Sergio Chiamparino e Nicola Zingaretti: Gli organizzatori della Festa del Partito democratico hanno sbagliato a non invitare il governatore Cota e non potevano pensare che non ci sarebbe stata la reazione dei ministri. La festa del partito è sempre stata un momento di dibattito anche con gli esterni. Da nobile confronto politico, adesso si trasformerà in una festa di propaganda politica, visto che mancano gli interlocutori. Se si sospende la politica in attesa di ricorsi si commette un errore: se qualcuno pensa che i tribunali possano fare le veci della politica, si rischia di mettere in pericolo le prossime scadenze elettorali (Sergio). Sorprende che esponenti del Pd si siano prestati a questo gioco falso e strumentale messo in atto da Tremonti e dai ministri leghisti. Basta con questa subalternità culturale a qualunque presa di posizione della destra. La destra è ormai un gruppo di potere abbarbicato alla poltrona e noi troviamo anche qualcuno dei nostri che gli dà corda solo per avere qualche spazietto agostano su giornali e tv (Nicola). (La Repubblica, sabato 21 agosto 2010) Noi stiamo con Nicola. Non foss’altro, perché a stare col Chiamparino ci ritroveremmo in compagnia del Bossi e del Calderoli che tanto lo stimano. E perché l’idea che si possa avere un nobile confronto politico con un Cota è troppo sciocca perfino per discuterla. A meno di non supporre che non sia del tutto disinteressata...
Notare, fra i tre, la somiglianza: certo non genetica, sarà forse ultracorporea?
(su) i finti “sinistri” al servizio di Comunione & liberazione: Francesco Rutelli su tutti. Ma anche Enrico Letta, amico del movimento fin dagli albori e vice di Bersani: “Letta, Luciano Violante, Giuliano Amato, non li accogliamo certo perché sosteniamo un governo tecnico o istituzionale”. (La Repubblica, sabato 21 agosto 2010).
Confessioni pericolose in casa Mediaset?: Sfrecciava sull’A12, nel tratto fra Civitavecchia e Tarquinia, alla guida di una potente e costosissima auto, puntando una pistola contro gli automobilisti che sorpassava. Per minaccia a mano armata, un tecnico del Grande Fratello, 31 anni, è stato denunciato dagli agenti del commissariato di Tarquinia. (La Repubblica, sabato 21 agosto 2010).
(su) Marina Berlusconi: Marina Berlusconi, primogenita del Cavaliere, proposta con il seno scoperto, durante il cambio di costume, dalla rivista di cui è editrice. È un “topless da urlo” scrive l’autrice dell’articolo, Azzurra Della Penna. Vale la pena di offrirlo ai lettori. È la “sorpresa” anticipata già nella copertina di Chi in edicola. È il pezzo forte di questo numero, aperto da un editoriale del direttore Alfonso Signorini che pure se la prende con “le miserie dei vip”: ma si riferisce al calciatore David Beckam, insensibile alle sfortune della sorella Lynne costretta a mantenere sé stessa e i tre figli con una pensione sociale di 657 sterline al mese. Poche pagine dopo si apre il racconto delle ferie dorate della Dynasty. Prima il servizio su Marina Berlusconi: “Finalmente anche per lei sono arrivate le vacanze”. Segue informativa sulla presenza, nella villa di famiglia alle Bermuda, del marito Maurizio Vanadia, dei figli Gabriele e Silvio, e delle new entry: la signora Maria, mamma di Maurizio, ma anche un fratello e una sorella di Vanadia con relativa prole. Si apprende che il 10 agosto, per il suo compleanno, fra “un giro sulla moto d’acqua, ginnastica e molto sport”, Marina Berlusconi ha festeggiato il compleanno “inscenando per gli amici e i parenti anche una scherzosa lap dance con una scopa”. In un riquadro, l’archeologo e giornalista Aristide Malnati descrive così la primogenita: “Marina Berlusconi, selvaggia bellezza a cavallo di una tecnologica moto d’acqua tra le acque cristalline di Bermuda, ricorda Galatea, la più bella fra le Nereidi, dalla pelle bianco latte...”. (La Repubblica, giovedì 19 agosto 2010). Azzurra Della Penna!? Aristide Malnati!? Saranno pseudonimi? Ce lo auguriamo per loro, poiché in tal caso si potrebbe supporre che si vergognino di ciò che scrivono. Quanto ai marinaberlusconofili, non si preoccupino, la faccia non si vede...
Gli uomini si dividono in due categorie: questi son di quelli che si reincarnano all’infinito. Poi ci sono gli unici e irripetibili.
Giulio Tremonti: I politici si dividono in due categorie: gli uomini e gli altri. Francesco Cossiga era un uomo. (La Repubblica, mercoledì 18 agosto 2010). Balle. Gli uomini son tutti uomini: sia i sani di mente, che lo sanno, sia i malati, che delirano che vi siano uomini che non sono uomini.
Valerio Morucci (ex br, sequestratore di Aldo Moro e complice dei suoi assassini): Provo dispiacere per la morte di Francesco Cossiga: è stato l’unico a riconoscerci la dignità di nemici politici della nazione; per lui non eravamo criminali senza scopo, come la politica per necessità ci aveva etichettati. Quattro anni fa andai a trovarlo nel suo ufficio al Senato, tra nemici dopo una guerra si può parlare in maniera tranquilla proprio perché la guerra è finita. Dopo una guerra non si può diventare amici, però ci si può riconoscere la dignità di nemico, la dignità degli scopi e degli intenti, cosa che la politica nega. Credo fosse un politico che aveva compreso interiormente il significato della gestione del potere, necessariamente cinica nei confronti dei cittadini, tanto più se sono cittadini rivoltosi. (La Repubblica, mercoledì 18 agosto 2010). Gratta gratta, vien fuori che erano dello stesso stampo: cinici manipolatori di Esseri umani per il delirio che il potere renda superumani. I sani di mente lo capirono già allora.
Umberto Bossi e quelli che non si vergognano della sua stima: Contro le truffe messe in piedi dal palazzo non resta che la via maestra: il voto. Parlo a nome di milioni di uomini gagliardi e forti: noi siamo bravi e buoni, però... che non ci rompano i coglioni... Fini vuole i soldi da sprecare al Sud, meno male che c’è Tremonti perché Berlusconi tendenzialmente è più spendaccione. A Fini consiglio di fare due passi indietro... Sergio Chiamparino è uno che capisce le cose... Vasco Errani, io e Tremonti lo chiamiamo il gatto nero. (La Repubblica, martedì 17 agosto 2010).
Il ritorno del Dalemiano ignoto
(su) Massimo D’Alema (presidente del Copasir): “Un metodo Boffo anche per Napolitano?” Il finiano Carmelo Briguglio, membro del Copasir, non lo esclude. Anche se, aggiunge, “sarebbe da irresponsabili se qualcuno ora pensasse di produrre un dossier contro di lui. Napolitano è al di sopra di questo fango”. Briguglio ha poi denunciato che, nei servizi segreti, “lavora un alto funzionario indagato per la strage di via D’Amelio”. (La Repubblica, martedì 17 agosto 2010). E come mai lo denuncia Briguglio e non il D’Alema? E il D’Alema, comunque, ha qualcosa da dire in proposito? Conferma o smentisce? O la sua presidenza è solo onorifica?
Umberto Bossi: Abbiamo l’obbligo di fare le riforme. In alternativa, le elezioni. Diversamente, altro che piazza: il Nord se ne va. Berlusconi porta in piazza la gente e sono tanti; la Lega Nord si unisce a questa operazione con il Veneto, il Piemonte e la Lombardia: milioni di persone incazzate. Io ho uomini che nessun altro ha: sono soldati, se gli dico di saltare dalla finestra, loro saltano. (La Repubblica, domenica 15 agosto 2010). Robot suicidi, kamikaze, questo sarebbero i portatori di moccichini verdi? E Bossi il loro Osama Bin Laden? Noi comunque non perderemo tempo a dirglielo: dalle finestre li butteremo con le nostre mani, i suoi milioni d’incazzati.
(su) Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini e Indro Montanelli: Fare Futuro, la fondazione che fa capo a Fini, elogia Indro Montanelli: il grande giornalista che ruppe con Silvio Berlusconi, scrive il direttore Filippo Rossi in un articolo pubblicato sul web magazine, “aveva capito prima di tutti”. (La Repubblica, domenica 15 agosto 2010). Be’, povero Montanelli: prima del Fini e dei finiani certamente sì, e di gran lunga. Ma non prima di tutti. Ogni donna e ogni uomo non del tutto pazzi capirono il giorno che iniziò a trasmettere Canale 5. Se fossimo ad Hamelin, Fini e i finiani sarebbero quelli che capiscono quando non vedono più un bambino in giro, Montanelli quando vede i topi andar dietro al pifferaio e noi quelli che capiscono prim’ancora che arrivi, udendo l’eco della sua musica avvicinarsi da dietro la collina. E, ripetiamolo, non per genialità: per un minimo di salute mentale faticosamente conservato.
Pietro Ichino: Caro direttore, giovedì scorso Repubblica ha pubblicato una mia intervista sulle relazioni sindacali alla Fiat, nel cui titolo mi veniva attribuita fra virgolette questa frase: “Il diritto di sciopero deve essere limitato dagli accordi sindacali”. Questa affermazione, giuridicamente scorretta, non soltanto non è mia, ma è contraddetta da quello che ho detto all’intervistatore e che è stato riportato in modo esatto nel testo dell’intervista. Un titolo corretto sarebbe stato semmai: “Il sindacato deve poter stipulare clausole di tregua efficaci”. È evidente la differenza che corre tra limitare un diritto attribuito ai lavoratori e al sindacato dalla Costituzione (cosa che il contratto collettivo non può certo fare) e disporre, caso per caso, di quel diritto in funzione di uno scambio negoziale. (Lettera a La Repubblica di domenica 15 agosto 2010). Balle. Le parole dell’Ichino, che lui stesso riconosce riportate in modo esatto nel testo dell’intervista, sono inquivocabili: Nella nostra cultura giuslavoristica prevale ancora l’idea vecchia secondo cui il contratto collettivo non può disporre del diritto del singolo lavoratore di aderire in qualsiasi momento a qualsiasi sciopero, anche se proclamato da un mini-sindacato. È l’idea della “conflittualità permanente”, i cui fasti si sono celebrati negli anni ’70. (...) La sfida di Marchionne ha il merito di farci toccare con mano quanto questa idea possa essere costosa per gli stessi lavoratori. Il titolista de La Repubblica è stato, quindi, più che corretto. Ma si capisce che l’Ichino disapprovi: se si diffonde la pratica di non dissimulare opportunamente le parole dei finti “sinistri” in modo che le comprenda solo chi le deve capire, poi c’è il “rischio” che gli Elettori di Sinistra mangino la foglia.
Giorgio Stracquadanio: Sorprende e inquieta che Napolitano per esternare un suo punto di vista su un tema che non è ancora all’ordine del giorno utilizzi il giornale del suo ex partito, l’Unità. Si tratta di una prassi inedita, che pone un serio interrogativo sulla indipendenza e la neutralità del supremo garante della Costituzione. E che rileverebbe un tentativo di indirizzare le scelte istituzionali al di fuori della via maestra che la Costituzione repubblicana indica: le elezioni politiche generali sono l’unico rimedio democratico a una eventuale crisi politica della maggioranza parlamentare. È certo che il Parlamento non resterà estraneo e, se necessario, si convocherà autonomamente e d’urgenza per mantenere il rispetto dell’equilibrio dei poteri. (La Repubblica, venerdì 13 agosto 2010).
(su) Luca Zaia e tutti i portatori di moccichini verdi: La maggioranza di centrodestra, guidata da Luca Zaia, presenta la bozza di statuto regionale, ed è subito polemica. Il presidente è stato di parola: “Prima i Veneti” era lo slogan della campagna elettorale che lo ha portato a stravincere le elezioni, ma adesso quello slogan potrebbe diventare uno dei punti di forza dello statuto. Basta leggere l’articolo 4, comma 6: “La Regione si adopera in particolar modo a favore di tutti coloro che dimostrano una particolare legame con il territorio”. (La Repubblica, venerdì 13 agosto 2010). Si son dimenticati di dire come lo si potrà “dimostrare”, quel cosiddetto “particolare legame col territorio”. Potevano leggerselo meglio, il Mein Kampf, e specificare esattamente quanti nonni di “razza” ariana sarà necessario aver avuto. Anzi: quanti nonni di pura “razza” veneta.
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(su) Francesco Cossiga: A Viareggio, su un muro di via Burlamacchi, è comparsa una scritta senza firma né simbolo: “Kossiga, Moro ti aspetta all’inferno”. (La Repubblica, venerdì 13 agosto 2010). Perché mai, pover’uomo? Tutto sommato, Moro l’inferno non se lo meritava.
(su) Silvio Berlusconi: Sull’Espresso un servizio ricostruisce la “scalata” di Elisabetta Tulliani da Gaucci a Fini. Nell’articolo si legge, tra l’altro, che prima del 2007 la Tulliani cercò di avvicinare Berlusconi. (La Repubblica, venerdì 13 agosto 2010). Se fosse vero non stupirebbe: da trent’anni a questa parte, tutto il meglio dell’Italia è diventato tale passando di là.
(su) David Cameron: Cameron ha parlato di fare della Gran Bretagna uno dei cinque Paesi più visitati al mondo puntando sull’eredità culturale storica proprio nel giorno in cui la stampa ha denunciato il ritiro del finanziamento per la ristrutturazione di uno dei siti emblema dell’Inghilterra, Stonehenge. (La Repubblica, venerdì 13 agosto 2010). Un altro paladino della distruzione dello Stato nel nome dell’antiStato.
Pietro Ichino (il Brunetta di finta “sinistra” infilato nel Pidì da quel Veltroni che oggi fa il vendoliano per tornare a far danni): Nella nostra cultura giuslavoristica prevale ancora l’idea vecchia secondo cui il contratto collettivo non può disporre del diritto del singolo lavoratore di aderire in qualsiasi momento a qualsiasi sciopero, anche se proclamato da un mini-sindacato. È l’idea della “conflittualità permanente”, i cui fasti si sono celebrati negli anni ’70. (...) La sfida di Marchionne ha il merito di farci toccare con mano quanto questa idea possa essere costosa per gli stessi lavoratori. (La Repubblica, giovedì 12 agosto 2010). Possibile che l’Ichino sia così ignorante da non sapere (o così in malafede da fingere di non sapere) che lo sciopero è definito dalla Costituzione della Repubblica italiana un diritto? Diritto che si esercita, sì, nell’ambito delle leggi che lo regolano, ma in ogni caso Diritto fondamentale umano, sancito in quella stessa Parte prima - Diritti e Doveri dei Cittadini che afferma la Libertà personale, di riunione, di associaciazione, di espressione e ogni altra Libertà? E che, perciò, né le leggi ordinarie né tanto meno i contratti, individuali o collettivi che siano, possono “disporre” del Diritto del singolo Lavoratore di aderire in qualsiasi momento a qualsiasi sciopero, poiché dei Diritti umani nessuno “dispone”? Per incredibile che sembri, c’è di peggio dei baciapile papisti nel Pidì: ci son gli adepti del fondamentalismo liberista, e l’Ichino ne è uno.
(su) Silvio Berlusconi e Cesare Previti: La villa San Martino di Arcore apparteneva dalla metà dell’800 alla famiglia Casati Stampa di Soncino. E quando nel 1970 il marchese Camillo Casati Stampa uccide in un attico a Roma la moglie Anna Fallarino e il suo giovane amante, San Martino arriva in eredità ― dopo una lunga lite giudiziaria coi Fallarino ― ad Annamaria Casati, diciannovenne figlia di primo letto del nobile lombardo. La tutela dell’orfana (all’epoca minorenne) è affidata al senatore liberale Giorgio Bergamasco, cui riesce ad affiancarsi come assistente il giovane Previti, che fino a poche settimane prima era stato legale della famiglia Fallarino. Annamaria lascia l’Italia, si trasferisce in Brasile e nel 1973 dà mandato al tandem Bergamasco-Previti di vendere la villa con la precisa disposizione di escludere dall’asta i terreni, la pinacoteca (tra cui una Via Crucis del Luini valutata da sola 400 milioni), la straordinaria biblioteca di libri antichi e i preziosissimi arredi. Il compratore si presenta a stretto giro di posta: Silvio Berlusconi, allora rampante imprenditore immobiliare a caccia di una residenza all’altezza delle sue ambizioni. Offerta: 500 milioni, un terzo della valutazione data a San Martino due anni prima nell’ambito dell’eredità Casati. Non solo: la giovane orfana viene pagata in azioni Edilnord, che faticherà a vendere, e il rogito per motivi fiscali viene rinviato all’80. Berlusconi già vive ad Arcore, ma la Casati paga le tasse. E poco dopo scopre che Previti ha girato al futuro premier non solo l’immobile ma anche tutto il parco, i quadri e la biblioteca da affidare alle cure del bibliofilo Marcello Dell’Utri. (La Repubblica, giovedì 12 agosto 2010). Un giorno, forse, l’esistenza di coppie come la Berlusconi-Previti sarà annoverata, al pari del terremoto di Lisbona, fra le prove dell’inesistenza di Dio. Che dire di più? Auguriamoci che i figli del Berlusconi siano altrettanto fortunati della figlia di Camillo Casati Stampa...
(su) Silvio Berlusconi: Legge salva-Mondadori doveva essere e legge salva-Mondadori è stata. La casa editrice controllata dalla Fininvest si avvia a chiudere con una mini-transazione da 8,6 milioni un contenzioso quasi ventennale in cui l’agenzia delle entrate le contestava il mancato pagamento di 173 milioni di tasse evase nel ’91.
(La Repubblica, mercoledì 11 agosto 2010).
Umberto Bossi: Fini si deve dimettere da presidente della Camera. La maggioranza che lo ha eletto a Montecitorio non ha più fiducia in lui, quindi se ne deve andare: quando ti scaricano in questo modo, non c’è alternativa. Fini è andato con il dito alzato sotto il palco da cui parlava Berlusconi: era da sbattere fuori in quel momento, io almeno avrei fatto così perché sono un segretario cattivo, non come Silvio... Ho fiducia in Napolitano, ma bisogna stare attenti, perché quando c’è il rischio della vita... Famiglia Cristiana che ci accusa di volere un federalismo senz’anima né solidarietà? Sono scemi e ignoranti, chi ha scritto quelle cose non sa niente. (La Repubblica, mercoledì 11 agosto 2010).
(su) Mariastella Gelmini: I dati finali del ministero: alla maturità aumentati i non ammessi, ma dimezzate le bocciature, netto calo dei respinti nei primi quattro anni. Più promossi alle superiori, Gelmini smentita sul rigore. (Titolo de La Repubblica di mercoledì 11 agosto 2010). È molto bello che la maggioranza degli Insegnanti italiani non si sia bevuta la campagna razzista dei berluscisti, e dei media da essi controllati, mirante a fare dei Bambini e dei Ragazzi italiani i capri espiatori della profonda sofferenza del mondo della Scuola. Grazie, cari colleghi! E vergogna, una volta di più, ai pochi falsi insegnanti che invece ci son caduti.
(su) Sergio genius Marchionne: Il giudice del lavoro di Melfi, Emilio Minio, ha condannato la Fiat per comportamento antisindacale imponendo all’azienda di riassumere i tre operai licenziati lo scorso 14 luglio con l’accusa di aver sabotato la produzione. I tre, due delegati (Antonio Lamorte e Giovanni Barozzino) e un iscritto alla Fiom (Marco Pignatelli), dovranno tornare in fabbrica il 23 agosto prossimo, alla ripresa dell’attività dello stabilimento lucano. La sentenza giudica infondata la tesi della Fiat secondo cui i tre, durante uno sciopero interno, avrebbero bloccato un carrello automatico per il trasporto dei componenti impedendo così di lavorare anche a coloro che non avevano aderito allo sciopero. In realtà, ha accertato il giudice, il carrello non si bloccò a causa della posizione degli scioperanti, ma perché aveva incontrato un ostacolo. (La Repubblica, mercoledì 11 agosto 2010). Sentenza incompleta. Oltre che condannare la Fiat a riassumere i tre operai, bisognava anche condannare i tre operai ad assumere il Marchionne: come addetto alle faccende domestiche, un mese in casa di ciascuno, tre mesi in tutto.
(su) Massimo D’Alema: Una situazione come quella dell’attuale Copasir, che non si è ancora pronunciato sul fondamento del segreto di Stato sul caso Abu Omar, risalente a più di quattro anni fa, è una situazione anomala. (Armando Spataro, procuratore aggiunto a Milano, su La Repubblica di lunedì 9 agosto 2010).
I ghigni si somigliano...
(su) Mariastella Gelmini: E mette le mani avanti. Prim’ancora di spiegare si difende: “Voglio proprio vedere chi avrà il coraggio di mettere in dubbio il buon diritto di Umberto Bossi, che è parte della storia di questo Paese, a ricevere una laurea honoris causa”. Caso classico di excusatio non petita (“scusa non richiesta” lo traduciamo per Bossi e la Gelmini) questa dichiarazione è un evidente segno di cattiva coscienza. (...) È della Gelmini che parla la proposta di laurea molto più che di Bossi: asinus asinum fricat (e questa non la traduciamo per non fargliela capire). Ma ascoltiamola ancora e, per un attimo, prendiamola pure sul serio: “Se c’è uno che la merita è lui”. (...) La Gelmini vuole dargli la laurea perché prometteva “pallottole”, definiva i rivali degli altri partiti “lumache bavose”, con la bandiera “si puliva il culo”, proponeva di “impiccare” gli avversari politici, mettere “l’anello al naso dei meridionali”, schedare gli extracomunitari “con le impronte dei piedi”, “buttare nel cesso il tricolore” e intanto propalava corbellerie storiche su Federico Barbarossa, Alberto da Giussano, Cattaneo... Bossi è un repertorio infinito di parole rozze, di slogan violenti, di trivialità strampalate. Di sicuro ci si può laureare in Scienza della Comunicazione studiando Bossi, ma non si può laureare Bossi in Scienza della Comunicazione. Ci si può laureare studiando il potere e il valore della pernacchia e dell’esibizione del dito medio, ma non si possono laureare la pernacchia e il dito medio. A meno che la Gelmini, nota latinorumista di Brescia, vedendo Bossi all’opera non si sia ricordata che in medio stat virtus. (Francesco Merlo, La Repubblica, sabato 7 agosto 2010). Quest’ultima insinuazione ci pare troppo maligna, povera Mariastella: in fin dei conti ha avuto un figlio, e i figli non si fanno mica col dito medio.
(su) Cesare Previti visitato dal Berlusconi: La visita avrà un significato politico? Di certo è il ritorno di Previti. Condannato in via definitiva nel 2006 per il processo Imi-Sir (sei anni e mezzo) e nel 2007 per il Lodo Mondadori (un anno e mezzo). Paga il suo conto con la giustizia trascorrendo quattro giorni in una cella di Rebibbia. Poi esce grazie alla legge Cirielli e se ne sta ai domiciliari. Durante la settimana va alla comunità di Don Picchi, sull’Appia, per aiutare gli alcolisti e i tossicodipendenti. Dallo scorso 24 dicembre torna a essere un uomo libero. Lui, il regista di almeno due grossi casi giudiziari. Quello che ha condannato l’Imi a risarcire di quasi mille miliardi di lire la Sir dello scomparso Nino Rovelli e la scalata Mondadori, affidata al gruppo Fininvest proprio grazie alle mazzette che Previti allungava al giudice Metta. (La Repubblica, sabato 7 agosto 2010). E adesso che è tornato un uomo libero, ai poveri alcolisti e ai poveri tossicodipendenti di don Picchi ci pensa ancora? O non gliene può importare di meno? Chissà quanto gli mancherà a quei poveretti, l’aiuto di un uomo così...
(su) Pietro Ichino (il Brunetta di finta “sinistra” infilato nel Pidì da quel Veltroni che oggi fa il vendoliano di complemento per tornare a far danni): Il governo potrebbe emanare un decreto che recepisca uno degli articoli del progetto di legge Ichino giacente in Parlamento. Con il decreto si potrebbe decidere che un contratto è valido se viene firmato dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali presenti in fabbrica e approvato dalla maggioranza dei lavoratori. In questo modo anche la minoranza che non è d’accordo si dovrà adeguare. (Roberto Di Maulo, segretario nazionale del Fismic, su La Repubblica di lunedì 2 agosto 2010).
Roberto Calderoli: Mi preoccupa il Tar che vuole far vincere la Bresso a tavolino. Attenti che non si può rivoltare il voto del popolo, ché se fanno incazzare anche i piemontesi non si sa dove si va a finire. Il cagotto deve venire a tutti. Undici anni fa un nostro ministro che andava per la maggiore venne a un congresso della Lega Nord a dire che non era d’accordo su un sacco di cose. Si prese un vaso da fiori sulla testa. Magari non è troppo democratico come metodo, ma insomma... La vera legalità l’ha fatta Maroni. E io 375.000 leggi non solo le ho abrogate, le ho bru-cia-te. Mi hanno detto che sono un novello Nerone. Lo considero un complimento. (La Repubblica, lunedì 2 agosto 2010).
Umberto Bossi: La Lega Nord ha venti milioni di uomini pronti a battersi fino alla fine. Se nel Paese non c’è la democrazia, la riportiamo noi. Nessuno avrà il coraggio di bloccare il federalismo. L’opposizione e i massoni cercheranno di sfiduciare Berlusconi a settembre, per ucciderlo e puntare su un governo tecnico che favorisca la sinistra. Ma il federalismo o ce lo dà Berlusconi o non ce lo dà nessuno. Tutti gli altri sono contro il federalismo, un governo tecnico non lo farebbe, al massimo cambierebbe la legge elettorale falsificando il voto popolare. Questo è l’interesse della sinistra. Preferiamo le elezioni a un governo tecnico. Sai quanti uomini scendono da lì a un fischio? Siamo venti milioni. (Umberto Bossi, La Repubblica, domenica 1° agosto 2010). Commenti? Non servono. A questo punto (se non ora, quando?) ci vogliono i fatti: a sessantacinque anni dalla Liberazione dal nazifascismo, è ora (o mai più) che i venti milioni pronti a battersi ne trovino altrettanti pronti a battersi più di loro. Pronti a fargli tirar fuori i moccichini verdi per asciugarsi le lacrime, se ancora sono Esseri umani capaci di piangere.
(su) Nicola Nichi Vendola, Antonio Di Pietro e Umberto Bossi: La condizione numero uno è di evitare le elezioni finché durerà l’emergenza del debito pubblico. Da questo punto di vista gli inviti ripetutamente lanciati da Di Pietro e anche da Vendola alle elezioni anticipate sono ― è il meno che si possa dire ― irresponsabili e sconsiderati, anteponendo meschini interessi di bottega a quelli reali del Paese. Darebbero di fatto una mano all’irresponsabilità berlusconiana e aprirebbero la strada alle peggiori avventure. (...) Bossi ha la responsabilità d’aver rafforzato in Berlusconi la strategia dell’attacco contro Fini. Ma ora vede il rischio che l’errore commesso può creargli per la nascita d’un federalismo che non sia nordista e secessionista ma crei una novità utile per snellire lo Stato burocratico e sprecone di cui la Lega Nord denuncia l’esistenza ma del quale in quindici anni di partecipazione al potere non ha saputo creare né la giusta configurazione né le giuste alleanze per costruirlo. Anche Bossi ha privilegiato finora la sua ditta rispetto a un’idea nazionale del federalismo. (Eugenio Scalfari su La Repubblica di domenica 1° agosto 2010). Il neonazismo dei portatori di moccichini verdi al governo col Pidì, dunque: questa è la “linea” che lo Scalfari ci detta. Per fare cosa? Ovvio: per “snellire lo Stato”. Cioè per completare, Tremonti premier, la distruzione della Scuola, della Sanità, dell’Ambiente, della Cultura, della Giustizia, dei Trasporti, delle Forze dell’ordine e dell’intero Patrimonio pubblico degli Italiani. Tra gli applausi dell’antiStato. Se questa è l’unica alternativa, perfino il Vendola è meglio.
(su) Nicola Nichi Vendola: Contro il governatore pugliese il ministro dell’Economia Giulio Tremonti è stato durissimo: non ha firmato l’ultimo dei piani di rientro delle Regioni che hanno sforato il patto di stabilità, e ha promesso l’impegno del governo per impedire che “la Puglia diventi una nuova Grecia”. “Non credo” ha insistito Tremonti “che la Puglia sia il luogo per esperimenti rivoluzionari. Non accetteremo lo sviluppo di una politica di quel tipo. Non sarà consentito da questo governo a nessuno, perché non è accettabile una deriva di legislazione regionale con caratteri non coerenti con i nostri mezzi finanziari e con i nostri impegni”. A bloccare la firma, il caso delle internalizzazioni e stabilizzazioni di quattromila dipendenti della Sanità pugliese, e il fatto che il piano della Regione non prevede l’aumento delle tasse. (La Repubblica, sabato 31 luglio 2010).
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