Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
Più Niente da Ridere
la Pagina di Chi andò dietro alla Morte e portò l’Italia con sé nel mese di gennaio del 2012
“Libertà, giustizia sociale, amor di patria. Noi siamo decisi a difendere la Resistenza. Lo consideriamo un nostro preciso dovere: per la pace dei morti e per l’avvenire dei vivi, lo compiremo fino in fondo. Costi quel che costi.” (Sandro Pertini, Genova, 28 giugno 1960).
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Giovani a confronto...
E oggi?... Eugenio Scalfari: L’intervista con Lama da me citata poteva essere di grande insegnamento: un dirigente sindacale metteva l’interesse generale al di sopra del pur legittimo particulare e faceva diventare il sindacato un protagonista attraverso una politica di sacrifici che andavano dalla licenziabilità alla moderazione sindacale, alla riduzione della cassa integrazione, con la principale finalità di far diminuire la disoccupazione e aprire l’occupazione alle nuove leve giovanili. Purtroppo non ho trovato, nella risposta della Camusso, l’intelligenza politica che in altre recenti circostanze aveva dimostrato. (La Repubblica, 31 gennaio 2011). Oggi come da giovane, il finto sinistro e finto ateo Scalfari (lo Scalfari, se lui si permette di chiamare la signora Susanna Camusso “la Camusso”) vorrebbe i Lavoratori sacrificati e licenziabili (e moderati, cioè a testa bassa). Perfino la crisi ha un aspetto positivo: quando la lotta si fa dura, i cattofascisti camuffati devono gettare la maschera. (Vuoi scaricare una riproduzione fotografica di questa tabella? Clicca qui!)
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Eugenio Scalfari: Mi aspettavo una risposta di Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, al mio articolo di domenica che si apriva con una lunga citazione da un’intervista che Luciano Lama ci dette nel gennaio del 1978. Me l’aspettavo e la ringrazio vivamente di avercela inviata. Avevo anche deciso che non l’avrei commentata poiché speravo che (pure ribadendo i punti di vista del sindacato da far valere al tavolo del negoziato con il governo) avrebbe dimostrato d’aver capito quale sia la situazione attuale nella quale si trova l’economia dell’Italia, dell’Europa e di tutto l’Occidente. L’intervista con Lama da me citata (attenzione: da qui in poi la stizza dello Scalfari si fa anche piagnucolosa, preparare i fazzoletti, n.d.r.) poteva essere di grande insegnamento: un dirigente sindacale metteva l’interesse generale al di sopra del pur legittimo “particulare” e faceva diventare il sindacato un protagonista attraverso una politica di sacrifici che andavano dalla licenziabilità alla moderazione sindacale, alla riduzione della cassa integrazione, con la principale finalità di far diminuire la disoccupazione e aprire l’occupazione alle nuove leve giovanili. Purtroppo non ho trovato, nella risposta della Camusso, l’intelligenza politica che in altre recenti circostanze aveva dimostrato. (...) Se è vero che il precariato è un male (ed è certamente vero) non è invece vero che il precariato sia la causa della crisi. Qui la Camusso sbaglia radicalmente. Il precariato e la disoccupazione sono gli effetti della crisi insieme alla recessione e alla stagflation, ma le cause sono del tutto diverse. Le cause sono l’esplosione del debito, la finanziarizzazione dell’economia. L’emergere di nuovi attori nell’economia mondiale e la legge dei vasi comunicanti che la globalizzazione ha reso effettiva. (Disonestà intellettuale? Asinina disattenzione? Susanna Camusso ― e non la Camusso, come maleducatamente la chiama lo Scalfari ― non ha scritto affatto che il precariato è la causa della crisi, ma che la diseguaglianza è la ragione profonda della crisi che attraversiamo e il motivo per cui le politiche monetariste non ci porteranno fuori dal guado, e che la produttività nel nostro Paese decresce al crescere della precarietà, che non ha neanche incrementato l’occupazione, producendo, invece, quel lavoro povero su cui sarebbe bene interrogarsi, n.d.r.). (...) I lavoratori e le imprese europee (e italiane) debbono fronteggiare le esportazioni cinesi, coreane, indonesiane, prodotte a costi molto più bassi dei nostri e non si tratta più di pigiamini di seta o di chincaglieria di varia amenità, ma di alte tecnologie dove l’invenzione si accoppia con bassissimi costi della manodopera. Come si impedisce in un’economia aperta una concorrenza di questa natura? Con i dazi? La Camusso pensa di blindare l’Europa (e l’Italia) con una impenetrabile cinta di protezionismo? E come pensa che quei Paesi reagirebbero se non rispondendo in egual modo alle nostre esportazioni? (Per lo Scalfari, evidentemente, i Cinesi, i Coreani e gli Indonesiani hanno il pieno diritto di opporre barriere impenetrabili ai Diritti Umani, concorrenza sleale analoga a quella delle imprese mafiose alle imprese oneste, mentre noi non abbiamo alcun diritto di opporre barriere alle loro merci; poiché per lo Scalfari, evidentemente, difendere le “libertà” delle merci è più importante che difendere le Libertà Umane, n.d.r.). Come pensa di fermare la delocalizzazione delle imprese italiane che hanno convenienza a portare all’estero interi settori delle loro lavorazioni? L’esempio di Marchionne non insegna nulla? Vuole la Camusso generalizzare al sistema Italia la politica ideologico-sindacale della Fiom? Difendere i diritti sindacali è sacrosanto, dare battaglia per i diritti di rappresentanza ai sindacati che non hanno firmato i contratti è più che giusto, ma chiudere gli occhi di fronte alla realtà è una sciagura. (Per lo Scalfari, evidentemente, i diritti sindacali è sacrosanto difenderli, ma sia maledetto chi, anziché conservarli ripiegati in un armadio, tenti di farli valere nella realtà, n.d.r.) Quanto al debito, è un dato di fatto che i suoi nodi vengano inevitabilmente al pettione dopo una o due generazioni ed è quanto sta accadendo. La recessione, come il precariato, non è causa della crisi ma effetto (Susanna Camusso non ha sostenuto né una cosa né l’altra, ma lo Scalfari ormai si è messo in testa che l’abbia fatto, n.d.r.). Se la fioducia scompare non è colpa della speculazione. La speculazione, gentile Susanna (il tono dello Scalfari si fa sempre più offensivo via via che cresce la sua stizza per il fatto che nella Sinistra italiana ci sia ancora qualcuno che non pende dalle sue labbra, n.d.r.) gioca indifferentemente al rialzo come al ribasso. Se scompare la fiducia gioca al ribasso e finché la fiducia non torna il ribasso ha la meglio. Il ribasso ha come effetto un costo del debito insostenibile. Lei, cara Camusso, sostiene che i lavoratori hanno già dato. E le famiglie che hanno investito in titoli del debito pubblico italiano come pensa che stiano? Il 17% di quel debito pubblico è posseduto da privati cittadini italiani, il 40% da banche italiane. Lei pensa che con queste cifre si possa scherzare? (La Repubblica, martedì 31 gennaio 2012). Chiunque si sia fidato ad acquistare titoli del debito pubblico italiano dopo il 1994, gentile Eugenio (cioè dopo aver visto per la prima volta al governo le facciacce ilari e maligne del Berlusconi e dei suoi sgherri) non è stato meno sciocco (o meno deciso a sostenere a ogni costo l’insensata avventura berluscista e leghista) di chi affida i propri risparmi al primo imbroglione che incontra. Anche lei ne ha acquistati, gentile Eugenio? Anche lei si è privatamente fidato del Berlusconi e della sua banda, mentre in pubblico fingeva che non avrebbe comprato da loro neanche un’auto usata? Se è così, gentile Eugenio, ben le sta. Ma i Lavoratori hanno già dato.
Per la serie Indovina per quanto tempo loro saranno Italiani e lei non più!: Bimbi nati in Italia da Genitori Migranti e ministro fatto in Italia ma non dagli Elettori.
Anna Maria Cancellieri (ministro degli Interni del governo delle tirannie finanziarie): Chi nasce in Italia è italiano? Sì, ma ad alcune condizioni. Il ministro degli Interni, Annamaria Cancellieri, frena sullo ius soli puro, che “creerebbe le condizioni per far nascere da noi bambini di tutto il mondo”. Via libera, invece, a uno ius soli temperato: “Se un bambino figlio di immigrati nasce in Italia, i genitori sono stabilmente nel Paese e ha percorso un ciclo di studi, credo che il diritto alla cittadinanza sia giusto”... Non è tutto. Il ministro Cancellieri si è detta “favorevole all’abolizione del valore legale del titolo di studio, a due condizioni: chiedo una valutazione seria delle università e pari opportunità perché tutti abbiano accesso alle università più prestigiose, per esempio con borse di studio”. (La Repubblica, lunedì 30 gennaio 2012).
Per la serie Certi rigurgiti di veleno possono durare anche trent’anni: Maurizio Sacconi.
Maurizio Sacconi: Sul lavoro il disegno di legge sarebbe una presa in giro, equivarrebbe a non far nulla. La probabilità che possa essere approvato in un anno, viste le posizioni in Parlamento, è prosssima allo zero. Il governo sa di dover passare attraverso la prova ineludibile della modifica dell’articolo 18. Ce lo chiedono l’Unione europea e il Fondo monetario internazionale, per incoraggiare la propensione ad assumere e a intraprendere. Monti faccia come ha fatto per gli altri provvedimenti, approvi una riforma in tempi brevi, per la crescita e per l’affidabilità che ci chiede l’Europa. (La Repubblica, lunedì 30 gennaio 2012).
Per la serie Lombroso: il Fava e il Lamar Smith.
Gianni Fava (deputato portatore di moccichino verde): Mentre gli Usa fanno marcia indietro sulle due proposte di legge antipirateria, in Italia si accende lo scontro su un emendamento presentato dal deputato della Lega Nord Gianni Fava, che potrebbe avere conseguenze per la libertà di Internet. Il parlamentare padano ha messo ai voti (avverrà in questa settimana) una postilla all’articolo 18 della Legge Comunitaria che introduce la facoltà, “per qualunque soggetto interessato” e non solo per l’uatorità pubblica, di richiedere a un fornitore di servizi Internet la rimozione di contenuti pubblicati on line e ritenuti illeciti dallo stesso soggetto richiedente. Fava è addirittura volato a Washington (a spese di chi?, n.d.r.) per incontrare Lamar Smith, il deputato del Texas primo firmatario della Sopa, la controversa legge fatta bloccare da Obama. (La Repubblica Affari & Finanza, lunedì 30 gennaio 2012). Vi piacerebbe, eh, brutti portatori di moccichino verde nazisti e razzisti, costringermi a non chiamarvi più ripugnanti portatori di moccichino verde razzisti e nazisti? Bene: ce la vedremo, schifosi portatori di moccichino verde nazisti e razzisti.
Per la serie Dio li fa e poi li accoppia secondo le dentature: il Bertone e il Simeon.
Tarcisio Bertone (dipendente di Joseph Ratzinger e della tirannia finanziario-religiosa vaticana nel ruolo di cardinale e segretario di Stato) e Marco Simeon: Questo Marco Simeon adesso sugli scudi ha più o meno l’età, 33 anni, in cui Bisignani sbarbatello stazionava ascoltatissimo nello studio privato di Giulio Andreotti, oltre che nell’appartamento all’Excelsior di Licio Gelli. Marco è un’autorità in quello del segretario di Stato vaticano e per potere traslato in Rai, dove ricopre il ruolo di responsabile delle relazioni istituzionali e internazionali, di responsabile di Rai Vaticano e di sponsor della direttrice generale fortunatamente uscente Lorenza Lei. E se qualcuno non avesse avuto un soprassalto di dignità rispetto alle candidature “suggerite” per il nuovo governo, ora Simeon ce lo ritroveremmo perfino sottosegretario con i professori, anime belle, magari insieme all’altro giovanotto rampante Salvo Nastasi, che continua a fare il buono e il cattivo tempo (soprattutto il secondo che ho detto) al ministero dei Beni culturali. La settimana scorsa, in una trasmissione de La7, il nome di Simeon è stato fatto come quello di uno dei comprimari di una vicenda di malaffare sulle forniture del Vaticano rivelata dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che dopo la denuncia a papa Ratzinger è stato promosso (si dice per toglierlo di torno) a nunzio apostolico a Washington. Figlio di un benzinaio di Sanremo, questo Simeon entra a Genova nelle grazie del cardinal Bertone quando aveva poco più di vent’anni e subitaneamente viene catapultato in un numero incredibile di incarichi: priore del Magistero della Misericordia, che possiede 130 appartamenti, consigliere d’amministrazione dell’ospedale Galliera, oggetto di una ristrutturazione e di una speculazione immobiliare, e addirittura approda alla Fondazione Carige, oltre a inondare la Città del Vaticano con i fiori sanremesi dell’associazione Il Cammino, che dirige con spiccate doti affaristiche. Pare che i primi soldi seri li abbia fatti con la sua mediazione nella vendita degli immobili delle suore dell’Assunzione, che gli fruttò quasi un milione e mezzo. Ma poi ne ha fatti tanti altri, a giudicare da quel che sostengono gli inquirenti che hanno lavorato allo scandalo della Cricca, i quali lo intercettano al telefono con alcuni dei protagonisti di quelle vicende, e lo considerano parte integrante di quel “grumo di interessi immobiliari” del Sistema Balducci-cardinal Crescenzio Sepe-Propaganda Fide. Con agganci non da poco nell’alta finanza, visto che Cesare Geronzi, prima di assaggiare la polvere del declino, se lo era preso come ambasciatore personale presso il papato, sia in Capitalia che in Mediobanca. Una carriera della Madonna, è proprio il caso di dire. (Alberto Statera, La Repubblica Affari & Finanza, lunedì 30 gennaio 2012).
Domenico Scilipoti (quello vero, non Enrico Scilipoti Letta): Non avendo più molto seguito in Italia, dopo la caduta di Berlusconi, Domenico Scilipoti è volato in Brasile “in qualità di presidente dell’Associazione parlamentare di amicizia Italia-Brasile”. Una nota ci informa dei suoi movimenti “in alcuni stati brasiliani”, inclusa una visita al “Museo Nazionale dell’Esercito, nel complesso del Forte di Copacabana”. Ad accoglierlo il colonnello Pedrosa che “gli ha conferito un diploma del Centro di Letteratura del Forte, Braccio Forte e Mano Amica”. A chi gli chiede del governo Monti, Sciliupoti risponde che la sua posizione è “di non riconoscimento”. “Votare a favore o contro questo esecutivo significa legittimarlo,” spiega il Nostro ai brasiliani. C’è qualcuno che può passare da Copacabana e dare una versione diversa al colonnello Pedrosa? (Alessandra Longo, La Repubblica, lunedì 30 gennaio 2012).
Per la serie Riforma del Lavoro: il Monti e il Lavoro come lo immagina lui.
Mario Monti: Per creare occupazione in Italia, occorre che produrre diventi una cosa più competitiva. Occorre che la protezione delle persone nel mercato del lavoro non diminuisca, ma diventi più equilibrata: meno concentrata sul singolo posto di lavoro e più sul singolo lavoratore... C’è un’esigenza di mobilità nel tempo... C’è un obiettivo di efficienza e un obiettivo di maggiore equità sociale. (La Repubblica, domenica 29 gennaio 2012). Il mio lavoro sarà meno protetto, ma io sarò più protetto. Che è come dire che le mie mani, le mie gambe, il mio cuore, il mio pisello e il mio cervello saranno meno protetti, ma in compenso, oh, in compenso sarò più protetto io! Il Monti e i suoi camerati, la Fornero e il Passera, credono davvero di poter darci a bere panzane come questa? Be’, certo che lo credono: la stupidità di un individuo è sempre direttamente proporzionale alla stupidità che attribuisce ai suoi interlocutori, no?
Per la serie Teppistelli naziliberisti: lo Scalfari contro la signora Susanna Camusso.
Eugenio Scalfari (massimo comun divisore della Sinistra italiana): La politica salariale nei prossimi anni dovrà essere molto contenuta e il meccanismo della cassa integrazione dovrà essere rivisto da cima a fondo. Non possiamo più obbligare le aziende a trattenere un numero di lavoratori che supera le loro possibilità produttive, né possiamo continuare a pretendere che la cassa integrazione assista in via permanente i lavoratori eccedenti. La cassa può assistere i lavoratori per un anno e non oltre salvo casi eccezionalissimi che devono essere esaminati dalle commissioni regionali di collocamento. Insomma, mobilità effettiva della manodopera e fine del sistema del lavoro assistito in permanenza. Si tratta d’una svolta di fondo. Dal 1969 in poi il sindacato ha puntato le sue carte sulla rigidità della forza-lavoro, ma ora ci siamo resi conto che un sistema economico aperto non sopporta variabili indipendenti. I capitalisti sostengono che il profitto è una variabile indipendente. I lavoratori e il sindacato, quasi per ritorsione, hanno sostenuto che il salario e la forza-lavoro sono variabili indipendenti. Sono sciocchezze perché in un’economia aperta le variabili sono tutte dipendenti una dall’altra. Se il livello salariale è troppo elevato rispetto alla produttività, il livello dell’occupazione tenderà a scendere e la disoccupazione aumenterà perché le nuove leve non troveranno sbocco. Naturalmente non possiamo abbandonare i licenziati al loro destino. Il salto che si fa ammettendo il principio del licenziamento degli esuberi e limitando l’assistenza della cassa integrazione a un anno è enorme ed è interesse generale quello di non rendere drammatica ed espolosiva questa situazione sociale. Perciò dobbiamo tutelare con precedenza assoluta i lavoratori licenziati. Alla base di tutto però c’è il problema dello sviluppo. Se l’economia ristagna o retrocede la situazione sociale può diventare insostenibile. La sola soluzione è la ripresa dello sviluppo. Quando si deve rinunciare al proprio “particulare” in vista di obiettivi nobili ma che in concreto impongono sacrifici, ci vuole una dose molto elevata di coscienza politica e di classe. Si è parlato molto, da parte della borghesia italiana, del guaio che in Italia ci sia un sindacato di classe. Ebbene, se non ci fosse un’alta coscienza di classe, discorsi come questo sarebbero improponibili. Abbiamo detto che la soluzione delle presenti difficoltà e il riassorbimento della disoccupazione sta tutto nell’avviare un’intensa fase di sviluppo. Per collaborare a questo obiettivo noi chiamiamo la classe operaia ad un programma di sacrifici, ad un grande progreamma di solidarietà nazionale (...) Debbo a questo punto avvertire i lettori che il testo che hanno fin qui letto non l’ho scritto io e tanto meno il ministro Elsa Fornero, anche se probabilmente ne condivide la sostanza. Si tratta invece d’una lunga intervista da me scritta praticamente sotto dettatura di Luciano Lama, allora segretario generale della Cgil. Era il gennaio del 1978... (La Repubblica, domenica 29 gennaio 2012). Corsi e ricorsi: le parole di un imbecille storico riciclate da un non meno storico provocatore. Nel merito: poiché il Lavoro è Umano, non può essere separato da Noi più di quanto ci si possano strappare le gambe; ed è perciò, sempre e comunque, proprio una variabile indipendente. Dalla quale le altre variabili dipendono a tal punto, che ogni tentativo di capovolgere la relazione, cioè di degradare l’Umano da loro fine a loro mezzo, non può che condurre l’intero processo produttivo a una più o meno rapida estinzione. E il profitto? Il profitto è un prodotto umano, e non ― come il lavoro ― una parte integrante dell’Essere umano. Il profitto dipende dal Lavoro, mentre il Lavoro non dipende da alcunché: il Lavoro è umano. Si obietterà: non si nasce lavorando, dunque il Lavoro si acquisisce, viene dopo. Ovvio: siamo Umani in quanto dotati (dalla nostra storia evolutiva) d’immaginazione, non in quanto lavoratori. Ma è proprio l’immaginazione che rende Lavoro, in noi, ciò che negli altri animali è solo lotta e fatica brutale per la sopravvivenza. Mentre ciò che il Lavoro utilizza e che dal Lavoro scaturisce, merci, salari, profitti, e i rapporti fra essi, non sono che oggetti, né più né meno che la pallina di escrementi che lo scarabeo stercorario spinge pian pianino fino alla tana. La verità dunque è l’opposto di quel che il provocatore storico fa dire allo storico imbecille: sono stati gli ultimi trent’anni di guerra globale nazista per far del Lavoro una variabile dipendente, a inceppare il processo produttivo (cioè a far impazzire il rapporto interumano che al processo produttivo dà luogo) e a precipitare il mondo nella Crisi. Dalla quale gli Scalfari, sgherri cosiddetti intellettuali delle tirannie finanziarie naziste, riecheggiando e riciclando storici imbecilli predicano ora la fuoruscita attraverso i sacrifici, il compromesso storico e la solidarietà nazionale. Che sono idee così stupide ― come predicar la guarigione attraverso la preghiera e gli esorcismi, e infatti ci hanno consegnati, legati mani e piedi, a un governo che oltre che nazifinanziario è anche vaticano ― che se non rischiassero di farci morire di stenti ci farebbero morire dal ridere.
Per la serie Corsi e ricorsi storici: il maresciallo Petain-Sarkozy, a sinistra, con il führer Hitler-Merkel.
Angela Merkel e Nicolas Sarkozy: Secondo il Financial Times, la Germania ha chiesto che le autorità elleniche vengano sostanzialmente commissariate dall’Unione europea per quanto riguarda la spesa pubblica e l’attuazione delle manovre di risanamento, negoziate con l’Unione in cambio degli aiuti. Si tratterebbe di una revoca di sovranità nazionale senza precedenti nella storia dell’Europa unita. La sovranità, secondo la bozza di proposta ufficiosa inviata a Bruxelles, andrebbe affidata a un commissario europeo... Intanto, con una decisione che apre un fitto dibattito e vive polemiche, Angela Merkel ha annunciato di voler provare a essere lei l’asso nella manica elettorale del presidente francese, Nicolas Sarkozy. Merkel infatti parteciperà alla campagna per le presidenziali francesi, il cui voto di primo turno si terrà il 22 aprile, in comizi con Sarkozy e per Sarkozy. “Secondo noi è lui l’uomo giusto all’Eliseo, il socialista Hollande renderebbe più difficile la cooperazione europea” ha detto ieri il segretario generale della Cdu (il partito della cancelliera) Hermann Gröhe. (La Repubblica, domenica 29 gennaio 2012).
Uno dei principali segreti della felicità (e di un’ottima riuscita professionale)?
Scoprire con quale lavoro ci viene naturale realizzare un legame perfino eccessivo.
Elsa Fornero: Oggi esiste un legame eccessivo tra il singolo lavoratore e il suo posto di lavoro. Un legame che si tende a far resistere, molto spesso, anche quando l’azienda che fornisce quel posto di lavoro non è più in grado di assicurarlo. Questo problema va risolto. (La Repubblica, domenica 29 gennaio 2012). No, signora mia, è vero esattamente l’opposto: il problema del Lavoro, in Italia e nel mondo, il problema che va assolutamente risolto, è quello dei poveri Lavoratori che (per motivi che sarebbe lungo elencare, ma sui quali, se lo desidera, saremo lieti di ragguagliarla con una lezioncina privata del tutto gratuita) si dimostrano del tutto incapaci di realizzarlo, il legame col proprio lavoro che lei chiama eccessivo. Un professore universitario, per esempio, dovrebbe esser capace d’immaginazione, di ricerca e di pensiero autonomo: se invece non ci riesce, se non fa che rimasticare quattro ideuzze già masticate, digerite e cacate da mille altri, be’, è segno che quel professore col suo posto di lavoro non ha realizzato alcun legame, né eccessivo né modesto: zero. Non perché sia una cattiva persona, intendiamoci, ma perché il poverino (o la poverina) per chissà quale scherzo della vita è finito in un posto del tutto inadatto a lui (o a lei). Mentre in un ristorante, magari, servendo ai tavoli con un bel grembiulino e una leggiadra crestina bianca fra i capelli, potrebbe fare un figurone ed essere finalmente felice.
Per la serie Non essendo vero che io non pensi a voi, non è vero che io non rida mai: Mario Draghi.
Mario Draghi: Gli spread sono stati un potente motore per le riforme in diversi Paesi. (La Repubblica, sabato 28 gennaio 2012). Traduzione: Hahahahahaha! Senza spendere un quattrino, anzi: arricchendosi ancora di più, le tirannie finanziarie globali cui anch’io appartengo hanno costretto interi Paesi a servirle come schiavi in barba alla Sovranità dei Popoli, alla Democrazia, ai Diritti Umani, alle Costituzioni e alle leggi. C’è di che essere davvero soddisfatti... hahahahahahahaha!
Un Camion chiamato Montimario
il Monti, la Fornero e il Passera: Tir sulle autostrade anche di sabato, anche di lunedì. Il decreto del governo Monti cancella il divieto che impediva ai camion di viaggiare il giorno prima e il giorno dopo il festivo. (La Repubblica, venerdì 27 gennaio 2012). Anche questa è una liberalizzazione. Anzi: una licenza. Di uccidere. Ma tra le famose richieste dell’Europa all’Italia non c’era anche quella di ridurre il nostro spaventoso primato in fatto di morti e feriti in incidenti stradali? Certo che c’era. Ma un governo prepotente coi deboli e vile coi forti come può non inchinarsi a chi strangola impunemente intere regioni bloccando le autostrade?
Per la serie Guerrafondai contro la Costituzione: il Di Paola e il La Russa.
Giampaolo Di Paola (ministro dell’Offesa): I cacciabombardieri italiani colpiranno obiettivi in Afghanistan: il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola (ma lo amava ― e gli garantì un’infanzia complessivamente serena ― chi gli impose una così buffa allitterazione tra nome e cognome?, n.d.r.) lo ha comunicato senza mezzi termini in commissione congiunta Camera e Senato. “Intendo usare ogni possibilità degli assetti presenti in teatro, senza limitazione,” ha detto l’ammiraglio ai parlamentari. E a chi gli chiedeva se questo volesse dire anche attacco a terra, il ministro ha confermato: “Se sarà necessario”. Il “tecnico” Di Paola ha così compiuto quello che il politico Ignazio La Russa non aveva portato fino in fondo: ha spazzato via d’autorità ogni discussione sui “caveat” eliminando le cautele richieste dal Parlamento nella discussione sollecitata dallo stesso La Russa. (La Repubblica, venerdì 27 gennaio 2012). Poiché l’articolo 11 (Principi fondamentali) della Costituzione stabilisce che L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, noi qui accusiamo il Di Paola di attentare alla Costituzione stessa. (E al contempo avvisiamo i nostri parenti e amici che non abbiamo alcuna intenzione di suicidarci, che guidiamo con la massima prudenza, che non siamo soliti ingerire sostanze radioattive e che, insomma, in caso di nostra prematura dipartita li preghiamo di voler cortesemente diffidare delle circostanze apparenti della medesima).
Per la serie Una donna per tutte le stagioni?: la Marcegaglia alla Berlusconi e la Marcegaglia alla Monti.
Emma Marcegaglia: I partner stranieri ci chiedono di continuare in questo processo di riforme. Ma non c’è dubbio: oggi la percezione del Paese è cambiata in meglio... Dell’articolo 18 bisogna discutere senza tabù. E bisogna ricordare che questa norma riguarda il 60% degli occupati. Per l’altro 40% già non esiste: le piccole aziende non lo applicano. All’estero mi chiedono: com’è possibile che non si possa licenziare qualcuno che magari è assenteista cronico e fa male il suo lavoro? (La Repubblica, venerdì 27 gennaio 2012). Ma via, signora Marcegaglia, è mai possibile che lei debba sempre sembrar così pronta a farsi mettere le parole in bocca da questo e da quello? Ce l’ha un pensiero suo, personale, vero? Ed è capace, vero, di produrre idee e metafore proprie? Quella insulsa cantilena montiana e forneriana del tabù, per esempio, ci ha pensato un momentino prima di mettersi a ripeterla anche lei come se fosse una pappagalla ammaestrata? Si è domandata se sia saggio invitare le persone a liberarsi dei tabù? Lo sa che i cosiddetti tabù, se esistono, è in genere per buoni e sostanziali motivi? Noi, per esempio, signora Marcegaglia, abbiamo il tabù che mai e poi mai oseremmo dar della p...... a una signora come lei. Anzi: a nessuna signora. Sarebbe contenta se ci liberassimo di questo tabù? Non si può mai sapere quali possano essere i gusti delle persone in simili materie, ma riteniamo di no. Dunque rifletta di più, signora Marcegaglia, prima di aprir bocca e darle fiato, ché una testolina sul collo ce l’ha anche lei. Glielo dice uno che per età potrebbe esserle fratello maggiore.
Una buona definizione di stupido estremista? Uno che pur di tirare un cazzotto a un Sarubbi è capace di calpestar Bambini.
Beppe Grillo: La cittadinanza a chi nasce in Italia, anche se i genitori non ne dispongono, è senza senso. O meglio, un senso lo ha. Distrarre gli Italiani dai problemi reali per trasformarli in tifosi. (Left, venerdì 27 gennaio 2012). Non capisce, il Grillo (o è tanto infatuato del proprio ruolo di araldo della verità da infischiarsene di quel che capisce) che questa battaglie è così valida e importante che pur di vincerla dobbiamo allearci con chiunque sia disposto a combatterla insieme a noi, quali che siano le sue motivazioni. Si sa che nella finta sinistra ci sono individui che sfruttano i Migranti e i loro Figli per farsi credere progressisti e libertari mentre in Parlamento si battono invece per consegnarci al naziliberismo finanziario globale e alla tirannia finanziario-religiosa vaticana: basta vedere, per saperlo, che il primo firmatario della proposta di riforma dello ius sanguinis in ius soli è il Sarubbi Andrea, piddìno cattofascista che nel 2008 si scagliò contro Beppino Englaro e che dal 2010 lotta per portare a due (di cui una obbligatoria) le ore di religione nelle scuole. Ma ciò non toglie che i Nati in Italia da Genitori migranti devono essere Cittadini italiani, a tutti i costi e al più presto, anche se per ottenere per loro questo diritto dovremo marciare fianco a fianco con la disgustosa destra del Pd che intanto collabora a smantellare lo Stato sociale, a svendere i Beni pubblici e a picconare i Diritti di tutti i Lavoratori, italiani e non italiani. Sconfiggere i finti sinistri è fondamentale, se vogliamo conservare qualche speranza di salvarci da un nuovo Medio Evo ancor più lugubre del precedente; ma per noi, atei e miscredenti, niente al mondo può essere così importante da valere il dolore di un Bambino. E i Sarubbi, che ben sanno di questa nostra “debolezza” (son loro gli implacabili devoti per i quali le sofferenze dei Bambini fanno parte dell’insindacabile disegno divino) ne approfittano per ricattarci: “Volete lo ius soli per i figli dei migranti?” biascicano. “E allora lasciateci far di loro e di voi gli schiavi delle Banche e della Chiesa”. Dobbiamo cedere, non abbiamo scelta. Ma poi, dopo che coi Migranti e i loro Figli avremo fatto gran festa, dovrà pur venire il giorno che ai Sarubbi faremo la festa.
Per la serie Radici: le radici religiose dell’Europa.
Pierferdinando Casini e Francesco Rutelli (e, per conoscenza, i loro amichetti cattofascisti nel Partito democratico): La Lega Nord presenta al Senato una mozione sulle radici giudaico-cristiane dell’Europa che passa grazie a pidiellini e centristi.
(La Repubblica, giovedì 26 gennaio 2012).
Enrico Letta e Pierferdinando Casini: Enrico Letta ieri in aula è salito ai banchi del Pidièlle per una serrata conversazione con un’altra colomba, Franco Frattini. E anche i centristi hanno iniziato a costruire i primi firewall per evitare che il partito dei falchi berlusconiani travolga tutto e trascini l’Italia al voto. “L’atteggiamento del Pidièlle,” spiega il segretario Uddiccì Lorenzo Cesa, “inizia a preoccuparci. Dobbiamo stare attenti e aiutarli a reggere, è interesse di tutti che il Pidièlle ora non esploda”. Per questo, rivela Cesa, l’Uddiccì sta aiutando Alfano rendendogli meno difficile “raggiungere un accordo con noi alle amministrative. Un’impresa non impossibile, visto che in molti posti già governavamo insieme”. Un modo per allentare la pressione, per abbassare la temperatura interna alla maggioranza che sostiene il governo. (La Repubblica, giovedì 26 gennaio 2012). Traduzione: La destra del Partito democratico e il Terzo polo regaleranno città su città alla destraccia berluscista per continuare a regalare l’Italia intera a quella montista... Rebus sic stantibus, non sarebbe ora, cara maggioranza del Pd, di riconsiderare la decisione di appoggiare questo governo?
Per la serie Simboli di progresso: Forconi, corde, bastoni e torce.
sui cosiddetti Forconi: E si scopre che il movimento ha anche un padre spirituale, don Giuseppe Di Rosa, di Avola: “Sono stato io a battezzare il movimento,” dice, “che ha radici lontane: nasce a metà degli anni ’90, col problema delle quote latte. Ora questa gente è disperata: è una rivolta popolare per la sopravvivenza”. (La Repubblica, giovedì 26 gennaio 2012). Come volevasi dimostrare: un movimento il cui nome di battesimo allude alla possibilità di diventare violento, chi poteva averlo battezzato? Un prete.
Per la serie Le Tre Spinelli e il Monti: Tu sarai Re!
Barbara Spinelli (finta sinistra su cui vedi anche qui, qui, qui, qui, qui, qui e qui) su Mario Monti: L’immaginario democratico è colmo di miraggi: là dove governa il popolo ognuno è idealmente padrone di sé, e fantastica di poter fare a meno del comando. (...) Ma il comando ha un ingrediente in più, un occhio in più: indispensabile. (...) È come se da tempi immemorabili non avessimo ascoltato voci simili. Come se la chiamata che intima, stronca imperiosamente egoismi, tergiversazioni, fosse la cosa che più ci manca. (...) Ma il comando non è solo imperio della legge, rule of law. C’è un elemento aggiuntivo, che nasce dal carisma. (...) Ce n’è bisogno, perché sempre possiamo incrociare una crisi, un’emergenza, ed è qui che servono le forze congiunte del comando, dell’imperio della legge e del carisma (ma prima il comando e poi la legge, eh?, n.d.r.). Torniamo a Conrad, quando narra la nostra Linea d’ombra: d’un colpo scorgiamo innanzi a noi “una linea d’ombra che ci avverte che la regione della prima giovinezza, anch’essa, la dobbiamo lasciare addietro”. (...) C’è qualcosa di ostinatamente minorenne, nel nostro rapporto con l’autorità, la legge, lo Stato. (...) Il comando è quello che ci protegge dall’esplosione dell’urlo scomposto, dal caos. (La Repubblica, mercoledì 25 gennaio 2012). Traduzione (dal linguaggio stregonesco e subliminale tipico della Spinelli): Gli esseri umani, specialmente se italiani, sono minorenni pazzi e pericolosi con i quali le leggi non bastano: ci vuole un Capo, con loro, altrimenti è il caos. Non lo dicevano anche Mussolini e Hitler? Be’, avevano ragione. Non per niente sono nel gruppo Bilderberg, che fu fondato da un gerarca nazista. Perciò, o Monti, tu sarai Re.
Per la serie Proporzioni reciproche: la Fornero e l’Ichino dinanzi a Pierluigi Bersani e a Susanna Camusso.
su Elsa Fornero, parole appassionate e forti: Togliere la cassa integrazione straordinaria è una follia. Per ora abbiamo davanti idee teoriche che non si misurano con la realtà. Il governo dovrà farsene una ragione. Parole vere, ma troppo gentili per non risultare deboli: Al governo consiglio uno sguardo lungo ma i piedi a terra: la crisi industriale è diffusa e non si lascia la strada vecchia senza vere alternative, mettendo nell’abbandono centinaia di migliaia di lavoratori. Si può essere radicali, ma sempre avendo i piedi ben piantati nella realtà. Cambiamo prima i meccanismi contrattuali che stanno svilendo il lavoro, perché un eccesso di precarietà sta disperdendo il tradizionale punto di forza dell’Italia, ovvero il bagaglio di competenze del lavoro. Noi a questo tavolo ci siamo con il nostro contributo. Bisogna indicare una prospettiva di riorganizzazione degli ammortizzatori, ma mai dimenticando che siamo nel pieno di una crisi difficile e che non sarà breve. Parole da avventurista e provocatorie: Fornero andrà avanti. Dovrà mettere a punto il modo in cui procedere, ma il disegno complessivo è sensato e ci saranno spazi di accordo. (La Repubblica, mercoledì 25 gennaio 2012). Indovinare quali sono di Susanna Camusso, quali di Pierluigi Bersani e quali dell’Ichino.
Per la serie Fenomenologia delle relazioni umane: il Monti e la Fornero.
Elsa Fornero: Io sono autonoma e indipendente, non mi faccio influenzare da nessuno. Solo dal presidente del Consiglio. Se il presidente Monti mi dice fermati, io mi fermo. (La Repubblica, martedì 24 gennaio 2012). Che tenera: sembra di sentire la Carfagna o la Gelmini parlare del Berlusconi. O una marionetta collodiana parlare di Mangiafuoco.
Per la serie Pregiudizi contro le donne: le donne del governo Berlusconi mentre si recano da lui. La prima da sinistra è la Gelmini.
Mariastella Gelmini: Sulle donne del governo Berlusconi ci sono stati molti pregiudizi. (La Repubblica, martedì 24 gennaio 2012).
Avranno più o meno tabù dei generali argentini, il Monti e la Fornero e il Passera?
Mario Monti: Oggi iniziamo un negoziato serio con i sindacati e i datori di lavoro. Non mi sento di dire in anticipo dove arriveremo. Ma non ci si può sedere al tavolo assumendo tabù. Vale per tutti: per i sindacati, per le imprese e anche per il governo. (La Repubblica, lunedì 23 gennaio 2012). È il chiodo fisso di questo governo: non avere tabù. Soprattutto quando ci si siede a un tavolo. La cosa ci incuriosisce. Quale specialissimo training li avrà resi capaci, al contrario di noi miseri mortali, di accostarsi a un tavolo senza più tabù? Ore e ore di sedute casalinghe dedicate a infrangerli a uno a uno immaginandosi di volta in volta banditi, violentatori, pedofili, massacratori, necrofili, ladri di cavalli? In caso affermativo, potrebbero dirci se sono stati loro necessari anche degli esercizi fisici, per esempio di manipolazione di parti del proprio corpo, per rendere il training più efficace? Come ci si sente quando finalmente ci si è liberati di tutti i tabù? E per finire: in questa progressiva emancipazione dai tabù ritengono lor signori di aver superato i record di Hitler e di Hannibal the cannibal? O si accontentano di un onorevole secondo posto? Ci piacerebbe proprio che ci rispondessero.
Il Monti su Chi a sua insaputa? Le foto della sua infanzia, scattate niente di meno che da suo padre, finite su una rivista (e che rivista!)
senza che lui (il Monti, non il padre del Monti) ne sapesse alcunché? Non dubitiamo che sia così. Ma ci domandiamo come possa occuparsi
dell’Italia uno che non riesce ad aver cura neanche delle sue più sacre memorie familiari. (La Repubblica, lunedì 23 gennaio 2012).
Per la serie Tristi amori: il Monti, le tirannie finanziarie e, minuscoli, Noi.
sul Monti e il Passera amichetti delle Banche: Nel caso di banche e assicurazioni per aumentare la concorrenza bisogna intervenire soprattutto sulla struttura proprietaria, ad esempio sul ruolo delle fondazioni bancarie e su quella ragnatela di partecipazioni incrociate tra banche, assicurazioni e banche d’affari che spinge le prime a concedere prestiti a condizioni stracciate alle società partecipate per non sommare al rischio di credito anche quello di azionista. Queste ragnatele impediscono l’ingresso di nuovi operatori, tenendo in vita quelli più inefficienti: ad esempio, permettono alla famiglia Ligresti di mantenere il controllo della Fonsai, dopo averla portata sull’orlo del fallimento. E permettono alle grandi banche italiane di accedere ai prestiti a tasso quasi zero della Bce (sono le banche italiane ad averne sin qui fruito di più) senza poi destinarli alle imprese e alle famiglie che faticano sempre di più ad accedere al credito. Per intervenire su queste realtà, non ci vogliono tanto le liberalizzazioni, ma regole nuove di corporate governance. Ad esempio, si può vietare agli istituti di credito di avere partecipazioni superiori a una soglia (magari intorno al 2%) in imprese quotate che operano in settori diversi dal sistema creditizio, come una società di assicurazioni quotata, e viceversa, in grandi imprese di servizi di pubblica utilità e nell’editoria. Sono, in altre parole, provvedimenti in cui l’expertise non è tanto quella dell’Antitrust e dell’ex commissario europeo, quanto piuttosto quella dell’ex banchiere. Se c’è un significato alla presenza di Corrado Passera in questo governo, è proprio da qui in poi che si dovrà vedere. (Tito Boeri su La Repubblica di sabato 21 gennaio 2012). Il Boeri sta al governo Monti come un moscerino alla frutta: se perfino lui lo accusa di timidezza nei confronti delle tirannie finanziarie, è probabilmente segno che il controllo delle medesime sull’operato di quel manipolo di non eletti deve aver ormai oltrepassato i limiti della decenza...
Per la serie Credevano che camminasse sulle acque, e invece sguazzava nella loro insensatezza: Mario Monti.
(Con mille scuse a Oltre il giardino, bellissimo film di Hal Ashby del 1979, con Peter Sellers e Shirley MacLaine.
sul Monti, il Passera, il Berlusconi, le liberalizzazioni fasulle e come se la ridono di Noi facendo il giochino delle parti: Il governo congela per 90 giorni l’assegnazione delle frequenze televisive in digitale terrestre secondo il modello beauty contest. L’annuncio dato dal ministro Passera scatena la reazione furibonda della Mediaset, che parla di “atto che sospende la legalità”. L’azienda valuta azioni legali e chiede al governo “il ripristino della legalità”. Soddisfatto il Pd per la decisione. Il presidente del Consiglio, Monti, ha osservato che “non si concede un bene pubblico senza un corrispettivo per lo Stato”. (La Repubblica, sabato 21 gennaio 2012). Bravi, bravi davvero: da far loro tanto di cappello. Logico che il Partito democratico si dichiari soddisfatto. Peccato che il pidiellìno Raffaele Fitto commenti così le grandiose liberalizzazioni del Monti: “Considerato che questo era il passaggio più indigesto per noi, non è andata male. Abbiamo limitato i danni. E adesso arrivano le norme sul mercato del lavoro, che saranno molto dolorose per il Pd”. E sulle frequenze un “ex ministro del Pidièlle” così “ragiona”: “Monti ha voluto mettere una pistola sul tavolo. Probabilmente consigliato da qualcuno più in alto, ha mandato un segnale al Cavaliere. Il premier tiene in stand by la questione delle frequenze per fare pressione su di noi e intanto il tempo passa. Tra novanta giorni, quando decideranno, si sarà chiusa la finestra per andare alle elezioni anticipate. E Monti arriverà al 2013”. Ma il Pidièlle, comunque, ritiene di aver strappato molto. I farmaci di fascia C potranno essere venduti solo dalle farmacie, come adesso. E l’arrivo di 5000 nuove farmacie, ammettono sconsolati nel Pd, “significa la morte delle 3500 parafarmacie che guardavano a noi nella speranza di poter crescere”. Berlusconi incassa anche l’annacquamento delle norme sui taxi, lasciate a una futura decisione dell’autorità delle reti, sentiti i sindaci. E il Pidièlle è pronto a presentare un emendamento che preveda una decisione solo “d’intesa” con i sindaci. Così com’è vero che aumentano i notai, ma restano tutti i costi legati all’intermediazione notarile. Il Pd infatti mastica amaro. Proprio un governo di sinistra, davvero. O per meglio dire sinistro, come un nuovo Chance il giardiniere, per la capacità che dimostra di suscitare una fatua e insensata ammirazione in tanti sedicenti intelligenti.
Per la serie Sarebbe piaciuto a Rascel: il Berlusconi all’Elba.
Silvio Berlusconi: Ci siamo fatti da parte con senso di responsabilità e credo anche in modo elegante. È intervenuta la cura di questa situazione, che è consistita appunto in un governo tecnico, ma la cura non ha dato alcun frutto. Quindi, paradossalmente, ci aspetteremmo di essere richiamati a occupare le posizioni di governo che avevamo prima, visto che questa è la democrazia e che noi siamo stati eletti dagli italiani. (La Repubblica, sabato 21 gennaio 2012). Un napoleoncino piccolo piccolo, che se fosse stato relegato all’Elba non avrebbe avuto il coraggio nemmeno di tentar di sbarcare a Follonica.
Per la serie Le scollature che hanno fatto la Storia: Amedeo Laboccetta.
(su) Amedeo Laboccetta (pidiellìno spericolato): L’onorevole Amedeo Laboccetta, il 10 novembre scorso, aveva saputo che la Guardia di finanza stava perquisendo la sede romana di una società che si occupa di gioco d’azzardo. Precipitatosi sul posto, e scoperto che giusto in quell’ufficio (quando si dice la coincidenza) c’era un suo pc, se l’era portato via di corsa prima che i finanzieri potessero accenderlo. Poi però se n’è pentito. E ieri mattina ha annunciato con orgoglio di averlo “consegnato spontaneamente agli inquirenti”. Dopo settanta giorni. Così i finanzieri potranno, in santa pace, controllare tutto: se il masterizzatore funziona, se la tastiera si inceppa e se l’antivirus è scaduto. (Sebastiano Messina, La Repubblica, sabato 21 gennaio 2012).
Per la serie Fanno male i quotidiani a non mostrarci le facce di quelli che ci scrivono, aiuterebbero a capire molte cose: Alessandro De Nicola.
Alessandro De Nicola (un tipino che viene, guarda caso, dall’Università cattolica del Sacro Cuore e ha le mani in pasta quasi dappertutto, ma del quale in fondo basta dire che è così amico delle tirannie finanziarie globali che riesce a criticare il Monti, la Fornero e il Passera da destra): Un’obiezione che viene spesso sollevata da chi si dichiara in via di principio favorevole a cedere i beni pubblici è che, in periodi di difficoltà economiche e finanziarie come la presente, si rischia di svendere le società per azioni quotate in Borsa. In realtà questo è un ragionamento che suona un po’ datato. Un anno fa, due anni fa, tre anni fa, si sentiva ripetere la stessa cosa. Non è mai il momento giusto di far staccare la presa al Leviatano per chi in realtà non vuole privatizzare. Quand’anche fosse vero che le Borse attraversano un momento difficile, nessuno può dirci se non peggioreranno ed inoltre, se non abbattiamo lo stock di debito pubblico grazie alle dismissioni, pagheremo interessi sul debito che in questo periodo sono molto alti e faranno peggiorare i bilanci pubblici. L’Italia ha bisogno di diminuire il debito pubblico, non solo di contenere il deficit annuale: la restituzione al settore privato di imprese e società oggi in mano allo Stato è la via più veloce ed apprezzata dai mercati, certamente molto di più dell’imposta patrimoniale vagheggiata da molti. traduzione: Poiché nessuno può dirci se la situazione peggiorerà o meno, svendiamo anche la parte più pregiata dei Beni dei Cittadini italiani e perdiamo per sempre i proventi che lo Stato ne ricava: meglio pochi, maledetti e sùbito, no? La vendita di Telecom, la più vituperata, è stata un enorme successo: 13 miliardi di euro, di cui 11,2 a valori 1997, pari nel complesso a 17 miliardi di oggi. E l’Opa di Colaninno ha poi fatto incassare molti soldi a chi aveva partecipato alla prima offerta di azioni. (La Repubblica, venerdì 20 gennaio 2012). commento: Perduti, dallo Stato e dai Cittadini, i proventi di una grande azienda creata dai sacrifici di generazioni di Lavoratori e di Utenti, perduta la possibilità, per lo Stato, di calmierare con la propria concorrenza il mercato delle telecomunicazioni, e in cambio... ottenuti i telefoni più cari d’Europa: un enorme successo davvero!
sul Monti, la Fornero, il Passera e le cosiddette liberalizzazioni: “Al governo sembrano i brezneviani che all’epoca della stagnazione sovietica affermavano che non si era fatto abbastanza socialismo,” attacca l’economista Emiliano Brancaccio, docente all’università del Sannio. Perché? Perché la partita in gioco ha molto di ideologico e poco di reale. “Può accadere che a seguito delle liberalizzazioni i prezzi aumentino anche più dell’inflazione. Per esempio, nel campo delle assicurazioni auto, il passaggio dai prezzi amministrati ai prezzi liberi ha comportato un boom delle tariffe oltre quattro volte superiore all’inflazione,” dice l’economista. “Così come, spesso, la conseguenza di un processo di liberalizzazione è la concentrazione dei capitali. A questo i fautori delle liberalizzazioni replicano sostenendo che non si è ancora liberalizzato a sufficienza”. Lo conferma anche la Cgia di Mestre, blasonato centro studi della piccola impresa del Nord Est. Titolo: “Le liberalizzazioni sono state un flop”. Dalla data dell’abolizione di lacci e lacciuoli, i pedaggi autostradali sono cresciuti del 50%, i servizi bancari del 109%, le assicurazioni auto del 184%. Se i prezzi fossero rimasti uguali a quelli dell’epoca “statalista”, i cittadini avrebbero risparmiato 109,6 miliardi. Si stava meglio quando si stava peggio. (Left, venerdì 20 gennaio 2012).
Per la serie Gli innocentini della finanza globale: l’“indipendenza” delle agenzie di rating dalle tirannie finanziarie globali.
Standard & Poor’s (agenzia delle tirannie finanziarie globali contro la Democrazia): Siamo sorpresi e costernati dalle indagini giudiziarie in corso in Italia sulle nostre valutazioni indipendenti... Le accuse fatte sono del tutto prive di fondamento e senza merito e con forza difenderemo le nostre azioni, la nostra reputazione e quella dei nostri analisti. (La Repubblica, venerdì 20 gennaio 2012).
Per la serie Oggetti di sproporzionate attenzioni: il Letta Enrico.
Enrico Letta (piddìno destrino sul quale vedi anche qui e qui): I partiti non nominano più i parlamentari, devono essere i cittadini ad eleggerli. (La Repubblica, venerdì 20 gennaio 2012). Giusto. Solo che alla destra del Pd la legge Porcellum andava benissimo (non fiatarono) quando i parlamentari del Pd li sceglieva il Veltroni (e sceglieva individui come il Calearo, l’Ichino e la Binetti). Si svegliano ora, i finti sinistri, allarmatissimi che gli (eventuali) candidati di (eventuali) elezioni li scelga Pier Luigi Bersani. Simpatici, no?
Per la serie Teorici e squadristi del fasciocattolicesimo: il Wells, il Cavalcoli, il Lombardi e lo Jonghi.
Joseph Ratzinger, tre suoi dipendenti e uno sgherro contro il fondamentale Diritto umano della libertà di espressione: La Segreteria di Stato vaticana ha condannato per lettera lo spettacolo del regista Romeo Castellucci, Sul concetto di volto nel figlio di Dio. E, scrivendo a nome del papa, il documento pontificio dichiara che “Sua Santità auspica che ogni mancanza di rispetto verso Dio e i Santi e i simboli religiosi incontri la reazione ferma e composta della comunità cristiana, illuminata e guidata dai suoi pastori”. L’altro giorno, infatti, si era già mossa la Curia milanese. Ma ora il confronto si fra ancora più aspro con l’intervento della Santa Sede al suo massimo livello. La lettera della Segreteria di Stato è datata 16 gennaio ed è firmata da monsignor Peter Wells, assessore agli Affari generali. Un testo che risponde a una missiva del teologo padre Giovanni Cavalcoli, del convento San Domenico di Bologna, inviata l’8 gennaio in Vaticano e diretta al papa: “Beatissimo Padre,” vi si leggeva, “siamo un gruppo di fedeli che vuole esprimere a Vostra Santità solidarietà e rinnovata fedeltà come risposta all’indegno e blasfemo spettacolo teatrale”. Nel quale, sulla base di possibili ripercussioni “ai danni della libertà religiosa, dell’ordine sociale, dei minori, della dignità dell’arte e del buon costume,” padre Cavalcoli intravedeva “gli estremi di un reato passibile di sanzione penale a norma delle leggi dello Stato”. Il Vaticano nella sua risposta ha giudicato la pièce di Castellucci “offensiva nei confronti di nostro Signore Gesù Cristo e dei cristiani”. E a intervenire è stato nel pomeriggio anche il portavoce della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, secondo il quale la lettera di monsignor Wells “prende atto del fatto che si rappresenta un’opera che risulta offensiva delle convinzioni religiose dei cristiani”. Ma Lombardi “allarga il discorso” oltre lo spettacolo di Castellucci: da una parte “auspica che ogni mancanza di rispetto incontri la reazione ferma e composta” dei cristiani; dall’altra rimanda all’invito netto della diocesi di Milano a “manifestare il dissenso” senza “eccessi di qualunque tipo”; e infine critica la direzione del teatro Parenti che, al momento della programmazione, “avrebbe potuto farsi carico più attentamente” della “dimensione sociale della libertà di espressione”. (...) Ma gli ultrà cattolici non vogliono sentire ragioni. Roberto Jonghi Lavarini von Urnavas, noto esponente dell’estrema destra cattolica milanese, soprannominato il barone nero, un passato da dirigente del Fronte della Gioventù, nell’Msi, oggi militante del Pidièlle, è tra i più attivi in queste ore sul web con proclami minacciosi: “Siamo pronti a impedire fisicamente l’accesso al teatro e l’esecuzione dello spettacolo. Quando il rosario e le preghiere non bastano più, i veri cristiani sanno ancora usare la spada”.
(La Repubblica, venerdì 20 gennaio 2012).
(Immagine tratta da Segnalazioni)
(su) Mario Monti servo (senza baciamano) della ditta Vaticano: Mario Monti ha rilasciato ieri un’intervista a L’Osservatore romano: un gesto di attenzione significativo da parte della Santa Sede, poiché avviene di rado che l’organo ufficiale della Città del Vaticano intervisti il presidente del Consiglio in carica. (...) E tuttavia manca una questione: sia le domande relative alla politica fiscale, sia le risposte di Monti eludono il nodo del pagamento dell’Ici da parte della Chiesa cattolica per quei luoghi di carattere “parzialmente” commerciale che oggi sono esenti. Come è noto, tali immobili entrano in contraddizione sia con le previsioni della legge “concordataria” 222/1985, richiamate dalla Corte suprema di Cassazione nel luglio 2010 (in cui è stato condannato un ente ecclesiastico di Assisi) sia con la normativa europea che vieta gli aiuti di Stato e l’indebita concorrenza. (Miguel Gotor su La Repubblica di giovedì 19 gennaio 2012). Peggio che dal Vespa, che almeno è (purtroppo) un pubblico dipendente, il Monti questa volta si è fatto intervistare dalla stampa non libera di uno Stato teocratico (che ci sembrerebbe una monarchia da operetta, se non fosse così vicino alle nostre case) che quanto a democrazia equivale alla Corea del Nord. E i soldi che gli enti ecclesiastici sottraggono alle Casse dello Stato, cioè a Noi? Il Monti si “dimentica” di chiederli indietro. Torna a bordo, Monti, c...., e non scendere finché non te li sarai fatti restituire.
(su) Mario Monti e La Repubblica: Governo battuto per la prima volta. Mozioni dell’Idv e dei Radicali sull’immigrazione, doppio ko alla Camera (e La Repubblica questa notiziola la mette a pagina 17!, n.d.r.). Il documento dei dipietristi impegna il governo a “consentire che le operazioni di contrasto all’immigrazione clandestina siano pienamente conformi al diritto internazionale, in particolare per quel che concerne i richiedenti asilo, nel pieno rispetto dei diritti umani fondamentali e in linea con gli obblighi dell’Italia”. Il testo dei radicali impegna il governo a “garantire protezione internazionale e diritto di asilo a chi è giunto dalla Libia, e a non riprendere le politiche di respingimento né nei confronti di chi proviene dalla Libia né di chi arriva da altri Paesi”. Mentre il sottosegretario agli Interni, Carlo De Stefano, aveva dato parere negativo a entrambi. E a quello dei radicali con la “motivazione” che esso “si incentra in particolare sulla politica dei respingimenti, che il governo non attua più da tempo”. (La Repubblica, giovedì 19 gennaio 2012).
Per la serie Acquerugiola pubblica: il Polillo (a sinistra) e il Clini (a destra).
(su) Corrado Clini, ministro dell’Ambiente del Monti, della Fornero e del Passera, e Gianfranco Polillo, sottosegretario all’Economia del Monti, della Fornero e del Passera: Rischia di passare alla storia come il referendum tradito due volte. Tradito nei fatti, visto che niente si è mosso dopo che 27 milioni di Italiani hanno votato sì il 12 e 13 giugno scorso alla ripubblicizzazione del servizio idrico integrato. Unica eccezione, la città di Napoli. Mortificato, poi, dalla bozza del decreto sulle liberalizzazioni del governo Monti, che al momento, negando agli enti di diritto pubblico (le aziende speciali) di gestire acquedotti e rete, apre di nuovo ai privati il grande affare dell’acqua italiana. A sette mesi dal voto, le tariffe sono in aumento costante: +12,5%, in media, dal 2009. I gestori sono sempre gli stessi. E gli investimenti sulla rete un terzo di quelli promessi: 600 milioni, contro i due miliardi necessari per aggiustare reti colabrodo. Ieri sera, davanti a Montecitorio, i comitati per l’acqua pubblica hanno organizzato un rumoroso sit in per rispondere al sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo, che aveva definito il referendum sull’acqua “un mezzo imbroglio”. (La Repubblica, giovedì 19 gennaio 2012). Lo scorso giugno 26 milioni di Italiani hanno detto no alla privatizzazione obbligata dei servizi locali (tutti, non solo il rubinetto) voluta dall’ex ministro Ronchi. Ma la manovra d’agosto di Tremonti reintrodusse sotto mentite spoglie l’articolo abrogato, facendo salva solo l’acqua. Ora l’esecutivo Monti si spinge oltre. E pone ulteriori paletti alle aziende pubbliche che non ricorrano alla gara e non vendano ai privati le loro quote, acqua compresa. A gestire la partita miliardaria dei servizi pubblici locali è il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo, direttore della fondazione di Fabrizio Cicchitto, Riformismo e libertà. (Left, venerdì 20 gennaio 2012).
Per la serie Le badanti dell’orrore: la Nasi (a destra) e (a sinistra) il Boscetto marito e senatore..
(su) Rosalba Nasi, moglie del senatore pidiellìno Gabriele Boscetto: Legati ai letti, in condizioni igieniche sconvolgenti, insultati e picchiati. E quando i quarantacinque anziani piangevano e urlavano dal dolore, il personale dell’istituto alzava il volume della radio per non far sentire le urla fuori. E nell’inchiesta sulla casa di riposo Borea e Massa, di Sanremo, un lager diretto da Rosalba Nasi, moglie del senatore Gabriele Boscetto del Pidièlle, ci sono anche due morti sospette, due vecchietti deceduti: uno per un piatto in testa, l’altro per una massiccia dose di farmaci. (La Repubblica, giovedì 19 gennaio 2012).
Per la serie Le grandi Scalate Bancarie: la resistibile ascesa del Chiamparino Sergio.
(su) Sergio Chiamparino: Sergio Chiamparino, ex sindaco di Torino, conferma di essere in lizza per la futura presidenza della Compagnia di San Paolo, l’ente primo azionista della banca Intesa Sanpaolo con il 9,9%: “Sono stato contattato per la presidenza della Compagnia di San Paolo e ho dato la mia disponibilità. Ogni decisione spetta ora agli enti preposti,” ha detto il politico del Pd. La Fondazione torinese è presieduta da Angelo Benessia, il cui mandato scade in primavera. (La Repubblica, martedì 17 gennaio 2012). Certi finti sinistri, fino a poco fa, tiravano a campare strusciandosi addosso ai berluscisti, ai razzisti della Lega e al Marchionne: servendo le tirannie finanziarie, cioè, in qualità di servi dei servi. Oggi invece, con la destraccia italiana in crisi e le banche che si son pappate il governo in prima persona, i finti sinistri non si accontentano più: sgomitano, anzi, per arrivare in prima fila. A far pur sempre i servi, si sa, ma così da vicino da poter annusare il fetore padronale che a quei tristi individui sembra profumo.
Per la serie Mercanti di Schiavi per le Tirannie finanziarie globali: la Merkel e il Monti sul ponte di comando della nave negriera Unione Europea.
Angela Merkel: Certo, la gente vorrebbe vedere successi veloci. Ma proprio durante la visita di Monti a Berlino mi è stato chiesto: adesso finirà il periodo delle riforme? E ho sempre risposto: ogni Paese, anche la Germania, deve riformarsi di continuo, per adattarsi a un mondo che cambia. Non possiamo dire: “Adesso smettiamola, abbiamo sopportato abbastanza sforzi”. Occorre convincere gli operatori disposti a investire denaro in Europa. I cosiddetti mercati sono fatti da investitori che amministrano anche polizze-vita di cittadini normali, e si chiedono se il loro denaro è investito bene o no in Europa. E se l’Europa non esce dalla sua crisi del debito sovrano, la risposta a questa domanda non sarà positiva. Dobbiamo riconquistare questi investitori con politiche credibili. (La Repubblica, lunedì 16 gennaio 2012). Le destre e le finte sinistre europee hanno depotenziato e smantellato la Previdenza pubblica (e con essa la Sanità, e con la Sanità la Scuola, e con la Scuola l’Energia, e con l’Energia i Trasporti...) consegnando i Beni degli Stati, cioè dei Cittadini, alle tirannie finanziarie globali: alle banche, ai fondi d’investimento, alle assicurazioni, alla criminalità organizzata. Hanno svenduto, cioè, a poche migliaia di criminali e pervertiti intossicati dal denaro, migliaia di miliardi nostri che gli Stati avevano la responsabilità e il dovere di amministrare per Noi. E ora che i nazisti dell’iperliberismo e della speculazione usano il nostro Patrimonio come un’arma-fine-del-mondo per minacciarci e ricattarci, ora le destre e le finte sinistre europee ci ingiungono di adattarci e sottometterci fino alla completa schiavitù. E perché dovremmo farlo? Perché i servi delle tirannie finanziarie, la Merkel e il Monti, il Cameron e il Sarkozy, si salvino insieme a esse mentre Noi e i nostri Figli andiamo a fondo.
Per la serie I font preferiti dalle agenzie di rating per scrivere ai governi non abbastanza fascisti per i loro gusti: i font preferiti da Standard & Poor’s.
Standard & Poor’s: Potremmo abbassare il rating se il governo, di fronte all’opposizione delle lobby, fallisse nelle riforme strutturali che crediamo necessarie. O se dovesse cadere prima di aver esaurito il suo mandato. (La Repubblica, sabato 14 gennaio 2012). Standard % Poor’s ritiene dunque di poter impunemente ricattare un Parlamento e, per suo tramite, la Nazione che esso rappresenta?
Per la serie Sono questi i “maestri” del Monti?: Augusto Pinochet e Milton Friedman.
sul Monti, la Fornero e il Passera: “’Sti comunisti ce stanno a magnà er core,” ringhia “Lupo”, tarda evoluzione antropologica del tassinaro romano di “Zara 87” celebrato da Alberto Sordi ne Il tassinaro, del 1983... Ma qui alla stazione Termini, tra gli scioperanti selvaggi, l’ambiente francamente non sembra oggi dei più rassicuranti per chi osa dire: “Ma quali comunisti, questi sono liberisti della Scuola di Chicago!”. (Alberto Statera su La Repubblica di sabato 14 gennaio 2012). Alberto Statera è un giornalista che non scrive a vanvera. Non fino a oggi, almeno. Dunque siamo inclini a credergli, se dice che il Monti e i suoi ministri sono della Scuola di Chicago. Il che è molto più grave che essere “solo” massoni, o “solo” agenti della Goldman Sachs, o “solo” membri del gruppo Bilderberg, poiché significa essere allievi di Milton Friedman, il celebre “economista” che tre mesi dopo l’uragano Katrina, benché novantatreenne e a un passo dalla tomba, scrisse un editoriale per il Wall Street Journal in cui sosteneva che la distruzione della maggior parte delle scuole di New Orleans era un’opportunità per riformare radicalmente il sistema educativo. Una tesi che non stupì affatto gli “economisti” e “intellettuali” di destra suoi estimatori, i quali sapevano da tempo che per Friedman lo Stato deve solo garantire il servizio di polizia e l’esercito; ogni altra cosa, ivi compresa l’istruzione gratuita, costituisce un’indebita ingerenza nel mercato. Naomi Klein chiama capitalismo dei disastri la posizione teorica e pratica di chi ragiona a questo modo. Come Richard Baker, importante membro repubblicano del Congresso, che dopo Katrina disse testualmente: Siamo finalmente riusciti a ripulire il sistema delle case popolari a New Orleans. Noi non sapevamo come fare, ma Dio l’ha fatto per noi. “Idee” di questa sorta, nota la Klein, sono figlie di quella che lei chiama la teoria dello shock di Milton Friedman. Il quale affermava che soltanto una crisi, reale o percepita, produce vero cambiamento. Quando la crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano. Questa è la nostra funzione principale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, e mantenerle in vita finché il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile. Una “bellissima” crisi di cambiamento, molto reale e anche molto percepita, fu per Friedman il colpo di stato fascista di Augusto Pinochet in Cile. Una “bellissima” crisi fu per lui l’assassinio del presidente Allende, democraticamente eletto, e la sua sostituzione con una giunta militare che cancellò tutti i diritti e le libertà costituzionali. Una “bellissima” crisi furono i desaparecidos e il massacro di migliaia e migliaia di militanti di sinistra e di semplici cittadini che avevano simpatizzato per il governo democratico. Tant’è vero che solo due anni dopo il golpe e mentre gli omicidi politici e le sparizioni erano ancora in corso, quando Pinochet lo volle a Santiago come consigliere economico, Friedman accettò!... Allora, esimio Monti professor Mario (e compagnia bella dei non eletti al governo) Alberto Statera mente o siete davvero della simpatica “scuola” nazista del Friedman?
(su) gli ottimi risultati del fascio-liberismo delle tirannie finanziarie globali, delle destre degli Stati Uniti, d’Europa e nostrane, delle finte sinistre d’ogni parte del pianeta e, last but not least, del Monti, della Fornero e del Passera: Il vero problema della Grecia è che le drastiche misure adottate non sono bastate a rimettere in ordine i conti del Paese. Gli stipendi nel settore pubblico ridotti del 25%, quelli privati del 15-20%, saltate tredicesime e quattordicesime, trentamila dipendenti pubblici messi in mobilità, l’età pensionabile alzata a 67 anni, l’Iva rivista al rialzo di dieci punti, imposta una maxipatrimoniale sulle proprietà immobiliari... Risultato: la cura da cavallo ha finito per mettere in ginocchio il Paese. La disoccupazione è salita al 18,7% (cinque punti in più dell’anno scorso) con punte del 45% per i giovani tra i 15 e i 24 anni. Il Pil nel 2011 è sceso del 5,5%, il quarto ribasso consecutivo, e il rapporto debito/Pil viaggia nell’iperuranio di quota 145%. Il ceto medio è sparito, sei famiglie su dieci (calcola un sondaggio delle Camere di commercio elleniche) non sono più in grado di pagare mutui e tasse, nelle farmacie di Atene, con i pagamenti del governo in ritardo, non viene più distribuita nemmeno l’Aspirina, e il 20% dei negozi della capitale hanno chiuso i battenti. (Ettore Livini su La Repubblica di sabato 14 gennaio 2012). Tutto prevedibile e previsto. Tutto già successo negli anni ’30 del secolo scorso. E di nuovo, in decine di Paesi, dagli anni ’90 a oggi. Tutto già raccontato, e da un bel pezzo. Per esempio da Naomi Klein in Shock Economy.
Per la serie L’aria sorniona degli “eletti” da conclavi, camarille e congiure di palazzo: aria sorniona del Monti e del Ratzinger.
(su) Mario Monti (e altri papisti del suo governo): Mario Monti è cattolico. Molto cattolico. Va a messa, ma solo la domenica, giorno in cui preferisce lasciare il lavoro e riposare. Si confessa, fa la comunione, ed è più credente di quanto la gente sappia. Però, da grand commis europeo prima, e da uomo di governo ora, non è persona che ostenta la sua fede. Non lo farà mai. Né la userà in qualche modo per i suoi fini politici. Domattina alle 10,55 l’auto italiana del presidente del Consiglio varcherà il portone di sant’Anna, in Vaticano, salutata sull’attenti dalle guardie svizzere... Non parteciperanno all’udienza, invece, i ministri identificati come cattolici doc. Ma è noto quanto il presidente del Consiglio si fidi di quelli usciti dal convegno di Todi, come Corrado Passera, Andrea Riccardi, Lorenzo Ornaghi. Oppure del vicesegretario generale alla Presidenza del Consiglio, Federico Silvio Toniato, uomo dai solidi rapporti Oltretevere. O del ministro della Sanità, Renato Balduzzi. (La Repubblica, venerdì 13 gennaio 2012).
Per la serie Perfino tra padroni chi sta sotto è migliore di chi sta sopra: il sondaggio (padronale) che smentisce il delirio
(padronale, del governo, della destra e della finta sinistra) che siano i Diritti dei Lavoratori a impedire la fuoruscita dalla crisi economica.
(su) Emma Marcegaglia, Elsa Fornero, Pietro Ichino e Alberto Bombassei il vice-Marcegaglio: In un sondaggio della stessa Confindustria, solo per sei imprese su cento è l’articolo 18 a frenare la loro crescita. (La Repubblica, venerdì 13 gennaio 2012).
Per le serie Radicali per tutte le stagioni e Radicali contro la stampa libera: i Radicali con il Cosentino.
(su) Rita Bernardini, Elisabetta Coscioni, Marco Beltrandi, Matteo Mecacci e Maurizio Turco, radicali eletti (dal Veltroni, come il Calearo) nelle liste del Partito democratico: Camera, Pidièlle e Lega Nord salvano Cosentino. Lumbard spaccati, decisivi i Radicali. (Titolo de La Repubblica di venerdì 13 gennaio 2012). E non basta: per chi non è mai sazio, ecco qui sotto un altro bell’esemplare di pendaglio del radicalismo pannellian-bonino. Eletto, questo (dal Berlusconi) nelle liste del Pidièlle...
Per la serie Legge e Ordine (presidenziali): il radical-pidiellìn-golpista Giuseppe Calderisi.
Giuseppe Calderisi: Gli ex ministri berlusconiani corrono in massa a firmare la legge costituzionale per l’elezione diretta del presidente della Repubblica e per il semipresidenzialismo presentata dal pidiellìno Giuseppe Calderisi. Ieri per esempio hanno aderito la Bernini, La Russa, Frattini, Urso e Brunetta. Il testo predisposto da Calderisi, vista “la difficoltà di attribuire al presidente del Consiglio il corredo dei poteri previsti nelle democrazie parlamentari”, propone di scegliere “l’elezione diretta del presidente della Repubblica in un equilibrato sistema presidenziale o semipresidenziale”. Il modello indicato è quello francese. Calderisi spiega che la svolta presidenziale è dovuta al fatto che bisogna adeguare il ruolo del presidente della Repubblica “ai cambiamenti intervenuti” e alla presa d’atto che è impossibile adeguare i poteri del premier per le divisioni politiche. (La Repubblica, venerdì 13 gennaio 2012). E da dove è uscito questo fascistoide?, si domanderà più d’uno. Dal fasullissimo socialismo del Craxi? O dal radicalismo autenticamente di destra del Pannella? La seconda che hai detto: entrato nel Partito Radicale negli anni ’70, deputato nella VIII e IX Legislatura, capogruppo nella X del Gruppo Federalista Europeo alla Camera, rieletto nella XII, membro nella XIII della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, alle elezioni suppletive dell’ottobre 2004 si ricandidò alla Camera, nel collegio di Scandicci, col sostegno della Casa delle Libertà e di Alternativa Sociale, ma ottenne solo il 16,8% dei voti. Cosicché, abbandonato definitivamente il partito di Pannella, nel 2005 ha fondato (con il Taradash Marco, il Della Vedova Benedetto e il Palma Carmelo) i Riformatori Liberali, dei quali è stato Coordinatore nazionale. Candidatosi con Forza Italia alle elezioni del 2006 ma non eletto, è tornato alla Camera nel 2008 con il Popolo della Libertà. E non finisce qui: come tutti i prodotti della ditta Pannella-Bonino, chissà quante altre ce ne farà vedere, il Calderisi.
Per la serie Divide et impera: Padri e Figli come piacerebbero al Monti.
Mario Monti: Quanto danno l’Italia ha fatto ai suoi figli, pensando di fare in buona fede il loro bene, con il dire sì a ogni istanza sociale. (La Repubblica, domenica 8 gennaio 2012). Secondo L’Unità, invece, l’ineffabile Mario professor Monti, presidente del Consiglio per grazia di Dio e di re Giorgio e per sopportazione della Nazione, rivolgendosi da Reggio Emilia alla Nazione medesima nel 200° anniversario del tricolore, si sarebbe espresso così: Quanti danni sono stati fatti inconsapevolmente dicendo di sì a ogni istanza sociale, senza riguardo al fatto che mentre dire dei no dopo scelte difficili e responsabili comporta costi politici nel presente, dire di sì a tutti comporta costi drammatici per coloro che non votano e forse non sono ancora nati. (L’Unità, domenica 8 gennaio 2012). Il senso del discorso non cambia? Non è vero. Cambia moltissimo, per esempio, se il Monti ha parlato di buona fede (come sostiene, da fideista, La Repubblica) o invece di inconsapevolezza (come sostiene, meno medioevalmente, L’Unità). Ma anche se il Monti repubblicanino e quello de L’Unità fossero identici come gemelli omozigoti, a noi farebbe comunque piacere non esser trattati come deficienti e sapere di quali parole si è davvero servito il Monti per accusare indiscriminatamente ogni Padre e Madre italiani di aver vissuto (sia pur inconsapevolmente) da irresponsabili scialacquatori a spese dei propri Figli. Ma veniamo per l’appunto al senso di quelle gravissime parole... Perbacco, abbiamo pensato, che schifo di padri siamo stati (sia pur inconsapevolmente, ma questa concessione puzza di arruffianamento ipocrita, pretesco, poiché, come perfino il Monti saprà, l’abbandono di minori inconsapevole giustamente non è contemplato dal Codice penale) e come farebbero bene i nostri figli a guardarci in cagnesco, se non addirittura a odiarci: ce lo meriteremmo. Poi, però, ci son caduti gli occhi sulla Costituzione (che a ScuolAnticoli teniamo sul tavolo non per far bella figura a reti unificate ma per consultarla) e ci ha punto la vaghezza di aprirla per verificare se e come e quanto, nella nostra libidine di soddisfare troppe istanze sociali, noi Padri e Madri snaturati abbiamo esorbitato rispetto a essa... Articolo 3: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Li abbiamo rimossi, quegli ostacoli? No. Anzi, da un quarto di secolo a questa parte li stiamo rafforzando: non foss’altro (ma ci sarebbe molto altro) perché abbiamo permesso che la diseguaglianza (nella quale per l’appunto quegli ostacoli consistono) aumentasse al punto di far dell’Italia uno dei Paesi economicamente e socialmente più ingiusti dell’Occidente. Articolo 4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Le abbiamo promosse quelle condizioni? Neanche per sogno: anzi, abbiamo promosso una flessibilità (eufemismo che sta per: spezziamo le reni ai Lavoratori) che non ha reso affatto più facile trovar lavoro ma “in compenso” ha reso il Lavoro e i Lavoratori sempre più simili a merci da consumare e sprecare senza alcun rispetto. Articoli 29 e 31: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia... La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi... Lo abbiamo fatto? Possiamo sostenere che le Famiglie italiane (eccetto quelle dei ladri-evasori fiscali, che risultando nullatenenti son legalmente autorizzate a rubare esenzioni e sussidi a chi davvero ne avrebbe bisogno e diritto) siano adeguatamente sostenute dallo Stato nelle mille difficoltà a cui vanno incontro quotidianamente? Assolutamente no. Anzi: abbiamo a tal punto inasprito le condizioni del Lavoro e privato i Lavoratori di ogni diritto, che per un Genitore è diventato difficile perfino trovare qualche ritaglio di tempo per frequentarla, la Famiglia. Articolo 32: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti... Be’, sì, questo forse lo abbiamo parzialmente fatto. Sarà a questa istanza sociale, dunque, secondo il Monti, che dovevamo dire no e invece non ne siamo stati capaci? Ma perché rimproverarci, esimio Monti professor Mario? Non vede che stiamo chiudendo un ospedale dopo l’altro e che i ticket da pagare (per i non ladri-evasori fiscali) assommano ormai a centinaia di euro? Stiamo provvedendo, egregio Monti professor Mario: vedrà che tra poco anche l’articolo 32 della Costituzione sarà un’amara barzelletta come tutti gli altri, così i nostri Figli avranno finalmente (secondo lei) giustizia. Articolo 34: La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita... Una volta, forse. Oggi l’Istruzione è quasi del tutto a carico delle Famiglie, la Scuola è in via di lento strangolamento da dieci anni, e siamo ormai al quarto ministro addetto alla garrota senza che ai Bambini e ai Ragazzi italiani sia stato ancòra resituito un centesimo delle risorse loro rubate: cosa vuole che facciamo di più, illustre Monti professor Mario, per smantellare anche questa istanza sociale? Eliminare l’obbligo scolastico? Articolo 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Come abbiamo risposto a questa istanza sociale, preclaro Monti professor Mario? Con un irresponsabile sì? E come mai, allora, abbiamo le retribuzioni più basse d’Europa? E quanto all’esistenza libera e dignitosa, com’è che i nuovi Lavoratori (sì, proprio i Giovani di cui amano riempirsi la bocca il Monti e il Draghi) sono arrivati al punto che dinanzi ai loro padronacci non osano più neanche pensare ai propri Diritti, per il terrore che libertà e dignità gli si leggano in viso? Articolo 37: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione. È forse questa, eccellenza Monti professor Mario, l’istanza sociale a cui non siamo stati capaci di opporre un severo no? Al contrario, è proprio qui che il no della Repubblica matrigna Italiana è stato più feroce: al punto che le Donne italiane continuano, più che in ogni altro Paese d’Europa, a esser pagate meno degli Uomini, a essere meno rappresentate ai livelli dirigenziali, e a essere non solo ricattate (dimissioni in bianco) ma perfino umiliate sessualmente un giorno sì e l’altro anche, dai miserabili padronacci che per la maggior parte si ritrovano. E potremmo continuare, ineffabile Monti professor Mario, con l’articolo 38: Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria; con gli articoli 41 e 42: L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali... La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti; con l’articolo 43: A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale... Ma non occorre: è cosa che nessuno ignora, neanche il Monti che di ignorarla finge, che davanti ai nostri Figli dobbiamo vergognarci non di aver soddisfatto troppe istanze sociali, ma di aver permesso che non ne fosse soddisfatta alcuna, e che le poche che si era timidamente iniziato a soddisfare fossero aggredite e smantellate da una destra e una finta sinistra dalle quali il Monti, sostanzialmente, non si distingue affatto. Tranne che per l’indegna facilitazione di poter infischiarsene dell’Elettorato come un sovrano assoluto d’altri tempi. E come il Monti, filata insieme a lui sulla rocca del gruppo Bilderberg, scrive quell’altra buona lana della Spinelli (finta sinistra su cui vedi anche qui, qui, qui, qui, qui e qui) su La Repubblica: In sostanza, è al futuro che occorre dare dignità, preparandolo ora. Lo stesso dramma dei debiti sovrani muta di natura, in quest’ottica. In un saggio uscito sul suo blog, un giovane studioso di bolle finanziarie dell’università del Michigan, Noah Smith, ragiona così: il debito di uno Stato, di per sé non malvagio, lo diventa se lo scarichiamo sulle generazioni future per poter consumare adesso quel che desideriamo. Quel che Smith propone è di grande interesse: “Nel mondo reale (non nei modelli matematici) la questione essenziale non è il debito, ma la scelta fra due ordini temporali (intertemporal choice). Importante non è quanto debito accumuliamo, ma se vogliamo spostare il consumo dal futuro al presente, anziché (come dovremmo, potremmo) dal presente al futuro”. (...) Anche questa è rivoluzione della dignità. È onorare chi viene, e non ha ancora voce né rappresentanza. (Barbara Spinelli, La Repubblica, mercoledì 11 gennaio 2012). La faccia tosta di questi individui è impagabile: avete consumato troppo, accusano, e vi siete mangiati il futuro dei vostri figli. Ma chi ha consumato troppo? Noi, che da trent’anni vediamo le categorie-ladre (le stesse che vi hanno dato il potere pseudoculturale-mediatico di cui vi servite per incantare i gonzi) arricchirsi a forza di soprusi, di evasione fiscale e di criminalità più o meno organizzata? Noi, che da trent’anni sopportiamo la diseguaglianza che cresce a dismisura e le nostre possibilità di spesa che si riducono a una frazione di quelle della generazione precedente? Noi, che da trent’anni facciamo i salti mortali nell’angoscioso tentativo di dare ai nostri Figli almeno un presente decente? Dopo aver depredato tutto il depredabile, gli individui come il Napolitano, il Monti, lo Scalfari, la Spinelli (e compagnia cantante) chiamano Noi predoni, e predicano a Noi il rigore.
sul Monti, la Fornero e il Passera: La paura è l’effetto domino. Che le dimissioni di Carlo Malinconico per le vacanze pagate a sua insaputa possano addensare le ombre sul governo Monti. Che caduto lui, in nome di etica e trasparenza, lo stesso accada ad altri: al ministro Patroni Griffi, proprietario di una casa al Colosseo comprata dall’Inps a meno di un quarto del valore. A Filippo Milone, un passato di condanne per Tangentopoli, un presente nelle intercettazioni della Finmeccanica. A Pasquale de Lise, chiamato dal governo a dirigere la nuova Agenzia per strade e autostrade, amico di Angelo Balducci e vicino alla cricca delle Grandi Opere. Al viceministro del Lavoro Michel Martone, figlio del magistrato Antonio indagato nell’inchiesta sulla P3. E ancora, per questioni di conflitto d’interessi, a Corrado Passera, Mario Ciaccia, Guido Improta: il ministro, il vice e il sottosegretario hanno in mano la costosissima gestione delle infrastrutture e dei trasporti del Paese, settore nel quale hanno lavorato fino alla nomina. Dalla parte delle imprese. (Annalisa Cuzzocrea su La Repubblica di mercoledì 11 gennaio 2012). Bella compagnia. Da governo? Ma neanche da caffè al bar per caso.
Per la serie Madhiriguraidhoo: il Casini, il Rutelli e lo Schifani da quelle parti.
(su) Pierferdinando Pierferdy Casini (in Caltagirone) e Francesco Cicciobello Rutelli: I nostri politici sono un pozzo di misteri. Prendiamo Casini. Ma come, uno parte con la moglie per le Maldive, prenotando sull’isola di Madhiriguraidhoo della quale ignorava fino al giorno prima la stessa esistenza, affronta un viaggio lungo e faticoso per allontanarsi il più possibile dal tran tran quotidiano, e poi la sera si ritrova al bar dell’atollo con Schifani e Rutelli? Ma che gusto c’è?... La vera notizia è che Fini, anche lui atterrato da quelle parti, quando ha saputo della presenza degli altri tre ha scelto un atollo meno affollato. Smentendo così le voci che il Terzo Polo sia alle Maldive. (Sebastiano Messina su La Repubblica di mercoledì 11 gennaio 2012). Che bravi, i Montisti sfegatati Casini e Rutelli. Un unico, piccolo rimprovero avremmo da muover loro: come mai non si son portati alle Maldive anche un cardinale o un vescovo? Magari piccolini, un cardinalino, un vescovuccio? Lontan dagli occhi lontan dal cuore, eh? Birboncelli.
Per la serie Il malinconico Monti Mario e l’allegro Malinconico Carlo: il Malinconico e il Monti allegrissimi entrambi.
(E non solo: anche per la serie Porto Ercole? E porta chi te pare).
(su) Monti Mario: La piaga è antica. La conoscevano tutti. Forse, quando hanno scelto Malinconico per far parte del governo del rigore e della trasparenza, hanno finto di scordarsi le carte in un cassetto. Risale al 15 ottobre del 2009 il rapporto del Ros che lo inchioda alle reiterate vacanze gratis all’hotel Pellicano di Porto Ercole. Almeno la metà su un centinaio di pagine sono dedicate a lui. Impietose. Prive di equivoci. Con una cifra precisa: 19.876 euro. Tanto sono costati a De Vito Piscicelli i weekend di Malinconico all’Argentario. Parlano in diretta, nelle intercettazioni, lo stesso Piscicelli, Anemone, Balducci. E anche lui, il diretto interessato: Malinconico. Che il 30 aprile 2008 chiama l’ingegner Balducci per ringraziarlo. Scrivono i carabinieri: “Si guarda bene dall’indicare la ragione ma fa chiaramente riferimento al soggiorno in Toscana”. Lui: “Angelo, come stai?” Balducci: “Insomma...” Lui: “Senti, ti chiamavo... innanzitutto... a parte il piacere di sentirti...” Balducci: “È reciproco”. Lui: “...per ringraziarti”. Balducci: “...che, scherzi?” Lui: “...perché poi Lillo oggi mi ha detto che... insomma, ti aveva, e tu avevi dato”. Balducci: “Tutto a posto, ci mancherebbe”. Lui: “Grazie, veramente, benissimo, ottimo il tutto, e quindi ti volevo veramente di cuore ringraziare”. Balducci: “Ti do un abbraccione, ci vediamo al tuo ritorno”. (Liana Milella su La Repubblica di martedì 10 gennaio 2012). Ma che c’entra il povero Monti Mario, signora Milella? Al povero Monti Mario il Malinconico Carlo è stato regalato, no? Cosa doveva fare il povero Monti Mario, rifiutarlo? A Malinconico donato non si guarda in bocca, dice l’adagio. E poi, scusi, come faceva il povero Monti Mario a sapere chi glielo aveva regalato, il Malinconico Carlo? Qui c’è gente che non sa chi gli regala le case, e il povero Monti Mario doveva sapere chi gli regalava il Malinconico Carlo?
Per la serie Il max...imo del ridicolo: il Renzi su Max. (Cliccalo per ingrandirlo: ne vale la pena!)
(su) Matteo Renzi: Il vero spread? “Non è quello economico, ma quello tra ciò che siamo e ciò che dovremmo essere”. Matteo Renzi, sindaco di Firenze, e candidato permanente rottamatore dell’establishment del Pd, introduce una variabile di stampo “umanista” per contrastare il clima di “tasse e tassi” che ha preso il sopravvento nel Paese (“Sembriamo tutti diventati un popolo di funzionari contabili”). A Firenze si è appena congedato l’assessore alla Cultura del Comune, Giuliano da Empoli, e Renzi si è trattenuto la sua delega per imprimere una svolta (“O dimostriamo che con la cultura si può mangiare, oppure non siamo credibili”). Di qui la divagazione sullo spread esistenziale. Da segnalare la copertina del mensile Max: primo piano di Renzi che tiene in mano un biberon. (Alessandra Longo su La Repubblica di martedì 10 gennaio 2011). In questi tempi cupi, meno male che Matteo c’è e che di quando in quando torna a farci ridere... Ammettiamo di essere un po’ ridicoli anche noi, però, che fino a poche settimane temevamo un fruscolo come il Renzi al punto di dedicargli un intero articolo: poi son venuti gli orchi sul serio, e abbiamo capito che chi è davvero da temere ti arriva fra capo e collo quando meno te lo aspetti, non si annuncia prima. Tanto meno su Max. (Tra parentesi: Alessandra Longo è una donna intelligente e spiritosa, che già è tutto ciò che le occorre, ma in più è anche una bella signora, come si vede e ascolta qui).
Mario Monti: Abbiamo un atteggiamento mentale per il quale non abbiamo tabù e in questo senso il ministro Fornero aveva citato anche l’articolo 18. In passato queste materie erano dominate da simboli importanti, ma in questa fase non abbiamo bisogno di simboli bensì di lavoro non precario per i giovani. Ecco perché la nostra azione sarà rivolta non solo a enunciazioni di principio ma anche agli effetti sulla competitività e sulla creazione di vera e durevole occupazione. (La Repubblica, lunedì 9 gennaio 2012). I Diritti umani dei Lavoratori sarebbero meri tabù, meri simboli, mere enunciazioni di principio? Ma se non son che questo, com’è possibile che eliminarli abbia così straordinari effetti? Non contar balle, Monti: tu ti aspetti chissà che, dalla cancellazione dei Diritti, proprio perché sai benissimo che essi sono qualcosa di molto sostanziale, invece. Altro che lavoro non precario, altro che vera e durevole occupazione: meno Diritti significheranno (forse) più lavoro, ma (di sicuro) ancor più precario e umiliante, e occupazione ancor più fasulla, effimera e angosciosa. Ed è proprio questo che tu e la tua risma volete.
sul Monti, la Fornero e il Passera e la loro operazione mediatico-fiscale a Cortina d’Ampezzo: Francamente nella lotta all’evasione Monti fin qui ha fatto meno di quello che ci aspettavamo. Esempi? La tracciabilità entra in ballo a mille euro. Il Pd chiede invece che si possa pagare cash solo fino a 500 euro... Bene la comunicazione dei movimenti dei conti correnti bancari alle Entrate, decisa dal governo. Ma perché non prevedere che i registratori di cassa siano in rete con l’Agenzia? I Democratici chiedono inoltre il ripristino di una misura del governo Prodi (eliminata da Tremonti), ovvero che tutti i distributori automatici (le macchinette di caffè, merendine, ecc.) siano forniti di microchip che registrano gli incassi. Insistiamo sull’elenco clienti-fornitori. Fondamentale, il sistema di banche-dati. Ripristinare il falso in bilancio. E la responsabilità in solido dell’appaltatore con il subappaltatore: chi dà un subappalto risponde delle evasioni contributive di chi lo riceve. (Stefano Fassina, responsabile per l’Economia del Pd, intervistato da Giovanna Casadio per La Repubblica di domenica 8 gennaio 2012). Non la rivoluzione: le semplici, normali proposte di un piddìno per bene. Se il Monti, la Fornero e il Passera non accolgono neanche queste, sarà il caso che i piddìni per bene li mollino, se per bene vogliono rimanere.
Professori al governo? E sia. Ma a condizione che prima siano stati eletti.
sul Monti, la Fornero e il Passera: Per ogni pensionato mancato, costretto spesso a rimanere al lavoro perché l’asticella dell’età di uscita si è alzata, c’è un giovane disoccupato. L’anomalia italiana, padri al lavoro, figli a casa, si riflette nella fotografia scattata dall’Istat. Gli over 55 ancora attivi sono saliti di 168.000 unità fra il terzo trimestre del 2010 e lo stesso periodo del 2011, mentre gli occupati sotto i 34 anni sono scesi di 153.000. (La Repubblica, sabato 7 gennaio 2012). E pensare che il Monti, la Fornero e il Passera credono invece che i giovani trovino lavoro più facilmente, se i vecchi lo lasciano meno facilmente. Asini? No, peggio: professori.
Per la serie Dal governo del sessuomane al governo dei sessuofobi: i diversi linguaggi gestuali del Berlusconi e del Monti.
su Mario Monti: L’unica dissonanza tra Monti e Sarkozy è venuta dalla tassa sulle transazioni finanziarie, la Tobin tax. L’idea francese di andare avanti da soli, dettata dalle esigenze elettorali di Sarkozy, è stata fortemente criticata dal portavoce del governo tedesco, che pure è favorevole al progetto, e dalla Commissione. Monti, dal canto suo, ha lanciato un segnale di disponibilità: “Il mio governo ha fatto un’apertura” ha detto, e su questo si sta lavorando. (La Repubblica, sabato 7 gennaio 2012). Un’apertura? Le uniche aperture del Monti sono quelle che ha praticate su Pensionati e Lavoratori. Se tassa le tirannie finanziarie, avrà paura che quelle aprano lui. A ostacolare le liberalizzazioni ci sono anche i condizionamenti d’Oltretevere, perché c’è stato, e come, il pressing della Chiesa che ha impedito che la pillola anticoncezionale (fascia C, non rimborsabile dal Servizio sanitario nazionale) finisse sugli scaffali della grande distribuzione. E a poco è valsa la garanzia del farmacista dietro il banco. Dal governo del sessuomane al governo dei sessuofobi: bel guadagno.
Per la serie Sproporzioni: il Serra e Helmut Schmidt (a sinistra) e il Serra e John Berger (a destra).
(Sì, ma anche per la serie Che tocca fa’ per non farsi cacciare da La Repubblica... Sembro Curzio Maltese...).
Michele Serra: In rete e su qualche quotidiano molto combattivo si leggono, sulla crisi in corso, cose molto di sinistra contro le banche e la finanza. Che paiono ben dette, e condivisibili, fino a che ti rendi conto che vanno a lambire il famoso complotto pluto-giudaico, e in quelle acque putride rischiano di nuotare fianco a fianco con il paranoico nazista, o con il leghista che dà i numeri. (La Repubblica, sabato 7 gennaio 2012). E così il Serra è riuscito a dare del fiancheggiatore di paranoici nazisti a Helmut Schmidt, uno dei padri della socialdemocrazia tedesca ed europea, che giorni fa, a poche pagine da L’amaca del Serra (e senza protestare per la vicinanza), ha scritto che gli attori sul mercato finanziario globale hanno acquisito una potenza del tutto incontrollata. Alcune migliaia di operatori della finanza negli Stati Uniti e in Europa, e alcune agenzie di rating, hanno preso in ostaggio in Europa i governi politicamente responsabili. Ma già dal 2010 questo branco di manager della finanza super-intelligenti, e allo stesso tempo inclini alle psicosi, ha ripreso il suo gioco sui profitti. Un gioco mortale. Ti dirò, Serra: tra una personcina a modo e razionale come te e un fiancheggiatore di paranoici nazisti come Helmut Schmidt, be’, ti stupirà ma a me sembra di gran lunga più sano di mente il secondo... Come? Schmidt non ti basta? Va bene. Eccoti allora (sempre da La Repubblica, ’sta volta di lunedì 9 gennaio: non pretendo che tu legga altri quotidiani che quello a cui appartieni) il grande scrittore e intellettuale progressista inglese John Berger: Non c’è nessun Führer o Stalin tra di loro: i nuovi tiranni sono anonimi. Operano attraverso il capitalismo finanziario. I loro occhi esaminano tutto e non contemplano nulla. Sono incapaci di ascoltare e la fiducia in se stessi è pari alla loro ignoranza: profittatori che non sanno niente di niente, né della proprietà né dell’essenza delle cose. Conoscono solo i loro racket. Da qui la paranoia e, generata da questa, la loro energia ripetitiva. Il loro reiterato articolo di fede è: non c’è alternativa. Tutti paranoici, Serra? Tutti a lambire acque putride? Leggi con più attenzione il giornale di cui sei, Serra: vicino a certe acque (e a certe amache) puoi ancora trovarci qualcosa di vero e sano.
Per la serie Cambiamenti di programma con partenza a sorpresa: un cambiamento di programma con partenza a sorpresa.
(su) Mario Monti: Mario Monti cambia programma e vola a sorpresa a Bruxelles. Il presidente del Consiglio anticipa così l’avvio del tour di incontri europei... L’allarme del professore: “Se l’Unione europea resta nel guado, lo spread non potrà calare”. Il premier: “I nostri fondamentali sono ok”. (La Repubblica, venerdì 6 gennaio 2012). Reazioni improvvise e inconsulte che una volta si sarebbero definite scomposte? Sarebbe il colmo, per un presidente del Consiglio dinanzi alla cui flemma di stampo british siamo invitati ogni giorno a prosternarci e a ringraziare, più che Dio, i Suoi sedicenti rappresentanti in Terra. A questo punto c’è da cominciare a temere che uno che si agita così facilmente, se la crisi continuerà ad aggravarsi, ce ne faccia vedere delle belle...
(su) Pietro Ichino e quelli come lui: I nemici dell’articolo 18, a partire da Pietro Ichino, sostengono di voler far salvo il caso di “licenziamento discriminatorio”, dovuto a motivazioni politiche o razziali, rispetto al quale l’obbligo del reintegro vale nelle imprese di tutte le dimensioni. “È una presa in giro, il licenziamento discriminatorio è una foglia di fico,” tuona Carlo Guglielmi, giuslavorista del Forum Diritti-Lavoro. “Condanne e giudizi su questo sono rarissimi. Infatti se l’imprenditore vuole licenziare un dipendente perché è comunista o nero o iscritto al sindacato, non lo ammetterà mai. Dirà al giudice che esistono altre valide ragioni, disciplinari o organizzative. Ora, se un lavoratore licenziato ricorre al giudice per l’assenza di una giusta causa, l’onere di provare le motivazioni del licenziamento spetta all’azienda. Mentre nel caso del licenziamento discriminatorio, a provare la discriminazione dev’essere il lavoratore. E questo, a meno che al padroncino non scappi di dire al giudice 'qui i negri non li vogliamo' è pressoché impossibile nella realtà”. Cancellare l’articolo 18, quindi, vuol dire rendere possibili anche i licenziamenti discriminatori? “Ichino non lo ammetterà mai, ma è così” dice Guglielmi. “È una partita reale, non ideologica. La posta è se l’imprenditore è o meno colui che ha l’ultima parola. Se può licenziare il dipendente che si lamenta per l’assenza delle norme sulla salute e la sicurezza o che chiede il rispetto delle mansioni. Senza articolo 18 il sindacato si riduce al recupero crediti, a chiedere un risarcimento economico a chi licenzia ingiustamente”. Non solo. “È falso che l’articolo 18 non protegga i precari. Vale per tutti, per chi ne è difeso e per coloro che ne sono esclusi,” spiega Guglielmi. “Nel caso di un precario assunto con un contratto atipico in maniera irregolare, l’avvocato può mandare una lettera all’azienda dicendo: il vostro contratto è irregolare, quindi per noi è a tempo indeterminato. Bene, se non ci fosse l’articolo 18 l’azienda se ne fregherebbe. E risponderebbe così: per noi il contratto è regolare, però, per cautelarci, qui c’è la lettera di licenziamento. E tanti saluti”. Insomma, è l’articolo 18 che permette anche al precario di far valere i propri diritti. Vale per il falso contratto a progetto, per i dipendenti obbligati ad aprire una partita Iva, per il titolare di un contratto a tempo determinato rinnovato per anni senza soluzione di continuità. “Chi, come Ichino, dice di voler togliere l’articolo 18 ai padri per far uscire dalla precarietà i figli, dice una stupidaggine,” conclude Guglielmi. “Senza articolo 18, siamo tutti precari”. (Manuele Bonaccorsi, left, venerdì 6 gennaio 2012).
Il Moretti e la sua Trenitalia secondo Staino (da left di venerdì 6 gennaio 2012)
(immagine di Enzo Apicella)
sui ladri peggiori di qualsiasi ladro che ci ostiniamo a chiamare eufemisticamente evasori fiscali: I dati forniti dall’Agenzia delle entrate sono stati palesemente manipolati per fare notizia e giustificare un’azione da Stato di polizia (Andrea Franceschi, sindaco pidiellìno di Cortina d’Ampezzo). Si è trattato di un’operazione militare concentrata su una singola località perché considerata meta di ricchi. Ad Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle entrate, chiedo sobrietà e senso di responsabilità (Fabrizio Cicchitto, pidiellìno socialista-hahahaha). Senza spingersi a Cortina, a Befera sarebbe bastato raggiungere il primo bar sotto casa a Roma (Osvaldo Napoli, pidiellìno). Propaganda poliziesca (Giancarlo Galan, pidiellìno). C’è un contenuto ideologico in tutto questo, e non mi sorprende che arrivi da Befera. Mi stupisce invece che lo abbiamo tenuto lì tutto questo tempo, e che abbiamo dato a organismi come Equitalia un potere che va al di là di qualsiasi Stato democratico (Guido Crosetto, pidiellìno). Mi aspetto che operazioni simili siano fatte anche al Sud (Luca Zaia, portatore di moccichino verde). Contro l’evasione si sta sviluppando lo stesso odio qualunquistico e giacobino che circola da mesi contro la politica. Così si genera violenza. (La Repubblica, venerdì 6 gennaio 2012). Ma come? Nessun finto sinistro si unisce al coro? Veltroni, Fioroni, Gentiloni, Morando, Ichino, Chiamparino, Fassino, Matteo Renzi, dove siete? Congratulazioni: state sviluppando un notevole autocontrollo, ma a noi non la fate: sotto sotto, chissà come ribollite di sdegno...
Per la serie La fondamentale importanza della PULIZIA, anche e specialmente in politica: Paolo Gentiloni e Walter Veltroni mentre fanno grooming.
(su) Pietro Ichino, Walter Veltroni, Enrico Morando e Paolo Gentiloni (noti finti sinistri che, chissà perché, si ostinano a restare in un partito la cui stragrande maggioranza non li sopporta più da un pezzo): A favore della proposta di legge depositata in Parlamento da Ichino si schiera la minoranza di Movimento democratico (detta Modem, sigla che probabilmente significa invece MOderatamente DEMocratici, cioè Democratici solo un pochino, n.d.r.). La rivista Qualcosa di riformista (hahahahaha!!!, n.d.r.), dell’ala liberal che fa capo a Enrico Morando ed è vicina a Walter Veltroni, ha pubblicato un intervento in cui si dice che “l’obiettivo è farla finita con il regime di apartheid in cui sono relegati milioni di italiani”. E Paolo Gentiloni è convinto che “il Pd non può fare le barricate a difesa dell’esistente”. (L’Unità, giovedì 5 gennaio 2012). All’apartheid tra vecchi e giovani Lavoratori diede inizio proprio la finta sinistra con il cosiddetto pacchetto Treu del 1997 (anche se poi il berluscismo-leghismo, con cui la finta sinistra è sempre stata pappa & ciccia, ci ha messo del suo): che proprio quelli che lo hanno causato tentino ora di servirsene, fingendo di voler eliminarlo, per finir di cancellare quel che resta dei nostri Diritti, è qualcosa di così disonesto e turpe che si stenta a trovar le parole per descriverlo (è come se uno ti aggredisse, ti cavasse un occhio e poi ti dicesse che così sei brutto e che ora è meglio cavarti anche l’altro per pareggiarti la faccia) e dimostra una volta di più, a dispetto delle loro ipocrite messinscene, che gente siano, davvero, i finti sinistri infiltratisi nel corso degli anni nel Pd. Una boccata d’aria fresca dopo ’sto schifo? Leggiamo cosa dice della proposta Ichino Susanna Camusso: Nella proposta Ichino c’è una massiccia dose di propaganda. Si sostiene che serva a superare il dualismo del mercato del lavoro. Però introduce una nuova forma di contratto, cosa di cui non c’è alcuna necessità, mentre bisognerebbe ridurre le tipologie contrattuali e far costare di più i contratti flessibili, da quelli a termine legati alla stagionalità e a precise casualità, ai contratti di collaborazione a progetto per le più alte professionalità, non certo per chi è addetto alle fotocopie. (La Repubblica, giovedì 5 gennaio 2012).
(Immagine tratta dal sito del Pd di Buccinasco, in provincia di Milano).
sul Monti, la Fornero, il Passera e i finti sinistri come l’Ichino: In Italia licenziare è difficile? Niente affatto. Gli indici dell’Ocse (strictness of employment protection) spiegano che liberarsi di un dipendente è molto più facile per un imprenditore italiano di quanto non lo sia per un ungherese, un ceco o un polacco. Con un indice di flessibilità di 1,77 (per i lavoratori a tempo indeterminato) l’Italia è al di sotto della media mondiale (2,11). In cima alla classifica dei Paesi in cui licenziare è più difficile ci sono la Germania (indice 3,00) e i Paesi del Nord Europa... Il nodo sarebbe, da sempre, l’obbligo di reintegro se il tribunale riconosce che il licenziamento è avvenuto senza giusta causa. Ma quell’obbligo è presente in gran parte dei Paesi industrializzati, con l’unica eccezione degli Stati Uniti. Gli Usa (che ora stanno rivedendo le leggi in materia) sono in cima alla classifica della libertà di licenziamento: il loro indice è di 0,17. Ma sono anche una vistosa eccezione a livello mondiale, che non si riscontra in alcuno dei Paesi emergenti dove il Pil avanza ancora nonostante la crisi. (Paolo Griseri su La Repubblica di giovedì 5 gennaio 2012).
Anna Maria Cancellieri (neoministro degli Interni) e Andrea Riccardi (neoministro di Non-sa-bene-cosa-neanche-lui): Il governo farà “una approfondita riflessione e una attenta valutazione” sulla tassa sul soggiorno. I ministri Anna Maria Cancellieri e Andrea Riccardi vogliono ripensare alla somma compresa fra 80 e 200 euro che da fine gennaio un lavoratore immigrato regolare dovrebbe sborsare (per sé e per ciascun suo familiare, n.d.r.) per ottenere il permesso o la “carta” che gli permette di restare in Italia e di lavorare. (La Repubblica, giovedì 5 gennaio 2012). Staremo a vedere... Anzi: da oggi, anche su questo, conteremo i giorni...
Per la serie Facce a confronto: il papà Zavala e il papa Ratzinger.
(su) Joseph Ratzinger (capo della tirannia finanziario-religiosa vaticana): Il papa ha accettato le dimissioni anticipate del vescovo ausiliare di Los Angeles Gabino Zavala. Il presule, sessantenne, nato in Messico, non le ha presentate per motivi di salute. Zavala, figura di spicco dell’episcopato progressista statunitense, noto per le sue battaglie in favore degli immigrati e degli omosessuali e per l’abolizione della pena di morte, infatti è padre di due figli adolescenti. Lo ha confessato lui stesso. I figli, con la madre, vivono in un altro Stato. Dopo l’annuncio Zavala non esercita più il suo ministero e si ritirerà a vita privata. Benedetto XVI, custode severo del celibato ecclesiastico, ha accolto immediatamente le sue dimissioni. (L’Unità, giovedì 5 gennaio 2012). Le congratulazioni più vive di ScuolAnticoli al simpatico papà Gabino: se facessero tutti come lui, loro sarebbero più felici, i bambini nelle vicinanze si sentirebbero di gran lunga più sicuri e noi avremmo risolto la maggior parte dei nostri problemi. E congratulazioni anche ai figlioli di Gabino: è bello, per un figlio, aver la certezza che il padre lo preferisce a Dio, alla carriera e al potere. Il povero Isacco non poté dire lo stesso.
Gli “incontri” dei finti sinistri col Potere? Perfettamente previsti, oltre mezzo secolo fa, già ne L’Avventura di Michelangelo Antonioni.
(su) Elsa Fornero e Pietro Ichino: Per oggi è previsto un incontro tra la Fornero e Ichino. E i sindacati, per ora fuori dal gioco, protestano. (La Repubblica, mercoledì 4 gennaio 2012). Un individuo che non piace ad alcun elettore del Pd, che nonostante ciò è nel Pd grazie al finto sinistro Veltroni, e che è in Parlamento grazie alla legge porcellum, ne incontra una che è ministro grazie alle tirannie finanziarie, al Vaticano e al Napolitano. Bell’incontro. Di gran significato per la democrazia, non c’è che dire.
Per la serie Ci son donne e donne: Titti Di Salvo ed Elsa Fornero.
(su) Elsa Fornero: Dimissioni in bianco fatte firmare alle dipendenti all’assunzione per poter interrompere facilmente il rapporto di lavoro (soprattutto in caso di maternità)? “Il problema è all’attenzione del ministero”. Lo ha confermato Elsa Fornero. “Questa pratica pesa fortemente e negativamente sulla condizione lavorativa delle donne e sulla loro stessa dignità, costituendo una vera e propria devianza dai princìpi di libertà alla base della società civile”. Per questo il ministero sta studiando un intervento risolutivo, “che possa restituire piena parità e dignità al lavoro delle donne, considerato un fattore di crescita indebitamente compresso”. (La Repubblica, mercoledì 4 gennaio 2012). Staremo a vedere... Anzi: da oggi, anche su questo, conteremo i giorni... [16 giorni dopo: È una delle piaghe più sommerse e invisibili del mercato del lavoro in Italia, la clausola nascosta del 15% dei contratti a tempo indeterminato, un ricatto che colpisce milioni di dipendenti, in gran parte donne... Perché è difficilissimo, una volta firmata una lettera autografa, dimostrare che a quel gesto si è stati costretti, e spesso patronati e sindacati non possono fare altro che raccogliere la storia di quella donna o quell’uomo, ricattati e beffati da padroni senza scrupoli. E si può essere “dimissionati” per decine di pretesti, ma i motivi più frequenti sono la nascita di un figlio, una malattia, l’età, i rapporti con il sindacato. O semplicemente, anzi: cinicamente, raccontano alle Acli, “per lo scadere dei benefici della legge 407 del 1990, che permette ai datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato di non pagare per 3 anni i contributi al neo-dipendente, che viene coperto direttamente dall’Inps”. Passati quei mille giorni la lettera salta fuori e il lavoratore diventa carta straccia, avanti il prossimo a cui rubare i benefici di legge. Ottocentomila donne nate dopo il 1973 hanno raccontato all’Istat di essere state licenziate o costrette a dimettersi dopo la maternità. In quel momento strategico in cui, compiuto l’anno del bambino, le donne non sono più protette dalla legge 1204 del 30 dicembre 1971 sulla Tutela delle Lavoratrici madri, e dunque le aziende sanno che sia le “dimissioni in bianco” sia i licenziamenti diventano meno attaccabili e sanzionabili. “Il dato è davvero critico,” commenta Linda Laura Sabbadini, direttore del dipartimento di Statistiche sociali e ambientali dell’Istat, “perché questa condizione sta addirittura peggiorando tra le donne più giovani”. (...) Contro la piaga endemica delle dimissioni in bianco, che, stima Luana Del Bino dell’ufficio vertenze della Cgil di Pistoia, “riguarda il 15% di tutti i contratti a tempo indeterminato”, quindi circa due milioni di lavoratori, il governo Prodi aveva varato una legge illuminata, la numero 188 del 17 ottobre 2007. Titti Di Salvo, oggi nell’ufficio di presidenza di Sinistra e Libertà, era stata la relatrice di quella legge, fatta di un solo, ma essenziale articolo. “Ciò che veniva imposto è che le dimissioni fossero presentate su moduli identificati da codici numerici progressivi e validi non oltre 15 giorni dalla data di emissione. Per evitare, appunto, la data in bianco... Ma è stato solo un momento,” dice con amarezza Titti Di Salvo, “perché il primo provvedimento del governo Berlusconi fu proprio la cancellazione di quella legge da parte del ministro Sacconi”. (...) All’ufficio vertenze della Cgil di Pistoia, che già nel 2007 raccolse i dati nazionali del fenomeno, alle dimissioni in bianco hanno dichiarato guerra. Vincendo decine di cause contro aziende fuorilegge. “Attraverso un tam tam capillare sui giornali locali, nelle fabbriche, nelle radio, ovunque, cerchiamo di informare i lavoratori e li spingiamo comunque a venire da noi nonostante abbiano firmato quelle lettere al momento dell’assunzione. Quello che suggeriamo loro,” spiega Luana Del Bino, “è di inviare con una raccomandata postale una dichiarazione autografa all’ufficio vertenze in cui denunciano di essere stati costretti a firmare un foglio di dimissioni in bianco, in quel giorno e in quell’azienda. Noi mettiamo queste buste in cassaforte, e quando il titolare di un’impresa decide effettivamente di dimissionare un dipendente, noi ci presentiamo con quella lettera che abbiamo custodito per anni. E ci vuole poco ai consulenti del lavoro per capire che l’azienda è in torto e il reato è la truffa. Siamo anche arrivati alle perizie calligrafiche. E molti lavoratori hanno riavuto il loro posto. Ma è una goccia nel mare”. (Maria Novella De Luca, La Repubblica, venerdì 20 gennaio 2012).
Per la serie La soluzione finale della crisi? Licenziamenti di massa: Giampaolo Galli.
Giampaolo Galli (direttore generale della Confindustria): Lo Stato è un’azienda in crisi, dunque deve gestire la crisi come farebbe un’impresa privata ricorrendo alla mobilità, anche esterna se necessario... Ci sono amministrazioni pubbliche che hanno troppi dipendenti rispetto alle effettive necessità, altre che ne hanno pochi. Vanno riequilibrate, là dove è possibile, ma se i lavoratori dopo un certo periodo di tempo non accettano il trasferimento, credo sia necessario applicare norme simili a quelle delle aziende private. Licenziare? Il punto è che i redditi dei dipendenti pubblici sono oltre 170 miliardi di euro, più della metà della spesa corrente al netto degli interessi e delle prestazioni sociali. E la spesa va tagliata, se non si vuole che l’economia soffochi per troppe tasse. Ad esempio, non si può pensare di abolire le Province lasciando del tutto immutato il costo del personale. Certo è socialmente doloroso, ma va fatto anche per un discorso di equità: penso che non sia equo che i costi della crisi cadano solo su imprese e lavoratori del settore privato, devono pesare anche sul settore pubblico. (La Repubblica, mercoledì 4 gennaio 2012). Sotto il Berlusconi se ne son sentite e viste di tutti i colori, ma nessuno era ancora arrivato a un simile livello di fascismo. Ci son voluti il Monti, la Fornero e il Passera perché provocatori anche peggiori dei berluscisti si decidessero a uscire allo scoperto. Sarà un caso? E l’individuo ha la faccia (come il popò) di dirsi equo, mentre si compiace dei licenziamenti di massa nel privato e ne invoca altrettanti nel pubblico! Ai tempi di Hitler cosa avrebbe detto? Che non era giusto che solo gli Ebrei fossero sterminati, che per equità bisognava sterminare anche gli Slavi? L’odio di classe dovrebbe essere considerato alla stregua di un crimine contro l’Umanità, e gli individui come il Galli dovrebbero essere perseguiti.
Per la serie Aliti a confronto: il Dell’Utri e il Verdini.
(su) Marcello Dell’Utri e Denis Verdini: Era un’associazione a delinquere, la P3. Segreta. E, come tale, violava la legge Anselmi. Il procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo, e il pm Rodolfo Sabelli hanno chiesto il rinvio a giudizio di quelli che, secondo loro, sono i venti protagonisti di un’inchiesta che nell’estate del 2010 mise in grande imbarazzo il governo Berlusconi. Oltre ai tre gestori del sodalizio, finiti in carcere l’8 luglio del 2010, Flavio Carboni, Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino, rischiano il processo il coordinatore del Pidièlle, Denis Verdini, e il senatore Marcello Dell’Utri. Che, secondo gli inquirenti, erano il vertice della loggia. Chiesto il giudizio anche per l’onorevole Nicola Cosentino, per il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, e per l’ex assessore alla Regione Campania, Ernesto Sica. Diverse le vicende di cui la P3 si occupò, diversi i reati contestati. Quella che i magistrati definiscono “un’associazione per delinquere diretta a realizzare una serie indeterminata di delitti di corruzione, abuso d’ufficio, illecito finanziamento, diffamazione e violenza privata...” (La Repubblica, mercoledì 4 gennaio 2012). E abigeato no? Siamo delusi.
Per la serie Bersani forse è di sinistra davvero, ma per accorgersene bisogna tradurlo in italiano: Pier Luigi Bersani.
sul Monti, la Fornero e il Passera, ecco cosa dice Pier Luigi Bersani: 1°. Il biglietto da visita delle nostre idee in Europa potrebbe essere così concepito: noi continueremo le nostre riforme e ci riserviamo ogni ulteriore iniziativa per rafforzare la nostra credibilità. Ma non faremo più manovre. A chi raggiunge il 5% di avanzo primario che cosa altro si può chiedere? Nel caso, nessuno pensi di trattarci come la Grecia. ...Siamo troppo grandi e quindi parecchio ingombranti. Se ne tenga conto. Bravo, Pier Luigi. Però ci permettiamo di tradurre, scusa (e lo facciamo in nero, perché è il colore che più si addice al Monti, alla Fornero e al Passera): Mi sa che questo governo di destra pensa ad altre manovre, mannaggia. Come faccio, senza sembrare troppo coraggioso, a dirgli che non si azzardino?... Ah, ecco, ci sono: farò finta di parlare alla suocera, cioè all’Europa. E speriamo che le nuore m’intendano. 2°. Voglio sottolineare in particolare il metodo politico. Il Governo troverà la sua forza in un rapporto stabile, permanente e ordinato con i Gruppi Parlamentari; un rapporto da allestire anche nella fase ascendente delle decisioni. Si parli di mercato del lavoro, o di liberalizzazioni, o di politica industriale, di pubblica amministrazione, di immigrazione, di Rai e di cento altri temi, esistono in Parlamento, da ogni lato, idee inevase da anni e non necessariamente divisive. Dica il Governo il suo piano di lavoro, raccolga dal Parlamento orientamenti e idee e avanzi quindi le sue decisioni e le sue proposte. Noi non pretendiamo il cento per cento di quel che faremmo, e così sarà per gli altri. Ma la trasparenza e la chiarezza servono a tutti. Bravo, Pier Luigi. Scusaci ancora, ma traduciamo anche questa volta: Ma se come dite voi fossimo ancora in democrazia, vi sembra che sarei costretto a ricordare a questo governo di estrema destra l’esistenza del Parlamento, mannaggia?! 3°. I riflettori vanno puntati su chi è più in difficoltà. Bisogna predisporre l’aiuto a chi sta vivendo e vivrà le condizioni più difficili, come l’assenza di lavoro, l’insufficienza di reddito o una disabilità abbandonata. Su questo, non ci siamo ancora. Occorre fare di più, cominciando col cancellare qualche inutile asprezza di alcune misure già adottate che suscitano un giusto risentimento. Bravo, Pier Luigi. Traduzione: Questo governo di nemici di classe se ne frega dei Disoccupati, dei Poveri e dei Disabili, mannaggia.
Per la serie I graziosi cocchetti del governo Monti: la Banca.
sul Monti, la Fornero e il Passera: Pensioni sopra i 1000 euro: stop al pagamento in contanti. L’Inps scrive a 450.000 pensionati: dal 7 marzo solo bonifici. (Titolo de La Repubblica di martedì 3 gennaio 2012). Un altro bel regalino alle banche (cioè alle tirannie finanziarie che stanno strangolando il mondo e l’Italia) a spese soprattutto di centinaia di migliaia di pensionati privi di conto corrente, cioè dei più poveri e in difficoltà. Per la serie E pensare che col Berlusconi credevamo di aver toccato il fondo.
Per la serie I graziosi cocchetti del governo Monti: il Mostro GranDistribuzione, divoratore della socialità urbana.
sul Monti, la Fornero e il Passera: Nasce sotto il segno della discordia la deregulation sull’apertura libera di negozi, bar e ristoranti. E se a Roma la giunta Alemanno ha già accolto il decreto del governo, la Regione Toscana ha deciso, al contrario, di impugnarlo davanti alla Corte Costituzionale. “La liberalizzazione totale e selvaggia degli orari e delle aperture è solo un altro regalo alla grande distribuzione e una batosta per le piccole imprese,” dice Enrico Rossi, del Pd, presidente della Toscana. (La Repubblica, martedì 3 gennaio 2012). E una batosta anche per i dipendenti della grande distribuzione. Dei quali il Monti e i suoi adepti ritengono forse che come gli schiavi appartengano ai padroni, e che possano essere separati a forza, virtualmente per sempre, dalle proprie famiglie.
Non vuoi vedere gesti come questo davanti al letto di un tuo caro? Scegli gli ospedali pubblici. Purché in territori a minor presenza di mafie...
(su) alcuni possedimenti del Ratzinger, del Bagnasco e del Bertone in terra italiana (per la serie Sono sicuri gli ospedali cattolici): Da molti anni assisto, sulla stampa e alla tv, a una propaganda molto favorevole nei confronti delle strutture sanitarie del Vaticano. Vengono etichettate di eccellenza e di conseguenza molti fondi e donazioni sono convogliati verso queste a scapito di altri istituti pubblici. Per me che sono un operatore del settore (medico ospedaliero) queste strutture, senza nulla togliere agli operatori, sono nella media e con molti problemi. Ricordo l’incendio in rianimazione pediatrica del Bambino Gesù e la diffusione della Tbc al Gemelli per omessa vigilanza sul personale. Stendo un velo sulle vicende del San Raffaele di Milano. Faccio appello affinché fondi e donazioni siano diretti verso strutture, pediatriche e non, pubbliche carenti invece che verso cliniche private extraterritoriali come il Bambino Gesù. Il mio è un commento duro ma sincero. (Lettera del dottor Matteo Maurizio Mauro a La Repubblica di martedì 3 gennaio 2012).
Non per la serie Bombolotti, purtroppo, ma per la serie Mi sai di Msi, Misiani: il piddìno finto sinistro Antonio Misiani.
(su) Antonio Misiani: Ai funerali del repubblichìno fascista, missìno, aennìno e pidiellìno Mirko Tremaglia, Napolitano ricorda Mirko “con stima”. Si mescolano tutti: leghisti e repubblichini con il braccio teso, Di Pietro e Misiani del Pd... (La Repubblica, martedì 3 gennaio 2012). Nessuno stupore per il Napolitano e il Di Pietro. Ma il Misiani... Chi è questo Misiani, ci siamo domandati. La vista del suo faccione ci ha dato una prima, straniante risposta. Dopo di che, i nostri potenti software lo hanno strappato all’oblio in cui era giustamente sprofondato: il Misiani è uno degli otto finti sinistri (tutti del Pd, purtroppo) che alla fine di agosto (supportati da quel super finto sinistro del Chiamparino) firmarono una lettera di sussiegose critiche allo sciopero generale indetto dalla Cgil contro l’ultima manovra berluscista. Oggi che al governo ci sono i manovristi a oltranza Monti-Fornero-Passera il Misiani sarà soddisfatto, presumiamo. E però, ecco la dimostrazione che le insane passioni di certi individui, se soddisfatte, non si attenuano ma si aggravano: il Misiani, finito di scriver lettere contro la Camusso, è corso dritto dritto a mescolarsi coi repubblichini con il braccio teso.
Per la serie Ma a chi vogliono darla a bere?: quelli che per farci tutti schiavi cercano di mettere i figli contro i padri e i padri contro i figli.
Giorgio Napolitano: Ce la faremo, i sacrifici sono per i nostri figli e i nostri nipoti. (La Repubblica, lunedì 2 gennaio 2012). Traduzione: Ce la faremo: sacrificati i padri, la memoria storica dei loro figli e nipoti sarà spezzata ed essi saranno del tutto indifesi.
Per la serie Il richiamo della foresta: sarà questo il nuovo look dell’organo ufficiale del Partito neomonarchico scalfariano?
Massimo Giannini su Giorgio Napolitano: “Il discorso del re” non è stato solo un magnifico film di questo terribile 2011. È stato anche il messaggio di Capodanno a reti unificate di Giorgio Napolitano, che almeno sul piano simbolico è ormai a tutti gli effetti il vero “sovrano democratico” di questa incompiuta e inconcludente Repubblica parlamentare. (La Repubblica, lunedì 2 gennaio 2012). Quando l’adulazione e il servilismo verso il potere toccano simili vertici di piaggeria rasentano l’eversione. O addirittura vi entrano: è da notare che, secondo il Giannini, il Napolitano sarebbe un sovrano almeno sul piano simbolico, cioè anche sul piano reale, e a tutti gli effetti, quindi anche quelli sostanziali. Che poi lo chiami democratico, il suo sovrano, cambia pochissimo: il Giannini sembra pronto anche alla monarchia assoluta di stampo preilluminista, a giudicare da quanto vogliosamente si prosterna.
Mario Monti: Il Paese ci capisce: non ci saranno grandi tensioni sociali. (La Repubblica, lunedì 2 gennaio 2012).
Per la serie Uccellatori e uccellati: il Profumo va forse in cerca di allocchi?
(su) Francesco Profumo (ministro dell’Istruzione e basta, perché ancora non si è disturbato a restituirle l’aggettivo Pubblica): Parte la scuola open, la svolta voluta dal ministro Profumo per garantire alle famiglie trasparenza. Dal 12 gennaio basterà collegarsi al sito del Miur per avere tutte le informazioni sugli istituti di ogni ordine e grado: dai corsi attivati alle dotazionni informatiche, dalle statistiche alle performance. Per i genitori sarà anche possibile iscrivere online i propri ragazzi. (La Repubblica, lunedì 2 gennaio 2012). Che bello! Proprio quello che la Scuola (e le Famiglie) desideravano e attendevano con ansia: nessuna restituzione delle risorse loro estorte dai ministri della dIstruzione Moratti, Fioroni e Gelmini, e al suo posto un altro specchietto per le allodole a costo zero. Zero? No, a costo di altro lavoro (sottratto a compiti più importanti e urgenti) per Segreterie scolastiche che i tagli hanno ridotto al lumicino. Complimenti: anche in fatto di Scuola il governo Draghi-Bagnasco-Napolitano-Monti sembra del tutto in grado di far peggio dei precedenti.
Per la serie Soluzioni economiche innovative: che si stia spremendo le meningi per tirarli fuori di lì, i cacciabombardieri?
(su) Giampaolo Di Paola (neo ministro della Difesa al quale ScuolAnticoli esprime comunque solidarietà, perché quella buffa allitterazione tra nome e cognome fa temere che qualcuno lo abbia voluto prendere in giro fin dall’inizio): La miglior Difesa è l’attacco: doveva esserne convinto il ministro Giampaolo Di Paola, quando ha debuttato davanti al Parlamento annunciando che anche le Forze armate sono pronte a far voto di austerità. Ma il problema, naturalmente, è come imporre risparmi e rinunce, a fronte di impegni internazionali e persino interni sempre più estesi. La strada suggerita dal ministro è quella di ridurre gli organici, visto che gli stipendi valgono il 62 % del bilancio della Difesa. Oggi i militari sono circa 180.000, e per Di Paola l’ideale sarebbe molto meno, 130-140.000, se non addirittura 90.000. Non li possiamo licenziare, si è rammaricato il ministro, e dicono che abbia scherzato: “Ci vorrebbe una guerra, o un terremoto”... Sulla struttura delle Forze armate del futuro, la proposta suggerita dal ministro è fatta di tagli robusti sul personale, attraverso il blocco del turn over, e di investimenti sulla tecnologia: una strada che piace alle industrie, alla Marina e all’Aeronautica.... E c’è spazio pure per il controverso Joint Strike Fighter, o F-35, il cacciabombardiere più costoso della storia. Fra ritardi, errori e rinvii, lo sfortunato progetto della Lockheed ha subìto tanti ritocchi nel preventivo che oggi ogni esemplare dovrebbe costare 200 milioni di euro. L’Italia ne voleva 131, per una spesa di almeno 15 miliardi in dodici anni... Ma di cancellare del tutto il programma, Di Paola non ne vuol sapere: è stato lui stesso a firmare i primi protocolli d’intesa, nel 2002, come capo di Stato maggiore. Ma soprattutto la versione B a decollo corto dell’F-35 è destinata alla Cavour, portaerei da un miliardo e mezzo di euro, fiore all’occhiello della sua amatissima Marina. Nave che è un gioiello progettato in tempi meno austeri e fortemente voluto dall’ammiraglio: se non potrà schierare sul ponte i Jsf, rischia di svelarsi come un monumento allo spreco... Intanto, per il ministro, vacanze di Natale sfortunate: sulle piste di sci del Trentino Alto Adige, Di Paola è stato investito da uno sciatore e portato all’ospedale di Cavalese per una lussazione alla spalla. (La Repubblica, lunedì 2 gennaio 2012). Forse non ci sarà un giudice a Berlino, ma almeno uno sciatore in Trentino c’è di sicuro.
Per la serie Odissea nel berluscismo: l’ultimo incubo di Luigi Verzé.
sul defunto Luigi Verzé, detto da alcuni don, e alcuni suoi compari: Era la fine degli anni Sessanta quando il giovane Berlusconi, con l’aiuto del Monte dei Paschi di Siena, allora controllato da uomini della P2, comprò 700.000 metri quadrati a Segrate e cominciò a costruirvi Milano-2. Unico neo del ghetto di lusso, le rotte degli aerei in partenza e in atterraggio da Linate. Occorreva spostarle e così il palazzinaro d’ingegno, che una volta ammise di aver pagato vagoni di tangenti per ottenere i permessi, regalò una fettina dei suoi terreni a don Verzé per costruirvi una clinica privata, i cui degenti non avrebbero potuto sopportare il rombo aeroportuale. (...) Al seguito del pio Formigoni, di cui giorno dopo giorno emergono le pericolose amicizie politico-affaristiche che impiomberanno le sue inesauribili ambizioni da statista, la grande borghesia milanese, i Moratti (ramo Gian Marco e Letizia), gli Ermolli, gli illuminati frontisti di via della Spiga, dove parcheggiava la sua Ferrari Mario Cal, l’amministratore operativo della nìbancarotta che si uccise nel luglio scorso, i banchieri, da Mazzotta, ex Popolare di Milano, a Micchicché, Intesa, fino a Fiorani, protagonista dello scandalo Popolare di Lodi-Antonveneta. Non solo: nella rete di don Verzé, piena di camorristi come quelli che si aggiudicavano i miglori appalti dell’azienda ospedaliera, sono finiti anche Nichi Vendola e un filosofo neghittoso come Massimo Cacciari. Dal leader del Sel, accreditato di “santità”, il prete luciferino voleva l’ospedale San Raffaele anche a Taranto con finanziamenti pubblici. Ora la Puglia ha bloccato tutto. E Cacciari fu assunto nella sua facoltà di Filosofia e Teologia: “Si vuole occupare lei,” gli disse, “del Logos fatto di carne?”. (...) Un prete o un gangster, in un’Italia in cui tutto ormai si confonde? Le telefonate con l’ex capo del servizio segreto Nicolò Pollari, nobile figura di servitore dello Stato, sono del tipo Chicago anni Venti. Si tratta di terrorizzare un vicino perché non vuole cedere un terreno che serve al don. Prima mandandogli la Guardia di Finanza, poi, se occorre, sabotando il suo impianto elettrico, magari mandandolo pure a fuoco... (Alberto Statera su La Repubblica di lunedì 2 gennaio 2012).
Per la serie Chi di nazismo ferisce, di nazismo perisce: il cartello che vieta ai GRILLI di accedere a ScuolAnticoli.
(su) Giuseppe “Beppe” Grillo: Al comico Beppe Grillo piace l’idea di un “negoziante di Varese” che, fuori dal suo negozio, ha appeso un cartello con su scritto “Vietato l’ingresso ai politici”. Nel primo giorno dell’anno nuovo, il fondatore del Movimento Cinque Stelle descrive con entusiasmo l’iniziativa del commerciante anti-casta e invita a “isolare socialmente” la “gentaglia” che da decenni amministra il Paese e “lo ha distrutto”. Grillo metterebbe cartelli “verboten” dappertutto: “L’azione va replicata nei negozi di tutta Italia,” scrive sul suo blog, “nei taxi, nei cinema, in qualunque esercizio pubblico...” Che la partitocrazia abbia prodotto guasti nessuno lo nega ma a noi questi cartelli generici non piacciono per niente. Ce ne furono di simili tanti anni fa.
(Alessandra Longo su La Repubblica di lunedì 2 gennaio 2012).
Per la serie Neolingua vatican-napolitan-monti-scalfariana: l’Eguaglianza? Non sanno che farsene. Perché loro si credono più uguali di Noi.
(su) Mario Monti e il suo governo: Un amico di Mario Monti, che aveva caldamente auspicato sui giornali l’avvento di un governo guidato dal Professore, rivela oggi a Repubblica che già a fine luglio, incontrando l’interessato a un convegno, l’attuale premier gli fece una confidenza sorprendente: “Ahimé, temo per me che le tue speranze non andranno deluse”. (...) Di quanto abbia detto la cancelliera a Berlusconi, di fronte a testimoni (oltre a Sarkozy, Van Rompuy e Barroso c’erano anche diplomatici e funzionari) non ci sono verbali o fuori onda. Clemente Mastella, parlamentare europeo, racconta tuttavia la versione che è rimbalzata di bocca in bocca fino a Bruxelles: “Merkel fu molto dura. Gli gridò in faccia: la crisi è colpa tua”. (La Repubblica, sabato 31 dicembre 2011). Personaggi della taglia di Monti se ne vedono pochi in giro in Italia e anche in Europa. A me che ne ho conosciuti parecchi sono venuti in mente Vanoni e Andreatta, La Malfa e Visentini, Schmidt e Jean Monnet. Esponeva i dati della situazione economica, le strettezze della finanza, le difficoltà di elaborare un programma di sviluppo senza abbandonare il rigore, tenendo insieme un’eterogenea maggioranza parlamentare e negoziando con le parti sociali sul patto generazionale senza il quale è impossibile realizzare la crescita e l’equità. Alla fine ha riassunto l’obiettivo che il suo governo si propone di realizzare indicando i tre valori che vi presiedono: libertà, giustizia, solidarietà. Sono i valori sui quali è nata l’Europa moderna e le bandiere tricolori della Grande Rivoluzione ne furono e ne sono il simbolo rappresentativo. Quella conferenza stampa è stata il battesimo di un leader di prima grandezza e ne siamo usciti rassicurati e grati. (Eugenio Scalfari, La Repubblica, sabato 31 dicembre 2011). Lo Scalfari mente, anche se forse non lo sa: i valori della Grande Rivoluzione furono la Libertà, l’Eguaglianza e la Solidarietà. Che lui e il Monti “dimentichino” proprio la seconda la dice lunga sull’equità che individui come loro son capaci di immaginare... Quanto al patto generazionale, è incredibile l’uniformità da ultracorpi con cui i montisti se ne riempiono la bocca: come se ci fosse ancora chi non ha capito che quel patto, per loro, consiste nel cancellare anche i Diritti dei Padri per fare in modo che i Figli perdano perfino la memoria di ciò che è stato loro tolto.
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Per la serie Fiabe horror per gonzi: “Tu hai provocato la Crisi inseguendo un falso benessere,” disse il lupo finanziario-vaticano Monti, “e tu devi pagarla”.
Mario Monti: Una svolta eccezionale se portata a termine, spiega il premier, che allontanerà l’Italia e gli italiani ― ed ecco un’altra metafora sportiva ― da quel “surfing verso una apparenza di benessere con onde sempre più alte che andavano a travolgere le nuove generazioni”. (La Repubblica, venerdì 30 dicembre 2011). Ma di quale benessere parla costui, apparente o meno? Milioni di Italiani non arrivano a fine mese da almeno un decennio, da quando le destre e le finte sinistre europee e il berluscismo nostrano permisero che l’introduzione dell’euro si tramutasse in un magna magna per i loro grandi e medi elettori, cioè per chiunque avesse prezzi e tariffe nelle sue grinfie, e il Monti delle tirannie finanziarie e del Vaticano ha la faccia tosta (per non dir peggio) di accusare Noi, gli Italiani onesti, di aver inseguito un falso benessere a spese dei nostri Figli? Ragion per cui adesso ci meriteremmo, colpevoli come siamo, di venir per l’ennesima volta svenati, impoveriti e privati di quel che resta dei nostri Diritti?... Queste non sono “semplici” menzogne, no: sono deliberati tentativi di avvelenare e cancellare l’intelligenza, la memoria e la dignità stessa della parte migliore del Paese.
Mario Monti: L’accordo con la Svizzera per la tassazione dei capitali italiani illecitamente esportati nella Confederazione? È un’ipotesi che stiamo analizzando. Non ho però approfondito il dossier e non ho ancora una posizione. (La Repubblica, venerdì 30 dicembre 2011). Comodo, Monti, comodo. Non si scapicolli, per carità, noi non abbiamo fretta. Conteremo i giorni, però, questo sì,...
Per la serie La Trinità secondo il Casini: un dio per farli, uno per farli fruttare e uno per salvarli? Mah...
Pierferdinando Casini: Siamo nelle mani migliori che ci potessero essere. (La Repubblica, venerdì 30 dicembre 2011). Sarebbe stato tragicomicamente servile, il Casini, (pro domo sua, intendiamoci, che l’individuo non ci sembra all’altezza di farsi servo disinteressatamente) anche se si fosse limitato a dire: Siamo nelle mani migliori che c’erano. Ma con quel congiuntivo ha superato ogni limite e battuto tutti i record del servilismo: ha detto che il Monti è dio. E il Caltagirone come la prenderà? Sarà geloso?
Per la serie l’Amerikano: Il Napolitano e il Kissinger ricordano il primo incontro negli Usa mentre Aldo Moro era prigioniero delle Brigate rosse.
Giorgio Napolitano: Particolarmente acuta è oggi per le forze riformiste l’esigenza di perseguire nuovi equilibri, sul piano delle politiche economiche e sociali, tra i condizionamenti ineludibili della competizione in un mondo radicalmente cambiato e i valori di giustizia e di benessere popolare. (...) Ora che a minare la sostenibilità di quella grande e irrinunciabile conquista che è stata la creazione dell’euro concorre fortemente la crisi dei debiti sovrani di diversi Stati, tra i quali l’Italia, è diventata ineludibile una profonda, accurata operazione di riduzione e selezione della spesa pubblica, anche in funzione di un processo di sburocratizzazione e risanamento degli apparati istituzionali e del loro modus operandi. Tale discorso non può non investire le degenerazioni parassitarie del Welfare all’italiana, rifondando motivazioni, obiettivi e limiti delle politiche sociali, ovvero rimodellandole in coerenza con l’epoca della competizione globale e con le sfide che essa pone all’Italia. (La Repubblica, giovedì 29 dicembre 2011). È ormai del tutto evidente che al Napolitano il Berlusconi non piaceva perché: 1°, non era abbastanza di destra per i suoi gusti; 2, era tuttavia così insopportabilmente arrogante che spingeva il Partito democratico sempre più a sinistra, esito che il Napolitano, da amerikano amico del Kissinger, avversa fin dai tempi del Pci. Per evitare tale esito, consegnare il Pd ai finti sinistri e andare davvero a destra ci voleva dunque il Monti, che a quel che sembra sa fare tutto ciò nello stile vatican-piagnone che può incantare i gonzi. Esageriamo? Per capire che non è così, basta leggere, su La Repubblica del giorno successivo (per la serie Dimmi a chi piaci e ti dirò chi sei) le reazioni politiche al pretesco-padronal predicozzo di cui sopra. Eccole. Enrico Morando, finto sinistro veltroniano da sempre pappa e ciccia coi berluscisti: Il capo dello Stato approfondisce un punto evidente della cultura politica di sinistra, direi della sua ideologia: la difficoltà, negli anni passati, dell’incontro tra il riformismo e la tradizione liberale. Per anni siamo stati sulla frontiera del noi e loro. Oggi Napolitano spiega che il riformismo della cultura socialista è il liberal-socialismo. Non c’è più il noi e il loro... È uno stimolo per il Pd, un invito ad accelerare il suo processo verso un incontro con la cultura liberale... La sinistra, non incontrando la cultura liberale, ha finito per sostenere uno statalismo assistenziale. Una revisione integrale del concetto di spesa pubblica è necessario. In Italia e in Europa. (Liberal-socialismo vi suona un po’ come nazional-socialismo?... Be’, vi suona bene). Adolfo Urso, berluscista: Il richiamo del presidente della Repubblica alle forze riformiste affinché sia realizzata una radicale riforma del Welfare è tempestivo, coraggioso e pienamente condivisibile. Osvaldo Napoli, berluscista: Ci vuole oggi un atto di coraggio per superare quella che Napolitano ha diagnosticato come crisi di leadership a livello europeo. Anche sul terreno delle istituzioni l’Italia è chiamata a vincere una sfida forse più decisiva dello spread. Fabrizio Cicchitto, berluscista: La ragione di fondo della distanza fra Einaudi e la sinistra sta nel fatto che in quest’ultima il riformismo era assolutamente minoritario. Nel suo nocciolo duro il Pci era distante sia dal liberalismo sia dal socialismo democratico e ciò pesò, e non poco, nella nascita dell’Europa. Bene rispondono, ai laudatores del Napolitano e al Napolitamo medesimo, Matteo Orfini, responsabile del Pd per la Cultura, e Massimo D’Antoni, economista legato a Stefano Fassina ed editorialista de L’Unità. Orfini: Già il Pds aveva fatto i conti con la cultura liberale, accettandola e facendola sua. Cose successe, quindi, anni fa. Il liberalismo è patrimonio della storia socialista riformista, il neoliberismo no. D’Amtoni: C’è gente che ha perso i propri riferimenti e li cerca altrove, usa termini altrui e non riconosce neanche le proprie conquiste... C’è chi ha passato una vita nel Pci ma è convinto di venire dal Pli.
Mario Monti: È vero che il differenziale Btp/Bund è tornato ai livelli di ottobre-novembre... Ma a quel tempo la Bce (Banca centrale europea, n.d.r.) era costretta a massicci interventi sui mercati per tenere basso lo spread, mentre oggi questi acquisti sono ridotti al minimo: non si può fare assolutamente un confronto, non sarebbe corretto... Adesso siamo senza la rete della Bce e l’Italia si tiene a galla da sola. (La Repubblica, giovedì 29 dicembre 2011). Hahaha... Lo riconosciamo: questo fa ridere con molto più stile del Berlusconi.
Per la serie Difensori dei Lavoratori: l’Ichino quando difendeva i Lavoratori insieme al Sacconi.
Pietro Ichino: La verità è che oggi la riduzione degli organici, mediante licenziamento collettivo o individuale, di fatto si può fare soltanto quando l’impresa è già in crisi, altrimenti il rischio per l’impresa di una sentenza negativa è altissimo. In un tessuto produttivo sano, invece, l’aggiustamento deve poter avvenire prima, per prevenire la crisi. Traduzione: A costo di sembrare un occulto stipendiato o un servo sciocco delle tirannie finanziarie globali, non dirò neanche sotto tortura che le aziende in realtà vanno in crisi perché le tirannie finanziarie le strangolano per costringerle ad accrescere a dismisura i dividendi degli azionisti, che sono per la maggior parte le tirannie medesime; dirò, invece, che le aziende vanno in crisi perché non possono licenziare i lavoratori. Dirò, cioè, che sono i lavoratori i colpevoli delle crisi e della Crisi. Farò ridere, sostenendo tesi assurde come questa? Non importa: se vinceranno le tirannie finanziarie, riderà bene chi riderà per ultimo. Se si offre alle imprese maggiore flessibilità, si può chiedere loro di farsi carico di un trattamento complementare di disoccupazione, necessario per portare il nostro trattamento complessivo ai livelli del nord-Europa. Per altro verso, questo stesso schema consente di affidare alle imprese di scegliere il migliore servizio di assistenza al lavoratore licenziato e di attivare un controllo efficace sulla sua disponibilità per tutto quanto è necessario per il reperimento della nuova occupazione. (L’Unità, giovedì 29 dicembre 2011). Traduzione: Se pensate che vogliamo rendere schiavi i lavoratori ampliando la possibilità dei padroni di ricattarli con la minaccia del licenziamento, sbagliate per difetto: quello è solo l’inizio, ma i lavoratori non saranno davvero schiavi finché non riusciremo a far sì che le imprese (cioè le tirannie finanziarie che le dominano) abbiano il pieno controllo dell’intera esistenza dei lavoratori.
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