Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
Più Niente da Ridere
la Pagina di Chi andò dietro alla Morte e portò l’Italia con sé nel mese di ottobre del 2010
“Libertà, giustizia sociale, amor di patria. Noi siamo decisi a difendere la Resistenza. Lo consideriamo un nostro preciso dovere: per la pace dei morti e per l’avvenire dei vivi, lo compiremo fino in fondo. Costi quel che costi.” (Sandro Pertini, Genova, 28 giugno 1960).
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In questa pagina raccoglievamo le parole di chi vuol farci piangere e cercavamo, invece, di riderne. Ma presto ci fu più niente da ridere, e la pagina cambiò. Le immagini divennero quelle de Il settimo sigillo (1957), di Ingmar Bergman, e sullo sfondo apparve l’attore Bengt Ekerot nei panni della Morte... Clicca qui per sapere perché la pagina Meglio Ridere è così cambiata! |
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Paolo Scaroni (amministratore delegato dell’Eni): Io condivido molte delle cose dette da Marchionne. Soprattutto quando parla dello scandaloso assenteismo che si registra in certe parti del Paese. Abbiamo mediamente a Gela e a Taranto circa il 10% di assenteismo, a Sannazzaro, in provincia di Pavia, un po’ meno del 5; in Baviera o nella Repubblica Ceca è del 2. (La Repubblica, domenica 31 ottobre 2010). E non hai visto ancora niente, Paolo: qualche altro annetto di guerra ai Lavoratori e ai Diritti e vedrai a che livelli scenderà la nostra voglia di faticare per voi.
Marcegaglia prima della “cura”, Maurizio Sacconi e Marcegaglia dopo la “cura”: più rughe, ma forse anche più cervello.
Emma Marcegaglia (ora che un po’ si è svegliata) e Maurizio Sacconi su Silvio Berlusconi (al convegno dei Giovani industriali a Capri): Il Paese è in preda alla paralisi, e l’iniziativa del governo, in un momento difficilissimo dell’economia, non c’è... Noi ci indigniamo e ci arrabbiamo quanto più la sostanza e lo stile della politica si allontanano da una soglia minimale di decoro... Ora bisogna ritrovare il senso della dignità delle istituzioni... È ovvio a chi mi riferisco... Noi richiamiamo da mesi la politica ai suoi doveri. Ora, dopo i nuovi gossip così come a ogni dossier, è arrivato il momento di recuperare il senso delle istituzioni dello Stato, la cui credibilità e il cui prestigio sono lambiti da un’ondata di fango (Emma). Le borghesie furbette non s’illudano. La parola torna sempre al popolo, che sa riconoscere le élite egoiste in ricorrente combutta con i conservatori ideologizzati. Quanto ai governi tecnici, sono oggi ben difficili a farsi perché dei precedenti rimangono i ricordi pessimi di ciò che non hanno fatto, i grandi interessi privati che si sono espressi in danno del bene comune. Quindi, o Berlusconi o elezioni (Maurizio)
(La Repubblica, domenica 31 ottobre 2010).
Enrico Letta, infiammatore mancato di suore di clausura.
(su) Enrico Letta (al convegno dei Giovani industriali a Capri): Parla Enrico Letta, vicesegretario del Pidì, oratore serio ma incapace di infiammare persino una platea di suore di clausura. Illustra un’agenda di governo che allinea quasi tutti i punti indefettibili confindustriali. Strappa qualche timido applauso, ma s’infrange sul governo non di solidarietà, ma di responsabilità nazionale, che raccolga magari anche i pochi uomini del berlusconismo civile, tra i quali Letta colloca con persino esagerate parole di stima il qui presente Raffaele Fitto.
(Alberto Statera su La Repubblica di domenica 31 ottobre 2010).
Stefania Prestigiacomo: Non mi interessa niente di come passa le sue serate il presidente del Consiglio: nella vita privata ciascuno è responsabile delle proprie azioni. Berlusconi è un uomo maturo, non penso che debba rendere conto dei suoi comportamenti personali. A quanto ho capito, Ruby è una ragazza sfortunata, a cui il presidente voleva offrire una speranza di vita alternativa. Berlusconi è così: forse a volte esagera, ma sempre in generosità. (La Repubblica, domenica 31 ottobre 2010).
(su) Daniele Capezzone (a suo dire, colpito con un pugno da uno sconosciuto mentre camminava per via dell’Umiltà a Roma): C’era l’onorevole Capezzone che veniva verso di me con la mano sulla guancia e un orecchio rosso dicendomi: “Mi ha colpito. Hai visto cosa mi ha fatto?” (un cameriere di via dell’Umiltà). C’è uno squadrismo di sinistra che accentua la sua arroganza e aggressività. Il noto network dell’odio sta producendo effetti nefasti sempre più visibili (Fabrizio Cicchitto, pidiellìno). Un clima avvelenato che continua a essere alimentato dai seminatori d’odio (Maurizio Lupi, portatore di moccichino verde). Mi sono avvicinato e mi ha detto che era stato picchiato (Gregorio Fontana, pidiellìno). (Da left di venerdì 29 ottobre 2010).
Nicola “Nichi” Vendola secondo il sito de Il Sole 24 ore di mercoledì 27 ottobre 2010.
Giorgio Merlo ritratto in un momento in cui assomigliava molto alla sua barba.
(su) Sergio Marchionne e la sua “uscita” di domenica 24: La sfida di Marchionne non può essere banalmente rispedita al mittente o irrisa come fa Fini (Giorgio Merlo, piddìno deputato). Un partito non può limitarsi a fare il tifo pro o contro Marchionne, ma deve indicare una strada (Sergio Chiamparino, sindaco piddìno di Torino). (La Repubblica, martedì 26 ottobre 2010). Già, ma... chi è questo Giorgio Merlo che il Fini, come si diceva una volta, ha scavalcato a sinistra? È lo stesso Giorgio Merlo che il 14 aprile 2009 disse: L’inchiesta interna decisa dalla Rai su Santoro è utile, tempestiva e corretta; è lo stesso Giorgio Merlo che il 16 maggio 2009 sentenziò: Chiamparino ha interpretato i sentimenti di molti elettori. E parlo dei nostri, non dei leghisti (sì, perché il Chiamparino, due giorni prima, in un’intervista al Mattino, aveva difeso i respingimenti alle frontiere, chiesto “confini blindati”, attaccato il Pidì, “sinistra degli snob”, e sottolineato che la sua “linea, sugli immigrati clandestini, coincideva con quella di Fassino”); è lo stesso Giorgio Merlo che il 14 luglio 2009, in qualità di vicepresidente della Commissione di vigilanza sulla Rai (parlando di Roberto Balducci, vaticanista del Tg3 “colpevole” di aver detto che domani il papa va in vacanza; e ci saranno anche due gatti che gli strapperanno un sorriso. Almeno quanto i quattro gatti, o forse un po’ di più, che hanno ancora il coraggio e la pazienza di ascoltare le sue parole) dichiarò: È singolare e inconsueto che una testata importante come il Tg3 scivoli in questa anacronistica, e volgare, deriva anticlericale; è lo stesso Giorgio Merlo che il 15 agosto 2009 rivelò, a proposito dei candidati alle primarie per la segreteria del partito, che tutta la destra tifava per Bersani, perché voleva un grande partito socialista con qualche appendice cattolica e moderata; ed è lo stesso Giorgio Merlo, infine, che il 7 dicembre 2009, dopo aver appreso che la senatrice cattolica Dorina Bianchi aveva lasciato il partito (alleluia!) ed era tornata nell’Uddiccì, se ne uscì con un lapidario: Il No B Day? Se il Pidì insegue la piazza urlante e forcaiola, i casi Bianchi aumenteranno. E il Chiamparino, chi è mai costui? Inutile dilungarci: il Chiamparino è uno a cui piace il Maroni dei respingimenti, e che perciò a sua volta piace al Merlo.
Vendola in un video e, accanto, un ingrandimento di un particolare della medesima inquadratura.
Nicola “Nichi” Vendola: Tra le tante mie diversità, vi beccate anche questa: sono innamorato di Cristo, che morendo in croce ha ribaltato i simboli del potere. (L’Unità, lunedì 25 ottobre 2010).
Chi sugli evasori chiude un occhio e chi li apre tutti e due: Giulio Tremonti e Vincenzo Visco.
(su) Giulio Tremonti: Dopo il caso Berlusconi - Antigua, Report ha acceso ieri un faro sulla manovra di finanza pubblica e sulla riforma fiscale, mettendo in luce la difficoltà “di separare la figura del Tremonti ministro da quella del Tremonti commercialista”. Anche perché, ha detto Milena Gabanelli, conduttrice del programma di Rai 3, il titolare dell’Economia, ogni volta che abbandona il governo, rientra nello studio Vitali - Romagnoli - Piccardi, da lui stesso fondato, che cura gli interessi di numerosi clienti in contenzioso con il fisco: Dolce & Gabbana, Mps, Capitalia e Fininvest. Quest’ultima beneficiaria, con Mondadori, di una legge che le ha consentito di chiudere con 8,6 milioni una richiesta di 176 milioni dal fisco. Report ha anche ricordato le consulenze di Vitali - Romagnoli - Piccardi alla lussemburghese Bell di Emilio Gnutti & C., cui la Finanza aveva chiesto 680 milioni per non aver pagato tasse sui 2 miliardi guadagnati vendendo il 22% di Telecom a Marco Tronchetti Provera nel 2001. Nel 2003, con Tremonti al ministero, le Fiamme Gialle accettarono le tesi dei legali di Gnutti (“Bell non è italiana”), pagati poi secondo indiscrezioni con una parcella di 25 milioni. Il dossier è stato riaperto tre anni dopo da Vincenzo Visco. E Bell ha deciso di transare, sborsando 156 milioni e rinunciando a 75 milioni di benefici fiscali.
(La Repubblica, lunedì 25 ottobre 2010).
Sergio Marchionne: Senza l’Italia la Fiat potrebbe fare di più. Pochi giorni fa abbiamo presentato i costi trimestrali: nemmeno un euro dei due miliardi di utile operativo previsto per il 2010 viene dall’Italia... L’Italia è al 118° posto nella classifica dell’efficienza del lavoro e al 48° per competitività. E negli ultimi dieci anni la situazione è peggiorata. Siamo fuori dall’Europa, non abbiamo saputo tenere il passo. Non c’è nessuno straniero che investe qui... Mi impegno a portare i livelli salariali al livello di quelli dei paesi più vicini... Io in politica? Non scherziamo, io faccio il metalmeccanico e produco auto, camion e trattori. (La Repubblica, lunedì 25 ottobre 2010). Solo al 118° posto? In un Paese dove i Lavoratori sono trattati a pesci in faccia da chiunque vendendosi sia riuscito ad accattare uno straccio di autorità politica, economica o “culturale”? Ma questo è niente: vedrete fino a dove scenderemo se continuate. E negli ultimi dieci anni la situazione è peggiorata? Ma davvero? Chi mai l’avrebbe detto!
(su) il bel Paese della guerra ai Diritti Umani: L’operaio morto è albanese. Ma la sua vita vale meno di quella di un italiano. Ai suoi familiari, che vivono in Albania, “area a economia depressa”, va un risarcimento dieci volte inferiore a quello che toccherebbe ai congiunti di un lavoratore in Italia. Altrimenti madre e padre albanesi otterrebbero “un ingiustificato arricchimento”. Ombretta Salvetti, giudice civile del tribunale di Torino, richiamandosi a una sentenza della Cassazione di dieci anni fa, ha deciso di “equilibrare il risarcimento al reale valore del denaro nell’economia del Paese ove risiedono i danneggiati”. Addebitato all’operaio deceduto il 20% di concorso di colpa nella propria morte, la dott.sa Salvetti ha riconosciuto a ciascun genitore residente in Albania la somma risarcitoria di soli 32.000 euro. Se l’operaio fosse stato italiano, a ogni congiunto dell’operaio morto sarebbero state riconosciute somme fino a dieci volte superiori. (La Repubblica, lunedì 25 ottobre 2010). Per i nazisti un tedesco valeva dieci Italiani. Di Albanesi ce ne sarebbero dunque voluti cento? E quanti operai italiani della provincia di Matera (area a economia depressa) ci vorrebbero per valere quanto un operaio italiano della provincia di Trento? Tutto il cucuzzaro (di certe teste)?
Mariastella Gelmini e Giuseppe “Beppe” Fioroni
(la straordinaria coppia di ministri della Pubblica Istruzione che ci ha fatto rimpiangere di non avere al loro posto la Volpe e il Gatto)
(su) Mariastella Gelmini e Giuseppe “Beppe” Fioroni uniti nella lotta (contro la Scuola degli Italiani): Bon ton istituzionale e imbarazzante concordia nell’inedito dialogo sul Corriere tra Gelmini (il ministro più contestato del Berlusconi IV) e il predecessore, Fioroni (oggi coordinatore del Forum del Pd sul Welfare). Tra un complimento e l’altro, la scuola crolla a picco. E non si può non riconoscere ai due pacati dialoganti l’apporto personale alla débâcle. In Italia spesso chi rompe non paga. Fioroni è stato il ministro del centrosinistra che ha favorito nella maniera più esplicita le scuole paritarie (la legge per integrarle a pieno titolo nel sistema scolastico nazionale fu il tributo del centrosinistra – eravamo nel 2000 – alla collaborazione degli allora Popolari); che ha bloccato definitivamente il percorso dell’obbligo scolastico a 16 anni, come negli altri 26 paesi Ue; che – mediante il suo proverbiale “cacciavite” – ha svitato alcuni ingranaggi della riforma Moratti, subito riavvitati da Gelmini & soci, quando, nel 2008, cadde Prodi. Il Fioroni-pensiero è facile da riassumere: tiepida concordia con chi sta massacrando la scuola pubblica. Termini meno diretti, stessa sostanza. Parlando di precariato, “la scuola non può essere una fabbrica di illusioni” (a 1.500 euro al mese, nel discredito socio-politico-culturale. E poi, lui dov’era, mentre si edificava la fabbrica?). Più signorilità e meno fantasia rispetto alla collega (dalle felici espressioni: “Scuola ammortizzatore sociale”; “la scuola non è un ufficio di collocamento”). Consueti buoni propositi, trovate anche originali: “Investire risorse per la formazione e l’aggiornamento (...); reperire risorse adeguate per premiare il merito; individuare un metodo per evidenziarlo, fondato su riscontri oggettivi e sulla reputazione [riconosciuto parametro scientifico, ndr]”. Una scuola “in grado di presentare il proprio bilancio sociale alla comunità e che mostri ai genitori la propria valutazione complessiva in termini di acquisizione, di conoscenze, competenze, di specificità di settore e di indirizzo”. Il mio liceo (più di 500 alunni, 38 docenti e 13 Ata) quest’anno avrà 54.000 euro per fare qualsiasi cosa. Di cosa parla Fioroni? Risponde subito, giuliva e concorde, Gelmini: ringrazia per l’assist inatteso e trova in quelle parole conforto alla sua strategia di affondamento e riduzione al pensiero unico della Scuola Pubblica. “Dalla lettera di Fioroni, ma anche da parte del sindacato, segnali incoraggianti per considerare chiusa una fase storica”. Quando Gelmini usa questo aggettivo bisogna tremare. Prepariamoci. Soprattutto chiediamoci perché il Pd, incapace di produrre una visione originale, riproponga strade che altri sanno percorrere con maggiore convinzione. Gli elementi imprescindibili non sono più i valori di sinistra – inclusione, cultura, emancipazione, Costituzione – che pure vengono utilizzati strumentalmente con certe platee. Ma valutazione e merito, nella imperdonabile dimenticanza che non basta pronunciare quelle parole né preparare soluzioni improvvisate per dotare la nostra scuola di un sistema di valutazione (sul quale alcuni paesi europei lavorano e studiano dagli anni ’80) equo ed efficace. L’ottuso arroccamento su posizioni “moderne” e “alla moda”, su concezioni neoliberiste, ha già prodotto vasti danni. Aver di fatto emarginato quella parte di scuola democratica che ancora studia ed elabora su educazione, cultura e saperi, tenendo per saldi principi e valori teoricamente condivisi, non potrà premiare chi vi ricorre solo in fase emergenziale, contando su voti dati per inerzia o per esclusione. Siamo “vetero”? Abbiate il coraggio di dircelo, non ci offendiamo. Sarà per molti, davanti a tanti maldestri riposizionamenti, un vero onore. (Fioroni e Gelmini, scambio d’amorosi sensi, di Marina Boscaino, su Il Fatto di domenica 24 ottobre 2010).
Mariastella Gelmini e Renato Brunetta
(su) Mariastella Gelmini e Renato Brunetta: Le nuove regole per i prèsidi. Vietato criticare la riforma Gelmini”. Il “codice disciplinare per i dirigenti scolastici” è pienamente operativo. Se le dichiarazioni possono essere “lesive dell’immagine dell’amministrazione”, si rischia la sospensione dal servizio e dello stipendio. Il “Codice Brunetta” non ammette scivoloni. Criticare pubblicamente la riforma Gelmini può costare ai dirigenti scolastici fino a tre mesi di stipendio. E alzare la voce nei confronti di un genitore una multa, fino a 350 euro. Stessa sanzione, da 150 a 350 euro di multa, per i capi d’istituto che andassero in giro senza cartellino di riconoscimento o che non avessero provveduto ad apporre una targa con nome e cognome davanti alla porta della propria stanza. Con la pubblicazione sul sito del ministero dell’Istruzione, avvenuta il 21 ottobre, il Codice disciplinare per i dirigenti scolastici è pienamente operativo. Da oggi, i capi d’istituto dovranno stare attenti a esprimere la propria opinione in pubblico o sui media. Se infatti le loro dichiarazioni dovessero essere considerate lesive dell’immagine dell’amministrazione potrebbe scattare la “sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino a un massimo di tre mesi”. Il codice Brunetta (“Comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”), recepito anche per i presidi, non ammette dichiarazioni pubbliche che vadano a “detrimento dell’immagine della pubblica amministrazione”. A maggio di quest’anno, il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Marcello Limina, aveva avvertito insegnanti e presidi: meglio “astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che in qualche modo potessero ledere l’immagine dell’amministrazione pubblica e rapportarsi con i loro superiori gerarchici nella gestione delle relazioni con la stampa”. Insomma: niente interviste tranchant su giornali e in tv. Ed era scoppiato il finimondo, con l’opposizione che ha chiesto di rimuovere Limina e la maggioranza che lo ha difeso. Criticare pubblicamente la riforma Gelmini è da considerarsi “lesivo dell’immagine della pubblica amministrazione” o semplice manifestazione “della libertà di pensiero”? “A deciderlo - spiega Gianni Carlini, coordinatore dei dirigenti scolastici della Flc Cgil - è chi irroga la sanzione: cioè, il direttore dell’Ufficio scolastico regionale”. Da quando è stato sottoscritto il Codice di comportamento “i presidi sono più prudenti”, ammette Carlini. E da allora non mancano richieste di chiarimento, da parte del ministero dell’Istruzione o da parte del servizio ispettivo del ministero della Funzione pubblica, ai capi d’istituto per i motivi più disparati. In un caso il preside è stato chiamato in causa da un genitore per non avere pubblicato retribuzione e curriculum sul sito della scuola. Per poi chiarire che la pubblicazione dei documenti in questione deve essere effettuata sul sito del ministero dell’Istruzione e non sul sito della scuola. In un’altra circostanza, il dirigente scolastico al quale era stata richiesta un’intervista ha comunicato il tutto al proprio superiore. E per tutta risposta il direttore dell’Ufficio scolastico regionale gli ha rammentato i vincoli cui è sottoposto il capo d’istituto: non denigrare la pubblica amministrazione. La firma del contratto di lavoro dei dirigenti scolastici per il quadriennio 2006/2009, che al suo interno contiene le norme di comportamento e le relative sanzioni, è avvenuta lo scorso mese di luglio, ma non era ancora stato pubblicato. Probabilmente, non tutti i capi d’istituto sono a conoscenza del fatto che una semplice intervista ad un giornale o ad una tv può metterli nei guai. L’articolo 16, comma 7, del contratto dei capi d’istituto stabilisce infatti “la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi” nei casi previsti dall’articolo 55-sexies, comma 1, del decreto legislativo 165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Il quale rinvia al Codice di comportamento dei dipendenti pubblici che all’articolo 11 recita: “salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell’ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa”. Il manuale di comportamento dei presidi regola tantissime fattispecie di irregolarità e comportamenti dubbi. E per la prima volta nella scuola introduce le sanzioni pecuniarie. “Da un minimo di 150 ad un massimo di 350 euro per i dirigenti scolastici che dovessero prodursi in “alterchi negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi” o che non rendessero “conoscibile il proprio nominativo mediante l’uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro”. Il Codice di comportamento stabilisce anche le sanzioni per ruberie, collusioni con insegnanti assenteisti e apertura di procedimenti penali a carico dei dirigenti scolastici. E a far capire che da quest’anno non si tollerano più comportamenti scorretti e ambigui interviene un recente decreto del ministro Gelmini, che allarga il raggio d’azione degli ispettori ministeriali: consente loro di controllare le scuole anche senza incarico da parte del direttore regionale. A sorpresa. (Salvo Intravaia su www.repubblica.it, sabato 23 ottobre 2010). Non vediamo l’ora che la Gelmini, il Brunetta o qualche sgherro vengano a dirci che la Libertà di Espressione per Noi è sospesa. Scoprirebbero che esistono ancora schiene dritte, nella Scuola degli Italiani che credono di aver piegato e distrutto.
Carfagna, Caldoro, Cesaro, Cosentino, Landolfi, De Gregorio e Russo: oh, che bel trenino!
(su) alcuni Pidiellìni campani: Il presidente della regione Stefano Caldoro, l’uomo che doveva far dimenticare Bassolino, ha ereditato la Protezione civile. Il presidente della provincia Luigi Cesaro, detto alternativamente Gigino o Purpetta, che in continua lotta con la lingua italiana porta le mozzarelle di bufala a Paolo Bonaiuti, è ben noto ai giudici della Direzione distrettuale antimafia di Napoli: il pentito Gaetano Vassallo, quello che gestiva il business dei rifiuti per conto dei casalesi, ha raccontato che il signor presidente era considerato una specie di postino dei clan. Condannato in primo grado a cinque anni, fu poi assolto nonostante un rapporto dei carabinieri lo descrivesse come “solito associarsi a pregiudicati di spicco della malavita organizzata”. “Sono qui perché questo è il giorno del riscatto,” esultò il ministro Mara Carfagna quando, il 17 gennaio 2009, si celebrò la candidatura dell’uomo che da presidente della provincia avrebbe dovuto risolvere definitivamente il problema dei rifiuti partenopei, attorniata sul palco a spellarsi le mani dal noto Nicola Cosentino e da Mario Landolfi, Sergio De Gregorio, Paolo Russo e Stefano Caldoro, come raccontano nel libro La Peste Tommaso Sodano e Nello Trocchia.
(Alberto Statera su La Repubblica di venerdì 22 ottobre 2010).
Silvio Berlusconi: Le intercettazioni telefoniche sono intollerabili. Io in questo momento vivo con grande difficoltà l’impossibilità di non poter usare liberamente il telefono. In tanti mi chiedono e mi dicono: “Questo è meglio se ti vengo a trovare e te lo dico di persona”. Così gli appuntamenti si moltiplicano e magari ci guadagneranno l’Alitalia e le Ferrovie dello Stato che devono portare avanti e indietro un sacco di gente. Intendiamo intervenire e interverremo. (La Repubblica, giovedì 21 ottobre 2010). Meno male che qualche volta l’ignoranza dell’Italiano ristabilisce la verità senza che il Cavalier parlante se ne accorga: vivo l’impossibilità di non poter usare il telefono...
(su) Roberto Calderoli: Roberto Calderoli deve dimettersi da ministro per la Semplificazione perché, cancellando una norma, ha di fatto salvato 36 leghisti della Guardia padana rinviati a giudizio a Verona per aver dato vita a una formazione paramilitare illegale. Lo chiede l’Italia dei Valori, che vuole raccogliere le firme per presentare una mozione di sfiducia contro il ministro: Calderoli, affermano, avrebbe “avuto un comportamento politicamente truffaldino ingannando anche il ministro della Difesa, per il quale l’abrogazione del reato di associazione militare per fini politici era un errore materiale da correggere nella Gazzetta ufficiale”. (La Repubblica, giovedì 21 ottobre 2010).
E se diventasse reato chiamare pecorelle gli Esseri umani e gregge l’Umanità? Be’, per il signore al centro sarebbe un guaio...
(su) la premiata ditta Bertone - Ratzinger: Anche L’Osservatore romano prende posizione sulla proposta di introdurre in Italia il reato penale di negazionismo: “Negare la Shoah è un fatto gravissimo e vergognoso,” si legge sul foglio che ha l’imprimatur della Santa Sede, “ma punire per legge chi sostiene questa tesi, e quindi di fatto stabilire ciò che è storicamente vero attraverso una norma giuridica, non è la strada giusta”. (La Repubblica, martedì 19 ottobre 2010). Paura, eh? Paura che un domani sia punibile chiunque racconti balle alla gente, eh? Paura, magari, che un bel giorno diventi circonvenzione d’incapace convincere un credulone che un essere mitologico esista davvero?
Bonanni e Fioroni fingono di partecipare alla grande manifestazione per la Scuola del 30 ottobre 2008. Il Bonanni, in quel momento, aveva già la penna in mano per firmare, solo qualche ora dopo, l’accordo con il governo Berlusconi sui contratti pubblici... (La Repubblica, venerdì 31 ottobre 2008). Dopo di che, cena al ristorante Loreto, nel giorno dell’accordo separato per gli statali e della manifestazione per la scuola, con il ministro Giulio Tremonti e il segretario della Uil, Luigi Angeletti.
(ancora su) la Manifestazione della Fiom del 16 ottobre 2010 e il trio Ignazio La Russa - Roberto Maroni - Giuseppe “Beppe” Fioroni: Intanto oggi 35 parlamentari ex popolari del Pd guidati da Beppe Fioroni saranno in via Po alla Cisl per “un gesto di solidarietà” nei confronti del sindacato guidato da Raffaele Bonanni, le cui sedi nelle ultime settimane sono diventate bersaglio di lanci di uova e scritte offensive. E filtra la notizia che da qualche giorno militari in mimetica armati di mitra sono stati schierati in presidi permanenti davanti alle sedi nazionali di Cgil, Cisl e Uil. (La Repubblica, martedì 19 ottobre 2010).
Il Berlusconi è così tenace, che se gli si dà un quarto di secolo di tempo riesce a farsi comprendere anche dalle teste più dure: bravo!
Emma Marcegaglia: Qui è in ballo la libertà stessa. Rischiamo che si comprometta la libera formazione delle convinzioni di ciascuno, del meccanismo essenziale alla base della democrazia. Se non possiamo più discutere, non possiamo più dissentire in modo democratico, questo rischia di essere un passaggio molto problematico per il nostro Paese. (La Repubblica, domenica 17 ottobre 2010). Non tutte le intelligenze sono allo stesso livello. La Marcegaglia, come il Fini, a capire queste ovvietà ci ha messo venticinque anni di più di chi le intuiva già nelle prime trasmissioni di Canale 5. Meglio tardi che mai.
Pierferdinando Casini, uddiccìno, e Francesco Boccia, piddìno chierichetto e padronale, sulla manifestazione di ieri della Fiom: Con il cuore democratico rispetto quella piazza non violenta. Ma con la testa dico chiaramente che chi è in quella piazza è fuori da un disegno riformista alternativo a Berlusconi. Il Pidì non ha ancora risposto a questa contraddizione e deve farlo presto (Pierferdinando). Sono nauseato dalle finzioni, il corteo è pieno di intellettuali milionari, ex deputati con vitalizio e politici che, dopo la passerella davanti alle tv, tornano a casa in auto blu (Francesco). (La Repubblica, domenica 17 ottobre 2010). Indovina indovinello, chi dei due è più fascistello? (Quanto agli intellettuali milionari di cui il corteo era pieno, clicca qui e ne vedrai a bizzeffe).
Clicca qui per leggere tutto l’articolo su Umberto Galimberti! (Luca Mastrantonio su Il Riformista di domenica 17 ottobre 2010)
Francesco Casoli, il pidiellìno che dice ai giudici di fare attenzione...
Francesco Casoli (pidiellìno, vicecapogruppo al Senato): Ai giudici che amano stare sotto i riflettori, contrariamente a quanto auspicato dal Capo dello Stato, chiediamo di fare molta attenzione. Il clima politico è molto pesante, e se disgraziatamente dovesse accadere qualcosa, le toghe non saranno esentate dal non avere la coscienza macchiata. (La Repubblica, sabato 16 ottobre 2010). Sarà un refuso? O davvero ’sto tizio conosce così poco l’Italiano che non si è accorto di aver detto che i giudici, se disgraziatamente dovesse accadere qualcosa, avranno la coscienza tranquilla?
Fioroni, Letta e Boccia: una nuova corrente? AreaBocciati?
Giuseppe “Beppe” Fioroni, Enrico Letta e Francesco Boccia, piddìni chierichetti e filopadronali (sulla manifestazione di oggi della Fiom): Bisogna fare attenzione a mischiarsi con i centri sociali che mettono sul loro sito le foto delle aggressioni alla Cisl (“Beppe”). Alcuni vanno, ma il Pidì non aderisce (Enrico). Quando vedo politici che sgambettano dietro un corteo sindacale mi viene un’infinita tristezza. Opportunismo che dura mezza giornata (Francesco). (La Repubblica, sabato 16 ottobre 2010).
Un giorno, se tutto va bene, individui come il Bossi o il Maroni saranno pupazzoni di cartapesta che non faranno più paura neanche a un bambino. Oggi, però, questo può accadere solo a una manifestazione come quella della Fiom del 16 ottobre 2010.
Roberto Maroni: Io non voglio incidenti e lo dico anche nell’interesse della Fiom. Ci sono già stati degli episodi che non possono essere giustificati. Io comunque faccio riferimento al vostro articolo: l’allarme è del Copasir e dei servizi. Sappiamo che la Fiom ha invitato alcuni centri sociali. Se arrivasse anche quello che ha occupato la sede di Confindustria a Padova, cosa dovremmo pensare? Che il rischio c’è, e noi lo vogliamo evitare. Il problema non è la Fiom. Ma quelli che vogliono utilizzare il corteo per infiltrarsi tra le 50-60.000 persone che parteciperanno alla manifestazione, per andare in giro a spaccare qualche vetrina o qualche testa. Dire che cerco di condizionare la manifestazione di domani è una sciocchezza. Sono sempre i soliti, come quel De Magistris, a dire queste cose in giro. Ma io mi sono stancato di chi mi accusa di essere un nazista. Io voglio solo che tutto si svolga pacificamente. Se, come qualche giornale ha fatto, vengo accusato di violare la Costituzione, di essere un colluso con la mafia, di essere un nazista, allora qualcuno può pensare che io sia da eliminare. È il clima del Paese che può provocare incidenti. (La Repubblica, venerdì 15 ottobre 2010). Raffaele Bonanni: Se il ministro Maroni parla di tensioni e di possibili pericoli, è perché sa quel che dice. (La Repubblica, sabato 16 ottobre 2010). Il ministro degli indovini e il sindacalista dei padroni non ne azzeccheranno una: i manifestanti saranno almeno cinque volte di più, nessun negoziante abbasserà le saracinesche, nessun incidente avverrà, nessun servizio d’ordine sarà necessario e nemmeno le Forze dell’ordine lo prenderanno sul serio, facendosi vedere poco o niente. Quanto a essere o meno un nazista, be’, su questo il Maroni ha ragione: non è da tutti essere un Cossiga, e glielo diceva anche il Cossiga. Fare il fascistello, invece, è più facile. Clicca qui per le immagini della straordinaria manifestazione del 16 ottobre 2010!
(su) Angelino Alfano: l’Espresso segnala che Alfano ha spedito ai capi degli uffici giudiziari una direttiva per dare al personale del ministero una password con cui accedere e conoscere i dati dei processi. Registri degli indagati compresi. Un passo che la pd Donatella Ferranti definisce “una violazione del segreto d’indagine e una grave ingerenza del potere esecutivo in quello giudiziario”. (La Repubblica, venerdì 15 ottobre 2010).
Raffaele Bonanni, aggredito da una squadraccia fascista, strabuzza gli occhi per il terrore.
(su) Raffaele Bonanni: Raffaele Bonanni questa volta parla di un’azione di “squadracce fasciste”. Un’altra sede della Cisl, quella di Terni, è stata colpita ieri da un lancio di uova e sui muri è stata tracciata una scritta: “Cisl - Uil servi”. Trattamento quasi simile alla sede ternana della Uil: è stato lasciato un pacco con delle uova accompagnato da un volantino: “Fate schifo, tiratevele da soli”. Ieri il segretario generale Bonanni ha definito “fascisti” gli aggressori. “Il colore di cui vogliono tingersi,” ha aggiunto, “in effetti è il rosso che porta al nero, e alla simbologia dell’iniziativa tutta fascista e ai criteri di violenza delle squadracce”. (La Repubblica, mercoledì 13 ottobre 2010).
Dio li fa e poi li accoppia.
(su) la premiata ditta Bertone - Ratzinger: Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha scritto una lettera a Benedetto XVI per proporre “una collaborazione fra religioni divine” per fermare “il secolarismo e la crescente tendenza dell’uomo a concentrarsi solo sulla vita materiale”. Il leader islamico ha chiesto ai fedeli delle “religioni divine” di guidare la battaglia per “instaurare la giustizia, sradicare l’oppressione e sconfiggere le pratiche discriminatorie”. Il presidente iraniano ha anche ringraziato il papa per aver condannato il reverendo Jones, che voleva bruciare il Corano, e ha offerto al pontefice la disponibilità dell’Iran a creare un “cambiamento nell’attuale ordine mondiale”. (La Repubblica, domenica 10 ottobre 2010).
Giulio Tremonti (non contro i banchieri, come vorrebbe far credere, ma contro Barack Obama a pochi giorni dalle elezioni di mid term... prendi nota, Barack!): Sono tornati i bankers. La speculazione è a piede libero... È un’impressione condivisa... Occupano gli hotel più costosi, fanno feste e ricevimenti a base di champagne... Nelle operazioni sui derivati, nei superbonus ai manager: come prima della crisi. Peggio di prima... Non quelli italiani, ma i supermanager delle banche d’affari internazionali... L’anno passato, a Istanbul, erano low profile, ora non più... Si è confuso tra ciclo economico e crisi, e nel gestire la crisi, scambiandola per un ciclo, si è fatta la scelta di salvare la speculazione che stava dentro le banche. Così non era avvenuto nel 1929, quando i soldi pubblici erano stati utilizzati per salvare le imprese. Questa volta si è deciso di salvare anche la speculazione... I debiti pubblici sono saliti anche perché è stata fatta la scelta di salvare le banche nel loro insieme. Per fortuna questo non è accaduto in Italia... Per una volta, sul palcoscenico internazionale, il Paese non fa notizia, è nella norma. (La Repubblica, domenica 10 ottobre 2010).
(su) Luciano Violante: Luciano Violante, ex capogruppo Dièsse a Montecitorio nel 2001 e attualmente esponente Pidì, insegnerà alla scuola di partito del Pidièlle. Con lui anche il capogruppo Pidièlle in Senato Maurizio Gasparri. (La Repubblica, domenica 10 ottobre 2010).
Al centro, una disperata richiesta d’aiuto ne L’invasione degli ultracorpi, di Don Siegel (1956), con Kevin McCarthy e Dana Wynter.
(su) Silvio Berlusconi e Guido Bertolaso: Ieri mi ha telefonato l’impiegata di una società di recupero crediti per conto di Sky. Mi dice che risulto morosa dal mese di settembre del 2009. Le dico che dal 4 aprile dello scorso anno ho lasciato la mia casa e non vi ho più fatto ritorno. Causa terremoto. Il decoder Sky giace schiacciato sotto il peso di una parete crollata. Ammutolisce. Quindi si scusa e mi dice che farà presente quanto le ho detto a chi di dovere. Poi, premurosa, mi dice di amare la mia città, ha avuto la fortuna di visitarla un paio di anni fa. Ne è rimasta affascinata. Ricorda in particolare una scalinata in selci che scendeva dal Duomo verso la basilica di Collemaggio. E mi sale il groppo alla gola. Le dico che abitavo proprio lì. Lei ammutolisce di nuovo. Poi mi invita a raccontarle cosa è la mia città oggi. E io lo faccio. Le racconto del centro militarizzato. Le racconto che non posso andare a casa mia quando voglio. Le racconto che, però, i ladri ci vanno indisturbati. Le racconto dei palazzi lasciati lì a morire. Le racconto dei soldi che non ci sono, per ricostruire. E che non ci sono neanche per aiutare noi a sopravvivere. Le racconto che, dal primo luglio, dobbiamo tornare a pagare le tasse e i contributi, anche se non lavoriamo. Le racconto che pagheremo l’Ici e i mutui sulle case distrutte. E ripartiranno regolarmente i pagamenti dei prestiti. Anche per chi non ha più nulla. Che non solo torneremo a pagare le tasse, ma restituiremo sùbito tutte quelle non pagate dal 6 aprile. Che lo Stato non versa ai 27.000 cittadini senza casa neanche quel piccolo contributo di 200 euro mensili che dovrebbe aiutarli a pagare un affitto. Che i prezzi degli affitti sono triplicati. Che io pago, in un paesino di cinquecento anime, quanto pagava Bertolaso per un appartamento in via Giulia, a Roma. La sento respirare pesantemente. Le parlo dei nuovi quartieri costruiti a prezzi di residenze di lusso. Le racconto la vita delle persone che abitano lì. Come in alveari senz’anima. Senza neanche un giornalaio. O un bar. Le racconto degli anziani che sono stati sradicati dalla loro terra. Lontani chilometri e chilometri. Le racconto dei professionisti che sono andati via. Delle iscrizioni alle scuole superiori in netto calo. Le racconto di una città che muore. E lei mi risponde, con la voce che le trema: “Non è possibile che non si sappia niente di tutto questo. Non potete restare così. Chiamate i giornalisti televisivi. Dovete dirglielo. Chiamate la stampa. Devono scriverlo”. (Lettera del signor Elio Noera a L’Unità di sabato 9 ottobre 2010).
Certe mani, una volta che le hai strette, non puoi lasciarle più...
(su) Walter Veltroni: Al forum sull’immigrazione i veltroniani presentano un testo che sugli extracomunitari dà una risposta decisamente “securitaria”. “Politica migratoria selettiva” scrivono i firmatari, che ottengono anche le firme di componenti della maggioranza (il varesino Daniele Marantelli). Immigrati scelti in base a un punteggio, come si fa in Australia, Canada, Gran Bretagan e Danimarca (per decisione di governi di destra o, in Gran Bretagna, del finto “sinistro” Blair, n.d.r.). Entrano solo quelli che raggiungono una certa graduatoria sulla base delle conoscenza della lingua e del titolo di studio. Un filtro che fa passare solo alcuni. (La Repubblica, sabato 9 ottobre 2010).
(su) Mariastella Gelmini: Il Movimento per la Difesa della Scuola Pubblica denuncia che la riforma Gelmini va contro le leggi sulla sicurezza: basterebbe appendere alle porte delle aule dei cartelli indicanti capienza e numero massimo di alunni, in base a un numero massimo di 26 persone per aula e di circa due metri quadri di spazio a testa, per spronare gli stessi studenti o genitori a segnalare i casi di sovraffollamento, chiedendo lo sdoppiamento delle classi.
(L’Unità, sabato 9 ottobre 2010).
Affinità elettive: il Berlusconi con la Marcegaglia e la Guidi.
Emma Marcegaglia: Dopo il racconto che Arpisella mi fece ho sicuramente percepito l’avvertimento di Porro come un rischio reale e concreto per la mia persona e per la mia immagine. Tanto reale e concreto che mi misi personalmente in contatto con Confalonieri... Il Giornale (e dunque evidentemente il suo emissario) erano piccati sia per le mie dichiarazioni contro l’operato del governo sia, soprattutto, per il fatto che io stessa e Confindustria ci siamo sempre filati poco Il Giornale... Il Giornale e il suo giornalista hanno dunque tentato di convincermi a cambiare il mio atteggiamento nei confronti del Giornale stesso, concedendo interviste che, per la verità, io sul Giornale almeno recentemente non avevo fatto... Quanto mi fu riferito da Arpisella a proposito della conversazione con il Porro mi allarmò non poco. Mi misi immediatamente in contatto con Confalonieri, addirittura intorno alle 14:30 - 15 dello stesso 16 settembre. Rappresentai la mia preoccupazione e il mio allarme dicendo che era per me assurdo un simile comportamento da parte del Giornale. Confalonieri mi rassicurò, disse che avrebbe chiamato immediatamente Feltri e che sarebbe intervenuto e mi avrebbe richiamato. Cosa che infatti fece dopo pochi minuti. Nella seconda telefonata mi disse di aver parlato con Feltri e che era tutto a posto, nel senso che Il Giornale avrebbe desistito. Nel corso della stessa telefonata, Confalonieri ribadì anche lui la necessità e l’opportunità che io facessi un’intervista al Giornale... Non so a quale dossieraggio Porro facesse riferimento e cosa riguardasse: presumo che potesse riferirsi a taluni problemi giudiziari che mio fratello ha avuto nel 2004, questioni risoltesi positivamente nel 2006. Non so se Porro si riferisse anche ad altro... Non mi era mai capitata una cosa simile. Non mi era mai capitato che un quotidiano, ovvero qualsivoglia giornale, tentasse di coartare la mia volontà con queste modalità per ottenere un’intervista ovvero in conseguenza di dichiarazioni da me rilasciate. Lo stesso quotidiano Il Giornale non si era mai comportato in tal modo... È una cosa molto antipatica e sgradevole. Quella è una telefonata che nessuna vorrebbe mai ricevere. Ma ora è tutto pubblico, tutto è noto. E le cose sono andate esattamente come è scritto nei verbali. Ora ciascuno è in grado di giudicare. Questi sono i metodi. (La Repubblica, venerdì 8 ottobre 2010). Ho parlato con Tizio, mi sono raccomandata a Caio... Chiamare i carabinieri no, eh? Se le conversazioni non fossero state intercettate, niente sarebbe mai trapelato. Un bell’esempio, dalla presidente della Confindustria, per le migliaia di imprenditori che nelle zone di mafia, di ’ndrangheta e di camorra sono vittime ogni giorno di telefonate che nessuno vorrebbe ricevere...
La copertina di Left del 15 ottobre: non solo al Bonanni, anche al Marchionne una “dieta” a base di uova potrebbe far bene...
(su) Raffaele Bonanni: Uova, vernice e fumogeni contro la Cisl: serie di blitz, colpita anche la sede. Sacconi: “Sono bestie”. Categorico l’appello di Bonanni: “Dico alla Fiom: fermatevi, perché provocate atti di squadrismo che vanno isolati”. Emma Marcegaglia: “La Fiom deve intervenire. Se fosse successa una cosa di questo tipo da parte di un associato alla Confindustria, probabilmente si sarebbe presa una serie di iniziative chiare e nette che avrebbero detto che un’associazione importante non può avere al proprio interno persone che fanno queste cose”. Maurizio Sacconi: “Sono delle bestie, mi vergogno di questi comportamenti. Vile e abietto terrorismo. Questi avvenimenti non possono più essere considerati episodi isolati. Sarà cura del governo garantire lo svolgimento tranquillo della manifestazione indetta da Cisl e Uil per sabato”. (La Repubblica, giovedì 7 ottobre 2010). Se basta tirare un uovo per essere una bestia, chi mette in mezzo a una strada decine di migliaia di precari della Scuola cosa sarà? Un coliforme fecale?
Piazzale Loreto
(su) Silvio Berlusconi: Berlusconi è uno di quelli capaci davvero di tutto, lui rischia di finire a piazzale Loreto... Quando si abolisce la democrazia e tutte le istituzioni italiane sono fuorilegge... Noi, da non violenti, staremo attenti perché questo non accada. (Marco Pannella, La Repubblica, mercoledì 6 ottobre 2010).
Uno scongiuro? Un esorcismo? Un tic nervoso? Ci piacerebbe saperlo: il privato non può essere politico solo per il Berlusconi.
Nicola “Nichi” Vendola: Non si possono mettere in pista leader di vent’anni fa. Ci vuole un’alternativa realistica al berlusconismo, non amministratori di condominio. Fassino, D’Alema, Bersani... anime morte. (Da un’intervista a Chi). Si dovrebbe mettere tutto in discussione. Senza avere paura di proporre un modello radicalmente alternativo nell’istruzione, nelle relazioni di lavoro, nello sviluppo industriale, che non esiste... Mi manca un figlio. Non nascondo che scapperei sùbito ad adottare un piccolo abbandonato in Kosovo. Io e il mio compagno canadese siamo una coppia tranquilla, morigerata, ci piace ricevere gli amici a cena. (Dal blog Nouvelles Bruxelles). (La Repubblica, mercoledì 6 ottobre 2010). Quale modello radicalmente alternativo nell’istruzione? Quale modello radicalmente alternativo delle relazioni di lavoro? Quale modello radicalmente alternativo nello sviluppo industriale? Non lo dice. Dice, però, che non esiste. Evidentemente ci sta ancora pensando...
Achille Occhetto: Non sono pentito della svolta, al contrario, ma tutto avvenne troppo in fretta. Nell’89 io pensavo a un cambiamento epocale, a una grande svolta libertaria della sinistra. Non mi accorsi che il gruppo dirigente la considerava soltanto il male minore, un astuto stratagemma per mettersi al riparo e anzi garantirsi l’ingresso nei salotti buoni... Il lutto per la fine del comunismo venne elaborato con cinismo, come un via libera alla pratica del peggior compromesso... Nelle elezioni del ’94 la responsabilità della sconfitta fu in gran parte dei centristi. L’ex Dc di Martinazzoli non accettò di far parte di una coalizione di centrosinistra. Come avrebbe dovuto fare due anni più tardi. Rimasero aggrappati alle macerie del Muro di Berlino, come del resto tutti in Italia continuano a fare, a destra e a sinistra. (La Repubblica, mercoledì 6 ottobre 2010).
(su) la ditta Bertone-Ratzinger: La fondazione Nobel ha premiato il medico inglese Robert Edwards, padre della fecondazione assistita. Ma se il riconoscimento ha fatto felici i genitori dei 4 milioni di bambini concepiti con questa tecnica dal 1978 a oggi, ha scatenato in Vaticano una valanga di dichiarazioni veementi e sfavorevoli. “A causa del nuovo Nobel migliaia di embrioni finiranno per essere abbandonati e morire,” attacca il presidente della Pontificia accademia per la vita Ignacio Carrasco de Paula. Il medico inglese viene incolpato del “mercato di milioni di ovociti”, della presenza di “congelatori pieni di embrioni”, dello stato di “enorme confusione in cui è finita la procreazione assistita, con bambini nati da nonne o da madri surrogate”. La fecondazione in vitro “supera ogni limite etico” secondo Jacques Suaudeau, che della Pontificia accademia per la vita è membro. “Un figlio non può essere un prodotto,” dichiara l’associazione Scienza e vita. Ed Eugenia Roccella, sottosegretario alla Salute, non esita a definire Edwards un medico “dai comportamenti eticamente ambigui” e “con molti risvolti negativi”. La risposta di Edwards? Sempre la stessa, accompagnata da un sorriso disarmante: “Nulla è più speciale che avere un figlio. È la cosa più importante della vita”. (La Repubblica, martedì 5 ottobre 2010).
(su) Paolo Romani: Il colpo grosso ― nome dell’indimenticabile sexy-varietà di Umberto Smaila che ha inventato a fine anni ’80 ― questa volta l’ha fatto lui. Dopo anni di gavetta nel sottobosco ministeriale, passati a sbrogliare le matasse più intricate per Silvio Berlusconi, Paolo Romani è passato all’incasso. L’ex editore di Telelivorno, Telelombardia (all’epoca di Salvatore Ligresti) e Lombardia 7 ― abbandonata pochi giorni prima del fallimento ― è approdato al delicatissimo dicastero dello Sviluppo economico... E così nelle prossime settimane l’inventore delle proto-veline di Colpo grosso e dei Vizi privati di Maurizia Paradiso potrà aggiungere qualche medaglia al suo palmares continuando dalla sedia di ministro la guerra di posizione contro Sky e quella di logoramento contro la Rai. (La Repubblica, martedì 5 ottobre 2010). Però ottenne l’approvazione di un altro Paolo, il piddìno-chierichetto Gentiloni, quando nel 2009, da sottosegretario alle Comunicazioni, attaccò furiosamente Anno zero e Michele Santoro.
Silvio Berlusconi: La sovranità è stata trasferita dal popolo ai pm, che ci tengono sotto scopa. Dentro la magistratura c’è chi vuole eliminarmi dalla vita politica. Un macigno sulla democrazia, forze che usano la giustizia a fini di lotta politica, per eliminare un protagonista che a loro non va bene, forze che hanno fatto patti con chi sta in politica garantendo loro protezione e per far passare una legge che a loro non va bene. Come quello che si è inventato tutto per evitare la prescrizione ed è lo stesso che disse a Gabriele Cagliari che lo avrebbe liberato il giorno dopo e poi è andato in vacanza, mentre Cagliari si è suicidato. Quelli della P3 sono quattro vecchietti che vengono tenuti dentro finché parlino di Berlusconi. La domanda di rito dei pm è sempre la stessa: non sai dirmi qualcosa su Berlusconi? Se la risposta è sì, la tua posizione cambia da così a cosà. Se una legge non piace ai pm, ricorrono alla Corte costituzionale, formata, lo sanno tutti, da undici giudici di sinistra che sotto la pressione dei pm di sinistra abrogano le leggi. È un nostro dovere chiedere l’istituzione di una commissione parlamentare che indaghi sui poteri dei pm e su tanti fatti accaduti... Un presidente chiamò Bossi e gli disse di staccarsi da me, altrimenti sarebbe finito nel baratro anche lui... Dubitiamo dell’esistenza nel nostro Paese di una vera e compiuta democrazia... La sinistra sa solo dire: mandiamo a casa Berlusconi. Ma è un problema perché, avendone venti, non saprei dove andare... Vado avanti, non intendo fare nessun passo indietro. (La Repubblica, lunedì 4 ottobre 2010).
(su) Antonio “Toni” Negri: Dopo trent’anni parla il sostituto procuratore di Padova che nel 1979 legò il proprio nome all’operazione “7 aprile”. A più di trent’anni dall’operazione giudiziaria a cui ha legato il suo nome (il “7 aprile”, inteso del 1979, quando fece arrestare Toni Negri con altri capi e gregari di Autonomia operaia, accusati di associazione sovversiva, banda armata e complicità con le Brigate rosse) il pubblico ministero Pietro Calogero difende ancora il suo “teorema”, come venne definito. Mentre per lui fu solo un’indagine dagli alterni esiti processuali che riuscì a fermare l’ulteriore espansione di progetti eversivi, come rivendica ancora oggi. Aggiungendo un particolare: se il professor Negri non avesse goduto di qualche protezione o occhio di riguardo all’interno dei servizi segreti e degli organismi di polizia, la storia avrebbe potuto essere diversa. Pietro Calogero, all’epoca sostituto procuratore a Padova e oggi procuratore generale di Venezia, lo confida in un’intervista pubblicata insieme ad altri contributi in Terrore rosso. Dall’Autonomia al partito armato, (Laterza, pp. 229, 16). A interpellare il magistrato è Silvia Giralucci, figlia del militante missino Graziano Giralucci, ucciso a Padova insieme a Giuseppe Mazzola nel giugno 1974, prime due vittime delle Brigate rosse. Gli chiede dei contatti con i servizi di sicurezza, e Calogero racconta di quando un colonnello del Sismi si presentò a casa sua un paio di mesi dopo l’arresto di Negri e compagni. Gli mostrò dei fogli: le informazioni raccolte dagli infiltrati negli ambienti di Autonomia operaia, comprese quelle sugli incontri tra il professore e Renato Curcio, fondatore delle Br. Gli appunti riservati riferivano “della collaborazione per il comune progetto di insurrezione armata”, ricorda oggi Calogero. Il quale domandò all’ufficiale come mai non fossero stati trasmessi. Risposta: “Abbiamo sempre riferito agli organi di polizia giudiziaria”. Ma il pubblico ministero che indagava su Negri non ne sapeva nulla, come i suoi colleghi che in passato avevano già inquisito e prosciolto il professore. “La mancata comunicazione delle notizie contenute in quelle carte non era stata solo una leggerezza, ma qualcosa di più grave: una copertura”, dice oggi Calogero. Quando il magistrato si interessò per acquisire i documenti del Sismi, il colonnello gli confidò che non li avrebbe trovati nemmeno con una perquisizione nell’archivio del Servizio: quelli che gli aveva mostrato erano “una raccolta informale che non le posso lasciare neppure in fotocopia, perché rischierei di essere scoperto”. In sostanza, ricostruisce oggi Calogero, la Divisione antiterrorismo del servizio segreto militare aveva tenuto nascoste informazioni sui contatti eversivi di Negri che avrebbero potuto far fare un salto di qualità alle sue indagini (e a quelle che c’erano state in precedenza) sul teorico dell’Autonomia operaia. E continuava ufficialmente a negarle. Calogero ricorda altri episodi di indagini arenatesi dopo aver sfiorato altri ambienti ritenuti vicini ad apparati di intelligence, come la scuola di lingue Hypérion di Parigi, dove s’erano radunati alcuni esponenti della sinistra extraparlamentare italiana vicini ai futuri brigatisti. Sostiene il magistrato che “ragionevolmente” la Cia utilizzò quella struttura per “esercitare un controllo non formale su personaggi e itinerari del terrorismo di sinistra in Italia”. Quando suo padre fu ucciso dalle Br, Silvia Giralucci era una bambina di 3 anni. Oggi cerca ancora eventuali verità nascoste dietro la sua storia di vittima. Vuole sapere da Calogero quale ruolo hanno avuto i servizi segreti nelle trame eversive, e l’intervistato risponde che il terrorismo italiano ha avuto cause e ragioni genuine. Ma poi aggiunge: “Le indagini hanno messo in evidenza interventi di apparati pubblici che hanno cercato, con comportamenti ora ostruzionistici, ora omissivi, ora di aperto favoreggiamento e copertura, di orientare la lotta armata sia di destra che di sinistra in direzione di assetti politici diversi da quelli a cui miravano i terroristi. Precisamente in direzione non del sovvertimento, ma dello spostamento dell’asse della politica italiana dall’area di sinistra verso quella di centro o di centrodestra”. (Giovanni Bianconi su Il Corriere della Sera di domenica 3 ottobre 2010).
(su) Maurizio Belpietro: Sarò in prefettura a Milano anche per fare il punto, perché sono preoccupato per un clima che genera episodi come questo, che non è il primo purtroppo e, temo, non sarà nemmeno l’ultimo. Certe accuse che si leggono spesso anche sui siti Internet, poi possono dare a qualche mente malata lo spunto ad agire. Abbiamo intensificato la sorveglianza: non solo per Belpietro, comunque, ma anche per altri soggetti che riteniamo a rischio (Roberto Maroni). Sono sorpreso dell’affidamento delle indagini sull’agguato a Maurizio Belpietro ad Armando Spataro. Non c’era proprio nessun altro alla procura di Milano? Non vorrei che ora si dicesse che è stato Belpietro a molestare l’aggressore (Maurizio Gasparri). (La Repubblica, domenica 3 ottobre 2010).
(su) Maurizio Belpietro: Si fa sentire la Fnsi, il sindacato dei giornalisti, con il suo segretario Franco Siddi: “Intollerabile e molto grave la minaccia a mano armata a Belpietro, non accetteremo mai l’idea che sia possibile imporre il silenzio alle voci che non si condividono attraverso la pratica dell’intimidazione incivile e violenta”. E il comitato di redazione di Libero parla di “frutto maturo di una ideologia di violenza e odio che mette nel mirino chiunque provi a distaccarsi da un’idea dominante e precostituita di verità e giustizia”. Infine Vittorio Feltri, direttore de Il Giornale: “A 68 anni non ho paura, meglio morire per una schioppettata che in ospedale pieno di flebo; ma mi metto nei panni di Belpietro, che ha 52 anni, due figlie piccole e una moglie che non lavora: di questo mi preoccuperei, come cittadino e come amico”. (La Repubblica, sabato 2 ottobre 2010).
Silvio Berlusconi: Tu sei un giudice?... Perché sui giudici voglio dirvi una cosa: qui c’è un processo, il processo Mills, che è tutta una barzelletta. Il pm di Milano, De Pasquale, che è quello che ha attaccato Craxi, fatto morire Cagliari, si è inventato una storia... quindi c’è un accordo, tra i giudici di sinistra, che vuole sovvertire il risultato elettorale e, attraverso questo accordo, questa interpretazione assurda della giustizia, vogliono eliminare colui che è stato eletto... un macigno sul sistema democratico... una commissione parlamentare che faccia nomi e cognomi e dica se, come credo io, c’è un’associazione a delinquere nella magistratura... Carine, vero, queste barzellette? Io colleziono una storiella al giorno. E anche una ragazza al giorno... Arriva Rosa e l’invitato alla danza risponde Roso. Compare Rosy Bindi, che dice Orchidea, e il ragazzo a cui è toccata risponde Orcod... Un ebreo racconta a un suo familiare: ai tempi dei campi di sterminio un nostro connazionale chiese alla nostra famiglia di nasconderlo e noi lo accogliemmo. Lo mettemmo in cantina, però gli facemmo pagare una diaria. Il parente chiede: “E quanto era in moneta attuale?” L’altro: tremila euro. “Al mese?” No. Al giorno. Tu pensi che glielo dobbiamo dire che Hitler è morto e la guerra è finita? Carina, eh? (La Repubblica, sabato 2 ottobre 2010). In serata ci sono stati contatti con autorevoli esponenti della Chiesa. E ci hanno detto chiaramente che le battute, seppur non encomiabili, non cambiano la sostanza delle cose: per la Chiesa contano i fatti. (Maurizio Gasparri, La Repubblica, domenica 3 ottobre 2010).
Nicola “Nichi” Vendola
(su) Nicola “Nichi” Vendola: Con questi chiari di luna le elezioni sono solo rimandate, come confida Roberto Maroni a Nichi Vendola, in una conversazione captata dalle telecamere de La7. (La Repubblica, giovedì 30 settembre 2010). Ognuno si sceglie i confidenti che preferisce. E il gradimento è reciproco.
Sorrisino innamorato? Sorrisetto servile? Una cosa è certa: il Veltroni sarà contento di averlo portato in Parlamento. E col Veltroni, naturalmente, i fan del Veltroni. (Da La Repubblica del 30 settembre). A destra, per un raffronto, l’omaggio al Berlusconi dell’Angelino Alfano. Molto più sicuro di sé. (Da L’Unità del 30 settembre).
Massimo Calearo: Se qualcuno vuole picchiarmi, ne approfitti adesso. (La Repubblica, giovedì 30 settembre 2010). E lascia il Pidì al Senato anche Achille Serra (un altro che fu voluto da Veltroni), ma a differenza di Calearo resta all’opposizione con l’Uddiccì.
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