Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
Gli Anticolani veri
di Luigi Scialanca
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Sono passati dieci anni. Era appena cominciato l’anno scolastico 2006-2007 quando a Scuola, durante un’ora “di buco”, un signore che non conoscevo, un tipo grande e grosso ma con la faccia da buono, chiese di me. Era Gianni Proietti Micozzi ma, anche quando si presentò, il suo nome non mi disse niente. Non era uno dei “nostri” genitori delle Medie: Veronica era ancora in quinta, Francesco ancora all’asilo... Non capivo, insomma, cosa volesse da me. Ma lo capii poco dopo, e la mia gioia e la mia riconoscenza furono immense.
Gianni mi spiegò, per prima cosa, che aveva visto il mio sito, ScuolAnticoli, e lo aveva trovato molto interessante e ben fatto. Mi era già simpatico, a prima vista, ma appena pronunciò quelle parole lo avrei baciato in fronte. ScuolAnticoli aveva cominciato a crescere da qualche mese soltanto (era nato nel 2003 come saggio conclusivo del corso di informatica tenuto gratuitamente da mia sorella Paola alla Classe 2000-2003, ma per tre anni era rimasto immobile) e io, che in cuor mio dovevo aver già intuìto quanto sarebbe stato importante nella mia vita, ero addirittura assetato di riconoscimenti che mi spingessero ad andare avanti. Quelle parole di Gianni, dunque, furono e restano fondamentali, nella mia memoria: gliene fui profondamente grato, continuai a esserlo anche quando, dopo il 2011, ci fu tra noi qualche divergenza di natura politica, e gliene sarò finché campo. Non dimenticherò mai quel momento. Anche perché... Gianni non si limitò ai complimenti: aveva un dono per me, per ScuolAnticoli, e quando me lo diede rimasi letteralmente a bocca aperta, come un bambino davanti ai regali di Natale.
Disse che qualche anno prima, lui e alcuni suoi amici dell’Associazione il Borgo avevano realizzato una Mostra fotografica per la quale avevano raccolto centinaia di immagini antiche e recenti delle donne, dei bambini e degli uomini di Anticoli Corrado nel corso del tempo. Disse che quelle immagini erano in suo possesso, e che lui, Gianni, aveva deciso di donarmele perché le pubblicassi su ScuolAnticoli. Poiché, aggiunse, aveva capito quanto amavo Anticoli Corrado e mi giudicava il più degno di ricevere un simile dono.
Immaginate la mia gioia! Non credevo alle mie orecchie! Anticoli, sì, io certamente l’amavo, ma... potevo solo parlarne e scriverne, avevo appena iniziato a fotografare io stesso il paese, non avevo nessuna immagine, assolutamente nessuna, per esprimere il mio amore estendendolo nel tempo ai decenni passati, a prima del mio arrivo, a prima della mia nascita! Ed ecco apparire Gianni, e regalarmi questa immensa possibilità!
Chissà, altrimenti, se sarei riuscito a fare di ScuolAnticoli quel ch’è oggi... Forse sarebbe miseramente fallito nel giro di poco tempo. Ma Gianni lo rese in un attimo talmente bello e ricco, come con un colpo di bacchetta magica, che abbandonare l’impresa mi divenne per sempre impossibile, anche di fronte alle enormi difficoltà e persino all’odio che più volte dovetti affrontare negli anni successivi.
Mai, né allora né dopo, Gianni mi chiese qualcosa in cambio. E sia chiaro: sua figlia, l’anno successivo, approdò alla Scuola media, ma lui sapeva benissimo che non sarebbe stata mia alunna. Né poteva certo prevedere, allora, che lo sarebbe stato Francesco nel 2012 (il che, tra l’altro, fu un caso dovuto all’introduzione delle pluriclassi).
Non solo: Gianni non mi permise neppure di citarlo come collaboratore (o, per meglio dire, benefattore) di ScuolAnticoli. Mi impose di non fare il suo nome poiché, mi disse, c’era chi non avrebbe gradito che egli mi avesse incoraggiato in un’opera che, come alcuni avevano già compreso, dato il mio carattere sarebbe potuta diventare una “spina nel fianco” di quanti, ad Anticoli, non mirano che al potere.
Io, però, ribattei che volevo lo stesso ringraziarlo pubblicamente con uno scritto a lui dedicato, altrimenti gli avrei restituito le foto. E Gianni allora mi autorizzò, ma a condizione di apparirvi sotto falso nome. E così feci: lo ribattezzai Corrado (sì, proprio come Anticoli e, ancor prima, il signore di Antiochia) e premisi alle pagine di Anticoli che non sparisce l’articolo in suo onore, Gli Anticolani veri, che oggi ripubblico qui (potrete leggerlo tra poche righe) per celebrare la sua memoria ora che, infinitamente purtroppo, Gianni non c’è più.
Sì, è vero: come accennavo poc’anzi, ci sono stati giorni, dopo il 2011, in cui il nostro rapporto si incrinò per motivi politici. Ma, per quanto grave, fu appunto un’incrinatura, non una rottura. Tant’è vero che nei nostri occhi, ogni volta che ci incontravamo, insieme alla reciproca collera c’era sempre anche un barlume di reciproco riconoscimento e di rimpianto.
Grazie, Gianni! Ti devo molto, te lo devo da tanto tempo e, anche se non posso più pagare il mio debito, posso almeno dichiararlo. A tutti. Compresi quelli, essi sì nemici, che sarebbero capaci di rimproverarti ancora oggi, per il tuo dono inestimabile.
Ed ecco, finalmente a tuo nome, la dedica che ti scrissi allora:
Gli Anticolani veri
C’è chi scrive di Alessandro Magno o di Napoleone. Chi racconta la storia gloriosa della Repubblica di Venezia, o la grande epopea del Risorgimento italiano, o la Seconda Guerra Mondiale. Chi si occupa delle vicende delle persone comuni, e dedica anni di laboriose ricerche alla ricostruzione, per esempio, di come si viveva a Roma all’epoca di Giulio Cesare o a Firenze al tempo dei Medici...
Ma chi ci racconta le vite dei nostri genitori, dei nostri nonni, dei nostri bisnonni? Chi ci rivela l’aspetto delle case, delle vie e delle piazze al tempo in cui i nostri avi erano uomini e donne, come noi lo siamo oggi, e i nostri nonni erano bambini e ragazzi come lo sono i nostri figli? Chi ci fa vedere i volti dei nostri cari che non abbiamo potuto incontrare? Chi ci aiuta e insegna ad amare coloro che senza saperlo hanno amato noi e i nostri figli ancora prima che venissero al mondo quelli che al mondo ci hanno messo?
Qualche settimana fa, ad Anticoli Corrado, è venuto a trovarmi un signore che non conoscevo e mi ha parlato di un gruppo di persone che per passione fanno proprio questo: vanno in cerca del nostro passato perduto, dei nostri cari sconosciuti, delle case che non abbiamo più ― e nelle quali non possiamo più entrare nemmeno in sogno ― e ci restituiscono tutto ciò per il puro piacere che ne traggono, per la gioia di farlo.
Non lo fanno per noi. Non sono missionari, né della memoria né d’altro. Lo fanno perché li fa stare bene. Quanta gente c’è, ad Anticoli e fuori, i cui piaceri e divertimenti privati sono al contempo pubblici doni?
Beati loro, ho pensato! Non solo saranno molto amati, ma per esserlo devono solo divertirsi!...
E invece ad Anticoli c’è chi non li ama. Al punto che questo signore mi ha chiesto di tacere, per ora, il suo nome. Come si fa coi bambini sui giornali, per proteggerli da ulteriori moleste attenzioni da parte di certi adulti. Ragion per cui ho deciso di parlarne chiamandolo Corrado: per dire che Anticoli, almeno per me, è sua, allo stesso modo in cui l’America porta il nome di Amerigo o lo stretto di Magellano il cognome di Ferdinando: poiché è stato lui, Corrado, che mi ha svelato e restituito l’Anticoli che avevo perduto.
Ma com’è possibile ― mi sono chiesto ― che ad Anticoli ci sia chi non ama gli uomini e le donne che riempiono i vuoti dei nostri cuori e delle nostre menti restituendoci quel che è sparito o è stato fatto sparire?
Proverò a rispondere a questa domanda, e facendolo vi parlerò di Corrado e di quelli come lui. Ma prima vorrei “parare” un’obiezione che ad alcuni forse piacerebbe rivolgermi: si può sapere di cosa t’impicci ― e cos’hai da dire “nostra” e “mia” parlando di Anticoli ― tu che non sei di qui e non hai in questi luoghi né genitori né figli? Tu che non sei, non puoi essere e non sarai mai un Anticolano vero?
Be’, vedete: sì dà il caso che gli esseri umani ― contrariamente a quello che alcuni ci vorrebbero far credere ― non sono animali territoriali allo stesso modo in cui lo sono gli animali non umani…
Si dà il caso, cioè, che i “territori” che noi umani conquistiamo e ampliamo non siano di pianure e di monti, di fiumi e di vallate. E neanche d’asfalto e di cemento, o di terra cavata fuori dalla terra.
Poiché i nostri veri territori ― per i quali ci distinguiamo da tutte le altre bestiole ― si estendono nei cuori e nelle menti. Non si vedono, non si toccano. Non si misurano, non si comprano, non si vendono. Sono fatti della stessa materia dei sogni, dei desideri, delle poesie, delle invenzioni.
Pensate agli imperi dei conquistatori: gli Alessandri, i Cesari, i Napoleoni. Cosa ne è? Spariti per sempre.
Pensate, invece, agli “imperi” dei grandi pensatori, degli inventori e degli artisti: sono ancora qui. Siamo ancora loro sudditi.
Ci commuoviamo ancora, dopo cinquecento anni, per l’infelice amore di Romeo e Giulietta, come volle Shakespeare; e dopo ottant’anni ci curiamo ancora con gli antibiotici, come prescrisse il dottor Fleming nel 1929. Mentre dell’impero di Tiberio, della corona della prima Elisabetta e dei ricconi che si rovinarono e suicidarono a Wall Street in quello stesso 1929 non ce n’importa più un bel niente.
Spariti i confini di migliaia di chilometri e le possenti legioni, in rovina i suoi grandiosi edifici, cosa rimase di Roma? Le leggi che i suoi legislatori concepirono, l’arte e la cultura greca che i suoi artisti e filosofi trasmisero, la civiltà che le sue armi propagarono. Cose, cioè, che nascono e vivono nelle menti. Mentre le pietre, se ancora oggi le conserviamo con ogni cura, è solo perché ci aiutino a immaginare e capire cosa pensavano e amavano, gli uomini che con esse costruirono le proprie città.
Sono imperi immensi, quelli di Omero e di Dante, di Galileo e di Einstein, di Michelangelo e di Van Gogh, di Mozart e di Beethoven. Imperi che sfidano i millenni, e che non tutti sono capaci di creare. Ma accanto e dentro di essi ci sono anche i piccoli appezzamenti che ogni essere umano degno di questo nome dissoda e coltiva a poco a poco: il campicello d’amore che riesce a far suo nel cuore di una donna, la vigna di saggezza che riesce a lasciare nella mente di un figlio, il frutteto di bei ricordi che ha tirato sù nella memoria degli amici... Ed è per questi territori non materiali, piccoli o sconfinati che siano, che ci distinguiamo dalle creature che marchiano gli alberi e le pietre con l’urina e li difendono con i denti e gli artigli.
Quindi non vi stupite, vi prego, perché chiamo mia la vostra Anticoli: insegno qui, parlo con i vostri bambini, scrivo cose che voi leggete. E dunque possiedo anch’io la mia parte dell’Anticoli umana che gli animali non umani non vedono e non conoscono. L’Anticoli che non si può marchiare con l’urina, né difendere con le zanne o con le armi, nè vendere o comprare, quella è anche mia. E chi me la toglierà? Finché vi sarà un Anticolano che discenda dai vostri figli, piccole parti di questo invisibile demanio continueranno ad appartenere a me.
Ma Anticoli ― è ovvio ― non è solo mia. È di chiunque vi lasci una traccia degli affetti e dei pensieri suoi, nati e coltivati in lui, o in lei. E quindi è di molti, poiché sono pochi quelli che ad Anticoli, in tutta la vita, niente hanno creato ma hanno solo ripetuto e sfruttato quel che altri avevano fatto: che non hanno dipinto, né hanno scritto poesie, né hanno alzato anche solo una capanna o piantato un’aiuola disegnandola da sé nel pensiero e sperando innanzi tutto che sarebbe stata bella; né hanno mai immaginato una critica, una ribellione al potere e al denaro; né hanno a poco a poco costruito una propria saggezza per donarla agli altri; né hanno amato come solo gli esseri umani possono amare... No, certamente non sono molti, quelli che si son guastati a tal punto, che ad Anticoli non hanno dato niente di ciò che solo gli esseri umani possono dare.
Tanti o pochi che siano, Anticoli appartiene agli altri. Ai vivi e ai morti, a chi vi è nato e a chi vi è giunto da fuori: a tutti quelli che ad Anticoli ― di passaggio o in permanenza ― hanno creato qualcosa, per minuscolo che fosse, per la pura gioia di realizzare la bellezza che avevano in mente e nel cuore. Ma soprattutto appartiene alle persone come colui che ho chiamato Corrado per dire che Anticoli è sua: alle persone, cioè, che non solo creano, ma che lottano contro la sparizione di ciò che è stato creato. Alle persone che ricordano, cercano, ritrovano e ci restituiscono ciò che abbiamo fatto sparire: i volti e gli sguardi che non siamo stati così forti da non dimenticare; le case che qualcuno costruì per averle immaginate e che noi abbiamo abbattuto e sostituito con altre, tutte uguali, che nessuno ha disegnato con amore per noi e per i nostri discendenti; gli alberi che qualcuno ha piantato perché avessimo ombra anche quando lui sarebbe stato nell’ombra per sempre, e che noi abbiamo divelto per denaro o per idiozia... Anticoli appartiene agli uomini e alle donne che ogni giorno la ricostruiscono dentro di sé, dentro di noi e in quelli che verranno dopo di noi: a coloro che rendono immenso il nostro passato ― e quindi il nostro presente ― molto più di quanto siamo stati capaci di fare da soli.
Corrado, nel corso degli anni, insieme ai suoi amici ha cercato e ritrovato un’Anticoli e degli Anticolani che non ci sono più, o che sono così mutati da non ricordare quasi più quelli che furono. E qualche settimana fa mi ha portato queste immagini, raccolte in anni di appassionate e pazienti ricerche, e me ne ha parlato con la calma e la sicurezza di chi sa di star facendo un onore e un grande favore alla persona a cui si rivolge, e con la contentezza di chi sa di trovarsi dinanzi a qualcuno in grado di apprezzare il tesoro che gli viene offerto: “Pubblichiamole su ScuolAnticoli” mi ha detto. “Mi sembra il solo luogo, anche se virtuale, dove oggi, nel nostro paese, è possibile proporre agli Anticolani una ricerca e un lavoro come questi”.
Mi ha dato tre dischetti e se n’è andato, senza chiedermi niente: un comportamento molto umano, poichè gli esseri umani si distinguono dagli altri animali anche per essere gli unici in grado di fare le cose in cambio di niente. E io sono tornato a casa con questo dono ― sapendo bene, com’è naturale, che non era solo per me, ma per tutti gli Anticolani ― ho inserito i cd nel lettore del computer e ho guardato queste immagini. E la mia mente e il mio cuore si sono riempite di uomini e donne e bambini e luoghi e momenti che non sono mai stati nella mia vita, che non sono mai stati i miei cari, i miei luoghi, ma che ora stavano diventando anche miei.
Ho trascorso, guardandole, momenti bellissimi. Non era come se guardassi le foto d’epoca di qualsiasi altro luogo... Erano immagini del luogo in cui da vent’anni lavoro, in cui trascorro la maggior parte del mio tempo. Le persone che vedevo mi emozionavano come se fossero i miei nonni e i bisnonni, i luoghi come se fossero quelli che ho scorrazzato in lungo e in largo quand’ero bambino. Sentivo i miei affetti moltiplicarsi, la mia esperienza e la mia memoria farsi più profonde, e la mia stessa vita farsi più vasta ed estesa: come se anch’io fossi stato in piazza delle Ville quando non era ancora lastricata; e ancora prima, quando Arturo Martini non aveva ancora scolpito la sua bellissima fontana, e Luigi Massimiani, detto Giggi il Moro, aveva gli anni che ho oggi io; e ancora prima, quando Ernst Stückelberg dipingeva il Violinista di Anticoli e la Processione di ragazze anticolane... Mi son sentito, insomma, non solo molto più anticolano di quanto finora son riuscito a essere, ma un anticolano migliore: più intelligente, più profondo, più creativo, più umano. E tutto ciò lo dovevo a Corrado, che un giorno ha avuto la bella pensata di estendere alla mia mente e al mio cuore il suo territorio umano di lavoro e di ricerca creativa, di immagini e di idee.
Il mio sentimento per lui è di grande riconoscenza, che desidero con queste righe testimoniare. E mi domando: quanto sarà grande, a maggior ragione, la riconoscenza per lui degli Anticolani veri? Di quelli che davvero sono nati qui e davvero ritrovano in queste immagini ciò che il tempo cerca di cancellare? Di quelli che ― se non ci fossero Corrado e i suoi amici, che “conquistano” e “occupano” parti delle nostre menti per arricchirle di immagini e di idee ― sarebbero preda di chi non è come loro, di chi dimentica e cancella, distrugge e annulla? Beati loro, io penso con un po’ d’invidia, poiché di certo ad Anticoli tutti li stimano e vogliono loro un gran bene, per il grande valore che essi danno e conservano ai tesori che altrimenti non solo perderemmo, ma non sapremmo mai di aver posseduto.
Tutti, intendo, gli Anticolani veri. Tutti noi.
(2006 - 2016. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com). |
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