Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
Più Niente da Ridere
la Pagina di Chi andò dietro alla Morte e portò l’Italia con sé nel mese di dicembre del 2010
“Libertà, giustizia sociale, amor di patria. Noi siamo decisi a difendere la Resistenza. Lo consideriamo un nostro preciso dovere: per la pace dei morti e per l’avvenire dei vivi, lo compiremo fino in fondo. Costi quel che costi.” (Sandro Pertini, Genova, 28 giugno 1960).
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Massimo D’Alema: Ingeritevi! Se non ora, quando? Joseph Ratzinger: Ingeriscimi! Se non ora, quando?
Massimo D’Alema: Il rapporto tra la Chiesa e il mondo moderno appare incentrato nella relazione tra la fede, la speranza e la ragione. La fede intesa come portatrice di speranza e la ragione come scienza e storia. Una relazione che papa Ratzinger non percepisce come sfida della modernità alle religioni, ma che egli propone come un’alleanza e un’integrazione storicamente necessarie per affrontare le prove della interdipendenza, della globalizzazione, nella misura in cui esse minacciano l’uomo nella sua potenziale infinita libertà. Non è un rapporto scontato, quello tra fede e ragione, ma comporta un’opera di decostruzione e ricostruzione intellettuale, nella quale il pontefice si era impegnato già come studioso e come cardinale. Il testo che, da un punto di vista laico, ancora colpisce di più resta proprio il confronto con Habermas, che delinea una prospettiva che va oltre il dialogo. E va anche oltre quel reciproco riconoscimento di valori che ne è la condizione. Perché il dialogo, alla fine, rischia di ridursi alla mera ricerca di un compromesso, il che è ciò che si rende necessario sul terreno della politica e quando si tratta di regolare le vicende umane attraverso lo strumento della legge. Ma sul piano culturale occorre andare oltre. Il dialogo tra fede e ragione ci appare come un vero e proprio metodo per il ritrovamento di se stessi, come qualcosa che arricchisce da una parte e dall’altra. Da un lato, naturalmente, ciò comporta un riconoscimento più ampio della libertà religiosa, nel senso di quanto possa essere positiva e auspicabile la partecipazione dei credenti e della Chiesa al discorso pubblico. E ciò è ben lungi da ogni concezione della privatizzazione della fede, che è estranea alla civiltà europea e particolarmente estranea alla tradizione del nostro Paese. Dall’altro lato, però, la Chiesa è chiamata a una pubblica e oggettiva traduzione razionale dei suoi valori e a definire i suoi rapporti con la politica. Compito tanto più complesso nella vicenda italiana, dove per molti anni ― e non vi appaia un paradosso, ma è la storia che abbiamo vissuto ― il presidio più sicuro della laicità della politica è stato proprio il partito dei cattolici. Una questione diventata molto più problematica di recente, nel tempo che stiamo vivendo. È bene definire, nell’edificazione della civitas, i rapporti della Chiesa con la politica, cosa più complicata che non stabilirne i confini. Come ha scritto papa Benedetto XVI, se è vero che è compito della politica individuare il giusto ordine della società e dello Stato, tuttavia è anche vero che, sebbene la Chiesa non possa e non debba sostituirsi allo Stato, essa non può neppure restare ai margini della tensione ideale verso la giustizia. Tutto questo configura un rapporto più complesso di una pura e semplice separazione. Comporta una dialettica, una visione condivisa del bene comune, che, naturalmente, mette al centro il tema della giustizia, riconoscendo che essa non è assorbita dalla carità. Non basta essere compassionevoli, come certi conservatori. La fede non può surrogare la ragione e la carità non assorbe la giustizia. Questo è, secondo me, un magistero di grande importanza, appunto perché chiarisce, anche rispetto ai timori dei laici, il tema del rapporto tra Chiesa cattolica e modernità, tra fede e ragione. Credo che questo sia il punto di partenza per quella che è stata definita una concezione inclusiva della laicità. Anche le parole hanno un loro peso. Il problema, infatti, non concerne il rapporto tra laici e cattolici, ma riguarda una laicità che non si oppone alla fede religiosa, ma la comprende in quanto valore costitutivo del bene comune. Semmai, dentro questa visione condivisa del bene comune ― che si nutre anche della forza del messaggio cristiano ― il vero problema è quello del dialogo tra credenti e non credenti, non tra laici e cattolici. Il problema è sia quello del riconoscimento da parte dei non credenti che la fede religiosa è un lievito essenziale per una società più giusta e per una comunità autenticamente umana, sia del riconoscimento da parte dei credenti che non c’è un monopolio dell’etica, ma che ragioni integralmente umane possono fondare un impegno personale, civile, politico, coerente con i principi etici. Dunque una visione inclusiva della laicità. Prima della legge e persino più della legge, l’attenzione deve essere volta alla ricchezza, allo spessore del discorso pubblico. Tutto questo aiuterebbe anche a individuare i limiti della legge. Il rispetto verso la vita, verso la persona e la sua dignità, comporta anche la consapevolezza che non tutto può essere normato dalla legge, che c’è una sfera della libertà, della responsabilità, dove ciò che conta è l’etica condivisa, il tessuto dei valori e delle relazioni che unisce una comunità. Lo dico perché questo potrebbe aiutare a sgombrare il campo da conflitti che nascono dall’equivoco o dall’illusione ― questa, davvero, illuminista ― che la legge formi l’etica. La caduta dei valori in Europa non nasce dalla violenza di un sentimento anticristiano, ma da una indifferenza che convive con il rispetto formale della religione e del suo primato nella società. Il che pone anche alla Chiesa qualche problema un po’ più complicato che non sfidare il laicismo “vecchia maniera” di chi vuole togliere i crocifissi dagli edifici pubblici e di chi non vuole considerare la fede cristiana tra le radici dell’Europa. La quale, invece, ha bisogno della Chiesa. Una Chiesa universale che aiuti a compiere ciò che le ideologie antireligiose del ’900 non hanno saputo realizzare, cioè quella unificazione del genere umano che è condizione perché la globalizzazione economica non porti con sé ingiustizie e conflitti. L’Italia ne ha ancora più bisogno di altri. La crisi del processo europeo lascia il nostro Paese particolarmente smarrito e diviso, fino a mettere in discussione le ragioni stesse della sua unità, con un nord ricco che sente il sud come un peso e un Mezzogiorno che riscopre persino l’epica borbonica della rivolta contro l’occupazione piemontese. Insomma, si rimettono in discussione i capisaldi di una storia nazionale condivisa e accanto a un senso di smarrimento c’è anche un involgarimento del discorso pubblico. Permettetemi di dire esattamente il contrario di quello che ci si potrebbe aspettare da me. Altro che chiedere alla Chiesa e al mondo cattolico di non ingerirsi! Io vorrei invece dire: “Ingeritevi! Se non ora, quando?” Questo Paese ha avuto dal contributo dei cattolici un apporto straordinario alla costruzione della democrazia, all’allargamento delle basi di consenso dello Stato democratico. E sono profondamente convinto che, pur senza ritornare al mito, a mio parere tramontato alla fine della Guerra fredda, dell’unità politica dei cattolici, sia possibile trovare un equilibrio tra pluralismo delle scelte politiche e l’unità dei cattolici sul piano ecclesiale, come componente fondamentale della coesione del Paese. Mai come in questo momento è necessario tornare a lavorare insieme alla ricostruzione di uno spirito civico, di un nesso forte fra politica ed etica, e ― più in generale ― tra lavoro, vita personale ed etica. D’altra parte la crisi mondiale ci ha mostrato quanto l’economia abbia bisogno di essere eticamente istituzionalizzata per non volgersi contro le ragioni dell’uomo. E davvero si può pensare che questo nesso tra etica e politica, tra professione ed etica, tra impresa, economia ed etica, possa essere ricostruito così fortemente senza un discorso pubblico che veda la presenza dei cattolici italiani? Non lo credo, sarebbe un’illusione. La volontà di riaprire questo discorso non è ispirata da motivazioni elettorali. Viceversa, lo è da una vivissima e condivisa preoccupazione per l’avvenire dell’Europa e del nostro Paese, dalla necessità di un sussulto nello spirito civico degli italiani, che dovrebbe tradursi in una comune assunzione di responsabilità. In un momento così difficile ciò sarebbe naturale in un Paese civile dove ci fosse un senso condiviso del bene comune. Intendo, dunque, una comune assunzione di responsabilità. Ecco, anche per questa Italia sentiamo il bisogno di un incontro tra la ragione, le ragioni della politica e l’apporto prezioso della fede religiosa. (Massimo D’Alema, La necessaria virtù dell’ingerenza, estratto dell’intervento al convegno Un’Europa cristiana?, Formiche, anno VII, n° 54, dicembre 2010).
Il titolo dice una cosa. Bersani, invece, ha detto il contrario.
(su) La Repubblica (quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, massimo comun divisore della Sinistra italiana): Quello che si vede qui sopra è il titolo, cioè la disinformazione. La verità, invece, è nel testo dell’articolo (di Piero Ricci) che però, si sa, leggeranno in pochi: Pier Luigi Bersani risponde alle richieste di dialogo del Carroccio con un’apertura molto cauta e molto condizionata: “Calderoli deve convincersi di una cosa. Noi riteniamo di essere i veri federalisti. Abbiamo la nostra proposta e se prende la nostra proposta facciamo l’accordo. Se si tiene fermo sulla sua, no”.
(La Repubblica, venerdì 31 dicembre 2010).
Francesco Boccia e la sua evidente sofferenza.
Francesco Boccia (piddìno chierichetto-padronista, a proposito dell’“accordo” imposto dal Marchionne, dal Bonanni, dall’Angeletti e dal Sacconi ai Lavoratori della Fiat): Altro che padroni, gli imprenditori sono gli eroi moderni! (L’Unità, venerdì 31 dicembre 2010). Sconfitto nel 2009 alle primarie da Nicola “Nichi” Vendola, il Boccia si è da sé cotto a lungo nel proprio brodo per poi riemergerne con roboanti dichiarazioni contro la manifestazione della Fiom del 16 ottobre scorso: Quando vedo politici che sgambettano dietro un corteo sindacale mi viene un’infinita tristezza. Opportunismo che dura mezza giornata. Sono nauseato dalle finzioni, il corteo è pieno di intellettuali milionari, ex deputati con vitalizio e politici che, dopo la passerella davanti alle tv, tornano a casa in auto blu. Rituffatosi nel brodo, ecco che riaffiora ancor più fascistoide riecheggiando, forse senza rendersene conto, il Dell’Utri che chiamò eroe il mafioso Mangano. La prossima volta, pur di superarsi, come se ne uscirà? Inneggiando a Pinochet? Sparando da un balcone su un corteo sindacale? Pur con tutta la comprensione che si deve a un caso umano (riuscire a farsi sconfiggere da un Vendola dev’essere terribile per l’autostima) ci sembra che dovrebbe esserci un limite.
Paolo Pirani, piddìno con precisi collegamenti con il cosiddetto sindacato Uil.
Paolo Pirani (segretario confederale della Uil con tessera del Partito democratico): La Fiom si configura come un movimento politico di antagonismo sociale con precise interlocuzioni nazionali verso le fasce più estreme dei centri sociali e con precisi collegamenti internazionali verso i movimenti del radicalismo ecologista e della cosiddetta resistenza palestinese. (La Repubblica, giovedì 30 dicembre 2010).
(su) Umberto Bossi, Roberto Maroni, Roberto Calderoli e i portatori di moccichini verdi: Denuncia per Radio Padania. L’ha presentata a Perugia Arianna Ciccone, animatrice del gruppo Valigia Blu, che nei mesi scorsi ha tra l’altro promosso la campagna di denuncia delle faziosità del Tg1 diretto da Augusto Minzolini. Ciccone ha deciso di denunciare l’emittente leghìna-nordìna dopo averne ascoltato alcune trasmissioni. In una di esse “degli studenti padovani invitavano le forze dell’ordine a spaccare le ossa ai manifestanti”. In un’altra un individuo della Guardia padana nazionale dichiarava, riferisce Ciccone, che “i Rom hanno l’omicidio nel loro dna”. “Bisogna ribellarsi,” dice l’animatrice di Valigia Blu, “bisogna dire: no, questo non potete farlo. Nella nostra Società, nella nostra Democrazia, non dovete avere alcuna possibilità di infettare di odio razziale i nostri figli. Quali sono le ipotesi di reato? Istigazione alla violenza e odio razziale. Saranno le autorità giudiziarie a decidere”. (La Repubblica, giovedì 30 dicembre 2010).
(su) Roberto Maroni, il berluscìsmo-leghìsmo e i Pastori sardi ai quali a Civitavecchia è stato revocato l’articolo 16 della Costituzione della Repubblica): Adesso dicono che si trattava di una manifestazione non autorizzata, può darsi. Ma la manifestazione non c’è stata. In nome di che queste persone sono state private del loro diritto costituzionale di muoversi liberamente sul territorio nazionale? Mi sfugge l’articolo della Costituzione che ammette le azioni preventive sulla libertà (da una lettera del signor Gian Luca Artizzu a La Repubblica di giovedì 30 dicembre 2010). Ai Pastori, a Civitavecchia, la polizia del Maroni ha impedito di salire sui pullman che essi avevano prenotato e pagato per andare a Roma? Se è così, si è trattato o no di un abuso di potere gravissimo?
(su) Giulio Tremonti e le tirannie private che pullulano in ogni parte d’Italia all’ombra del berluscìsmo-leghìsmo: Nel 2007 mia figlia, priva di redditi propri, ottenne un piccolo lavoro alla Fiera di Milano da un individuo che la ricompensò con circa 300 euro al netto delle ritenute, ma che ne dichiarò, lo abbiamo scoperto ora, 3.000 sul modello 770 della sua società. In questo modo mia figlia non risulta più a nostro carico relativamente ai redditi 2007 e l’Agenzia delle entrate, nonostante le spiegazioni da noi fornite, ci ha inviato multa e integrazione da pagare entro 30 giorni. Perché quell’individuo la farà franca e noi dobbiamo pagare? Mi fa piacere sapere che l’Agenzia si stia prodigando per stanare gli evasori, ma temo che, in quest’enfasi, stia pescando tra le persone sbagliate. (Lettera a La Repubblica di giovedì 30 dicembre 2010).
Berlinguer, Bertinotti, Ferrara e Fassino nel 1980. Notare la faccia torva di Ferrara: pregustava già il giorno in cui finalmente avrebbe rivelato di essere un agente della Cia? Fassino invece no, non sembrerebbe un infiltrato nel Pci dai servizi segreti Usa...
Piero Maria-De-Filippi Fassino (intervistato dopo aver detto, dell’accordo imposto dal Marchionne, dal Bonanni, dall’Angeletti e dal Sacconi ai Lavoratori della Fiat, che se fosse un operaio voterebbe sì): È vero, ai lavoratori sono richieste condizioni onerose. Compensate però dalla sicurezza del lavoro. In America i sindacati della Chrysler hanno sottoscritto un accordo che prevede per i neoassunti la riduzione del salario da 28 a 14 dollari l’ora e 5 anni di non conflittualità. Qui siamo in Italia? Magari. Qui siamo nel mondo globalizzato. In Germania i sindacati di molte aziende stanno ricontrattando le condizioni salariali per tenerne conto. Ecco perché rifiutare l’accordo mi sembra un grave errore. Che, per altro, avrebbe conseguenze solo sui lavoratori. La Fiat invece ne uscirebbe indenne limitandosi a trasferire la produzione negli Usa. Ma c’è un punto nell’intesa che non condivido. Marchionne vuole l’esigibilità del contratto, e ha ragione. Ma l’obiettivo può essere conseguito con un’intesa, interconfederale o aziendale, che stabilisca che gli accordi vengano sottoposti a referendum il cui esito sia vincolante per tutti i lavoratori e tutte le sigle. In questo modo l’azienda sarebbe garantita nel rispetto del contratto, ma nessun sindacato sarebbe negato nella sua funzione di rappresentanza. (La Repubblica, giovedì 30 dicembre 2010). Nel film The ghost writer (in Italia L’uomo nell’ombra) il regista Polanski e soprattutto lo scrittore Robert Harris (dal cui romanzo The ghost il film è tratto) avanzano l’ipotesi che l’ex leader laburista e primo ministro inglese Tony Blair fosse condizionato dai servizi segreti Usa fin dall’inizio della sua carriera politica. Fantapolitica? Può darsi. In Italia però, qualche anno fa, il Ferrara ha rivelato di essere stato un agente della Cia, e questa non è fantapolitica. Ma il Fassino no. Il Fassino vuò’ fa’ l’americano truce (i sindacati, tuona, nell’era della globalizzazione, devono peggiorare le condizioni dei Lavoratori, non migliorarle!) ma si vede subito che è nato in Italy. Basta sentirlo avanzare al Marchionne la sua brava propostina, fiducioso che quello non aspetti altro per mostrarci quale good fellow egli sia in realtà. Sì, il Fassino crede ancora a Babbo Natale. È vero o non è vero che la De Filippi lo fece piangere in diretta scritturando la sua vecchia tata? Ecco: il Fassino, tutt’al più, ha la stoffa per essere l’agente segreto... di Maria De Filippi.
Lo “schema” del “contagio” berluscìsta-leghìsta europeo e mondiale è semplice, in fondo: conditio sine qua non della sua diffusione
non è “solo” il cattolicesimo di vaste masse, ma anche il controllo delle tv. Al fascismo e al nazismo, invece
(come, del resto, alle mafie e alle tirannie private di tutte le epoche) bastò largamente il primo.
(su) Silvio Berlusconi: Da una parte il produttore di contenuti (la tv a pagamento spagnola Canal+), dall’altra Telefonica, principale fornitore di banda larga. In mezzo Mediaset, che tramite la controllata (con il 41,6%) Telecinco (nella quale è suo socio al 17% Prisa, il gruppo che pubblica il quotidiano El Pais) diventa il primo operatore televisivo di Madrid. Dopo un anno di operazioni Mediaset ha acquisito il 100% di Cuatro e il 22% di Canal+, insieme a Telefonica che ha un altro 22%. Attraverso la sua controllata, Mediaset ha infatti rilevato il 100% di Sogecuatro (titolare del canale in chiaro Cuatro) e il 22% di Digital+, la tv satellitare a pagamento. Il passaggio di mano di Cuatro e di Digital+ provocherà la chiusura di Cnn+, canale all news sul quale Prisa aveva un’opzione che non ha esercitato. La frequenza passerà a Telecinco, che con ogni probabilità, scrive la stampa spagnola, la userà per trasmettere in diretta, 24 ore su 24, Gran Hermano, il Grande Fratello iberico. (La Repubblica, mercoledì 29 dicembre 2010). Lo “schema” del “contagio” berluscìsta-leghìsta europeo e mondiale è semplice, in fondo: conditio sine qua non della sua diffusione non è “solo” il cattolicesimo di vaste masse, ma anche il controllo delle tv. Al fascismo e al nazismo, invece (come, del resto, alle mafie e alle tirannie private di tutte le epoche) bastò largamente il primo.
(su) Silvio Berlusconi: Chi comanda i piccoli schermi trascina masse stupefatte. (Franco Cordero su La Repubblica di mercoledì 29 dicembre 2010). Grande Cordero: tutto l’articolo da cui ho tratto questa “perla” è, come sempre, interessantissimo e scritto straordinariamente bene. Dimentica solo che nessuno potrebbe comandare attraverso i “piccoli schermi” masse che non fossero già stupefatte dalla religione.
(su) Giulio Tremonti e tutto il berluscìsmo (1): L’anno che sta arrivando vedrà il più grosso licenziamento di massa della storia della pubblica Amministrazione nel nostro Paese. Dopo la mattanza della Scuola, dal 1° gennaio ed entro il 2011 arriverà la ghigliottina per circa 80.000 precari del settore pubblico, escluso il settore della conoscenza (Scuola, Università), la maggior parte dei quali mandano avanti da anni (se non decenni) settori fondamentali come sanità, welfare e formazione. La manovra approvata in estate, infatti (decreto 78 poi convertito nella legge 122/10), oltre a bloccare i rinnovi contrattuali e a congelare per tre anni le retribuzioni di tutti i Lavoratori pubblici, all’articolo 28 intima a ogni amministrazione “di avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nel 2009”. Provvedimento esteso a tutte le altre tipologie di lavoro flessibile. Se 99.715 sono i Lavoratori a tempo determinato, 3.181 i Lavoratori con contratti di formazione e lavoro, 11.347 i Lavoratori interinali, 22.181 i Lavoratori socialmente utili e 43.777 i Lavoratori co.co.co., il totale è presto fatto: al 31 dicembre 2008 i Precari della Pubblica amministrazione, escluso il settore della conoscenza, ammontavano a 180.201. Quasi il 60% di questi appartengono ai settori della sanità e delle autonomie locali, con una prevalenza di Lavoratori co.co.co. nelle regioni ed autonomie locali (quasi il 70%) e un picco di Lavoratori a tempo determinato (il 37%) nel Servizio sanitario nazionale. Fra questi vi sono anche 8.000 medici di età media stimata fra i 35 e i 45 anni, il 60% dei quali donne. “Analizzando questi dati e applicando la manovra finanziaria,” spiega Guido Santucci, della Funzione pubblica della Cgil, “stimiamo in 75-80.000 i Precari che saranno licenziati nel corso dell’anno. Non si tratta del 50% del totale, ma ci si va molto vicini. Stiamo parlando di persone che in molti casi, ad esempio nella Croce Rossa, lavorano da più di 10 anni e difficilmente potranno ricollocarsi nel mondo del lavoro. In più la manovra prevede che solo il 20% di chi è andato in pensione nel 2009 possa essere rimpiazzato, e questo comunque non vale nelle regioni con piani di rientro finanziario, come il Lazio. Inoltre la manovra prevede il blocco fino al 2015 delle stabilizzazioni dei precari”. “Non è come le altre volte, come le sparate di Brunetta,” spiega Fabrizio Fratini, segretario nazionale della Fp Cgil. “Con la manovra di Tremonti le persone vanno a casa sul serio e non torneranno più. E interi settori indispensabili per lo Stato e gli enti locali non potranno andare avanti e quindi sarà necessario esternalizzarli”. (L’Unità, mercoledì 29 dicembre 2010).
(su) Giulio Tremonti e tutto il berluscìsmo (2): Con la recente manovra economica del governo, che prevede il blocco dei contratti fino al 2012 e lo stop agli aumenti per il 2013, le retribuzioni dei Lavoratori del pubblico impiego perderanno mediamente, in quattro anni, circa 1.600 euro di potere d’acquisto. È una stima elaborata dalla Cgil, che teme anche un deflusso, tra blocco del turn over e riduzione degli organici, di almeno 240.000 Lavoratori nei prossimi anni. (La Repubblica, mercoledì 29 dicembre 2010).
Sergio Marchionne (all’ex sindacalista Ignacio Lula Da Silva, fino al 31 dicembre presidente del Brasile): La cosa che mi fa più piacere è vedere e sentire che qui la Fiat è considerata un’azienda di casa. E vi assicuro che non c’è posto al mondo in cui anche noi ci sentiamo a casa come in Brasile. Mi dispiace che invece alla Fiom non si rendano conto dell’importanza del nostro progetto per Mirafiori. (La Repubblica, mercoledì 29 dicembre 2010).
Non bastava il Berlusconi ferroviere, operaio e quant’altro: adesso è operaio anche il Fassino.
Piero Maria-De-Filippi Fassino (sull’accordo imposto dal Marchionne, dal Bonanni, dall’Angeletti e dal Sacconi ai Lavoratori della Fiat): Se fossi un operaio voterei sì all’accordo. (La Repubblica, mercoledì 29 dicembre 2010). La cosa si spiega ricordando che il Fassino non è solo quello che andò a piangere da Maria De Filippi per accrescerne l’audience, ma è anche quello che plaudì (senza piangere) all’iniziativa di Letizia Moratti di dedicare una via di Milano a Bettino Craxi. Gli risponde, come il Fassino merita, il responsabile auto della Fiom Giorgio Airaudo: Questo esercizio del dire come si voterebbe se si fosse operai è quanto meno poco rispettoso nei confronti di chi operaio lo è sul serio. Propongo a questi politici di offrirsi per una settimana di lavoro volontario alle catene di montaggio.
Ci son Sacconi e sacconi: non sono mica la stessa cosa.
Maurizio Sacconi: I giovani sono particolarmente esposti alla disoccupazione soprattutto perché pagano il conto di cattivi maestri e qualche volta di cattivi genitori che li hanno condotti a competenze non richieste dal mercato del lavoro. (L’Unità, martedì 28 dicembre 2010). I giovani i cui maestri avessero insegnato loro a farsi raccomandare da qualche politico di destra o di finta “sinistra”, e i cui genitori avessero avuto la viltà di avvicinare tali politici, sarebbero stati invece assai richiesti sul mercato del lavoro. I giovani i cui maestri e genitori li avessero condotti a diventare assassini neonazisti sarebbero stati assai richiesti da certe aziende romane. E le giovani i cui maestri e genitori le avessero condotte a diventare escort sarebbero state assai richieste in certi palazzi berluscìsti.
Ci son Sacconi e sacconi: non sono mica la stessa cosa.
Maurizio Sacconi (ministro del Lavoro, a proposito dell’accordo imposto dal Marchionne, dal Bonanni e dall’Angeletti agli Operai della Fiat): Non è assolutamente vero che l’accordo metta in discussione i diritti dei lavoratori. Nessun diritto viene intaccato. I diritti restano regolati dalle leggi e dalla Costituzione. Il diritto di sciopero non può che restare intatto. L’ipotesi si riferisce a sanzioni che liberamente i firmatari hanno accettato nel caso di una loro proclamazione di sciopero incoerente con lo stesso accordo. (La Repubblica, martedì 28 dicembre 2010). Dunque, se il Sacconi (tanto per fare un esempio) trovandosi un giorno in condizioni di debolezza (sempre per fare un esempio) liberamente firmasse una rinuncia al proprio diritto alla vita, tale rinuncia (sempre per fare un esempio) potrebbe essere fatta valere contro di lui senza violare né la Costituzione né le leggi?
Anche l’Ichino, come il Calearo, è nel Pidì per volontà del Veltroni. Ma lui non se ne va.
Pietro Ichino (inventore del termine fannulloni per designare i Lavoratori statali): Ha ragione Marchionne a chiedere di togliere potere di veto alle minoranze. Altrimenti la Fiom rischia di trasformarsi in un maxi-Cobas. (La Repubblica, martedì 28 dicembre 2010). Una minoranza che al tempo stesso è maxi? Una maxi-minoranza? O un cervello che alla ventunesima parola già ha perso i contatti con quel che ha detto alla dodicesima?
Renato Schifani, massimo esempio mondiale di mobilità sociale.
(su) Renato Schifani (ieri, secondo Massimo Ciancimino, autista dell’oggi senatore La Loggia; oggi, grazie a Silvio Berlusconi, presidente del senatore La Loggia e del Senato tutto): Anche quest’anno, per il terzo anno consecutivo, il presidente del Senato ha fatto visita nel giorno di Natale ai bambini ricoverati all’ospedale del Bambin Gesù a Roma. (...) Il presidente ha fatto dono all’ospedale, come già negli anni scorsi, del ricavato del concerto di Natale organizzato dal Parlamento italiano alla presenza del presidente della Repubblica. (...) Il Bambin Gesù è un ospedale privato, di proprietà del Vaticano, che gode già di una serie notevole di privilegi fiscali ed economici legati alla extraterritorialità (i suoi dipendenti, ad esempio, assunti senza pubblico concorso, non pagano le tasse allo Stato italiano), oltre a fruire di donazioni private, di vari enti e singoli cittadini, che lo rendono, forse, l’ospedale più ricco. (...) Avrei ritenuto più opportuno che il contributo fosse destinato a uno dei tanti reparti pediatrici degli ospedali italiani, che, a differenza degli ospedali privati, così tanto soffrono per le disastrose condizioni finanziarie della Sanità. (...) Senza considerare il fatto che, sulla effettiva utilizzazione dei fondi, una volta concessi, lo Stato italiano non ha più alcuna possibilità di verifica. (Lettera a La Repubblica di Andrea Ferretti, ordinario di Ortopedia alla Sapienza e direttore di Ortopedia all’ospedale Sant’Andrea di Roma, martedì 28 dicembre 2010). Ci sono tanti modi, purtroppo, per sfruttare i Bambini: lo Schifani, almeno, per quel che ne sappiamo, non mette loro le mani addosso. Crimine che non tutti i dipendenti in tonaca di Joseph Ratzinger sparsi per il mondo evitano di commettere).
Gli amichetti dell’Alemanno festeggiano la sua elezione a sindaco di Roma
(dimenticandosi, però, di ringraziare il Veltroni e il Rutelli che gliel’hanno regalata).
(su) Gianni Alemanno: Gli uomini del sindaco. Stefano Andrini, ex naziskin e amico di Gennaro Mokbel, condannato, tra l’altro, per tentato omicidio, era amministratore delegato di Ama Servizi; Gianluca Ponzio, ex di Terza posizione, più volte arrestato negli anni ’80 per rapina e possesso d’armi, è capo delle relazioni industriali dell’Atac; Francesco Bianco, uno dei neoassunti all’Atac, fu processato per rapine e omicidi con i Fioravanti e scarcerato per decorrenza dei termini; Riccardo Mancini, vicino ad Avanguardia nazionale e condannato per violazione della legge sulle armi, oggi è al vertice dell’Eur s.p.a.; Loris Facchinetti, capo di Europa e civiltà e coinvolto nella strage di piazza Fontana, è il delegato del Comune di Roma per la Scienza. (La Repubblica, martedì 28 dicembre 2010).
Arturo Parisi, Barbi, Santagata, La Forgia, Recchia, Soliani e Papini (piddìni prodiani: sembra uno scioglilingua, invece è un’orribile realtà quotidiana non solo per loro, ma per chiunque non abbia nome che nel nome di un altro): Con una dura lettera al Corriere parlano di un Pidì “che ha smarrito il bandolo della matassa, che manca di rispetto a tutte le regole formali di un partito. Prendiamo atto, anche noi avremo mani libere e concorreremo alla vita del Pidì decidendo caso per caso”. (La Repubblica, martedì 28 dicembre 2010). E questi sarebbero i cattolici adulti.
Eugenio Scalfari, il massimo comun divisore della Sinistra italiana.
Eugenio Scalfari: Se a gennaio Berlusconi e Bossi, non riuscendo a rafforzare la maggioranza, decideranno per la crisi, e se Napolitano dovesse accettare lo scioglimento delle Camere, si verificherebbe l’ipotesi peggiore per il Pidì, che si troverebbe alle prese con il Terzo polo sulla sua destra e con Vendola e Di Pietro sulla sua sinistra. Andare alle elezioni da solo significherà per il Pidì esporsi dunque a perder voti sull’uno e sull’altro versante. Puntare su un’alleanza con Casini significherà un salasso a sinistra; puntare sull’alleanza con Vendola significherà affrontare le primarie di coalizione, che vedranno molteplici candidati ai nastri di partenza. Non è immaginario pensare che oltre a Bersani e Vendola ci saranno anche Veltroni, probabilmente Bindi e D’Alema, per non parlare di Di Pietro. Una situazione che rischia di polverizzare l’intera sinistra. Questo è il panorama che occorre evitare a tutti i costi, sperando nella saggezza e nell’umiltà dei vari interlocutori e in un accordo di tutte le opposizioni. Se debbo dire la mia, questa dell’accordo generale mi sembra un’ipotesi cosiddetta di terzo grado, teoricamente la sola valida, praticamente impossibile da realizzare. Come si vede, quei tre voti del 14 dicembre rischiano di avere come risultato la scomparsa della sinistra italiana e di consegnare il Paese per altri dieci anni al berlusconismo populista, autoritario e leghista. Con la speculazione che spennerà il nostro debito sovrano a suo piacimento. Chi volesse trovare un solo colpevole non riuscirebbe, lo sono tutti, nessuno escluso. (La Repubblica, lunedì 27 dicembre 2010). Colpevoli sono tutti?! No, Eugenio, colpevoli siete tutti, e tu, Eugenio, insieme ai vari Mauro e Giannini e compagnia cantante, se non sei il primo poco ci manca. Poiché sei tu che hai sempre cercato di dividerla, la Sinistra, mettendo quelli che piacevano a te (cioè gli alfieri della globalizzazione, delle privatizzazioni e del meno Stato più mercato) contro quelli che a te non piacevano (cioè chi cercava di salvare lo Stato sociale e la Scuola pubblica). Sei tu che hai gonfiato il fenomenuccio mediatico Veltroni contro il secondo governo Prodi credendo, col tuo straordinario acume, che un fantasmino come quello avesse la forza di liberare te e i tuoi amichetti, in un colpo solo, dal Berlusconi e dalla Sinistra radicale. E sei sempre tu che ora stai cercando di gonfiare il fenomenuccio mediatico Vendola contro la segreteria Bersani, la prima da decenni che valga un pochino più di niente. E hai il coraggio di dire che i colpevoli sono tutti, come se fossi stato vent’anni su Marte? Eugenio, sei senza vergogna.
Il Berlusconi e il Gelmini si abbracciano sempre. Ma a nessuno dei due piacciono gli uomini. E il Berlusconi l’ha anche dichiarato.
Silvio Berlusconi (a Pierino Gelmini): Cerco di imitarti. Come tieni botta tu, tengo botta io. Se c’è qualcuno che è oggetto di diffamazione quotidiana sono io, mi hanno accusato di tutto. (La Repubblica, lunedì 27 dicembre 2010). Questo è ciò che si son detti in pubblico. In privato, invece, visto che è Natale, avranno parlato di temi religiosi? E in tal caso, essendo entrambi vecchi come il cucco, è possibile che siano tornati con la memoria fino ai primordi del Cristianesimo? Che il Berlusconi, per esempio, abbia detto: “Maria, quando compì diciott’anni, non mi sembrò più la stessa”? E che il Gelmini abbia risposto: “Sì, ma in compenso che bel Bambinello che ha fatto?” Chissà...
Un’immagine del Bonanni alla manifestazione della Fiom del 16 ottobre 2010.
(su) Raffaele Bonanni: Un tesoretto di 2 milioni di euro da dividere tra i 7.000 dipendenti dell’Ama. È il dicembre 2009 e l’amministratore delegato Franco Panzironi sa che il Natale è vicino. A selezionare i più meritevoli saranno i capisquadra della municipalizzata dei rifiuti compilando una scheda di valutazione dai parametri del tutto arbitrari come carattere equilibrato, buoni rapporti con i colleghi, lealtà, affidabilità. Niente di analitico: niente numeri, ore lavorate, permessi richiesti o assenze per malattie, ma solo un giudizio di merito. Ed è su questo giudizio che si consuma il ricatto perché ― denunciano dall’interno dell’azienda ― condizione essenziale per ottenere la medaglia del “dipendente modello” è prendere la tessera della Cisl. Cosa che riflette la politica condotta dalla municipalizzata dei rifiuti negli ultimi due anni, sia nelle assunzioni, dove il compito di selezionare il personale è stato affidato ad agenzie di lavoro interinale gestite dall’Opus Dei (Elis) o comunque legate al mondo cattolico (Obiettivo Lavoro), sia nella gestione e nella remunerazione del personale, gratificato soprattutto quando vicino alle simpatie politiche dell’amministratore delegato Panzironi, che si è sempre definito “un democristiano doc”. (...) “In quei giorni,” racconta un operatore ecologico, “i passaggi alla Cisl sono stati decine. Si sapeva che era l’unico modo per ottenere il premio”. (La Repubblica, lunedì 27 dicembre 2010).
Massimo Cacciari, geniale teorico dell’autosilenziamento dell’opposizione.
Massimo Cacciari (su Pierluigi Bersani): Il presidente del Consiglio perde terreno da un anno, loro non guadagnano un voto e fanno finta di niente! L’unica cosa che sai fare è un comizio per gridare vergogna, vergogna. Peggio di così... di questo passo ci teniamo Berlusconi. (L’Unità, lunedì 27 dicembre 2010).
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La mail inviataci dall’ufficio stampa della Polverini durante la campagna elettorale.
(La Bonino, almeno, per non raccontarci balle non ci rispose affatto).
(su) Renata Polverini: All’alba della vigilia di Natale la Regione Lazio ha approvato il bilancio, la finanziaria e il maxiemendamento per il collegato 2011. “Quaranta milioni in meno per il diritto allo studio e la cancellazione del reddito minimo” dichiara Esterino Montino, capogruppo del Pidì. (La Repubblica, lunedì 27 dicembre 2010). Se nel Lazio verranno chiuse altre scuole, bisognerà dunque ringraziare gli elettori della Polverini.
L’ultima Fiat della nostra vita (1970). E siamo fieri di non averne più comprate.
(su) Sergio Marchionne (e sull’accordo per il cosiddetto “rilancio di Mirafiori”, da lui imposto, firmato da Fim, Uilm, Ugl e Fismic ma non dalla Fiom): L’accordo va letto con positività e ottimismo (Sergio D’Antoni, Pidì). La firma è un tassello importante per la crescita del sistema industriale italiano (Paolo Romani, inventore di Colpo grosso, attualmente ministro per lo Sviluppo economico). Fermi restando i diritti di libera associazione sindacale, per la prima volta i firmatari e i non firmatari non saranno sullo stesso piano rispetto alla controparte aziendale, perché la firma ha un valore (Maurizio Sacconi). Grande soddisfazione e vivo plauso per l’intesa raggiunta: è un significativo elemento di innovazione per le relazioni industriali, che va a vantaggio dell’intero sistema economico del Paese. Ora lavoreremo tutti insieme per realizzare questo importante accordo (Emma Marcegaglia). Sono contento, e apprezzo la lungimiranza e il senso di responsabilità mostrato da Fiat e dai sindacati che hanno sottoscritto il piano (Roberto Cota). È un’intesa positiva non solo per la fabbrica, ma per l’intera città (Sergio Chiamparino). Finalmente si dà un segnale che si può investire nel nostro Paese, con un progetto di grande profilo industriale. Nessun diritto è stato toccato o tagliato, ma ci sono anzi soldi in più in busta paga. Che tutta la classe dirigente sostenga le ragioni dell’accordo! (Raffaele Bonanni). Si rompe quel sistema di relazioni sindacali fondato sulla pretesa di un diritto di veto e sul rifiuto di assumersi le responsabilità: si fanno patti tra soggetti che intendono rispettarli (Luigi Angeletti). Chi pensava che il caso di Pomigliano fosse un’eccezione e che le violazioni dei diritti che quell’accordo produceva fossero dettate dalla necessità, oggi è servito. Diventa chiaro il tentativo di stravolgere tutto il sistema contrattuale e delle relazioni sindacali. La Fiat, con la sua fabbrica simbolo, si pone come punto di riferimento negativo, con un accordo autolesionista per chi l’ha firmato. Altro che innovazione: qui si torna indietro di decenni, siamo di fronte a una regressione bella e buona. Si cancella un accordo che ha fatto storia come quello del ’93. Gli investimenti sono sempre apprezzabili, ma qui avvengono a scapito dei diritti dei lavoratori. Ci sono due passi indietro, nella direzione sbagliata, e un secco peggioramento rispetto a Pomigliano. Prima di tutto perché a Mirafiori non si applicherà mai più il contratto nazionale, e questa è la fine del contratto. In secondo luogo per la negazione di qualsiasi diritto sindacale a chi non firma il contratto. Con un colpo solo si cancella il contratto e si negano diritti fondamentali sanciti dalle leggi che il contratto richiama. I profili di incostituzionalità è probabile che siano più di uno. Si tratta di un inedito gravissimo nel panorama delle relazioni industriali, perché si punta a cancellare qualsiasi forma di rappresentanza sindacale per chi non condivide le risoluzioni dell’azienda. Gli effetti che questo può produrre sono evidenti a tutti (Sergio Cofferati). L’accordo inasprisce deliberatamente il conflitto tra i maggiori sindacati nazionali: Fiom-Cgil da una parte, tutti gli altri contro. Divide i sindacati in un momento in cui i lavoratori dipendenti, di fronte alle cifre drammatiche della disoccupazione, della cassa integrazione e del lavoro precario, avrebbero il massimo bisogno di sindacati uniti per poter uscire dalla insicurezza sociale ed economica che li attanaglia. In presenza, per di più, di un governo del tutto inerte di fronte ai costi umani della crisi. Ora che si è chiuso stabilendo che solo i sindacati che lo hanno firmato potranno avere nella Fiat i loro rappresentanti, si può dire che nell’insieme l’accordo su Mirafiori lascia intravvedere un paio di certezze, ed altrettante incognite. Una prima certezza è che l’ad Sergio Marchionne pensa evidentemente di importare in Italia non solo le auto, ma anche le relazioni industriali degli Usa. Il motivo è chiaro: legislazione e giurisprudenza statunitensi sulle libertà sindacali sono assai più arretrate che in Europa. Al punto che grandi imprese tedesche e francesi, che coltivano in patria relazioni industriali pienamente rispettose di quelle libertà, nelle sussidiarie Usa le violano con la massima disinvoltura: assumendo crumiri al posto di lavoratori in sciopero, ad esempio, oppure esercitando pressioni inaudite sul singolo lavoratore affinché non segua le indicazioni del sindacato. Il tutto nel rispetto della sottosviluppata legisalzione del luogo. Nel mondo globale non si vede perché, sembra essere il ragionamento della Fiat, le relazioni industriali in Italia non si possano conformare a quel modello. (...) Ma chissà se Marchionne si rende conto che in molte aziende meccaniche, comprese quelle che fabbricano componenti, la Fiom è il sindacato di maggioranza; in non pochi casi è l’unico. All’epoca della produzione giusto in tempo, il parabrezza o la sospensione o il disco dei freni che non arrivano perché il fornitore è fermo per una vertenza sindacale, può danneggiare la produttività di Mirafiori molto più che non i 40 minuti di pausa per turno invece di 30, o la pausa mensa a metà turno invece che alla fine. Le grandi strategie sovente naufragano per aver trascurato i dettagli. (Luciano Gallino, La Repubblica, venerdì 24 dicembre 2010).
Lei è solo una radiazione. Il radiatore è un altro.
Mariastella Gelmini e Maurizio Sacconi: La riforma dell’università è un provvedimento storico che archivia il ’68 e archivia la sinistra che vuole le infrastrutture, il nucleare... ma non è possibile illudere i giovani dicendo che bastano più risorse. In un momento di crisi economica, occorre ottimizzare le risorse. Ho buone notizie sull’approvazione della riforma, ma sono state giornate difficili: ha ragione il presidente Berlusconi quando dice che nei regolamenti parlamentari ha più spazio l’opposizione nel fare ostruzionismo che non una maggioranza democraticamente eletta di votare un provvedimento (Mariastella). (La Repubblica, giovedì 23 dicembre 2010). Credo che oggi sia una bella giornata per il Paese e le università italiane: è stata archiviata la cultura falsamente egualitaria del ’68. Comincia una nuova stagione (Mariastella). La riforma dell’università è forse l’atto più significativo con cui si è posta fine alla più lunga ricreazione nel sistema educativo, iniziata nel 1968. E la fine dell’epoca del debito pubblico irresponsabile (Maurizio). (La Repubblica, venerdì 24 dicembre 2010). Lo spaventoso livore di un individuo come il Sacconi contro il ’68 è consolante: fa capire che in quegli anni il poveretto deve averne passate di cotte e di crude, e questo è bello, anche se solo retrospettivamente. Quanto alla Gelmini, che nel ’68 non c’era, come al solito fa e dice quel che le dicono di fare e di dire.
Avevamo bisogno di Wikileaks per cominciare a diffidare del D’Alema? Ma quando mai. Come se non lo conoscessimo.
(su) Massimo D’Alema: David Thorne, ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, 1° gennaio 2010: “Berlusconi ha identificato senza mezzi termini la magistratura come il grande problema e ha confermato all’ambasciata che è pronto a creare un’alleanza con il centrosinistra per mandare avanti una riforma della giustizia”. Ronald Spogli, ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, 3 luglio 2008: “Sebbene la giustizia italiana sia tradizionalmente orientata a sinistra, l’ex premier ed ex ministro degli Esteri Massimo D’Alema disse l’anno scorso all’ambasciatore che la magistratura è la più grande minaccia allo Stato italiano”. (Wikileaks, La Repubblica, venerdì 24 dicembre 2010).
Riccardo Milana
(su) Riccardo Milana: Dopo settimane di stop and go, ambasce e ripensamenti, il senatore Riccardo Milana, ex margheritino e primo coordinatore dei democratici romani, ha deciso: si è dimesso dal Pidì e si è iscritto all’Api. Un altro pezzo che se ne va, tirandosene dietro altri: il consigliere regionale Mario Mei, il provinciale Massimo Caprari e il capitolino Salvatore Vigna. Più Antonella De Giusti, presidente del XVII Municipio. E Francesco Smedile, che però va nell’Uddiccì. (La Repubblica, venerdì 24 dicembre 2010). Provare disgusto, come in Mezzogiorno di fuoco quando tutti i vigliacchi vanno a rintanarsi nelle case e nelle osterie lasciando solo lo sceriffo? O gioire per la ritrovata libertà sempre maggiore del Partito democratico? Nello spirito del Natale, preferiamo gioire.
Luigi Frati (rettore de La Sapienza di Roma, la più grande Università italiana): Ahò: Giacomo, mio figlio, s’è fatto un culo come un pajolo. (...) Che ce posso fa’? (...) Numme frega nulla (...) Fregnaccia, fregnaccia. (...) Ma che stai a di’? (...) Mi sono fatto un culo così. (...) Embè? (...) Scrivi che voi. Poi io leggo e decido se passare dall’avvocato. (Intervista ad Antonello Caporale, La Repubblica, venerdì 24 dicembre 2010).
(su) Giorgio Napolitano: Se apporrà la Sua firma al disegno di legge Gelmini, Lei sancirà la cancellazione del Diritto allo Studio, uno dei diritti fondamentali della Costituzione intesa come patto fondante della nostra società che garantisce equità e democrazia. (Gli Studenti in lotta, La Repubblica, mercoledì 22 dicembre 2010).
Il Berlusconi mentre “parla” con la Gelmini e la Gelmini mentre “parla” con studenti e professori.
Silvio Berlusconi: In piazza ci va una minoranza di studenti o pseudostudenti, mentre nelle università le lezioni vanno avanti e ci sono anche molti rettori che sono a favore della riforma. Un governo democratico, come noi siamo, accetta il dissenso anche nelle manifestazioni pubbliche di piazza, però non devono essere portatrici di violenza e danni per gli altri. E la cosa grave è che la sinistra ha avuto a sostenere queste manifestazioni fino ad aver plaudito alle scarcerazioni decise dal gip. La Gelmini tutti i giorni ha parlato con studenti e professori. Questa riforma non è campata per aria in stanze buie del ministero, ma viene dalla trincea dell’università. Evidentemente dobbiamo comunicare meglio e spiegare agli studenti di piazza che questa riforma è favorevole proprio a loro. Non riesco a capire come si fa a protestare in piazza, mischiandosi anche con i centri sociali che producono violenza, visto che si tratta di una riforma favorevole a loro. Bersani ha un comportamento schizofrenico: prima sale sui tetti e fa il rivoluzionario, poi diventa conservatore e non vuole che si metta fine alle baronie. (La Repubblica, mercoledì 22 dicembre 2010). Accetta le manifestazioni, ma è grave che la Sinistra le sostenga. Accetta le manifestazioni, ma non riesce a capire come si faccia a protestare in piazza. Dice che la riforma piace ai rettori ma dice anche che mette fine alle baronie. Dice tutto e il contrario di tutto. E poi lo schizofrenico sarebbe Bersani?
(su) Mariastella Gelmini: Troppi oppositori della riforma Gelmini trascurano il suo aspetto più grave. Per l’avvenire i professori associati e ordinari dovranno essere nominati dalle singole università dopo essere stati inseriti in una lista nazionale di idonei (articoli 16 e 18). Questa soluzione viene contrabbandata come l’introduzione di una selezione nazionale finalmente trasparente e competitiva. Non è così, anzi: è l’esatto contrario. Infatti, non essendo previsto un numero massimo di idoneità conferibili, non si introduce alcuna competizione o concorsualità. Alla fine quasi tutti gli aspiranti saranno idonei e decisiva sarà la chiamata locale. Sembrano tecnicismi, invece è la vera sostanza politica della riforma. Per essere chiamati da un’università bisognerà disporre del relativo finanziamento, che solo per alcuni settori potrà essere assicurato dall’industria, e purtroppo solo in alcune aree del Paese. In tutti gli altri casi provvederanno a esso il ministero o gli enti locali. I ricercatori saranno dei precari, e i professori saranno scelti in sede locale purché appartenenti a una clientela politica in grado di assicurare il finanziamento. Il vero obiettivo di questa riforma è sottomettere l’Università al peggior dominio dei partiti. Nelle Università questo esito è chiaro a tutti, ma pochi hanno voglia di denunciarlo. (Lettera del sign. Pietro Ciarlo a L’Unità di mercoledì 22 dicembre 2010).
Silvio Berlusconi: Scenderò in campo e racconterò agli italiani chi sono i giudici e come sono andate veramente le cose. Non temo questo giudizio, perché non ho commesso nessuno dei reati che mi vengono attribuiti. Ma se ci dovesse essere un giudizio contro di me, in quel caso andrò in tv, in aula e in piazza per far vergognare chi mi accusa. (La Repubblica, mercoledì 22 dicembre 2010). Non teme il giudizio? E allora perché si è arrampicato su tutti gli specchi del mondo pur di non affrontare i processi? Neanche l’ultimo rubagalline d’Italia degli ultimi due secoli ha dimostrato d’aver più fifa dei giudici di quanta ne ha dimostrata lui in vent’anni.
Finito il breve idillio con il Fioroni, il Veltroni adesso pende più sul Gentiloni. Ma son sempre Oni. Oni oni oni.
Walter Veltroni e Paolo Gentiloni (+ Salvatore Vassallo e Raffaele Ranucci, veltroniani, che come piano B propongono la scissione, ed Enrico Morando, che chiede un congresso straordinario): Se c’è un ritorno alla vocazione maggioritaria, va reso esplicito. Dev’essere chiaro che si tratta di una correzione di rotta. Per ora vedo prevalere un’oscillazione di posizioni che mi sembra nascere da un vizio originario: la prevalenza della tattica sulla strategia, l’inseguimento di alleanze piuttosto che l’investimento sulle possibilità grandi del Pidì. Non dobbiamo impazzire dietro a Casini, che non vuole essere inseguito. O dietro a Vendola. Occorre invece ritrovare la nostra ragion d’essere (Walter). Faremo una battaglia dentro al Pidì, ma non con tempi illimitati. La nostra è una scommessa: rifondiamo il partito, se ne siamo capaci. Ma non possiamo aspettare anni. Se si dimostra che non c’è spazio per costruire qualcosa nel Pidì, bisognerà pensare a una nuova stagione (Paolo). (La Repubblica, mercoledì 22 dicembre 2010). Andatevene, andatevene, andatevene. Ve lo chiediamo in ginocchio: andatevene. Ci sono interi partiti pieni solo di vipere. Perché continuare a fare il nido proprio in seno al Pidì? Ve l’ha ordinato il dottore? Qualcuno vi paga? O che cosa?
(su) Matteo Renzi: Il sindaco di Firenze mi è sembrato una persona che vuole davvero cambiare le cose, da lui mi sentirei rappresentata; ad avvicinarci non sono le idee politiche, ma la stessa cultura generazionale. (Barbara Berlusconi, La Repubblica, mercoledì 22 dicembre 2010). La stessa cultura generazionale? Ma come?! Ci era parso di capire che la signora Veronica avesse sempre protetto i suoi figli dalla m**** televisiva del marito.
Giorgio Napolitano: Le elezioni anticipate sono un’improvvida prassi tutta italiana a cui sono tenuto a resistere nell’interesse generale del Paese. (...) Agirò secondo regole e prassi costituzionali cui intendo attenermi, tenendo conto della volontà popolare espressa nel 2008. (...) È decisivo un salto di qualità della politica, per la stabilità della vita istituzionale e per la tenuta del sistema Italia. (La Repubblica, martedì 21 dicembre 2010).
2008: il Berlusconi abbottona i polsini di Dick Cheney. Umiliante? No, lui sa su chi rifarsi.
(su) Silvio Berlusconi: L’amicizia degli Stati Uniti, per Silvio Berlusconi, contava più della verità sulla morte del servitore dello Stato Nicola Calipari: “Gli italiani hanno insistito sul fatto che il governo vuole mettere l’incidente alle nostre spalle, in modo di non danneggiare la nostra solida amicizia e alleanza e non influenzare l’impegno italiano in Iraq”. Firmato: l’ambasciatore americano a Roma, Mel Sembler, 3 maggio 2005. L’ultima verità di Wikileaks è un cable che riapre una ferita. Punto primo: il rapporto italiano, che seppure non riconosceva “responsabilità individuali né intento deliberato” sottolineava però “l’inesperienza dei soldati e lo stress in cui operavano” fu “costruito specificamente” per evitare ulteriori inchieste della magistratura. Punto secondo: il governo si impegnò con gli americani a “bloccare i tentativi dei comitati parlamentari di aprire proprie inchieste” presentando, appunto, un rapporto che “avrebbe risposto a tutte le questioni sufficientemente”. (La Repubblica, martedì 21 dicembre 2010).
(su) Hillary Clinton e Barack Obama: Non voglio dire che ci sia una catena di ordini da Hillary Clinton fino a un giornalista del Guardian: le cose non funzionano così nel mondo reale. Ma il grande potere crea un ambiente nel quale gli individui percepiscono ciò che vuole il potere e se ne nutrono. Anche senza istruzioni dirette, ogni individuo percepisce in quale modo agire per massimizzare i propri interessi. Ambizioni di carriera, fama, mantenere e creare alleanze, fare dei favori ad amici, parenti o membri di uno stesso partito... Fare le cose per paura, senza che te le abbiano chieste... Tutte queste cose creano un ambiente. (Julian Assange, La Repubblica, martedì 21 dicembre 2010).
(su) Renata Polverini: Per i pendolari del Lazio arrivano tempi difficili. La scure della Regione, infatti, sta per abbattersi sui fondi destinati alle infrastrutture ferroviarie del territorio, per un totale di 200 milioni tagliati. “La precedente giunta,” spiega Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio, “aveva stanziato 214 milioni di euro, tra fondi europei Fesr per lo sviluppo regionale, Fas per le aree sottosviluppate e fondi regionali, per interventi di potenziamento della rete infrastrutturale e per migliorare la qualità e l’efficienza del trasporto pubblico locale. Ora, con il nuovo piano finanziario della Polverini queste voci sono state tagliate, e la parte dei fondi europei dedicati alle infrastrutture scende da 241 milioni a 41,6. Tra le voci definanziate ci sono quelle per l’acquisto di nuovi autobus, per cui erano stati stanziati 49 milioni di euro in fondi Fas. Cancellati anche i 55 milioni di euro destinati al piano sicurezza delle stazioni ferroviarie”. (La Repubblica, lunedì 20 dicembre 2010). Che gliene importa, alla Polverini, della sicurezza delle stazioni? Tanto, l’assassinio della signora Giovanna Reggiani in una stazione fatiscente e non illuminata è già stato sfruttato per accaparrarsi i voti dei creduloni e dei razzisti.
L’opposizione del bunga bunga.
Pierferdinando Casini, Luca Cordero di Montezemolo e Francesco Rutelli: Basta litigi, lavoriamo insieme per il Paese, siamo pronti a fare la nostra parte pur rimanendo all’opposizione (Pierferdinando). Io leader del Terzo polo? Lo escludo (Luca). Sono pronto a fare riforme con Berlusconi (Francesco). (La Repubblica, lunedì 20 dicembre 2010).
I leoni (di pezza) hanno già perduto la criniera (di mocio vileda), il ruggito (che non è mai stato diverso da uno squittio) e il regno (che non è mai esistito se non nella fervida immaginazione del povero Fini).
Nemici della libertà di espressione e dei diritti dei cittadini: Barack Obama e Joe Biden alleati dei Repubblicani contro Julian Assange.
Joe Biden (vicepresidente degli Stati Uniti) e Barack Obama: Stiamo studiando che cosa fare per fermare Julian Assange. Ci sta lavorando il dipartimento di Giustizia. Se è un criminale? Be’, se ha cospirato con un membro dell’esercito Usa per ottenere documenti secretati, il caso è molto diverso da quello in cui, mettiamo, qualcuno viene qua, porta dei documenti e dice: ecco, lei è un esponente della stampa, e questi sono materiali segreti. La vicenda di Assange mi fa pensare a un tecnoterrorismo. Ha messo in pericolo la vita di tanta gente in tutte le parti del mondo. Io mi incontro con tanti di questi leader mondiali. E adesso loro vogliono vedersi soltanto con me: senza lo staff. E questo rende le cose molto più difficili. Se Obama è d’accordo con me? Io sono il vicepresidente degli Stati Uniti, e la gente sa che quando parlo, parlo per il presidente. (La Repubblica, lunedì 20 dicembre 2010).
Il torello nel centrosinistra.
Nicola “Nichi” Vendola: L’attacco ad alzo zero contro di me serve a coprire la rivolta del popolo democratico contro una linea confusa e un orizzonte inquietante. Ma di che parliamo? Questo teatrino polemico è lontano dalla realtà. E se alle europee ho preso solo un milione di voti, di cosa si spaventano i dirigenti del Pidì? In Puglia ho un partito del 10%, ma ho vinto le primarie con il 70% e soprattutto ho vinto le elezioni due volte. Io prendo i voti anche a destra. (L’Unità, lunedì 20 dicembre 2010). Lei combatterà quindi come un torello nel centrosinistra?... (Lucia Annunziata, intervistando L’Unto di Sinistra per il programma In mezzora. Citata da La Repubblica di lunedì 20 dicembre 2010).
Giuseppe “Beppe” Fioroni non è un dono per gli Autistici e le loro Famiglie. Proprio no.
Giuseppe “Beppe” Fioroni (autore, in questi giorni, di una fondazione dal nome quanto mai azzeccato di Liberi dai forti): Tutti si astengano dall’usare la parola autistico in senso dispregiativo. Gli autistici sono un dono. (La Repubblica, lunedì 20 dicembre 2010). Per la serie c’è chi riesce a essere a essere inopportuno e sgradevole perfino quando ha ragione, “Beppe” si è guardato bene dal domandarsi se il termine dono potesse essere doloroso per i genitori dei bambini autistici. Forse perché a lui non importava che di vantarsi, a spese di chi soffre, della propria sensibilità e correttezza. Una cosa è certa: “Beppe” non è un dono. Proprio no. Anche perché, da ministro della Pubblica Istruzione, contribuì a diminuire le risorse della Scuola e a impoverirla e a dequalificarla, quindi, anche dal punto di vista del sostegno alle Famiglie degli Alunni diversamente abili.
Il Maroni e il Mantovano vogliono la tessera del manifestante? Che sarà negata a coloro ai quali in certi giorni il governo vorrà impedire di uscire di casa? Facciano pure. Sappiano, però, che il mancato rispetto, da parte di un governo, dei Diritti umani dei Cittadini, sarebbe una sospensione della Democrazia che legittimerebbe, da parte dei Cittadini, il ripristino degli uni e dell’altra con qualsiasi mezzo.
Alfredo Mantovano (ex neofascista, ex aennìno, attualmente pidiellìno e sottosegretario agli Interni, commentando le scarcerazioni dei giovani arrestati mentre manifestavano contro la pseudoriforma Gelmini): La risposta giudiziaria è stata molto deludente sotto questo fronte, per questo credo che si sia legittimati a un intervento sul piano della prevenzione che permetta di tenere lontani dai luoghi delle manifestazioni questi soggetti. (L’Unità, domenica 19 dicembre 2010). Roberto Maroni (leghìno-nordino, portatore di moccichino verde e ministro degli Interni, commentando la trovata del Mantovano di interdire le vie e le piazze a chi sia sospettato di intenzioni violente): Il Daspo anche per i cortei e le manifestazioni di piazza è una proposta interessante, che potrebbe entrare nel decreto legge sulla sicurezza che ha iniziato l’iter al Senato. (La Repubblica, domenica 19 dicembre 2010).
L’immagine a destra potrebbe far supporre che il La Russa creda di poter imporre il silenzio a qualcuno, cioè che deliri.
Non è così: il La Russa sa benissimo che sarebbe un pazzo perfino se credesse di poter imporre il silenzio a sé stesso.
Dunque non lo farebbe mai. Ma allora come si spiega quel gesto? Voleva forse ficcarsi un dito nel naso e ha sbagliato la mira?
(su) Ignazio La Russa: L’onorevole La Rissa, ministro della Difesa ma soprattutto dell’attacco, ha aggredito, ad AnnoZero, un ragazzo (intelligente) che stava spiegando la posizione del movimento degli studenti rispetto ai disordini del 14 dicembre: i lineamenti contorti da un odio viscerale, schiumando saliva, ha preso a urlare una sola parola, vergogna. Si è alzato, ha carambolato insulti a vanvera. Si è riseduto. Non riusciva a tacere, né a stare composto. Ha ripreso a fare il forsennato: voglio salutare, me ne voglio andare, e intanto restava lì e continuava a inventare colpe: il reato di mancata presenza di un poliziotto, l’impunità di essere di sinistra. Il ragazzo, che voleva (e sapeva) parlare, non è stato ascoltato. Se tirerà un sasso, sarà l’onorevole ministro dell’Offesa ad aver armato la sua mano. (Lidia Ravera su L’Unità di domenica 19 dicembre 2010).
In alto i cuori (e i sigari) e in alto gli occhi (e i mignoli e gli anulari incrociati): Pierluigi Bersani e Nicola “Nichi” Vendola.
Nicola “Nichi” Vendola: Quello che propone il Pidì mi sembra una resa a Casini, un’annessione nel Terzo polo. (La Repubblica, domenica 19 dicembre 2010). (Su) Nicola “Nichi” Vendola e Pierferdinando Casini: Chi vuol leggere quel che ho detto penso che abbia l’intelligenza per capirle. Io ho messo prima di tutto il tema del progetto, cosa vogliamo fare per questo benedetto Paese, non ho parlato né di Vendola né di Casini, questi sono politicismi. Io voglio capire cosa pensa di fare l’opposizione per questo Paese, e il Pidì a gennaio presenta il suo progetto. Da quelle proposte cominciamo a discutere le eventuali alleanze, perché è ora di finirla con questi balletti di Palazzo. Io sto fuori dal Palazzo, non Vendola. (Pierluigi Bersani a L’Unità di domenica 19 dicembre 2010).
L’Alfano bacia la mano del Berlusconi. Eppure, curiosamente, sembra che il più disgustato sia il Berlusconi.
Angelino Alfano: A seguito della scarcerazione dei responsabili, appena poche ore prima, di gravi atti di guerriglia urbana e di violenta contestazione, il ministro ha incaricato l’ispettorato generale di effettuare l’accertamento urgente sulla conformità formale e sostanziale alle norme del provvedimento disposto dall’autorità giudiziaria. (La Repubblica, sabato 18 dicembre 2010). L’Alfano è garantista solo quando l’imputato è il Berlusconi. Ecco perché il Ghedini, che alla faccia (per quanto a modo suo) un pochino ci tiene, come ministro della Giustizia ha preferito il ruolo sostanziale a quello formale.
(su) Michela Vittoria Brambilla: Consulenti della Brambilla: indaga la Corte dei conti. Il sospetto: pagati dal ministero per lavorare al Pidièlle. Nomi e cognomi emergono da un articolo pubblicato qualche settimana fa da Il Fatto, che ha destato l’attenzione degli inquirenti: si tratta di Giorgio Medail, dirigente presso la struttura “immagine” del ministero, tra i fondatori di Telemilano (da cui nacque Canale 5) e scopritore della stessa Brambilla negli anni ’90, Adele Cavalleri, già Mediaset, e Pierluigi Ronchetti, già direttore dei programmi di Telemilano. Nell’elenco persino due ex segretarie di redazione della fallita iniziativa della Tv della Libertà. (...) Prima dell’ultimo inciampo, il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla era finito nel vortice di esposti e ricorsi per il commissariamento dell’Aci milanese. Dove, oltre ai figli del ministro della Difesa Ignazio La Russa e di quello del fidatissimo collaboratore del premier Bruno Ermolli, il ministro ha fatto eleggere anche Eros Maggioni, il compagno odontotecnico. (...) E per la brutta storia del canile di Lecco, gestito dal 2003 dal non ancora ministro attraverso la Leida, Lega italiana per la difesa degli animali, da lei fondata e di cui oggi è presidente Maggioni. Furono i volontari che ci lavoravano, nel 2007, a denunciare all’Asl, nonostante 541.000 euro erogati per nove anni dal comune di centrodestra, sovraffollamento, morti per sbranamento, box fatiscenti, cibi scadenti, presenza di topi. Il quadro idilliaco del politico amante degli animali iniziava a sgretolarsi e la Brambilla corse ai ripari: cacciò i volontari. (...) A Roma, l’ex presentatrice Mediaset divenuta ministro s’impegna a promuovere l’immagine dell’Italia nel mondo. Il budget 2009 del suo ministero senza portafoglio passa da 650.000 a 15 milioni di euro. Con voci che vanno dai 378.000 euro per spese di trasporto in Italia e all’estero del ministro e dei responsabili del dicastero da maggio a dicembre, ai 57.000 di spese viaggi, alcuni in elicottero, fino agli 8 milioni e 600.000 euro per il portale Internet del ministero. Eppure, nonostante gli sforzi economici per promuovere il Belpaese, il ministro viene sorpreso in vacanza in Provenza, a luglio, proprio pochi giorni dopo il lancio dello spot Magic Italia, con la voce del premier che magnifica le bellezze estive del nostro Paese. (La Repubblica, sabato 18 dicembre 2010).
Giuseppe “Beppe” Fioroni: A questo partito voglio bene, l’ho fondato e non me ne vado, a meno che qualcuno non mi cacci. Noi Popolari siamo i capri espiatori, quelli che, quando esprimono una critica o un’idea diversa, vengono tacciati di non capire e, se persistono, gli danno dei traditori. Se ne facciano una ragione, noi non cambieremo. Se devo scegliere tra una presunta superiorità ed essere un cretino, preferisco essere un genuino comune popolare democratico cretino. Il Pidì è di centrosinistra e non deve essere percepito come di sinistra e conservatore.
(La Repubblica, sabato 18 dicembre 2010).
Marchionne, Ichino e Chiamparino
Sergio Chiamparino: Il Pidì è d’accordo con Marchionne o no? È per un’innovazione forte nel rapporto con i sindacati, sulla linea di Ichino, o non lo è? Bisogna fare delle scelte perché la piattaforma dia un messaggio di fondo e intercetti pezzi del Paese. (La Repubblica, sabato 18 dicembre 2010).
Silvio Berlusconi: Fini e Casini? Be’, sono nuovi come Cip e Ciop. Anzi: tutti insieme nel Terzo polo sono Grazia, Graziella e grazie al c.... Non bisogna mai perdere l’ironia, che è un tonificante per andare avanti. Avremo sicuramente una maggioranza che ci consentirà di governare, altrimenti andremo al voto e stravinceremo. Se pensate a tutto quello che hanno scritto su di me, capite che la mia resistenza ha del miracoloso. Otto parlamentari sono venuti da me, ho passato ieri notte a riceverli quando avrei preferito stare con delle belle ragazze. Casini piace alle donne, soprattutto a quelle over 55. Ma anche lui quando va a sinistra diventa un balordo. E questo vale anche per Fini. Con la sinistra finiscono in niente. E i moderati cattolici resteranno con me. Loro sono solo fenomeni mediatici. L’anagramma di Silvio Berlusconi, certificato da una società italiana specializzata, è l’unico boss virile. (La Repubblica, venerdì 17 dicembre 2010).
(su) Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini e Francesco Rutelli: Dopo la stagione dei due pasticci, non c’è bisogno di un terzo pasticcio, ma di un “di più” di un’azione convincente che indichi una volontà e una prospettiva diverse. (L’Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale italiana, citato da L’Unità di venerdì 17 dicembre 2010).
“Super”manager pagati miliardi per far del male alle Donne?
A sinistra, Julia Roberts nella parte di Erin Brockovich; a destra (e dove, se no?) Sergio Marchionne nell’ingrata parte di Sergio Marchionne.
(su) Sergio Marchionne: All’amministratore delegato del gruppo Fiat, Sergio Marchionne. Ho cercato un lavoro per potermi occupare dei miei figli e, ad oggi, quello stesso lavoro mi impedisce di farlo. In un momento di crisi occupazionale come quello che stiamo vivendo, in cui avere un impiego è la fortunata prerogativa di pochi, non deve apparire né irriverente né pretenzioso rivendicare i nostri diritti. Ognuno di questi rappresenta una garanzia in più per il futuro. Biunivoca ed imprescindibile è la relazione fra diritti e lavoro: casi come il mio ne sono esempio. Ho letto decine di volte la Sua lettera del 9 luglio 2010 (la porto in borsa da allora) e in ognuna di queste, ho pensato di volerLe rispondere; puntualmente la sensazione d’inadeguatezza me l’ha impedito. Ma la maniera più efficace per disperare una persona è impossibilitarla a potersi prendere cura dei propri figli. Nella disperazione, oggi, ho trovato il coraggio di parlare apertamente, così come Lei fece con me. Sono madre di tre bambini rispettivamente di quindici, sei e tre anni, che gestisco quasi in maniera esclusiva, e lavoro come operaia nello stabilimento Fiat di Termoli dal ’97. Mio marito, i miei suoceri e i miei genitori vivono a centinaia di chilometri. Mi trovo quindi in difficoltà nell’esercizio delle mie funzioni genitoriali, in quanto l’officina (che già dal ’94 è organizzata sui diciotto turni di Pomigliano) prevede un regime lavorativo di tre turnazioni alternate settimanalmente (dalle 6 alle 14, dalle 14 alle 22 e dalle 22 alle 6). Nell’ultimo anno la direzione aziendale ha assunto posizioni molto rigide riguardo all’organizzazione del lavoro e alla flessibilità dell’orario, particolarmente nei confronti di noi mamme. Le somme che dovrei pagare per gestire i bambini attraverso l’utilizzo di una baby sitter sarebbero maggiori dello stipendio che percepisco. Ho cercato una soluzione con l’azienda, facendo richiesta, prima, di un trasferimento in una Vostra sede prossima a quella lavorativa di mio marito, poi di un part time di sette ore, non avendo nessun tipo di risposta. Questo significa mettermi in condizione di licenziarmi. Fpt Termoli conta un organico di quasi 2700 dipendenti, di cui circa il 10% rappresentato da donne e soltanto una trentina di queste con situazioni analoghe alla mia. Se applicasse “particolari forme di flessibilità dell’orario, per la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro”, potrebbe avere accesso a importanti sgravi fiscali permettendo alle dipendenti di vivere con serenità la condizione di madre, migliorerebbe la qualità del loro lavoro, lo incrementerebbe e, quindi, aumenterebbe la competitività della Nostra Azienda. Nella piena consapevolezza del momento che stiamo attraversando, e della necessità di risultare competitivi, Le scrivo perché non ho alternative; perché non ho altro da perdere oltre il lavoro; perché quest’ultimo è sicuramente l’unico strumento che ho per permettere un futuro dignitoso per i miei figli; perché come Lei sono italiana e abruzzese... ma le parole, soprattutto in fabbrica, non riempiono le tasche né migliorano la situazione. Come Lei fece con me, La ringrazio per aver letto la mia riflessione. (Lettera della signora Stefania Fantauzzi, pubblicata da La Repubblica di giovedì 16 dicembre 2010). Il 7 maggio 2007 La Repubblica mise in prima pagina l’intervento di un certo (e mai più sentito) Claudio Poverini (Aiuto, sono di sinistra ma sto diventando razzista) che fornì il destro, il giorno dopo, a una risposta non meno ambigua del sindaco di Roma: iniziò così la sciagurata operazione politico-mediatica veltroniana che in meno di un anno portò alla caduta del governo Prodi e alla riconsegna del Paese al berluscìsmo e al leghìsmo nordista. Perché la bellissima lettera della signora Fantauzzi è finita invece in una pagina interna? Un’occasione sprecata. (P.s.: lunedì 20 dicembre, su La Repubblica, quello stesso Marchionne che svenevolmente chiama collaboratori i suoi dipendenti ha incaricato di rispondere alla signora Fantauzzi un anonimo Ufficio Stampa Fiat. Che lo ha fatto con particolare freddezza, con aridi dati, con un paio di pesanti insinuazioni e con un velato rimprovero al quotidiano. Per la scarsa evidenza data alla lettera della signora Fantauzzi? No, per l’eccessiva evidenza. Ogni commento è superfluo).
(su) Giulio Tremonti, Silvio Berlusconi e tutto il berluscìsmo-leghìsmo: Ocse: pressione fiscale record in Italia fa pagare le tasse più alte dell’Eurozona. Più tasse e meno lavoro, soprattutto per i giovani. Lo certifica l’Ocse, la grande organizzazione di studi economici, con sede a Parigi, che fa capo ai 33 paesi più industrializzati. Per prelievo fiscale l’Italia svetta in testa alla classifica dei sedici stati dell’Eurozona, ma scivola alla penultima posizione tra i paesi dell’area Ocse per l’occupazione giovanile. (La Repubblica, giovedì 16 dicembre 2010).
E che, mi chiamo per caso Babbo Natale?
Barack Obama (rivolgendosi a venti chief executive in rappresentanza delle più grandi aziende americane): Il motore della crescita non è il mio governo, sono le vostre imprese. (La Repubblica, giovedì 16 dicembre 2010).
E allora cosa ci sei andato a fare? Con i Repubblicani le imprese erano già al governo.
(su) Roberto Maroni (in quanto, ahinoi!, ministro degli Interni) ed Emma Marcegaglia (in quanto, ahinoi!, presidente dei cosiddetti “imprenditori” italiani: Salta un camion, viene rubata una ruspa, una macchina viene incendiata, poi vai a chiedere che cosa è successo, se c’è usura, se c’è racket, e gli imprenditori ti dicono di no. Ma se questi episodi continuano, e continuano... Il silenzio delle vittime prosegue e non abbiamo dietro la porta commercianti, imprenditori, o ambulanti, pronti a denunciare usure, danneggiamenti, incendi, strane sparizioni nei cantieri che, pure, sappiamo che esistono ancora. Le stiamo monitorando. Il fenomeno criminale che riguarda l’usura e l’estorsione sul territorio di Milano ritengo sia esteso. (Ilda Boccassini, La Repubblica, giovedì 16 dicembre 2010).
Morente un papa se ne fa un altro? Senza nemmeno aspettare che crepi?
Nicola “Nichi” Vendola: Il centrosinistra deve cambiare strada, l’idea di uscire dal ciclo del berlusconismo attraverso strade ingarbugliate, confuse e tutte interne al palazzo del Potere, non ha avuto grande fortuna. Basta con le acrobazie alleanzistiche, con le furbizie, con le reticenze. I professionisti della sconfitta facciano un passo indietro. (La Repubblica, giovedì 16 dicembre 2010). Il Vendola che avrebbe fatto, invece, dinanzi alla mozione di sfiducia dei finiani? Avrebbe votato la fiducia? Si sarebbe astenuto? Ne avrebbe presentata una in proprio? Sarebbe andato a Lourdes a invocare la grazia della Madonna? Il Vendola, quel che avrebbe fatto o farebbe lui, non lo dice mai. Un abile professionista della vittoria (virtuale), non c’è che dire. Oltre che nuovo Unto del Signore.
La “balla spaziale” che Giuseppe “Beppe” Fioroni sia in volo per il pianeta Berluscìsta.
Giuseppe “Beppe” Fioroni (difendendosi dalle voci che lo vogliono in uscita verso il Terzo Polo o addirittura verso il Pidièlle, convinto da Bonanni e da Sacconi): Una balla spaziale. Qualcuno provoca perché vuole che me ne vada, è lo stesso assalto fatto alla Cisl. (La Repubblica, giovedì 16 dicembre 2010). Vedi il bicchiere mezzo pieno, “Beppe”, non mezzo vuoto: quelli che vogliono che te ne vada, anziché provocatori, non potrebbero essere donne e uomini che hanno a cuore il bene dell’Italia? Accontentali, e ti sentirai molto più buono e felice.
Lo sguardo da astutissimo e sceltissimo tiratore del pidiellìno Cirielli.
Edmondo Cirielli (deputato pidiellìno): Con un’interrogazione al ministro degli Interni chiede conto del perché il finanziere aggredito martedì a Roma durante gli scontri fra dimostranti e polizia, anziché tenere la pistola d’ordinanza impugnata verso il basso, non l’abbia invece usata per sparare contro gli aggressori “per legittima difesa”. (La Repubblica, giovedì 16 dicembre 2010). Forse perché è una persona molto migliore del Cirielli? O perché, se l’avesse fatto, la legge Cirielli non gli sarebbe stata di alcun aiuto? Noi preferiamo la prima ipotesi.
(su) Mark Zuckerberg (“creatore” di Facebook): Preferito a Julian Assange quale “uomo dell’anno” secondo la rivista Time, Zuckerberg è meno antipatico di com’è stato raffigurato nel film The Social Network (candidato all’Oscar). Per essere il creatore di un impero, la sua indifferenza al denaro è disarmante: vive in un piccolo appartamento in affitto, a fianco alla sede dell’azienda a Palo Alto. Come unico hobby studia il cinese. La sua automobile è una modesta Honda Acura. Un mese fa ha donato 100 milioni di dollari alle scuole dei quartieri poveri del New Jersey. Ora si appresta a un passo ben più grande: cederà la massima parte del suo patrimonio a ong umanitarie, seguendo l’esempio di Bill Gates. Nella sua pagina personale su Facebook, Zuckerberg mette fra i propri interessi “eliminare il desiderio”: una massima che definisce “probabilmente buddista”. (La Repubblica, giovedì 16 dicembre 2010). Senza desiderio non si può essere “uomo dell’anno”. Anzi: non si può essere uomo affatto. Mentre Assange qualche desiderio sembra averlo. Rendere il mondo più democratico, per esempio.
Matteo Renzi: Fini in trent’anni non ha azzeccato una mossa, neanche per sbaglio. Penso a chi in questi sei mesi lo ha osannato, convinto che fosse un compagno solido per il futuro. (L’Unità, mercoledì 15 dicembre 2010). Il Renzi mente sapendo di mentire: nessuno nel Partito democratico ha mai “osannato” Fini né lo ha mai chiamato “compagno”. Ma forse il Renzi, per “osannare Fini”, intende l’aver votato la mozione di sfiducia da lui presentata. Per non “osannare” Fini, secondo il Renzi, si sarebbe dovuto votare contro la sfiducia? O si sarebbe dovuto prendere ancora più decisamente le distanze da Fini andando tutti a inginocchiarsi ad Arcore come ha fatto il Renzi?
(su) Nicola “Nichi” Vendola e Mariastella Gelmini: In merito ad articolo de L’Unità del 30 novembre La meritocratica carriera del ministro: avvocato in 15 giorni sul praticantato della Ministro Gelmini (notare l’iniziale maiuscola del nome comune ministro, n.d.r.) in Reggio Calabria, desidero precisare che: risulta impropria, per persona impegnata politicamente da trent’anni, come chi scrive, e sempre in formazioni di autentica sinistra, oggi vendoliano, l’accostamento a ideologie alle quali mi sono sempre contrapposto. Come già ribadito in altre circostanze (vedesi articolo analogo del settembre 2009 su L’Espresso), la Dott.ssa Gelmini (notare l’iniziale maiuscola del nome comune dottoressa, n.d.r.) mi fu segnalata dal carissimo amico Avv. Adriano Pàroli e, come già avvenuto a seguito di segnalazioni di amici, per favorire quello che ritengo una legittima difesa, in maniera spontanea mi sono adoperato per reperire uno studio legale presso cui l’attuale Ministro potesse svolgere il periodo di pratica. Ho così contattato l’Avv. Renato Vitetta, col quale esiste un rapporto di buona conoscenza sin dalla gioventù. Pertanto il mio interessamento per la collega Gelmini (notare, questa volta, l’iniziale correttamente minuscola del nome comune collega: determinata forse, più che dall’improvvisa intenzione di abbassare la ministro, dal legittimo desiderio di abbassare sé stesso dinanzi a lei?, n.d.r.) proviene da rapporti amicali, non da vicinanze politiche, punto sul quale il sottoscritto ritiene doverosa una rettifica. (Avv. Pasquale Scrivo, lettera a L’Unità di mercoledì 15 dicembre 2010). Apprendiamo con interesse che esistono vendoliani (per inciso: mai capito come si possa ribattezzare sé stessi col nome di un leader) che non trovano sconveniente aiutare amicalmente un’aspirante avvocato pidiellìna nella di lei legittima difesa di diventare avvocato a Reggio Calabria. Speriamo però che non tutti i vendoliani la pensino così.
Massimo Calearo (uno dei tanti regali che Walter Veltroni ha fatto al Pidì e all’Italia): Adesso entro in campo io... Non dica cazzate, adesso... Una collega alta un metro e zero oggi mi ha apostrofato... Ma non me ne curo... Sono divenuto indispensabile... Forse dovrei un po’ andare all’estero... Eppure colleghi del Pidì mi hanno chiesto espressamente di votare la fiducia... Ok, ciao. (Calearate raccolte da Antonello Caporale per La Repubblica di mercoledì 15 dicembre 2010). Parole di una volgarità davvero rara perfino nell’Italia berluscista. Ma con un pregio: rivelano senza più ipocrisie quale sia la vera faccia del Veltroni; la faccia che il Veltroni nasconde sotto il suo buonismo da vecchio santino ammuffito e che individui come il Calearo, invece, evidentemente non vedevano l’ora di esibire.
(su) Silvio Berlusconi e il berluscismo: Abbiamo vissuto il silenzio della democrazia, e questo peserà, in futuro, quale che sia l’esito del voto di oggi. La chiusura del Parlamento, evento davvero senza precedenti nella storia della Repubblica, ne ha rappresentato il terribile simbolo e, insieme, la condizione necessaria perché altre procedure, altri riti, altri luoghi potessero prenderne il posto. (Stefano Rodotà su La Repubblica di martedì 14 dicembre 2010).
, in due: Silvio Berlusconi e Paolo Romani
(su) Silvio Berlusconi e Paolo Romani: “Così Berlusconi vuole censurare Internet” per “favorire le proprie imprese” commerciali e azzittire “la concorrenza politica”. Gli ultimi due cablogrammi dell’ambasciatore Usa a Roma David Thorne diffusi da Wikileaks riferiscono le critiche, le perplessità e i sospetti dell’amministrazione Usa sulla “legge Romani”, il decreto anti Internet che il governo italiano voleva far passare tra fine 2009 e inizio 2010. (...) “Il decreto Romani darà margine per bloccare o censurare qualsiasi contenuto su Internet e favorirà le imprese di Silvio Berlusconi a scapito dei suoi concorrenti. Offrirà molti vantaggi commerciali a Mediaset rispetto a Sky, uno dei maggiori rivali”. (...) “Si tratta di un modello familiare, poiché Silvio Berlusconi e Mediaset hanno usato il potere del governo in questo modo fin dai tempi in cui era primo ministro Bettino Craxi. Dicono che Romani guidi gli sforzi del governo per aiutare Mediaset”. (...) “Se approvata, rappresenterà un precedente che nazioni come la Cina potrebbero copiare o citare come giustificazione per i loro attacchi contro la libertà di espressione. Permetterà a Berlusconi di guadagnare di più e controllare meglio l’informazione pubblica”. (...) “Dal momento che la norma rende i siti di opinione e gli Internet provider perseguibili per diffamazione, alcuni la vedono come un tentativo di controllare il discorso politico sulla rete. Altri vi scorgono dei vantaggi commerciali per Mediaset sul web”. (...) “Le élite politiche, in ambo gli schieramenti, non sono a proprio agio con la capacità del web di bypassare i media tradizionali che loro controllano. La nuova legge risponde a tale timore e, poiché aiuta gli affari del premier, è probabile che diventi realtà”. (...) “La norma garantirebbe le basi per intraprendere azioni legali contro mezzi di comunicazione in competizione politica o commerciale contro membri dell’esecutivo. Molti temono che l’Agcom non sarebbe abbastanza forte per resistere alla pressione politica”. (...) Per Antonello Busetto, una fonte confindustriale ascoltata dall’ambasciata Usa, questa legge “potrebbe significare la morte di Internet in Italia”. (...) L’ambasciata Usa spiega a W£ashington che tra l’altro il governo vorrebbe obbligare gli Internet provider come YouTube o Blogspot a “diventare responsabili dei contenuti che pubblicano, così come lo sono le televisioni,” cosa “impossibile sia dal punto di vista economico che pratico”. (...) Thorne conclude ricordando che il governo ha già preso diverse iniziative per controllare le reti sociali di Internet, “inclusa l’infame intenzione di esigere che i blogger debbano avere la licenza di giornalisti, che viene concessa dal governo”. (La Repubblica, martedì 14 dicembre 2010).
Giuseppe “Beppe” Fioroni: Prendono la parola contro Berlusconi ben cinque big democratici (Letta, D’Alema, Fassino, Veltroni, Bindi); Fioroni è critico: “Vuol dire che siamo sicuri di vincere, se ci mettiamo tante facce e quasi tutte di ex segretari Dièsse”. (La Repubblica, martedì 14 dicembre 2010). Tre su cinque per “Beppe” sono quasi tutti? Il 60% sarebbe quasi il 100%? Ma non sa neanche contare? Capiamo meglio, allora, perché il Prodi lo mise a fare il ministro dell’Istruzione: uno sfregio alla Scuola non meno grave di quello infertole dal Berlusconi mettendoci la Gelmini.
(su) Nicola “Nichi” Vendola (nonché su Silvio Berlusconi, su Walter Veltroni, su Matteo Renzi e su tutto il cuccuzzaro dei cultori della personalità): Noi non dobbiamo suscitare passione per una persona, ma per la nostra Repubblica. (Pierluigi Bersani, piazza san Giovanni, Roma, domenica 12 dicembre 2010. Citato da Silvia Ballestra su L’Unità di lunedì 13 dicembre 2010).
(su) Sergio Marchionne: Marco Revelli, politologo all’Università del Piemonte orientale, lo descrive come “un pesantissimo siluro di Marchionne contro le forme di rappresentanza nazionale”, la Confindustria innanzitutto. E continua: “L’amministratore delegato della Fiat interpreta nella forma più spietata la logica di un capitalismo ormai transnazionale. Un capitalismo che non accetta più la rappresentanza nazionale. Questa è davvero quella che Luciano Gallino ha chiamato l’impresa irresponsabile. Un’impresa che non vuole più essere vincolata da patti. È un’operazione di destabilizzazione del sistema delle relazioni industriali”. (La Repubblica, lunedì 13 dicembre 2010).
Mariastella Gelmini secondo Left del 5 settembre 2008. Ed era solo l’inizio.
(su) Mariastella Gelmini, Giulio Tremonti, tutto il berluscìsmo (e, nel suo piccolo, “Beppe” Fioroni): In tutti i paesi avanzati è stato il lavoro poco qualificato a pagare il conto più salato nella Grande Recessione. Negli Stati Uniti, un quarto dei lavoratori con meno di 12 anni di istruzione ha perso il lavoro tra il 2007 e il 2009. A chi aveva studiato anche solo quattro anni di più è andata molto meglio: “solo” uno su dieci ha vissuto il trauma della perdita del lavoro. Nell’area dell’euro il tasso di disoccupazione tra chi ha al massimo completato la scuola dell’obbligo è aumentato di più di quattro punti percentuali in due anni. Quello dei laureati è rimasto quasi invariato. Oggi la probabilità di essere disoccupato, tra chi ha una laurea, è un terzo di quella di chi ha solo un diploma di scuola secondaria inferiore. Prima della crisi il rapporto era di uno a due. Le cose in Italia non sono molto diverse: l’unica differenza è che da noi molte persone con basso livello di istruzione rimangono ai margini del mercato del lavoro. I divari nei tassi di occupazione tra laureati e diplomati sono attorno al quaranta per cento, come negli altri paesi, e sono cresciuti durante la recessione. L’istruzione è diventata ancora più di prima la migliore assicurazione sociale di cui un giovane oggi può dotarsi per evitare un futuro difficile, fatto di disoccupazione e bassi salari. I lavoratori poco qualificati dei paesi avanzati sono sempre più l’anello debole della crescita mondiale, schiacciati fra i lavoratori poco istruiti dei paesi emergenti e i lavoratori qualificati dei paesi avanzati. (...) E il nostro esecutivo in questi due anni e mezzo ha tagliato solo un capitolo della spesa pubblica: le risorse per l’istruzione. Nel 2008 - 2009 sono calate, secondo l’Istat, del 2%, mentre il resto della spesa pubblica aumentava, al netto dell’inflazione, di più del 3%. In termini relativi, la spesa in istruzione è dunque calata del 5%. E le cose, secondo le previsioni della Ragioneria dello Stato, sono destinate ad andare ancora peggio nel 2010: la spesa per la scuola dovrebbe diminuire di circa un punto e mezzo e quella per l’università addirittura del 9% in termini reali. (Tito Boeri su La Repubblica di lunedì 13 dicembre 2010).
Giuseppe “Beppe” Fioroni: Ginoble è dei miei e nessuno può dire che sia tra gli incerti per il voto di martedì. Anzi: lo porterò in aula con il fez e la camicia nera, così saranno contenti i dirigenti del Pidì che hanno flirtato con il nuovo messia Fini. (La Repubblica, lunedì 13 dicembre 2010). Chi nel Partito democratico ha flirtato col Fini? Caso mai, proprio quelli che ogni giorno minacciano di lasciare il partito per l’Uddiccì o per l’Api perché non sopportano che sia loro fallita la magia nera di tramutarlo in un partito clericale di “centro”. Sì, lo sappiamo: è sempre stato vano pretendere da “Beppe” un minimo di considerazione per l’intelligenza dei poveri Italiani che la permanenza di “Beppe” nel Partito democratico costringe, ogni volta che votano per il partito, a votare anche per “Beppe”. Ma da qualche tempo sembra che stia diventando vano perfino aspettarsi da “Beppe” un minimo di coerenza nel pensiero e nel discorso. Sarà stato la frequentazione del Veltroni a ridurlo così, povero “Beppe”?
Intende qualcosa del genere, il Tremonti, quando chiede che si dia di lui un’immagine non caricaturale?
Giulio Tremonti: Giulio Tremonti contro Milena Gabanelli. In un esposto, il ministro dell’Economia ha chiesto all’Agcom di “sanzionare” la trasmissione Report per il servizio “Conti, sconti e Tremonti” (del 24 ottobre) ritenuto lesivo dei “principi di completezza, correttezza, obiettività e im parzialità dell’informazione”. L’esposto è stato notificato il 2 dicembre all’ufficio legale della Rai. Secondo Tremonti, la puntata oggetto dell’esposto avrebbe dato “un’immagine caricaturale e parziale, artatamente confezionata, degli aspetti qualificanti della recente manovra del governo, con un’operazione di discredito del ministro dell’Economia”. (La Repubblica, domenica 12 dicembre 2010). Che mancanza di sense of humour: non si rende conto, il Tremonti, che darne un’immagine caricaturale può essere molto meglio (e per lui più salutare) che darne l’immagine che meriterebbe?
Fornita da lui stesso, questa immagine del Tremonti non può certo essere ritenuta caricaturale...
(su) Giulio Tremonti: L’evasione fiscale in Italia galoppa e risulta in crescita del 10,1% nei primi 11 mesi del 2010. Il nostro Paese si conferma quindi al primo posto in Europa con il 54,5% del reddito imponibile evaso. Le imposte sottratte all’erario ammontano così a circa 159 miliardi di euro l’anno. È quanto emerge da una nuova indagine effettuata da Krls Network of Business Ethics per conto di contribuenti.it. A livello territoriale, l’evasione è diffusa soprattutto nel Nord Ovest (il 29,4% del totale nazionale), seguito dal Sud (il 24,5%), dal Centro (il 23,2%) e dal Nord Est (il 22,9%). (La Repubblica, lunedì 13 dicembre 2010).
Sergio Marchionne alla manifestazione della Fiom del 16 ottobre 2010.
Un’immagine sgradevole? Senza dubbio. Ma se, come dice lui, non bisogna più avere il concetto dei diritti acquisiti,
se i diritti, sempre come dice lui, non sono che pretese, perché i suoi dovrebbero invece restare pienamente in vigore?
Sergio Marchionne: Premesso che la Confindustria mi sta aiutando, e che ho promesso di non renderle la vita difficile, lei mi dica una buona ragione per cui un imprenditore straniero dovrebbe investire in Italia... Grande mercato? E allora come definire gli Stati Uniti, la Cina, l’India? E le risorse umane loro non ce l’hanno?.. Stiamo cercando di fare qualcosa per il Paese: otto miliardi di investimenti. Eppure, a sentire certe parti, sembra che la Fiat abbia solo dei doveri, solo dei debiti da ripagare. Qui in America il sindacato metalmeccanici, United Auto Workers, non ha il concetto dei diritti acquisiti. In quanto al governo americano, ha aiutato la General Motors e la Chrysler al momento della bancarotta, poi appena possibile si toglie dai piedi... Competere su un mercato mondiale... Spallata alle rigidità... Alla Fiom hanno un punto di vista che non condivido proprio per niente, zero. È con quel tipo d’intransigenza che si blocca lo sviluppo del Paese. Eppure a Mirafiori abbiamo fatto una proposta molto più generosa di quella che fu fatta a Detroit e accettata dal sindacato Uaw. Qui in America abbiamo tagliato i salari, in Italia no... Se mi mettono ostacoli dappertutto, allora l’investimento saremo costretti a farlo da un’altra parte. Esiste sempre un piano B, questo è ovvio. Dove? Certo fuori dall’Italia: può essere in un altro paese europeo o in America latina, in Cina o in India (e perché non negli Usa, visto che lì il sindacato gli vuole tanto bene?, forse perché nessun sindacato o un sindacato mafioso sono ancora meglio?)... Che l’azionista della Chrysler sia il governo americano o canadese, che sia il fondo previdenziale e sanitario del sindacato Uaw, o che io abbia a che fare con le banche per i rifinanziamenti, tutti chiedono la stessa cosa: vogliono garanzie sul loro investimento. E ai miei azionisti io devo rendere dei conti. Per troppo tempo la parte italiana del gruppo ha avuto gli stabilimenti meno efficienti. L’alleanza con Chrysler è fondamentale per la sopravvivenza della stessa Fiat Auto. Qui negli Stati Uniti tutti hanno fatto dei sacrifici. Io rispetto le differenze nazionali dovute a strutture sociali e sistemi di valori diversi, però l’Italia non può permettersi un livello di pretese che non è più proporzionale alla collocazione del Paese.
(La Repubblica, sabato 11 dicembre 2010).
Franco Panzironi (amministratore delegato dell’Ama, Roma): Sono un ex democristiano che a destra trova la sua libertà. Ma non ho mai avuto fame: non stavo nell’Emmesseì, stavo nella Diccì. (Repubblica, sabato 11 dicembre 2010).
Per la democrazia solo finché fa comodo a voi? La più impressionante rivelazione di Wikileaks potrebbe essere proprio questa...
(su) Hillary Clinton e (ahinoi!) su Barack Obama: Meno di un anno fa, il 21 gennaio 2010, a Washington, il segretario di Stato Hillary Clinton fece un discorso epocale sulla libertà di Internet, che molte persone interpretarono come un rimprovero alla Cina per il suo presunto attacco informatico a Google. “L’informazione non è mai stata così libera,” dichiarò Clinton. “Anche nei paesi autoritari i siti di informazione stanno aiutando le persone a scoprire fatti nuovi e a chiedere ai governi di rendere conto delle loro scelte”. Poi Clinton raccontò che durante una visita in Cina, nel novembre 2009, Barack Obama aveva “difeso il diritto delle persone di accedere liberamente alle informazioni, sottolineando che il flusso libero delle informazioni rende più forti le società. Il presidente ha osservato che l’accesso alle informazioni aiuta i cittadini a responsabilizzare i governi, genera nuove idee e incoraggia la creatività”. Considerato quello che sappiamo ora, il discorso di Clinton sembra un capolavoro satirico. (...) Ma gli attacchi a Wikileaks dovrebbero essere un campanello d’allarme anche per chi guarda con ottimismo ad aziende come Google, Flickr, Facebook, Myspace e Amazon, che ospitano i nostri blog, memorizzano i nostri dati nei loro server e ci permettono di affittare computer “virtuali”. Nei termini dei contratti con cui queste aziende forniscono servizi sia “gratuiti” sia a pagamento ci sarà sempre una clausola che gli permette di prendere le distanze dai nostri contenuti, se ritengono che sia nel loro interesse farlo. La morale è che non dobbiamo avere fiducia nelle aziende del cloud computing, della “nuvola”, perché uno di questi giorni la nuovola ci potrebbe piovere addosso. (...) La reazione del vecchio ordine alle rivelazioni di Wikileaks è stata feroce, coordinata e globale, e rappresenta un duro avvertimento per chi ha a cuore la democrazia. (John Naughton, The Guardian, cit. da Internazionale di venerdì 10 dicembre 2010).
Gesù e il suo Creatore si congratulano a vicenda.
(su) Nicola “Nichi” Vendola: Forse è meglio leggere sul Dizionario Garzanti della lingua italiana... “Carisma”: s. m. [pl. -Smi, ant. cariSmati] 1 (teol.) dono soprannaturale che Dio può elargire a un credente per il bene di tutta la comunità ecclesiale... Dono soprannaturale comunicato dallo Spirito Santo a membri della Chiesa per il bene della Comunità. Dal lat. eccl. charisma-atis, dal gr. charisma -atos, deriv. di charis “grazia”. Un esempio delle frasi folgoranti del “carismatico” Nihil Vendola: “Ricordo la sensazione di infinita libertà nell’andare a cercare un orecchino adeguato alle mie tasche, un semplice cerchietto d’oro, e il dolore del buco fatto in gioielleria, lì capii quanto la bellezza nasca nel grembo del dolore“ (Nichi Vendola, 4 novembre 2010). Da un articolo della BBC: “Guardando Nichi Vendola esibirsi di fronte a migliaia di sostenitori, sembra che lui e Silvio Berlusconi siano un po’ uguali. Dagli altoparlanti emerge che entrambi hanno carisma. Sono le vere rock star della politica italiana”.
(Segnalazioni, venerdì 10 dicembre 2010).
Vladimir Putin secondo Elle Kappa (La Repubblica, venerdì 10 dicembre 2010).
Matteo Renzi: Bisognerebbe che la sinistra smettesse di vivere di complottismo e provasse a cambiare l’inquilino di palazzo Chigi a viso aperto, non con i giochini di palazzo. Difficile farlo se quelli che ti fanno la morale sono gli stessi che ci hanno abituato a perdere negli ultimi vent’anni. (L’Unità, venerdì 10 dicembre 2010). Il bugiardino “dimentica” che “negli ultimi vent’anni” la Sinistra ha vinto due volte col ben poco carismatico Prodi. Mentre ha perso quando si è infatuata di “carismatici” come il “bel Rutelli” e l’ecumenico Veltroni, che del ciellìnverdiniano Renzi son progenitori diretti. Tipi, tutti e tre (anzi: quattro, contando anche il Vendola ospite del Cavaliere su Chi) per i quali affrontare Berlusconi “a viso aperto” significa, naturalmente, “affrontarlo” a pranzo ad Arcore.
(su) Gianni Alemanno: Non bastava la bufera esplosa sulla Parentopoli in Atac, la società del trasporto pubblico romano che dopo l’elezione di Gianni Alemanno in Campidoglio ha imbarcato più di 850 persone, tutte per chiamata diretta e legate da rapporti familiari o politici a esponenti del centrodestra locale, dirigenti aziendali e sindacalisti. Ora per il sindaco della capitale si apre un nuovo fronte: il reclutamento di un migliaio di nuovi dipendenti (sui settemila totali) in un’altra ex municipalizzata, l’Ama, che si occupa di raccogliere e smaltire i rifiuti della città. Dove, a partire dal 2008, sono stati assunti, tra gli altri, il genero dell’ad Franco Panzironi, braccio operativo della Fondazione alemanniana Nuova Italia; la figlia del caposcorta del sindaco, Giorgio Marinelli, il quale aveva già provveduto a piazzare il primogenito in Atac; la compagna dell’ex capogruppo pidiellìno in Campidoglio, ora traslocato a La Destra, Dario Rossin; oltre alla solita pletora di mogli, cognati e cugini di vari pidiellìni di secondo piano, ma assai utili in campagna elettorale. (La Repubblica, giovedì 9 dicembre 2010).
Matteo Renzi: Credo che il segretario del mio partito avrebbe il dovere di raccontare che idee abbiamo per il futuro e non continuare a fare polemiche su Berlusconi. Se c’è lui al governo è colpa nostra. Ora ci fanno la morale su questioni ideologiche dicendoci che a palazzo Chigi lo potevo incontrare e ad Arcore no, perché hanno paura che faccio bunga bunga con Berlusconi. Siamo seri. La prossima volta che arrivo ad Arcore chiamo e dico a Berlusconi: scendi te perché Bersani non vuole che ci vediamo ad Arcore, vediamoci per un caffè a Monza.
(L’Unità, giovedì 9 dicembre 2010).
Giuseppe “Beppe” Fioroni: I contatti tra Berlusconi e Fini sono più fruttuosi di quanto appare. Io voglio la caduta del premier, ma vedo qualcosa muoversi nel fronte destro degli oppositori di Berlusconi. Dal bis può venire una buona notizia: il terzo polo muore prima di nascere. E il Pidì finalmente deve spostare il baricentro dalla sinistra ai moderati. Per attrarre i delusi. (La Repubblica, giovedì 9 dicembre 2010). Il Pidì deve aver chiaro che è nato non per fare la sinistra. (L’Unità, giovedì 9 dicembre 2010). “Farina” del suo sacco? “Frutto” dell’ipnotica frequentazione del Veltroni? Sia come sia, non si può negare che “Beppe” si va abbassando a una sorta di sublime grandezza negativa.
La vignetta di Staino su L’Unità di giovedì 9 dicembre 2010.
Per la serie Una mano sporca l’altra e tutt’e due sporcano il viso: Silvio Berlusconi e Vladimir Putin.
(su) Silvio Berlusconi: Se si riuscisse a rendere trasparenti (di Antonio Fallico) le attività e (di Valentino Valentini) le missioni al Cremlino, si comprenderebbe presto quanto siano legittimi o scorretti i sospetti di Hillary Clinton sulla natura affaristica delle convergenze tra Berlusconi e Putin. Non è l’unico enigma di questa storia, protetta quasi in ogni angolo e increspatura dal segreto. Segreto di Stato sono in Russia gli affari energetici (per chi sgarra c’è la pena di morte). Misteriosi gli effettivi proprietari della Centrex Group, società che vende in Europa occidentale il gas russo, la cui catena azionaria finisce in una palazzina di tre piani al 199 di via Arcivescovo Makarios III a Limassol, Cipro, senza una targa né una buca delle lettere. Commercial secret è il prezzo del metano che Eni corrisponde a Gazprom. Segreti i documenti dei giacimenti di Karachaganakh e Kashagan che Eni si rifiuta di esibire anche quando è chiamata a risponderne in tribunale. Impenetrabile è il segreto che protege gli incontri di Berlusconi e Putin lungo il lago tra le colline di Valdai in Novgorod Oblast o a Punta Lada a Porto Rotondo, in Sardegna. Se si vuole quindi verificare quanto “le scelte economiche e politiche dei due premier siano il frutto di comuni investimenti personali,” come chiede il segretario di Stato americano ai suoi ambasciatori, bisogna esaminare se le decisioni politiche siano state deformate da privatissimi interessi economici. C’è troppa gente (nelle cancellerie, nei quartieri generali della finanza, nella comunità economica) che avverte nelle scelte di politica energetica dell’Italia un’alterazione equivoca. Eni era autonoma dal governo nazionale quasi fino all’arroganza. Oggi appare sottomessa al presidente del Consiglio. Agiva con aggressività e libertà sui mercati internazionali. Oggi mostra di subire vincoli a favore di Putin. È la prima deformazione. Ce n’è una seconda: Berlusconi trascura le relazioni europee e la tradizionale alleanza con Washington per rinchiudersi nell’eccentrica associazione con la Mosca di Vladimir Putin e la Tripoli di Mu’ammar Gheddafi. I cable del dipartimento di Stato sostengono che questo riposizionamento non abbia nulla di politico, ma sia soltanto business. “L’ambasciatore della Georgia a Roma,” scrive Spogli, “ci ha riferito che il suo governo ritiene che Putin abbia promesso a Berlusconi una percentuale su ogni pipeline sviluppata da Gazprom in coordinamento con l’Eni”. E ancora: “In Italia i partiti di opposizione e alcuni esponenti dello stesso Pidièlle credono che Berlusconi e i suoi intimi stiano approfittando personalmente e a mani basse dei molti accordi sull’energia con la Russia”. (Giuseppe D’Avanzo, Andrea Greco e Federico Rampini su La Repubblica di mercoledì 8 dicembre 2010).
(su) Mariastella Gelmini e Gianfranco Fini: La mattina di un’altra giornata che sarà di blocchi, cortei e scontri in strada e assemblee nelle facoltà d’Italia si apre con un gruppo di studenti di Bergamo che, individuato il palazzo dove vive il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, scarica ch’è ancora buio un sacco di letame davanti al cancello e srotola striscioni antiriforma. Gli autori, che hanno agito con passamontagna neri e guanti bianchi e per ora sono rimasti ignoti, hanno quindi diffuso un comunicato: “Abbiamo violato la roccaforte del ministro più amato dagli studenti d’Italia e scaricato la naturale reazione alle sua riforma”. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, definisce l’azione “ignobile, volgare e vile”. (La Repubblica, mercoledì 8 dicembre 2010). Ci son “cose” sulle quali i gusti del Fini non differiscono da quelli del Berlusconi. E non intendiamo la cacca.
Il nono nano Matteo Renzi guarda l’ottavo dal basso in alto.
Matteo Renzi: Sono stato ad Arcore, ma non c’erano né Emilio Fede né Lele Mora. Ci siamo dati del tu, abbiamo pranzato, ma non abbiamo mangiato comunisti. (La Repubblica, mercoledì 8 dicembre 2010). I comunisti erano accusati (non del tutto scherzosamente, e talvolta da preti pedofili) di mangiare bambini. Chi si difende (excusatio per altro non petita...) dall’accusa di mangiar comunisti da che cosa può essere affetto, dunque, se non da una sorta di versione ciellìna della sindrome di Peter Pan?
Nicola “Nichi” Vendola: Personalmente, al contrario di quanto sta facendo il Pidì, preferisco non commentare l’incontro tra il sindaco di Firenze Renzi e il premier Berlusconi a villa san Martino. (L’Unità, mercoledì 8 dicembre 2010). Non avevamo dubbi, Nicola. Sappiamo bene quanto anche a te siano cari gli inviti del Berlusconi a comparire, per esempio, sulla sua rivista Chi.
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Al veltroberlusconiano intercambiabile Massimo Calearo nessuna mano fa schifo.
(su) gli Scilipoti e i Calearo (e sui Di Pietro e i Veltroni a cui li dobbiamo): Ormai non c’è crisi di governo senza che la squadra di Di Pietro perda pezzi, a conferma della curiosa asimmetria tra l’intransigenza antiberlusconiana del leader e la accomodante neutralità, on demand, di qualcuno della sua truppa. “Tra i 350.000 euro e i 500.000,” sarebbe il prezzario che Massimo Calearo, imprenditore veneto, prima col Pidì, poi con l’Api, adesso senza fissa dimora, ha comunicato ieri al Riformista come tetto verosimile delle trattative per acquisire voti al governo. Cifre che non attengono alla sua mobilità (“Berlusconi mi ha detto: non ho nulla da offrirle perché lei, come me, vive di ciò che già ha”), ma ai tanti che per saltare il fosso avrebbero bisogno di un aiutino. (Antonello Caporale su La Repubblica di mercoledì 8 dicembre 2010). Vengono le vertigini: dunque il Calearo dovrebbe il fatto di non essere comprato dal Berlusconi al suo (del Calearo) essere abbastanza ricco per comprarsi il non essere comprato dal Berlusconi? E noi a cosa dovremmo la sfortuna che sia esistito ed esista un Veltroni che il Calearo ce l’ha invece rifilato gratis?
Per la serie Il piacere di ammazzare, meglio se lentamente: Sarah Palin.
(su) Sarah Palin: L’ex candidata alla vicepresidenza statunitense cerca di risollevare le sorti del suo show tv, “L’Alaska di Sarah Palin,” sparando a un caribù, ma fa flop. Il filmato mostra la Palin che spara all’animale, ma per abbatterlo deve ricorrere a sei tentativi. Insorgono gli animalisti, che Sarah Palin aveva anticipato postando su Internet messaggi con cui preveniva le polemiche e affermava di essere “orgogliosamente intollerante rispetto all’ipocrisia contro la caccia”. (La Repubblica, mercoledì 8 dicembre 2010). Non occorre essere un animalista per provare ribrezzo per l’insensibilità di un individuo incapace di immaginare la sofferenza di una bestia mentre ben sei proiettili di grosso calibro ne devastano il corpo uccidendola a poco a poco. Così come non occorre essere un genio per capire quanto sia stupido e maligno un individuo che chiama ipocrita (non sapendo immaginare neanche le sofferenze umane) chi invece non ha perduto quella sensibilità. Che è per altro così modesta, così facile da conservare se non si è completamente matti, che la si può trovare perfino nei mattatoi. Dove, come tutti sanno, si cerca in ogni modo di non infliggere agli animali sofferenze inutili.
La vera faccia di Gianni Alemanno (da Segnalazioni).
Gianni Alemanno: Che Guevara è uno dei leader di sinistra che a destra apprezziamo. Voleva portare la democrazia in America Latina. È vero, sparava a quelli che a Cuba facevano le speculazioni edilizie. Voleva cambiare. (La Repubblica, martedì 7 dicembre 2010). Di “sinistra”, a destra, piacciono solo quelli che offrirono “modelli” di violenza o di perversione. E non è un caso che proprio su questi “modelli” si cerchino, da destra (vedi Casa Pound) e da parte di un certo estremismo di “sinistra”, non troppo strane mescolanze e non troppo strane confusioni.
Matteo Renzi secondo Elle Kappa.
(su) Matteo Renzi: Renzi Berlusconi, incontro ad Arcore. Il sindaco chiede fondi per Firenze. Il premier: “Tu mi somigli”. Non sono sfuggite al premier le dichiarazioni contro la proposta di “Union sacrée” per scacciare il tiranno da palazzo Chigi: “La sinistra,” ha detto Renzi, “non può mettere insieme la solita ammucchiata selvaggia antiBerlusconi”. (La Repubblica, martedì 7 dicembre 2010).
BiScilipoti mentre si esercita nel BiVoto.
(su) l’Italia dei valori: A scricchiolare è quello che dovrebbe essere il bunker degli antiberlusconiani: il gruppo dell’Italia dei valori a Montecitorio, sulla carta 24 voti sicuri per la sfiducia. Un gruppo che rischia però di perdere due consensi preziosi il 14 dicembre: quelli di Antonio Razzi e Domenico Scilipoti. Motivo? Malpancismo da mancata assicurazione di ricandidatura. Razzi, eletto nella circoscrizione degli Italiani all’estero, minaccia di rimanere a New York dove si trova da giorni. Il siciliano Domenico Scilipoti potrebbe invece presentarsi in aula, ma per votare la fiducia o astenersi. “Diciamo che si è aperta una dialettica molto forte,” ci scherza sù Scilipoti. (La Repubblica, martedì 7 dicembre 2010). Diciamo allora che si è aperto anche qualcos’altro. E che l’Italia dei valori dovrà forse aggiungere alla propria denominazione l’aggettivo contabili.
(su) il bello della “scuola” privata: Daniela è la maestra di ginnastica ritmica di Yara e di altre 20 tra bambine e adolescenti. Il regno di Daniela e delle sue piccole ginnaste è la Cittadella dello sport di Brembate: cinque minuti a piedi da casa Gambirasio. “Da qui è entrata e da qui è uscita,” dice Daniela seduta dietro il banco della reception. “Quando ci sono i corsi di danza, qui dentro di persone ne entrano tante. Entrano e escono di continuo. E non possiamo controllarle. Ci sono i genitori, ma anche i curiosi. E anche uomini soli, che possono sembrare dei padri che vengono a vedere le figlie”. (La Repubblica, martedì 7 dicembre 2010). Quel che nella Scuola pubblica è assolutamente inconcepibile – sconosciuti che a tutte le ore entrano ed escono come se fossero a casa propria – altrove evidentemente è la normalità.
Pietrangelo Buttafuoco ed Eugenio Scalfari: Italiani, Italiani medi o non Italiani?
Eugenio Scalfari e Pietrangelo Buttafuoco uniti nella lotta (contro il berluscismo? No, contro “gli italiani”): Ho letto ieri sul Foglio un articolo di Pietrangelo Buttafuoco, penna sottile e talento indipendente. Il titolo: “Meglio fottere che comandare”. Buttafuoco dà una sua lettura, sboccata ma interessante, del berlusconismo. Lo cito perché non solo è acuto ma esilarante e qualche risata è pur necessaria per alleggerire la cupezza del clima. “In quel grazioso palazzo, ossia Grazioli, le nubi delle accuse di corruzione, mafia, falso in bilancio, conflitto di interessi e perfino seduzione di minorenni, in un brevilineo come lui si diradano, anzi evaporano in virtù della sua euforia genitale. Al dottor Berlusconi piace la gnocca, solo la gnocca. Il dottor Berlusconi fa festini che sono il rimosso di tutti quelli che gli stanno intorno, compresi gli schiavi, i servi, i cortigiani e i ruffiani. Compresi poi gli italiani, perfettamente inutili da governare ma che alla fine hanno un preciso istinto per immedesimarsi con chi, sollevandoli dall’incombenza, copula in loro vece. L’italiano medio si immedesima col dottor Berlusconi in ragione del rimosso dei rimossi: ognuno, vincendo all’Enalotto, farebbe come fa lui nell’agio del suo smagliante patrimonio”. Secondo me questo è uno splendido “coccodrillo” di un potere defunto. (Eugenio Scalfari su La Repubblica di domenica 5 dicembre 2010). Sicuro che sia defunto? Se “gli italiani” ― con l’iniziale minuscola, come non si scrive neanche alle Elementari, e come nemmeno il Buttafuoco e lo Scalfari scriverebbero se non li confondesse l’inimicizia contro gli Italiani e contro il genere umano ― se “gli italiani” sono gli impotenti e i pervertiti che il Buttafuoco descrive senza che lo Scalfari dissenta, il berluscismo non finirà mai, durerà in eterno. Non solo: berluscista sarà anche l’opposizione, piena anch’essa di nauseanti “italiani” impotenti e pervertiti. E berluscisti, alla fin fine, in quanto “italiani” impotenti e pervertiti, saranno perfino il Buttafuoco e lo Scalfari medesimi. E sia, se a loro piace. Ma... anche le mamme? Anche le sorelle? Anche le figlie del Buttafuoco e dello Scalfari? Non possiamo crederlo. Forse le famiglie Buttafuoco e Scalfari, e il Buttafuoco e lo Scalfari con esse, non fanno parte de “gli italiani”, si librano al di sopra di essi come angeli del Paradiso. Forse “gli italiani” siamo solo noi. Tutti impotenti e pervertiti. In quanto “italiani”? O in quanto umani?
L’Umanità secondo il Berlusconi |
Abbronzato
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Ingiallita |
Sbiancato
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Arrossito |
Color che cosa?
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(su) Silvio Berlusconi e Vladimir Putin: È il 12 agosto 2008, l’ambasciatore Ronald Spogli prepara la visita in Italia del vicepresidente Dick Cheney. Un altro superconservatore, pregiudizialmente favorevole a un leader di destra come Berlusconi. Spogli ora sente di dover mettere in guardia Cheney. Anzitutto sull’Iran, dove “l’aderenza dell’Italia alle sanzioni Onu è complicata dagli interessi commerciali”. Ma soprattutto c’è nel dialogo tra Washington e Roma il macignoPutin: “Se in passato l’esistenza di un forte partito comunista in Italia ha dato alla Russia un livello d’influenza mai visto in altri paesi dell’Europa occidentale,” scrive l’ambasciatore al vicepresidente, “di recente il motore della relazione è il rapporto personale tra Berlusconi e Putin, basato sui rispettivi interessi commerciali, e la preferenza che Berlusconi ha per i leader dal polso duro”. Sul dossier del gas: “Le azioni dell’Eni,” avverte Spogli, “stanno rafforzando la presa della Russia sugli approvvigionamenti energetici di tutta l’Europa occidentale”. (...) I fedelissimi del premier confidano alla diplomazia americana: “Non ci ascolta, sulla Russia fa da solo”. Il dispaccio segreto raccoglie per la prima volta questo elemento nuovo: “Molti suoi collaboratori sospettano che Berlusconi e i suoi accoliti abbiano rapporti di guadagno personale con l’interlocutore russo”. (...) Spogli avverte il nuovo presidente degli Stati Uniti, Obama, che Berlusconi vorrebbe addirittura “educare il giovane ed inesperto leader americano” sui rapporti con la Russia. Che Obama stia in guardia, scrive l’ambasciatore: “Berlusconi cercherà di promuovere gli interessi della Russia”. Qui spunta quella definizione feroce: “È il portavoce di Putin. Il suo desiderio dominante è rimanere nelle grazie del russo”. (Federico Rampini su La Repubblica di domenica 5 dicembre 2010).
Maurizio Belpietro: Libero, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, in prima pagina e poi all’interno pubblica quarantacinque foto e gli indirizzi di posta elettronica dei “traditori”: dei deputati finiani e non, da Italo Bocchino a Enzo Raisi passando per Italo Tanoni, che hanno firmato giovedì scorso la mozione di sfiducia al premier. “Dite che così vi mettiamo nel mirino, ci accusate di intimidazione e di usare la carta stampata come un manganello? Dite quel che vi pare: a noi importa un fico secco”, scrive il direttore Maurizio Belpietro, che invita poi i lettori a intasare con mail di protesta le caselle di posta elettronica degli onorevoli in questione. (La Repubblica, domenica 5 dicembre 2010). Una lezione di Storia: come il partito fascista poté arrivare all’assassinio del deputato Giacomo Matteotti in una condizione di inebetimento collettivo, senza quasi rendersi conto di ciò che stava facendo, è ora molto più chiaro.
Camillo Ruini, teorico dell’“uomo forte” al potere come cura della “debolezza” dell’Italia.
La stessa “teoria” di quelli che picchiano i bambini “per temprarli” e le donne “per insegnare loro l’ubbidienza”?
Camillo Ruini: Esecutivo più forte, sistema maggioritario e federalismo. Secondo il cardinale Camillo Ruini, per correggere “la debolezza” dell’Italia il nostro sistema politico avrebbe bisogno di “un rafforzamento istituzionale dell’esecutivo, di un sistema elettorale di tipo maggioritario. E di un federalismo” che responsabilizzi le classi dirigenti locali senza nuocere all’unità della Nazione. (La Repubblica, domenica 5 dicembre 2010). Come si permette il Ruini di banalizzare così il programma della loggia P2, che conteneva molto di più?
Melandri ai Mondiali del 2006 come se li avesse vinti lei, Frassinetti all’uncinetto e Sarubbi alla ricerca di una faccia.
(sui) chierichetti veltrofioroniani del Pidì (1): Con una conferenza stampa alla Camera, i deputati del Pidì Giovanna Melandri, JeanLeonard Touadi e Andrea Sarubbi, assieme a Paola Frassinetti del Pidièlle, hanno presentato una nuova proposta didattica denominata Introduzione alle religioni. “L’appartenenza religiosa,” si legge nella proposta di legge a prima firma Melandri, che ha già visto l’adesione di 22 parlamentari di quasi tutti i gruppi, “torna a essere una delle componenti essenziali dell’identità degli uomini e delle donne del nostro tempo”. L’insegnamento dell’Introduzione alle religioni è inserito come materia di studio obbligatoria nella scuola secondaria di primo grado e nella scuola secondaria superiore. “Una nuova materia,” ha spiegato Melandri, “che, senza voler minimamente intaccare la funzione e il ruolo riconosciuti all’insegnamento della religione cattolica (Irc) dalle disposizioni concordatarie, vuole colmare la lacuna attualmente presente nella scuola circa la conoscenza delle grandi esperienze religiose di tutto il mondo”. (L’Unità, domenica 5 dicembre 2010). Che cosa ci si può aspettare da individui simili? Da una Melandri, che dal 2006 (quando sfilò per le vie di Roma su un grottesco autobus turistico, al seguito della nazionale di calcio, come se i Mondiali li avesse vinti lei) si è fatta sentire solo per attaccare lo Statuto dei Lavoratori? Da un Sarubbi, che dal 2008 è riuscito soltanto a farsi venire il mal di pancia per non aver potuto votare con la Destra su Eluana Englaro, a insultare pesantemente Ignazio Marino definendolo un Giuliano Ferrara al contrario, e (ridicolmente) ad accusare il proprio partito di aver immolato Paola Binetti sull’altare del congresso? Da individui simili ci si può aspettare solo che tentino di raddoppiare la dose di religione nella Scuola degli Italiani derubata di ore d’insegnamento e di risorse. E che, non contenti, tentino (non solo contro il Concordato, ma soprattutto contro la Costituzione) di ripristinarne l’obbligatorietà. E che, come se ciò non bastasse, nel tentativo si associno a esponenti della Destra. E che facciano questo soprattutto nella speranza di mettere in difficoltà la segreteria Bersani votata dalla maggioranza del partito. Individui simili, chiamarli chierichetti è trattarli con i guanti: pendagli da sacrestia sono, di nient’altro capaci che di fare i finti sinistri per far impazzire la Sinistra.
(sui) chierichetti veltrofioroniani del Pidì (2): In serata circa 50 tra amministratori municipali, consiglieri e parlamentari (tra loro Francesco Smedile, Salvatore Vigna, Mario Mei, Massimo Caprari, Antonella De Giusti, Guido Milana e Riccardo Milana) hanno abbandonato i lavori del congresso del Pidì romano. Perché, riferiscono, “il congresso è l’epilogo di una vicenda che dura da mesi e assesta un duro colpo alla componente non Dièsse del partito”. E lanciano anche un appello a Pier Luigi Bersani: “Ci chiediamo se possa esistere un partito riformista formato di soli ex comunisti,” dicono. (La Repubblica, domenica 5 dicembre 2010).
(su) Denis Verdini: Il me ne frego di marca fascista e squadrista non era ancora stato usato. Adesso anche quel tabù è stato infranto da Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pidièlle, pluriinquisito per reati comuni di associazione per delinquere, riciclaggio, falso in bilancio e bancarotta. Un elenco che basterebbe a imporre le sue dimissioni da ogni incarico politico, ma il boss è con lui e tanto basta. Verdini ha fatto le sue scuse al Capo dello Stato con questa spiegazione: il suo me ne frego era politico e non istituzionale. Una canzone che cantavano i fascisti di Salò diceva: “Ce ne freghiamo noi della galera”. Verdini probabilmente se ne frega della galera politicamente, ma istituzionalmente no. Ammirabile sottigliezza. (Eugenio Scalfari su La Repubblica di domenica 5 dicembre 2010).
Denis Verdini: Noi ce ne freghiamo delle prerogative del presidente della Repubblica, nel senso che politicamente pensiamo che il Colle non possa risolvere i problemi del Paese mandando a casa Bossi e Berlusconi e mettendo Casini e Bersani, che le hanno perse, al governo. (...qualche ora dopo, n.d.r....) Non volevo mancare di rispetto al Capo dello Stato. Noi conosciamo i poteri del Quirinale. Anche i partiti però hanno il loro potere, quello di mediazione tra il popolo e la politica. Voglio vedere come fa il Colle a dare l’incarico a chi le elezioni le ha perse.
(La Repubblica, sabato 4 dicembre 2010).
(su) Antonio Ruberti, Luigi Berlinguer, Letizia Moratti, Giuseppe “Beppe” Fioroni e Mariastella Gelmini: la personalizzazione del male politico, la “storia personale” è detestabile quando rientra nella grammatica pateticotelevisiva oggi imperante; è utile quando serve a cogliere il manzoniano sugo della storia, cioè il nesso tra Storia (non la provvidenza divina, ma umanissimi gruppi di potere) e storie degli individui. La Storia che va dalla riforma Ruberti (1990), al ministero Gelmini (2010) mostra la sua forza distruttiva solo se vista scorrere parallelamente alle storie degli individui che, nel frattempo, prima da studenti, poi da ricercatori, hanno lavorato per costruire un mondo opposto a quello approntatoci dai citati ministri. Mi sono iscritta all’università nel 1989, quando, infeudata tutta l’Europa alle ragioni del mercato globale, dismessi i principi e i diritti (risorse e produzione come bene pubblico, diritto all’istruzione e al lavoro) espressi dalle migliori forze che fecero l’Italia postfascista, si decise con la riforma Ruberti che le università dovevano essere non più patrimonio e risorsa comune, cioè dello Stato, ma “autonome”: né più né meno che aziende, con un bacino di consumatori cui spillare soldi (gli studenti) e di lavoratori da pagare meno possibile (i docenti). Studenti e docenti dissero no e nacque il movimento della “Pantera”, così chiamato in onore di un onesto animale fuggito da uno zoo, eroicamente resistente e inafferrabile. Più delle pantere poterono gli avvoltoi: la politica di palazzo attese in luoghi alti e sicuri che l’energia dei resistenti si esaurisse, e lo scempio dell’autonomia venne compiuto. Mi sono laureata e ho svolto un dottorato sull’aristotelismo medioevale. Leggevo nella Metafisica che le civiltà avanzate sono quelle liberate dai bisogni di base (sopravvivenza, alimentazione, distribuzione delle risorse) e che queste civiltà si sviluppano se sanno impegnare risorse per impiegare intellettuali che si dedichino solo alla ricerca, senza dover lavorare ad altro. Studiavo gli sviluppi storici di questi principi, e assistevo alla loro negazione: il ministro Luigi Berlinguer (Pds) propose di mettere a esaurimento la categoria dei ricercatori (figura di primo ingresso nei ruoli della ricerca e negli impegni di docenza) per sostituirli con figure precarie. In capo ai quattro anni del suo ministero (1996 - 2000), Berlinguer non riuscì a far passare la messa a esaurimento dei ricercatori ma scavò loro la fossa istituendo figure precarie, quindi meno costose, come gli assegnisti di ricerca, che facessero loro concorrenza nella copertura del fabbisogno di didattica e produzione scientifica degli atenei; gli assegni di ricerca vennero presentati come un favore fatto ai giovani che, dopo un dottorato di ricerca, restavano a spasso per mancanza di concorsi da ricercatore. Nel 2000 Berlinguer finiva il suo mandato e aveva precarizzato a dovere il mio futuro: finito il dottorato, e dopo due ulteriori anni di postdottorato all’estero, non fui poi così felice di vincere, con un assegno di ricerca in Italia, altri quattro anni precari. E la questione precaria esplose: la Cgil, tardivamente accortasi degli errori commessi, riuscì a scatenare una battaglia sull’articolo 18 in sé sacrosanta ma di retroguardia, poiché interessava ormai solo i “privilegiati” con posti fissi. Il 23 marzo 2002 scendemmo in manifestazione per l’articolo 18 con Cofferati: eravamo 3 milioni di persone, tutte consapevoli di non poterei più fidare del sindacato che ci portava in piazza. In ogni settore, dai call center all’università, nacquero associazioni di precari che misero il sale sulla coda ai sindacati: non dimentico, nel 2003, una manifestazione davanti al ministero della Pubblica istruzione contro un nuovo ministro, Letizia Moratti, che riproponeva di precarizzare la docenza e privatizzare gli atenei. Lo organizzammo noi allora precari; il sindacato ci venne dietro, ma una cosa era ormai chiara a tutti: nella lotta per un’università pubblica, finanziata dallo Stato e non precarizzata, non avevamo alcuna sponda, né nei sindacati, né nel centro sinistra. Nel 2004 Letizia Moratti pubblicò un manifesto ideologico dell’eterna riforma precarizzante (Il Sole 24ore, domenica 21 marzo), basato sul seguente principio: “La carriera del ricercatore, simile a quella dell’imprenditore che investe su sé stesso, non è facile”. Il ricercatore imprenditore precario fa merce di sé grazie alla “presenza di uno o più leader [?] di livello internazionale nel gruppo di ricerca ove operare, con spiccata disponibilità ad aiutare il giovane”, cioè fa carriera se piace al leader (un committente privato? una lobby economico-accademica?). Più che una “carriera... non facile” sembra un’immagine tratta da Salò, il profetico film pasoliniano in cui una classe dirigente ubriaca di potere sequestra e sevizia i giovani per soddisfare la propria libido imperii. “Questo è il mio impegno a favore di tutti i giovani meritevoli”, minacciava la Moratti, e questa è, ancora oggi, la “meritocrazia” della Gelmini contro cui i ricercatori (tra cui io, che ho vinto un posto fisso nel 2007) e le altre componenti universitarie scendono in piazza: quella dei cosidetti “cervelli”, mostri alla ricerca d’una struttura che permetta loro di esprimere un dubbio talento di secchioni: che serva a progettare la bomba H o un dentifricio alla menta, questo non riguarda il “cervello”, ma, appunto, chi lo sovvenziona. Diciamo una volta per tutte che la torbida retorica sui “cervelli in fuga” è interna alle ragioni dell’avversario, il quale cerca appunto dei bravi tecnici, ed è forse anche disposto ad offrire alla loro bovina e acritica dedizione al lavoro posti fissi e qualche soldo in più. Lottiamo, oggi e nel futuro, per un’istruzione che non ci destini a servire un sistema socioeconomico, ma ci dia gli strumenti per giudicarlo criticamente, che non ci chiuda nell’analfabetismo del gergo tecnico, ma ci permetta di comprendere culture e linguaggi lontani da noi, che non ci renda ricattabili e precari, ma indipendenti e liberi. (Sonia Gentili, ricercatrice, La Sapienza, università di Roma, su Left di venerdì 3 dicembre 2010).
Lui sì che sa come prenderla!
(su) Mariastella Gelmini: Il Ddl governativo sull’Università è passato alla Camera. Nessuno può prevedere se in seguito il Senato approverà il testo, e se mai un governo varerà i necessari decreti applicativi. Di sicuro, prossimamente, non sarà varata una “riforma” dell’Università italiana. Semmai, saranno inflitti altri dolori a un corpo in disfacimento. Il ddl è il solito miscuglio di chiacchiere senza copertura (la “meritocrazia’’!) e pessime intenzioni. Prendiamo il punto centrale. Attualmente il ruolo di ingresso nella docenza universitaria è quello del ricercatore, con compiti di studio e di insegnamento complementare (eventualmente cattedratico, su affidamento della facoltà). È un ruolo a tempo indeterminato, cui si accede per concorso (un concorso molto serio fino a due anni fa: poi alquanto facilitato, per un disegno i cui motivi sono oggi chiari), e solo dopo un triennio di prova (con giudizio di conferma; a proposito di “valutazione”: io sono oggi professore ordinario dopo avere vinto tre concorsi e superato tre giudizi di conferma, in totale sei “valutazioni” scientifiche da parte di sei commissioni nazionali di esperti, ogni volta diversi). Il ddl sopprime il ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato e lo sostituisce con contratti triennali, rinnovabili una sola volta. Poi lo studioso dovrà presentarsi a eventuali concorsi per professore. Ma gli ateneì vorranno o dovranno investire in meno costosi nuovi posti da ricercatore a tempo determinato. E il giro ricomincerà. Nel segno di una progressiva precarizzazione dell’intera docenza universitaria. Lo stesso ddl prevede un investimento specifico (non si sa con quale copertura) soltanto per la promozione di alcuni attuali ricercatori a professori associati (seconda fascia). Mentre è già praticamente impossibile, per mancanza di fondi, sostituire gli ordinari (prima fascia) che vanno in pensione. È un mutamento di fondo nello status del docente universitario. Mentre fino a oggi la sua carriera era modellata su quella tipica del funzionario statale (concorso nazionale di ingresso e assunzione a tempo indeterminato), da domani assomiglierà piuttosto a quella dell’addetto a un call center (chiamata diretta e assunzione a tempo determinato). Anche un bambino capisce che la qualità della ricerca scientifica, soprattutto nelle scienze umanistiche, sarà drammaticamente penalizzata dall’insicurezza. Chi mai potrà dedicarsi a studiare la filologia provenzale, o la filosofia del Rinascimento, o l’arte del Vicino oriente antico, senza avere nemmeno una ragionevole chance di farne la professione della vita? Ma questo non interessa a governanti cui è stata attribuita, credibilmente, l’idea che “la cultura non si mangia”. Il 2011 non ci porterà una “riforma” dell’Università, perché la vera riforma c’è già stata. Ed è quella prodotta dal combinato disposto fra “autonomia” degli atenei (leggi: deresponsabilizzazione dello Stato, come premessa alla dismissione dell’università pubblica) e ordinamento 3+2 (leggi: dequalificazione degli studi). La riforma eurocratica e bipartitica (vero, compagno Bersani?) ha definitivamente liquidato l’università di tradizione borghese, pensata per l’alta formazione di classi dirigenti nazionali (la professione intellettuale come esercizio di egemonia nelle dimensioni concrete del sapere), per sostituirla con una università orientata al mercato: “vendere” agli studenti competenze e abilità affinché essi possano poi “vendersi” sul mercato globale. Si è passati dal Beruf all’occupability: dalla lingua di Max Weber all’italocanadese di un Marchionne qualsiasi. Fatta la riforma, bisogna però imporla a chi nell’Università studia e lavora. Nonostante le larghe complicità interne, la cosa si è rivelata più difficile del previsto. L’asfissia finanziaria fa collassare corsi di laurea, facoltà e atenei. Le lauree triennali sono pezzi di carta. Le specialistiche non specializzano. I dottorati sono un binario morto. I “cervelli” fuggono altrove. In poche parole: non se ne può più. I professori scioperano, i ricercatori si rifiutano di fare da tappabuchi, i precari salgono sui tetti, gli studenti occupano aule e corridoi. Intanto un Caimano urla che la protesta vuole difendere “i privilegi dei baroni”. Dobbiamo ridere o piangere? La protesta continuerà, perché fra la gabbia mercatista della riforma e il “vivo” lavoro intellettuale, che risiede nell’università e intorno ad essa, la contraddizione è insanabile. Hanno voluto (dovuto?) gettare l’università nella contraddizione globale tra la violenza del mercato e l’indisponibilità radicale dei beni comuni (terra e acqua, lavoro e sapere). Ne pagheranno le conseguenze. (Giorgio Inglese, professore di Letteratura italiana, La Sapienza, università di Roma, su Left di venerdì 3 dicembre 2010).
Per la serie Facce da clausura: Eugenia Roccella.
(su) Eugenia Roccella: Eugenia Roccella si dedica al saldo dei conti in sospeso con gli infedeli. Seguendo alla lettera il detto secondo cui la vendetta è un piatto che va mangiato freddo, eccola istituire con la complicità del Consiglio dei ministri la Giornata nazionale degli stati vegetativi proprio il 9 febbraio, giorno della fine di Eluana Englaro: “Questa data ricorda a tutti noi l’anniversario della morte di una ragazza affetta da disabilità grave la cui vita è stata interrotta per decisione della magistratura,” ha detto la Roccella annunciando la sua decisione. E condensando in due righe un’affermazione antiscientifica (pubblicazioni riconosciute in tutto il mondo dimostrano che lo stato vegetativo permanente, svp, nulla ha a che vedere con la disabilità grave, sottolinea in una nota il presidente della Consulta di bioetica, Maurizio Mori), e le peggiori offese nei confronti dell’autodeterminazione della ragazza rimasta in svp per 17 anni, di cui 16 con la corteccia cerebrale completamente “bruciata”, nonostante avesse espresso la volontà di non essere sottoposta ad accanimento terapeutico. Ma offendendo anche la Costituzione, che all’articolo 32 vieta l’accanimento, con 8 sentenze in 11 anni a confermarlo. (Left, venerdì 3 dicembre 2010).
Lo Zaia (a sinistra) e lo Scola (a destra) con alcuni splendidi frutti dei loro “luoghi unici di dialogo e di incontro,
dove vengono trasmessi, soprattutto ai giovani, quei valori e quegli ideali che appartengono alla nostra storia e alla nostra cultura”.
(su) Luca Zaia, Massimo Giorgetti, Angelo Scola e tutta la ditta Bertone Ratzinger: Il Veneto alluvionato non rinunzia a finanziare chiese e oratori. Nei giorni successivi al disastro di novembre, mentre il governatore Luca Zaia chiedeva sostegno e contributi speciali al governo (“prima noi e, solo dopo, Pompei”), l’assessore pidiellìno ai Lavori pubblici, Massimo Giorgetti, annunciava un contributo di due milioni e duecentomila euro “per il restauro e la manutenzione delle chiese e dei patronati”. Spiegando che si tratta di “luoghi unici di dialogo e di incontro, dove vengono trasmessi, soprattutto ai giovani, quei valori e quegli ideali che appartengono alla nostra storia e alla nostra cultura”. I primi a saltare sulla sedia sono stati quelli dell’Unione atei e agnostici razionalisti di Verona, che hanno parlato di “clientelismo elettorale”. Non ci va leggero neanche Nicola Atalmi, della Federazione della sinistra, che da consigliere regionale aveva già sollevato il caso dei cappellani sul libro paga degli ospedali e consegnato a marzo al patriarca di Venezia Angelo Scola e all’assessore alla Sanità dell’epoca duemila firme contro l’assunzione di 96 preti nelle Asl come consulenti spirituali: “Questo del finanziamento alle chiese, che beneficiano già dell’8 per mille, è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi. Negli anni, la Regione è stata costretta a tagliare capitoli importanti della spesa sociale, ma ha sempre trovato i fondi per una particolare forma di assistenza ai sacerdoti «in tarda età»”. Il contributo, tre milioni e mezzo nel 2008, “non va direttamente agli anziani religiosi, che peraltro ricevono una regolare pensione, ma all’ottantina di comunità religiose che li ospitano e assistono”. (Venerdì di Repubblica, 3 dicembre 2010).
(su) Silvio Berlusconi e tutti i berluscìsti: La maggioranza spinge per la chiusura di Montecitorio da oggi fino al 13, cioè fino al voto di fiducia. Uno stop strategico, una sospensione dei lavori propedeutica a mettere al riparo il governo da nuovi agguati. (La Repubblica, giovedì 2 dicembre 2010). I berluscìsti chiudono il Parlamento a loro ostile e nessuno protesta? E cosa aspettano, i carri armati per le vie di Roma?
Come se non sapessimo fino alla nausea cosa pensate davvero l’uno dell’altra e viceversa...
Hillary Rodham Clinton: Non abbiamo un amico migliore di Silvio Berlusconi, che ha sempre sostenuto le amministrazioni Clinton prima, poi Bush e ora Obama. Con lui abbiamo relazioni di alto valore... Il sostegno sempre generoso in Afghanistan... L’impegno, con il presidente Sarkozy, per la stabilizzazione in Georgia... Sia i democratici sia i repubblicani sanno di poter contare sul primo ministro italiano. (La Repubblica, giovedì 2 dicembre 2010).
(su) Giorgio Napolitano: Napolitano scrive al Csm e raccomanda ancora una volta prudenza ed estremo “riserbo” sulle pratiche a tutela dei giudici. Sulla cui “natura ed efficacia” non nasconde le sue “perplessità” perché esse rischiano di risolversi “in una dichiarazione unilaterale esposta al rischio di un’ulteriore spirale polemica”. I “laici” di centrodestra gli avevano scritto per protestare sulla pratica a favore di Fabio De Pasquale, il “famigerato pm”, come lo definì Berlusconi a Milano alla festa del Pidièlle. Ora loro sono soddisfatti. Lo stesso i pidiellìni Cicchitto e Quagliariello, per i quali Napolitano va nella giusta direzione. Al Csm chi avrebbe voluto discutere già ieri la pratica su De Pasquale in plenum ha dovuto retrocedere, visto che, dice Napolitano, siamo “in una fase delicatissima della vita istituzionale”. (La Repubblica, giovedì 2 dicembre 2010).
Lo sguardo di Bernardo Bertolucci e lo sguardo di Mario Monicelli.
Bernardo Bertolucci: Voglio ricordare insieme la sua modestia e la sua cattiveria. Un giorno lo presentai a Mark Peploe: “Mark, lui è il grande Monicelli”. Lui mi rispose: “Attento, Bernardo: queste sono parole che diminuiscono”. (La Repubblica, giovedì 2 dicembre 2010). Forse, Bernardo, volevi dire: “Un giorno gli presentai Mark Peploe: grande Mario, mi permetti di presentarti Mark Peploe?” Altrimenti, Bernardo, vuol dire che il vizio di tentare di diminuirlo non ti è passato.
Mariastella Gelmini: Credo che l’approvazione della riforma dell’Università sia uno dei fatti più importanti della legislatura. Si tratta di una riforma indispensabile e urgente. Spiace averla fatta in un clima di tensione sociale. Se ci fosse stato un confronto costruttivo con l’opposizione, queste contestazioni così pesanti non ci sarebbero state.
(La Repubblica, mercoledì 1° dicembre 2010).
Silvio Berlusconi: Gli studenti veri sono a casa a studiare, quelli che protestano sono dei centri sociali e fuori corso. (La Repubblica, mercoledì 1° dicembre 2010). E Noemi Letizia e Ruby Rubacuori? Hanno abbandonato gli studi?
La parte superiore della parte inferiore di Giuseppe “Beppe” Fioroni.
Giuseppe “Beppe” Fioroni: Una fetta della maggioranza interna, da D’Alema a Enrico Letta, si pone il tema di come non regalare l’Italia a Berlusconi. Direi che il vero asse è questo: riprendere l’orgoglio del Pidì e fare scelte chiare. (La Repubblica, mercoledì 1° dicembre 2010). Non c’è niente da fare: la faccia come il sederino del Fioroni è inarrivabile. Gliel’hanno regalata praticamente tutti, l’Italia al Berlusconi, e più di tutti gliel’hanno regalata i chierichetti fintisinistri, iperliberisti e padronisti di cui il Fioroni medesimo (col suo compare Veltroni) è uno dei principali capibastone... Perché mai Bersani non dovrebbe avere il diritto di regalargliela anche lui, si può sapere?
(su) Benito Mussolini: Anche a me di rado sale dal petto un impeto contro di lui al pensiero della rovina a cui ha portato l’Italia e della corruttela profonda che lascia nella vita pubblica: persino nell’esercito, persino nei carabinieri. (...) Ma pure rifletto talvolta che ben potrà darsi il caso che i miei colleghi in istoriografia si metteranno a scoprire in quell’uomo tratti generosi e geniali, e addirittura imprenderanno di lui la riabilitazione, e fors’anche lo esalteranno. Perciò mentalmente m’indirizzo a loro, colà, in quel futuro mondo che sarà il loro, per avvertirli che lascino stare, che resistano alla seduzione delle tesi paradossali e ingegnose e “brillanti”, perché l’uomo, nella sua realtà, era di corta intelligenza, correlativa alla sua radicale deficienza di sensibilità morale, ignorante, di quella ignoranza sostanziale che è nel non intendere e non conoscere gli elementari rapporti della vita umana e civile, incapace di autocritica al pari che di scrupoli di coscienza, vanitosissimo, privo di ogni gusto in ogni sua parola e gesto, sempre tra il pacchiano e l’arrogante. Chiamato a rispondere del danno e dell’onta in cui ha gettato l’Italia, con le sue parole e la sua azione e con tutte le sue arti di sopraffazione e corruzione, potrebbe rispondere agli Italiani come quello sciagurato capopopolo di Firenze. di cui ci parla Giovanni Villani, rispose ai suoi compagni di esilio che gli rinfacciavano di averli condotti al disastro di Montaperti: “E voi, perché mi avete creduto?”. (Benedetto Croce, Diari, 2 dicembre 1943, citati dalla signora Nicoletta Nicolini in una lettera a Corrado Augias, La Repubblica, martedì 30 novembre 2010).
L’Italia dalle origini a oggi e dalle stelle alle stalle.
Silvio Berlusconi: Non guardo a quello che rivelano funzionari di terzo o quarto grado ispirati dalla lettura dei giornali di sinistra. Le cose che vengono dette fanno male all’immagine del nostro Paese. Io una volta al mese do delle cene, nelle mie case, dove tutto avviene in modo corretto, dignitoso ed elegante. Non frequento i cosiddetti wild parties. Magari sono anche divertenti, ma non so che cosa siano. Che cosa può spingere una ragazza a dichiararsi prostituta davanti al mondo e quindi da un lato non avere più la possibilità di un lavoro o di un marito normale, dall’altro non poter fare nemmeno più la prostituta perché nessuno se ne fiderà più? Sono pagate per parlare. (La Repubblica, martedì 30 novembre 2010). Ecco un individuo sinceramente stupito nello scoprire che anche una prostituta è un essere umano, è una donna e ha la propria dignità. Se non avesse fatto e non facesse quel che fa da almeno trent’anni, lei non sarebbe che da compiangere, povero signor presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
(su) Nicola “Nichi” Vendola: Ognuno naturalmente si forma una qualche ― più o meno gratificante ― idea di sé... Al Tg de La7, per esempio, a proposito della condanna papale dell’omosessualità, Vendola ha detto: “Nella mia fede non è contemplato il dogma dell’infallibilità del Papa... Credo che la Chiesa, nei suoi vertici, abbia bisogno di fare ancora un cammino”. Da Daria Bignardi, alla domanda su cosa pensasse del giudizio di Ratzinger sull’omosessualità come “male morale”, Vendola ha risposto: “Il Papa deve fare ancora un cammino”. LUI LO SA!!! Nichi Vendola come Dio? (Segnalazioni, martedì 30 novembre 2010).
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Franco Frattini: Vedremo cosa uscirà più avanti da WikiLeaks, perché potrebbe essere di interesse per Bersani. Walter Veltroni e Massimo D’Alema: È stato Veltroni a commentare con uno sguardo eloquente e non elogiativo la salita di Bersani sul tetto di Architettura. A quello sguardo D’Alema ha risposto con il silenzio. Ecco, le indiscrezioni dicono che sia D’Alema sia Veltroni, magari partendo da punti di vista diversi, hanno oggi dei dubbi sul ruolo e sulla forza del segretario. (La Repubblica, martedì 30 novembre 2010). Più odiato dai peggiori, più amato dai migliori. Con buona pace del Vendola: non è su di lui che il Frattini sputa veleno, e non è lui che il Veltroni e il D’Alema devono togliere di mezzo per dare il colpo di grazia al Partito democratico e alla Sinistra italiana.
(su) Maurizio Sacconi: L’8 settembre il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, viene contestato e sfiorato da un lacrimogeno lanciato da una studentessa alla Festa del Pidì di Torino. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, commenta: “È un atto gravissimo non solo in sé, ma anche perché può rappresentare il ritorno di una stagione di violenza politica”. Il 30 settembre un gruppo di operai e di funzionari della Fiom lancia uova contro la sede della Cisl di Treviglio. Sacconi: “L’odiosa manifestazione della Fiom è un atto gravissimo che si inserisce nella campagna di odio promossa dalla sinistra contro il sindacato riformista”. Il 6 ottobre viene colpita con uova e vernice rossa la sede nazionale della Cisl. Sacconi: “La solidarietà del governo alla Cisl è forte. Troppa sottovalutazione, troppo perdonismo, preparano solo attentati più gravi e l’affievolimento della democrazia. Adesso basta!” Il 15 ottobre uova contro due sedi di Cisl e Uil. Sacconi: “Quo usque tandem? Proseguono le azioni ostili nei confronti della Cisl e della Uil. Esse sono opere di un’Italia minore per dimensione rappresentativa e per qualità intellettuale, spesso a causa di cattivi maestri e di cattivi genitori”. Ieri, secondo la cronaca dell’Ansa, “un ordigno di discreto potenziale, forse una bomba carta, è stato fatto esplodere davanti alla sede della Camera del lavoro di Castel di Lama”. Le Camere del lavoro sono le sedi della Cgil. E Sacconi non ha detto niente. Perché? (Roberto Mania su La Repubblica di martedì 30 novembre 2010). Forse perché da chi si è fatto sacco, a differenza che da chi ha avuto cura della propria umanità, altro non può uscire che ciò che vi è stato versato da cattivi maestri e da genitori anche peggiori?
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