Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
Meglio Ridere!
la Pagina di Quelli che fanno Piangere... nel mese di gennaio del 2010!
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In questa pagina raccogliamo le parole di chi vorrebbe farci piangere. E cerchiamo, invece, di riderne. Torna spesso: troverai sempre delle novità, perché questa è gente che una ne pensa e cento ne dice! E se vuoi segnalarci qualche “perla” che ci è sfuggita... |
(su) Silvio Berlusconi, Ignazio La Russa e Guido Bertolaso: Si sta disossando lo Stato. Mentre si discute di riforme costituzionali, la struttura dello Stato sta infatti cambiando sotto i nostri occhi distratti: lo Stato si sta “esternalizzando” con conseguenze gravi sulla dislocazione del potere e sugli equilibri costituzionali. Negli scorsi giorni, nella disattenzione generale, è stata approvata la creazione della “Difesa Spa”, che centralizzerà gli acquisti e gli approvvigionamenti necessari al funzionamento di tutte le Forze armate in una società per azioni. Analoga operazione verrà discussa e probabilmente approvata in Senato mercoledì prossimo per la creazione della “Protezione Spa”, responsabile di tutte le operazioni di qualsivoglia tipo effettuate dalla Protezione civile. Immaginiamo che altre società sorgeranno nei vari settori della Pubblica amministrazione. Le operazioni di queste nuove entità, la provvista dei fondi necessari, l’accensione di mutui bancari e tutto ciò che è necessario al loro funzionamento saranno disposti mediante ordinanze, veri e propri decreti legge che non approdano in Parlamento ma diventano immediatamente esecutivi. La loro firma spetta al ministro competente o addirittura al presidente del Consiglio e, oltre a scavalcare il Parlamento, scavalca anche il Capo dello Stato. La Corte dei conti interviene più come organo di consulenza che come organo di controllo. (Eugenio Scalfari su La Repubblica di domenica 31 gennaio 2010). Quanti sanno che da quindici giorni l’Italia è in “stato di emergenza”? Colera? Nuove sciagure nel Paese? No: “A seguito del sisma verificatosi nel territorio della Repubblica di Haiti”. Testuale in un decreto del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, emanato in data 13 gennaio 2010 (l’indomani, cioè, del disastro avvenuto all’altro capo del mondo) e immediatamente pubblicato dalla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana. La formale spiegazione della stupefacente decisione è contenuta in una lunga serie di “considerata”: che l’Italia “partecipa alle attività di assistenza e soccorso alle popolazioni colpite” dal terremoto; che la situazione è “in continua evoluzione”, ciò che suppone “la ineludibile esigenza di una continua base di assistenza”; e che bisogna assicurare “l’urgente attivazione di interventi in deroga all’ordinamento giuridico, anche comunitario”. (Giorgio Frasca Polara su Terra di domenica 31 gennaio 2010). Ciò che distingue il nuovo Fascismo dal vecchio (a parte l’incubazione nella Lega Nord di un nazismo nostrano, che non è necessario importare dall’estero) è soprattutto il fatto che non potendo dichiarare guerre (almeno finché non deflagrerà il cosiddetto scontro di civiltà che attivamente contribuisce ad alimentare) deve e dovrà sempre più sfogare all’interno ― su capri espiatori, per così dire, indigeni ― la violenza che le sue stesse prepotenze alimentano e alimenteranno fino al parossismo. Il cosiddetto “stato di emergenza”, in questo quadro, ben più che un “semplice” strumento di potere, appare come una sorta di magia cerimoniale, di rito propiziatorio auspice di catastrofi, più o meno naturali o artificiali, da combattere come vere e proprie guerre contro le loro stesse vittime... Cosa? Sì, lo sappiamo che questa rubrica si chiama Meglio ridere, e stavamo appunto per farlo. In che modo? Raffigurandoci il Berlusconi che tra sé e sé pensa al Bertolaso (o al La Russa, o al Gasparri, o a un altro della stessa risma) come al suo ometto. E il Bertolaso che lo sa benissimo, e che tra sé e sé lo vive come una sorta d’interno scodinzolìo che però non può quasi mai godersi in santa pace, perché ha troppa paura che se ne accorgano i suoi ometti. E così via.
Silvio Berlusconi: Dio vede che nel mondo c’è confusione e invia di nuovo Gesù. Ma dopo trentatré anni Gesù non torna in Paradiso. Passano cinquanta, sessanta, cento anni, fino a che Dio sente bussare alla porta e apre. Vede un anziano che gli dice: “Papà, sono Gesù”. E Dio: “Ma io ti aspettavo tanti anni fa...” E Gesù: “Sai, sulla Terra sono cambiate tante cose. La pena di morte è stata abolita, e così questa volta mi hanno dato l’ergastolo”. (La Repubblica, sabato 30 gennaio 2010). Non ne sia così sicuro, il Berlusconi. Può darsi che per questo “Gesù” la rimettono, la pena di morte. Specialmente se si accorgono che è uno che ha fatto finta di essere Gesù.
Per la serie Vennero per suonare e furono suonati: un Ermellino che invece di farsi prendere ha preso. Un ratto.
Silvio Berlusconi (ai magistrati che incontrava dopo aver ascoltato la relazione del presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, al quale il governo ha da poco prorogato di un anno il pensionamento): Avete visto? Sul processo breve ha dato ragione a noi! Ah, ma come siete belli con quegli ermellini addosso! (La Repubblica, sabato 30 gennaio 2010). Sarà. Ma tu non vendere la pelle dell’ermellino prima di averlo preso, Berlusconi.
Emma Marcegaglia (presidente della Confindustria): Fino a oggi il governo senz’altro ha fatto il massimo possibile. Il rigore del ministro Tremonti ci ha evitato di ritrovarci come la Grecia. Dove sarebbero andati i conti se si fossero fatti interventi fiscali costosi come, per esempio, la detassazione delle tredicesime? Oggi il rischio è quello dei debiti sovrani: qui non si parla d’altro. Ieri sera, a una cena importante, ci si chiedeva: l’Italia sarà la prossima? La risposta è stata no. Ora bisogna avere pochi e chiari obiettivi, senza interventi spot. In concreto, occorre cambiare ottica e puntare su una riforma di scuola e università, sulla leva fiscale a favore della ricerca, su una semplificazione selvaggia della burocrazia. Per far questo ci vuole però un’alleanza tra le forze sane del Paese e l’opinione pubblica. (La Repubblica, sabato 30 gennaio 2010). E chi sarebbero le forze sane, la Marcegaglia, i padronacci e padroncini amici suoi e il governo degli amici del Dell’Utri? I distruttori della Scuola degli Italiani? I nemici della Costituzione e della Giustizia? Gli smantellatori dello Stato a favore dell’antiStato? Se le forze sane sono queste, meglio il cancro.
(su) Sandro Bondi e Mariastella Gelmini: Bondi si starebbe dedicando anima e corpo al progetto di una nuova fondazione con Mariastella Gelmini. Una fondazione di fedelissimi del Cavaliere, a cui Berlusconi ha suggerito di cambiare il nome (Ad libertatem invece di Erasmus) che nascerebbe il 27 marzo, anniversario della “storica” vittoria del ’94. (La Repubblica, sabato 30 gennaio 2010). Che coppia, il Bondi e la Gelmini. Se si scambiano le parti.
Silvio Berlusconi: Una riduzione degli extracomunitari significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere della criminalità. (La Repubblica, venerdì 29 gennaio 2010). Come fa a sapere che gli Extracomunitari vanno a ingrossare le schiere della criminalità? Per caso sono lui e il Dell’Utri gli addetti alle assunzioni?
Per la serie Cliccale, se hai coraggio: Le inquietanti curvature di Letizia Moratti e Mariastella Gelmini.
(su) Mariastella Gelmini: Con il ministro Gelmini siamo finiti a far di conto e basta. Certamente, non è un beneficio da poco alleggerirsi del fanatismo di chi pretende di insegnarti il tuo lavoro senza averlo mai fatto, ma è una piccola consolazione. Alla fine, tutta la faccenda si risolve in questo dato di fatto: la riforma della Scuola la fanno i ministri economici. Ai ministri della Pubblica Istruzione il compito non facile di fornire un’apparenza di sistematicità ai tagli assestati con l’accetta dai colleghi dell’Economia. (Giuseppe Benedetti su left 4 di venerdì 29 gennaio 2010). Compito non facile, certo, ma graditissimo: basta guardarle per vedere che queste son donne che godono a tagliare.
Per la serie Uomini mancanti: uno di essi.
(su) Walter Veltroni (intombatore della Sinistra italiana ma non in grado accorgersi di esserlo): Mentre il Pidì naviga nel discredito, Veltroni va in giro per quei centri elevatissimi della cultura e della politica nazionali che sono i salotti tv della Ventura e della D’Urso e sospira che “il problema sono gli uomini, ci mancano gli uomini...”. (Marcantonio Lucidi su left 4 di venerdì 29 gennaio 2010). Noi, francamente, non lo prenderemmo troppo in giro per queste sue frequentazioni. Certo, sarebbe stato meglio se il livello a lui più consono l’avesse scoperto già qualche anno fa.
Ma meglio tardi che mai.
Sergio Chiamparino (piddìno franceschìno sindaco di Torino): Sergio Chiamparino, in una serie di interviste ha proclamato “il fallimento del Pidì” (a Il Riformista), ha disegnato un nuovo soggetto politico, un Ulivo bis (a La Stampa e l’Espresso) e ha fatto balenare una sua candidatura alla leadership nel 2013. (La Repubblica, venerdì 29 gennaio 2010). Traduzione: Mi candiderò alla leadership di un partito fallito e proporrò il partito fallito come perno di un Ulivo bis. Chi non lo trova, più che stupido, grottesco, mi segua.
Per la serie Muoia Sansone con tutti i Berluskei: Silvio Berlusconi rapinato della chioma sotto gli occhi della scorta e del Ghedini.
(su) Silvio Berlusconi e Mariastella Gelmini: Nuovo giallo sui capelli di Silvio Berlusconi. In cinque giorni sono stati immortalati dai fotografi in tre “versioni” diverse. Sabato, al matrimonio del ministro Mariastella Gelmini, l’aspetto della capigliatura del premier era quello abituale degli ultimi anni. Lunedì, quando si è recato all’ospedale San Raffaele per una visita, la testa di Berlusconi era nettamente più “scoperta”. Ieri mattina, alla cerimonia del Giorno della Memoria, i capelli di Berlusconi sono tornati alla “normalità”. (La Repubblica, giovedì 28 gennaio 2010).
Il “giallo” è già risolto. È stata la Gelmini, ormai “intossicata” dai tagli (cutaddicted) a furia di furiosamente “evirare” la Scuola degli Italiani, a tagliare la chioma del Berlusconi. Ed è stato il Tremonti, che della Gelmini è una sorta di “badante”, a ordinarle di restituirglieli. Ma la povera Gelmini, quando nella Scuola non ci sarà più da tagliare, che cosa taglierà? Se fossimo il neomarito, pretenderemmo letti separati. Non si sa mai.
(su) Silvio Berlusconi, Nicolò Ghedini, Angelino Alfano e il loro cosiddetto processo breve: Splende lo stile gangsteristico: il testo votato dalla Camera alta è una pistola alla tempia del Paese; e nella pentola stregonesca bolle un’altra idea, riesumare l’immunità parlamentare. (...) Ma siccome la malattia era radicata, morbus italicus, sopravvengono metastasi: fingendosi uomo nuovo, (nel 1994, n.d.r.) l’avventuriero parassita dei partiti morti raccoglie l’eredità, donde un lungo riflusso; nel sedicesimo anno dall’intrusione imperversa senza ritegno. (...) I gruppi Pdl li abbiamo visti, automi parlanti al cenno del padrone, qualunque cosa ordini. (...) Sessantadue anni fa nessuno pensava che saremmo diventati armenti d’uno strapotente pirata. (...) Norme simili nascono morte, secondo la Costituzione vigente, salvo prendere piede, perché avvento e caduta degli ordinamenti sono puro fatto: non sarebbe la prima volta che soperchierie diventano legge; e divus Berlusco può riuscirvi, con tutti quegli sgherri, così ricco, padrone delle lanterne magiche. (Franco Cordero su La Repubblica di giovedì 28 gennaio 2010). Cordero non ci permettiamo di commentarlo, naturalmente, neanche per cercar di trovare qualcosa da ridere nel foschissimo quadro che sapientemente traccia. Proviamo solo a immaginare (ma non fa ridere) che il puro fatto
al divus Berlusco gli si ritorca contro. Ché il puro fatto è a volte una testa matta.
Sandro Bondi (ex comunista, ex forzaitaliòta, oggi pidiellìno e ministro della Cultura senza un soldo in cassa), Maurizio Gasparri (ex neofascista, ex aennìno, attualmente pidiellìno e presidente dei pidiellìni senatori), Fabrizio Cicchitto (ex craxista, ex forzaitaliòta, oggi pidiellìno capogruppo alla Camera), Gaetano Quagliariello (pidiellìno vicecapogruppo in Senato), Osvaldo Napoli, Enrico Costa, Daniele Capezzone e Giorgio Stracquadanio (pidiellìni assortiti) commentano la decisione dei Magistrati italiani di abbandonare l’inaugurazione dell’Anno giudiziario quando parlerà il rappresentante del governo: Profonda e oltraggiosa lesione dell’ordine democratico (Sandro). Atteggiamento estremista e mancanza di rispetto per le istituzioni (Maurizio). Iniziativa politica e corporativa (Fabrizio). Iato incolmabile tra i magistrati che lavorano ogni giorno e l’oligarchia che pretende di rappresentarli (Gaetano). Diserzione e fuga: così mostrano cos’è per loro il dialogo (Osvaldo). Schiaffo ai cittadini (Enrico). Disprezzo per il popolo sovrano (Daniele). L’Associazione nazionale magistrati è un’associazione sovversiva che dimostra la sua natura insurrezionale (Giorgio). (La Repubblica, giovedì 28 gennaio 2010).
Per la serie Meglio mal accompagnata che la sòla che è da sóla: Renata Polverini.
(su) Renata Polverini: Francesco Storace e Andrea Augello sono oggi i pilastri della sua campagna elettorale. La stessa coppia che ha governato la regione Lazio tra il 2000 e il 2005. (...) Un debito non certificato di circa 10 miliardi di euro prodotto da negligenze, affari e malaffari. Eppure volevano vendere gli ospedali. Erano gli anni in cui una dirigente Asl, nota ai più come lady Asl, viveva in un appartamento di lusso allo Sheraton grazie ai soldi pubblici che non sempre in modo lecito guadagnava. Prosperavano società finanziarie dalla dubbia moralità e dalla tanta liquidità: rastrellavano fatture dai fornitori della Regione a prezzo più basso, le conservavano e poi le esigevano con gli interessi maturati. Tutto ciò perché allora la Regione pagava chi capitava, senza rispettare i tempi dovuti e senza controllare la legittimità dei creditori. (...) In quegli anni è esplosa la sanità privata. Un pezzo di questa era nelle mani di celebri imprenditori operanti anche nel mondo dei media, tra cui la famiglia Angelucci, il cui padre è oggi parlamentare del Pidièlle. (...) Negli anni bui del Lazio la società Panigea, legata a Daniela Di Sotto, ex moglie di Gianfranco Fini, ottenne l’accreditamento in tempi rapidissimi (sette giorni, pare). Vi lavorava anche un altro fedele finiano, Cosimo Proietti, nonché la moglie del fratello dell’attuale presidente della Camera, medico che lavora per gli Angelucci. (...) Renata Polverini, dunque, presentata agli elettori come il nuovo volto della destra riformista, moderata e ragionevole, decide di affidarsi proprio ai protagonisti principali di quella stagione politica. (Luigi Nieri, assessore al Bilancio della regione Lazio, su Terra di giovedì 28 gennaio 2010). Povera Polverini, a qualcuno dovrà pur affidarsi, se è vero, come si dice in giro, che da sóla è una sòla.
(su) Massimo D’Alema: Il Manifesto ha ripubblicato ieri “La volpe del Tavoliere”, un editoriale dello scomparso Luigi Pintor molto critico con Massimo D’Alema, uscito quattordici anni fa. Pintor, dopo avere ricordato la caduta del primo governo Berlusconi, scriveva: “D’Alema ci rassicura in interviste quotidiane e incredule assemblee che non farà porcherie, ma solo democratiche intese e governi conseguenti”. E concludeva: “Non c’è bisogno di aspettare per credere, le ipotesi di crisi bicefale, governi a mezzadria, maggioranze cumulative e trasversali, commerci costituzionali e legislativi, mascherate presidenzialiste, sono porcherie già consumate per il solo fatto di essere formulate”. (La Repubblica, giovedì 28 gennaio 2010). Come se il Veltroni, con tutta la parrocchietta sua, avesse fatto diverso.
Almeno il D’Alema non si fa vedere in pubblico, mentre si genuflette e striscia.
Il La Loggia e lo Schifani dovrebbero essere sul Guinness dei primati: il primo come l’unico, nella Storia dell’Umanità,
che abbia avuto per autista un presidente di Senato; il secondo come miglior guidatore di tutti i Tempi.
(su) Renato Schifani (pidiellìno presidente del Senato): Renato Schifani nomina Enrico La Loggia presidente della commissione bicamerale per il federalismo fiscale. (La Repubblica, giovedì 28 gennaio 2010). Be’, visto che lo Schifani del La Loggia fu l’autista siculo, la storiella è edificante: dimostra che in Italia c’è mobilità sociale, il povero può diventare principe, il principe povero. Solo i rospi restano sempre rospi. Dovunque li si metta.
(su) Pierferdinando Casini e tutto il cucuzzaro Uddiccì: Noi facciamo opposizione in modo chiaro e deteerminato. L’Uddiccì fa meretricio, si offre al miglior offerente. C’è una bella differenza. (Antonio Di Pietro, citato da La Repubblica di giovedì 28 gennaio 2010). Ci dispiace per Di Pietro, ma il Casini in fatto di meretricio è al di sopra di ogni sospetto: ha sposato la figlia di uno dei più ricchi banchieri d’Europa, non ha alcun bisogno di vendersi.
Per la serie Dormite un po’ di più, ché vi fa bene: Andrea Rognoni.
(sui) Portatori di moccichino verde che pullulano da ogni anfratto: Rigurgiti di antisemitismo, nel Giorno della Memoria, anche durante una trasmissione di Radio Padania. Col conduttore, Andrea Rognoni, che ha offeso la memoria di Anna Frank, giovane vittima della Shoah. (La Repubblica, giovedì 28 gennaio 2010).
Uno che non si accontenta di far di nome Rognoni: vuol esser anche Carognoni.
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Per la serie Stendiamo un burqa pietoso: Roberto Cota, Emanuela Baio, Pierluigi Mantini, Souad Sbai,
Roberto Calderoli, Mara Carfagna ed Emma Bonino.
Roberto Cota (leghista, portatore di moccichino verde e capogruppo leghista alla Camera), Emanuela Baio (piddìna monachella), Pierluigi Mantini (uddiccìno), Souad Sbai (pidiellìno), Roberto Calderoli (leghista, portatore di moccichino verde e ministro per la Semplificazione), Mara Carfagna (pidiellìna ministro per le Pari opportunità) ed Emma Bonino (radicale, candidata alla presidenza della regione Lazio) esternano sul burqa: Tra Senato e Camera sono cinque i disegni di legge che, con piccole differenze, mirano a vietare burqa e niqab. Tutti intervengono sull’articolo 5 della legge 1975/152, che vieta di coprirsi il volto con fazzoletti e caschi da moto nei luoghi pubblici. Uno è targato Lega Nord (primo firmatario: Roberto Cota), due Pidì (Emanuela Baio al Senato, Sesa Amici e Roberto Zaccaria alla Camera), uno Pidièlle (Souad Sbai) e uno Uddiccì (Pierluigi Mantini). Roberto Calderoli parla di “un’iniziativa positiva, in quanto la libertà individuale dev’essere sempre bilanciata con le esigenze di tutela della sicurezza”. Mara Carfagna sostiene che “vietare il burqa è un modo per aiutare le giovani immigrate a uscire dai ghetti”. Emma Bonino dichiara: “Bene sta facendo la Francia a volerlo vietare: il burqa non è un problema religioso, ma di convivenza civile, e di questo si occupa lo Stato”. (La Repubblica, mercoledì 27 gennaio 2010). Emma, purtroppo, sbaglia tre volte in una. Sbaglia, in primo luogo, perché il niqab e il burqa, benché non siano simboli religiosi, sono percepiti e attaccati come tali. Sbaglia, poi, perché non siamo in Francia: in Italia, dove lo Stato (contro la Costituzione) concede a un’unica fede il privilegio di esporre il proprio simbolo nei luoghi pubblici, vietare ciò che come simbolo è inteso da chi lo attacca significa “elevare” quell’inadempienza costituzionale (per così dire “passiva”) a sopruso attivo contro la comunità islamica. Sbaglia, infine, perché i due sbagli precedenti la intruppano con i crociati e gli spiritelli giulivi di cui sopra, coi quali spiace di veder confondersi una donna come lei. (P.s.: ciò non significa che non voteremo per Emma Bonino. La voteremo, ma ci piacerebbe che Emma non rendesse il nostro voto paradossale: datole, cioè, solo perché non darglielo significherebbe intrupparsi con la peggior Destra e la più finta “sinistra”. Come ha fatto lei in questo caso.
Per la serie Quelli che la finta “sinistra” se la bevono: Tony Blair.
(su) Tony Blair (monito vivente dei grotteschi estremi a cui può arrivare la finta “sinistra”): Le conferenze dell’ex premier sarebbero pagate a colpi di 200.000 sterline (220.000 euro) l’una, vale a dire 2.000 sterline al minuto. Tiene conferenze in giro per il mondo. Ha avuto un anticipo di 4 milioni e mezzo di sterline per scrivere le sue memorie (non ancora pubblicate). Riceve 2 milioni di sterline l’anno come consulente della banca d’investimenti JP Morgan e un altro mezzo milione di sterline dalla Zurich Financial Services. E ha pure il tempo di dirigere la Fondazione Blair sulla Fede e fare lezioni di teologia alla Yale University. Dopodomani, invece, testimonierà davanti alla Commissione d’inchiesta sulla guerra in Iraq, che cerca di stabilire se Blair mentì al Parlamento e al Paese, sostenendo che Saddam Hussein aveva armi di distruzione di massa. Mentre si scopere che una precedente Commissione, che assolse Blair da ogni sospetto di menzogna, ha vietato per settant’anni la pubblicazione dell’autopsia di David Kelly, lo scienziato britannico convinto che l’Iraq non avesse armi non convenzionali, morto dopo essere stato accusato dal governo di essere la “talpa” che spifferava opinioni dissenzienti ai giornali. (La Repubblica, mercoledì 27 gennaio 2010). Francamente non possiamo credere che il Blair sia il mandante di un omicidio. Fatuo e bugiardo sì. Finto “sinistro” senza dubbio, e perfino meno intelligente degli intombatori della Sinistra tedesca, come lo Schroeder (oggi anche lui sul libro paga dei grandi potentati economici globali, ma in maniera molto più discreta), e di quella italiana, come il Veltroni, le cui “marchette” (magari perché di più non sa fare) si limitano alla promozione dei suoi libercoli. Perfino moralmente uno stragista, se pensiamo alle migliaia di giovani Inglesi che ha mandato a morire o a scempiarsi per tutta la vita in un Paese che non aveva fatto loro alcun male. Ma un assassino no, non ci crediamo. Troppo frolloccona la finta “sinistra”, per arrivare a tanto. Anche se, pensando a tipi come il Minniti...
(su) Guido Bertolaso: Sono profondamente ferita dagli attacchi rivolti al nostro Paese su Haiti. Sono attacchi contro la generosità del nostro popolo e contro la leadership del nostro presidente nel rispondere a un disastro di proporzioni storiche. (La Repubblica, mercoledì 27 gennaio 2010). Non è il caso di dispiacersi tanto. Tutto il mondo civile sa che un solo tipo di dichiarazioni è da prendere ancor meno sul serio di quelle del Berlusconi: quelle di un berlusconiano. Una volta c’era Idi Amin in Uganda, ma è morto da tanto tempo. E Renzo Bossi è ancora troppo piccolo.
Per la serie Quelli che non ce l’hanno coi magistrati, ma con la democrazia: Luciano Violante.
Gianfranco Fini (ex neofascista, ex aennìno, oggi pidiellìno e presidente della Camera) presenta e cita Magistrati, libro di Luciano Violante (finto “sinistro” celebratore di Almirante, consigliere della Destra plurielogiato dal Berlusconi, dal Ghedini e dal Cicchitto e presidente della Commissione antimafia quando furono assassinati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino): I magistrati hanno un margine troppo ampio rispetto alla scelta di come qualificare giuridicamente un fatto... E l’ampiezza della discrezionalità porta all’incertezza del diritto, che è una minaccia reale per i diritti dei cittadini... Bisogna garantire il valore irrinunciabile dell’indipendenza della magistratura, ma evitare l’avvento di una democrazia giudiziaria. (La Repubblica, martedì 26 gennaio 2010). Applaudono Angelino Alfano, ministro della Giustizia del Berlusconi e del Ghedini, Nicola Mancino, ministro degli Interni quando furono assassinati i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e Vincenzo Carbone, presidente della Cassazione, il cui pensionamento è stato di recente prorogato di un anno dal governo. Non c’era (e gliene siamo grati) il professor Gustavo Zagrebelsky, costituzionalista, che al Violante ha già dato. Non c’eravamo neanche noi (e ne siamo grati a noi stessi per aver saputo vivere in modo da non arrivarci) ma abbiamo capito lo stesso: nell’insinuante e tossica espressione democrazia giudiziaria, ciò che spiace al Violante non è, con ogni probabilità, l’idea che la democrazia si consegni ai giudici (come vorrebbe far credere a chi se la beve) ma quella che i giudici si siano consegnati alla democrazia. Anziché allo Spirito Assoluto dello Stato hegelo-marxista incarnato (per fortuna, sotto forma tutt’al più di spiritello alla Beetlejuice) nei politici italiani di Destra e di finta “sinistra”.
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Per la serie Mi consenta!...: Bill Gates e Silvio Berlusconi.
(su) Silvio Berlusconi e tutto il suo governo: A giugno dell’anno scorso mi incontrai personalmente con il presidente del Consiglio Berlusconi per chiedergli un aumento degli aiuti italiani per i paesi più poveri. Ma non ebbi successo. E fu una grossa delusione, perché continuo a credere che gli Italiani vogliano essere altrettanto generosi delle altre nazioni. Già prima di Berlusconi l’Italia era tra i minori contribuenti europei, ma da quando il nuovo governo si è insediato gli aiuti sono stati dimezzati: l’Italia appare così la più taccagna tra i suoi partner. Come ha osservato Bob Geldof, il governo italiano vuole riequilibrare il bilancio sulle spalle dei poveri: che vergogna! (Bill Gates, fondatore di Microsoft, su La Repubblica di martedì 26 gennaio 2010). Sì, ma non è mica vero che sono dei miserabili taccagni: è che questa gente i poveri li odia, ecco tutto. Hanno un aspetto troppo umano, i poveri.
Per la serie Quel che non ammazza, ingrassa: Massimo Giannini e Romano Prodi.
Romano Prodi e Massimo Giannini (vicedirettore de La Repubblica) uniti nella lotta: Dov’era Massimo D’Alema, che in Puglia ha tentato con l’Uddiccì l’ennesimo esperimento di laboratorio, spazzato via dai 200.000 elettori che hanno tributato un plebiscito a Nichi Vendola? E dov’era Enrico Letta, che il 4 gennaio annunciò il no alle primarie e la candidatura unica di Francesco Boccia? Non pervenuti. E così l’impressione, che è di Prodi ma non certo solo di Prodi, è che alla fine il partito sia in realtà “sgovernato” e un po’ in balia di sé stesso. (...) E Flavio Delbono? Prodi prova a girarla in positivo: “Di cosa si sta parlando? Non si distrugge la vita di un uomo per una storia come quella, per una manciata di euro.” (...) Ma il Pidì, Professore: che ne sarà del Pidì? “Non lo so, speriamo bene...” Di più non gli si estorce, all’uomo che tuttora molti continuano a considerare un possibile “salvatore della patria”, per Bologna e non solo. “Eh, no,” conclude lui, “salvatore della patria no! Va bene una volta, va bene due volte, ma tre volte proprio non si può. Grazie tante, ma abbiamo già dato...” (La Repubblica, martedì 26 gennaio 2010). Per il Giannini, supplicare Prodi di riprendere le redini della finta “sinistra” è una svolta copernicana (senza offesa per Copernico) dopo che il 21 marzo 2008, appena caduto Prodi, si congratulò con il centrosinistra per essersi finalmente sbarazzato della sua impronta massimalista, e il 19 giugno dello stesso anno accusò Prodi in persona di essersi fatto scrivere la prima Finanziaria dalle Guardie Rosse di Rifondazione Comunista. Svolta resa ancor più copernicana (sempre senza offesa per Copernico) dal fatto che nella stessa pagina La Repubblica ammette per la prima volta che le dimissioni di Prodi, nel gennaio del 2008, non furono causate da Bertinotti ma seguirono al disimpegno dalla maggioranza di Mastella. È un grande passo avanti, complimenti. Ora non manca che l’ammissione che il disimpegno fu per il Mastella una scelta obbligata (dopo la nota dichiarazione del Veltroni, allora sostenuto dal Giannini a spada tratta, che il Pidì sarebbe andato da solo) e finalmente La Repubblica avrà smesso di disinformare. Quanto al Prodi, spiace dover dire che sul Delbono è ributtante: parlare di vita distrutta per quel marpioncello più che caduto in piedi, mentre i poveri cristi muoiono ogni giorno sul serio nelle patrie galere? Neanche il Mastella ne avrebbe avuto il coraggio. Non c’è che dire: il Giannini è uno che sa sempre, anche a costo di qualche piroetta, da che parte mettersi. Quella che di volta in volta è la peggiore.
(su) Guido Bertolaso e le sue dichiarazioni critiche nei confronti della gestione statunitense degli aiuti ad Haiti: Monday morning quarterbacking, chiacchiere da bar del lunedì mattina. (Hillary Clinton, segretario di Stato U.S.A.) (La Repubblica, martedì 26 gennaio 2010). Ci sono anche dichiarazioni del Frattini, del Berlusconi e del Bertolaso stesso (che dopo aver accusato il marito di Hillary, Bill, di essersi messo a scaricare cassette d’acqua invece di organizzare gli aiuti, ridicolmente afferma che non ce l’aveva con gli U.S.A., ma con l’O.N.U.), ma l’unica che conta è questa. Le altre son solo tuesday morning quarterbacking.
Per la serie Facce da Celti: Umberto, Renzo Bossi e un signore con le corna in testa.
(su) Renzo Bossi (figlio di Umberto Bossi che il 12 luglio 2009, al quarto tentativo ― uno nella Scuola degli Italiani e tre nelle scuole dei privati ― prese finalmente la maturità scientifica con 69/100): Uno dei miei contatti su Facebook riportava un link in cui si segnalava che il figlio di Umberto Bossi avrebbe ottenuto un contratto di consulenza per l’Expo di Milano da 12.000 euro al mese. Il link, giusto o sbagliato che fosse, non conteneva né offese né minacce. L’ho quindi copiato e l’ho riportato sul mio profilo di Facebook. Stamattina scopro che è scomparso, senza che io lo abbia cancellato. Chi lo ha fatto? Si scrive tanto della censura del governo cinese su Google, ma forse c’è anche qualche “padano” qui in Italia che fa scomparire le notizie che non gli piacciono, vere o false che siano. (Lettera a La Repubblica di martedì 26 gennaio 2010). Questo simpatico signore non considera però la possibilità che non di censura si tratti, ma semplicemente di fastidio, da parte degli amministratori di Facebook, di ospitare certi nomi e cognomi. Mica tutti hanno lo stomaco di ScuolAnticoli.
(su) Sandro Bondi (ministro ― senza un centesimo in saccoccia ― della Cultura): Dopo anni di morosità da parte del ministero, l’Ordine dei Frati Minimi Poveri sfratta l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (Iscr) e fa causa allo Stato. Ottenendo dal tribunale lo sgombero immediato dei locali e la riconsegna del palazzo. (Terra, martedì 26 gennaio 2010). Ecco cosa succede quando si fanno ministri individui ai quali poi non ci si azzarda ad affidare nemmeno quattro euro per le piccole spese.
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Per la serie Le grandi immagini del rapporto Stato - Società: Dio, D’Alema, il Carofiglio e Noi (secondo loro).
Massimo D’Alema (a proposito della vittoria di Vendola in Puglia): Non siamo riusciti a rendere chiaro ai nostri elettori la portata del confronto in cui siamo impegnati. E di ciò avverto anch’io la mia parte di responsabilità. (La Repubblica, martedì 26 gennaio 2010). Traduzione: Non siamo riusciti a ficcare nelle vostre dure zucche l’Assoluta Verità di cui siamo l’incarnazione vivente. E di ciò avverto anch’io la mia parte della responsabilità: o Spirito Assoluto dell’hegelomarxismo, dov’è finita la mia Unzione? Non me l’avrai mica ritirata perché è in arrivo l’Estrema?. Si consoli il D’Alema, nel Pidì c’è ancora chi sa di non essere che un’infima e transeunte manifestazione della Divinità Suprema: il Carofiglio Gianrico, per esempio, piddìno scrittore, che ha dichiarato che avrebbe voluto votare Vendola, ma per lealtà verso le indicazioni del partito ha scelto di astenersi (La Repubblica, martedì 26 gennaio 2010). Lui la chiama lealtà, ma noi, il D’Alema, il Violante e l’augusta Ombra del Migliore sappiamo bene che si chiama abnegazione. E che nell’Impero Tedesco era la Massima (D’Alema) Virtù.
Flavio Delbono (piddìno ex margheritìno ed ex sindaco di Bologna): Dimettermi? È stata una decisione mia. Quando ho cambiato idea? Vuole sapere l’ora precisa? Se ho deciso da solo? C’era il cane, in casa. E c’era anche mia figlia. (La Repubblica, martedì 26 gennaio 2010). Magari era meglio se citava la figlia prima del cane, no? Anzi: forse era meglio se non li citava insieme, no? Altrimenti, se la figlia viene dopo il cane (ma, almeno, sùbito dopo) quanto dopo il cane deve supporre di arrivare quel poveretto dell’elettore, non consanguineo e pure estraneo?
Per la serie Con che faccia si guardano allo specchio?: Renato Brunetta.
Renato Brunetta (ministro per la Funzione pubblica): La verità è che la coperta è piccola (anzi: è ridotta a un fazzoletto dagli evasori fiscali amici della Destra e della finta “sinistra”, ma il Brunetta si guarda bene dal dirlo) e quindi non ci sono risorse per tutti. Si deve agire sulle pensioni di anzianità, quelle che partono dai 55 anni di età. Facendo in questo modo, si potrebbero trovare risorse che consentirebbero di dare ai giovani non 200 ma 500 euro al mese. (L’Unità, lunedì 25 gennaio 2010). “Il valore reale delle pensioni è calato negli ultimi sette anni dal 27 al 32%. La stragrande maggioranza non supera i mille euro al mese, più della metà dei pensionati prende meno di ottocento euro, e tra questi buona parte percepisce il minimo. Tutto ciò mentre moltissimi anziani consumano i modesti risparmi per assistere figli e nipoti privi di reddito, di protezione sociale e di risorse sufficienti per far fronte, per esempio, alle rate del mutuo. Il ministro è tra quelli che pensano che dividendo la società si governi più facilmente. Mentre la fortuna di Brunetta, e di quelli che continuano a mettere i nonni contro i nipoti, è che entrambi sono pazienti”. (Silvano Miniati, consigliere del Cnel e coordinatore del gruppo di lavoro sul sovraindebitamento delle famiglie, intervistato da Terra di martedì 26 gennaio 2010). Ma al Brunetta risponde, dall’estrema destra, anche il Bossi: Le pensioni di anzianità riguardano soprattutto gli operai del Nord, e nessuno le deve toccare. (La Repubblica, lunedì 25 gennaio 2010). Evidentemente alla Lega Nord gli Anziani servono vivi. Per il momento.
Per la serie Ooops!: Giulio Tremonti e Tito Boeri.
(su) Giulio Tremonti (ministro dell’Economia, del Tesoro, delle Finanze e ― tirando i fili di Mariastella Gelmini ― liquidatore della Pubblica Istruzione): Il reddito pro capite, il pil diviso della popolazione residente in Italia, è diminuito di circa 1200 euro. In termini di potere d’acquisto, siamo scesi al di sotto della media dell’Unione Europea a 27, perdendo più di 10 punti percentuali rispetto agli altri. (...) Il ministro ha così pensato di abolire questo ingrato indicatore (...) e ha presentato i suoi “nuovi indicatori di benessere e di ricchezza” (...): dal numero di automobili per abitante al numero di abbonamenti telefonici per 100 residenti. (...) Ma il nostro debito pubblico ci impone di crescere, di essere schiavi del pil. È l’unico modo di pagare gli interessi sul debito pubblico senza togliere risorse e servizi per i cittadini. (Tito Boeri su La Repubblica di lunedì 25 gennaio 2010). Il Tremonti organizza caroselli d’automobili e telefonini per nascondere la crescente miseria della maggioranza degli Italiani e lo sfascio dello Stato a favore dell’antiStato. Un po’ come i gerarchi che davanti a Mussolini facevano sfilare per ore gli stessi dieci carri armati per dargli a bere di disporre dell’esercito più potente d’Europa dopo quello tedesco. Ma il Boeri, come tutta la finta “sinistra”, si guarda bene dallo spiegarci perché si debba per forza essere schiavi del pil per far fronte alla catastrofe incombente, e non si possano invece tentar di riscuotere i 100 miliardi di euro rubati ogni anno dagli evasori.
Per la serie Imprenditori tedeschi che assumono nazisti: Joseph Ratzinger.
Richard Williamson (vescovo condannato da un tribunale tedesco per aver negato la Shoah, ma riammesso nella Chiesa cattolica dal tedesco Joseph Ratzinger): Molti credono che lo Stato d’Israele sia legittimo. Non necessariamente ciò significa che lo sia... In Medio Oriente vi fu una coabitazione, una coesistenza tra le religioni. Adesso è compromessa in tutto il Medio Oriente, ed è così dal 1947 ― lo possiamo dire ― e non sappiamo come finirà... Io non credo che sarebbe giusto attaccare l’Iran, secondo la dottrina cattolica... E Kant è un criminale di prima categoria. (La Repubblica, lunedì 25 gennaio 2010). Allora cantiamo insieme: Tra le rose e le viole (della Chiesa di Ratzinger) anche un nazi ci sta bene / noi vogliamo tanto bene alla madre superiora.
Per la serie Vista la faccia di un veltroniano, visti i popò di tutti: Giorgio Tonini.
Pier Luigi Bersani (piddìno segretario), Giorgio Tonini (piddìno veltroniano), Giuseppe “Beppe” Fioroni (piddìno da meeting ciellìni) e Walter Verini (altro piddìno veltroniano) dopo la vittoria di Nichi Vendola nelle primarie pugliesi: È una serata amara (Pier Luigi). Le primarie pugliesi mostrano che l’idea politica dalemiana è sconfitta, poiché è la somma statica di pezzi di consenso. In Puglia il candidato di un partito che ha il 2% batte quello di un partito che ha il 30%. L’idea di Pidì di D’Alema è ragionieristica (Giorgio). A Pier Luigi di cose da cantargliene ne ho tante, ma il 29 marzo. Adesso la verità è che balliamo sul baratro, che se continuiamo a guardarci l’ombelico, alla prossima volta ci arriva un calcio nel sedere e allora non ci sarà più nessuna partita. L’alleanza con l’Uddiccì era e resta indispensabile. Ma non lo dicono Bersani, D’Alema, Enrico Letta o io. Lo dicono i nostri risultati alle europee: con i centristi apparentati al Pidièlle, per il centrosinistra finisce otto a zero (“Beppe”). Eh no, l’enorme partecipazione popolare alle primarie pugliesi ha un vincitore, e cioè l’idea della politica vicina ai cittadini, aperta e trasparente (Walter). (La Repubblica, lunedì 25 gennaio 2010). Il più patetico? Il saragattiano destino cinico e baro del Bersani. I più sciacalli? I due veltroniani dalla faccia come il popò, a pari merito. Il minus habens? “Beppe”, come sempre: perdute le europee per la corsa a destra del duo Veltroni-Franceschini, propone di andare ancora più a destra. Dopo che avrà perduto anche le regionali, come niente proporrà di allearsi direttamente col Berlusconi.
Francesco Rutelli (ex radicale, ex margheritìno, ex piddìno, oggi apìno): Mentre guardo alle primarie in Puglia, penso a quale scusa avrei dovuto inventare per evitare un commento se fossi stato ancora nel Pidì: ora, invece, posso dichiarare tutto il mio sollievo per averlo lasciato. (La Repubblica, lunedì 25 gennaio 2010). È da mascalzoni fingere di far parte di un partito, parlar per suo conto nascondendo le proprie vere idee, chieder voti per esso dissimulando di prepararsi a lasciarlo? È da imbecilli proclamare pubblicamente di averlo fatto, una volta usciti da quel partito, senza la benché minima consapevolezza di quel che si sta dicendo di sé? Giudichi chi legge.
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Per la serie Gli apprendisti leghisti: Alemanno, La Russa, Cicchitto e Verdini.
(su) Umberto Bossi, Roberto Maroni, Roberto Calderoli e tutti i portatori di moccichino verde: Usano un linguaggio molto di destra, anche rozzo, ma che fa presa sulla gente. L’alleanza con Casini ci serve anche per sfuggire all’abbraccio troppo stretto con la Lega, che al Nord ha lanciato la sfida per diventare il primo partito (Gianni Alemanno, ex neofascista, ex aennìno, oggi pidiellìno sindaco di Roma). In Lombardia conosco tutti i nostri sindaci per nome: la rappresentanza del Nord, grazie a Dio, è saldamente nelle mani del Pidièlle. Non è in pericolo né in Lombardia né in Piemonte. In Veneto invece c’è un problema (Ignazio La Russa, ex neofascista, ex aennìno, oggi pidiellìno ministro della Difesa). Hanno messo in atto un’operazione di insediamento sociale molto efficace. Mentre il Pidièlle si è seduto (Fabrizio Cicchitto, ex craxista, oggi pidiellìno capogruppo alla Camera). Quelli della Lega Nord corrono sempre, si danno da fare da mattina a sera, investono sui giovani. Io chiamo Roberto Cota a mezzanotte e lui mi risponde sempre, sta ancora in giro a parlare con la gente (Paolo Bonaiuti, pidiellìno portavoce). La Lega Nord è parte del cambiamento voluto da Silvio Berlusconi. Un giorno o l’altro spero che confluisca nel Pidièlle (Denis Verdini, pidiellìno coordinatore). (La Repubblica, lunedì 25 gennaio 2010). Tutti, ormai, nel Pidièlle (tranne il Bondi, com’è ovvio) presentono la fossa (che il Verdini chiama “il cambiamento voluto dal Berlusconi”) in cui stanno per precipitare a capofitto insieme all’Italia. E comincia a tremargli la voce. Solo il cosiddetto “potente” Verdini ne gongola. Ma perché non capisce che invece sarà il Pidièlle a confluire nella Lega.
(su) Flavio Delbono (ex margheritìno, oggi sindaco piddìno di Bologna): Il sindaco Delbono risulta titolare di una società immobiliare in Bulgaria con Francesco Stagni, un ex militante del Movimento sociale italiano poi passato ad Aènne, che fu revisore dei conti per Palazzo d’Accursio quando Delbono era assessore al bilancio. (La Repubblica, domenica 24 gennaio 2010). Questa è la vera sporcizia, altro che gli amorazzi più o meno da poveretto: il cattolicuccio di finta “sinistra” in affari con l’ex neofascista riciclatosi aennìno. L’insensibilità, il vuoto affettivo e intellettuale di chi non arriva più neanche a immaginare di poter sentirsi a disagio, accanto a certi individui. Mentre noi ogni giorno siamo costretti ad aggiungere, a coloro coi quali non riusciremmo a prendere neanche un caffè, sempre nuove legioni di imbroglioni, quasi tutti pendagli da sacrestia, che dandoci a bere di essere dalla nostra parte si son rubati, per farsi gli affaracci loro, i voti che sono l’unico potere che abbiamo.
(su) Totò Cuffaro (esponente di primo piano di quella stessa Uddiccì con cui tre quarti del Pidì smaniano di unirsi): Niente cannoli, questa volta, per Totò Cuffaro, che due anni fa aveva festeggiato la condanna “solo” per favoreggiamento. Non più “solo” la rivelazione di notizie riservate a favore di singoli mafiosi: c’è anche l’aggravante di aver voluto aiutare tutta l’organizzazione mafiosa, nella sentenza che alle undici di ieri mattina ha segnato la condanna del senatore dell’Uddiccì a sette anni di reclusione: due di più di quegli inflittigli in primo grado dal tribunale. (La Repubblica, domenica 24 gennaio 2010). Bella, eh, l’Uddiccì? Altro che politica dei due forni, con la Destra o con la finta “sinistra” a seconda di quel ch’è più opportuno per arrivare comunque a “sedersi a tavola”: contando anche la mafia, qui i “forni” sono tre. Ma nel Pidì il solo che ne ha schifo è Ignazio Marino.
Per la serie Le persone le ammazzo io o le ammazzi tu?: Giulio Tremonti, Mario Baldassarri e Claudio Scajola.
Claudio Scajola (ministro dello Sviluppo economico, tristemente famoso per aver dato del rompipalle all’economista Marco Biagi poco prima che fosse ucciso dalle Brigate Rosse, contro le quali chiedeva invano protezione), Giulio Tremonti (ministro dell’Economia, del Tesoro, delle Finanze e ― tirando i fili di Mariastella Gelmini ― liquidatore della Pubblica Istruzione) e Mario Baldassarri (pidiellìno viceministro delle Finanze dal 2001 al 2006, oggi senatore e presidente della commissione permanente Finanze e Tesoro): Se la crescita sarà più alta di un punto, il ministro dell’Economia potrà proporre che già a fine anno si possa individuare un percorso di riduzione delle tasse (Claudio). Non c’è riduzione fiscale che valga quanto conservare la Sanità, le pensioni e la sicurezza. Abbiamo concordato con il presidente del Consiglio di salvare la vita delle persone e la coesione sociale. Senza macelleria sociale. Non come quei dottor Stranamore che dicono: tagliamo la Sanità di 30 miliardi per tagliare le tasse (Giulio). “Macelleria sociale” è una battuta che fa Bertinotti. Se Tremonti è in buona fede, è persona non informata sui fatti. Se in mala fede, è alleata con tante congreghe, corporazioni, mafie e mafiette che portano a casa ogni anno 70 - 80 miliardi di euro (Mario). (La Repubblica, domenica 24 gennaio 2010). Se lo dice un ministro di primo piano come il Tremonti, è vero ed è ufficiale: nel governo ci sono “dottor Stranamore” e “macellai sociali” che mirano a cancellare la Sanità, le pensioni e la sicurezza anche a costo della “vita delle persone”. A che scopo? Per detassare quelli che li votano, cioè chi già evade alla grande. Ma il Tremonti avrebbe dovuto includere tra i “macellai” anche il Tremonti, che nascondendosi dietro la Gelmini ha minato le fondamenta della Scuola degli Italiani e ha licenziato 130.000 precari della medesima. A che scopo? Vedi sopra. (Notiamo, per inciso, che per il Baldassarri il nome di Bertinotti è diventato un insulto. Non se ne avrà a male, dunque, se d’ora in poi, seguendo il suo esempio, daremo del Baldassarri a chiunque secondo noi sia un ignorante in buona fede o un alleato delle mafie in mala fede.
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Per la serie Meglio un dispiacere in casa che un leghista fuori della porta: Enzo Bortolotti e Pietro Fontanini.
(su) Enzo Bortolotti (leghista-nordista, portatore di moccichino verde e sindaco di Azzano Decimo, in provincia di Pordenone) e Pietro Fontanini (leghista-nordista, portatore di moccichino verde e segretario della Lega Nord del Friuli - Venezia Giulia): Prima ha perso la figlia, uccisa dal padre perché amava un italiano e stava diventando “troppo occidentale”. Adesso rischia l’espulsione dall’Italia, insieme alle due figlie di 4 e 9 anni, perché non ha più soldi per vivere e il Comune di Azzano Decimo, cui aveva chiesto un sostegno, per tutta risposta ha segnalato il caso alla Questura. “Non ha più il reddito per mantenersi, per cui se ne deve andare,” tuona il sindaco leghista-nordista Enzo Bortolotti, attualmente sospeso dall’incarico dal tribunale che lo ha giudicato “incompatibile” per essersi rifiutato di pagare una multa per eccesso di velocità e aver fatto ricorso al giudice contro il suo stesso Comune. “Il Comune ha fatto bene a informare la Questura,” dice Pietro Fontanini, segretario della Lega Nord del Friuli - Venezia Giulia, “perché si tratta di applicare una direttiva comunitaria e nulla più”. (La Repubblica, domenica 24 gennaio 2010). Come riderne? Non c’è modo. Tranne, forse (ma amaramente) guardando con attenzione le facce di questi portatori di moccichino verde, e cercando di immaginare da quale storia e da quale mondo interiore scaturiscano la disumanità e l’ignoranza di chi, pur vedendosi capace di utilizzare leggi e regolamenti come armi per colpire con burocratica ferocia Esseri Umani già tanto provati, non si riconosce come nazista e non prova orrore di sé.
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Per la serie Meglio un dispiacere in casa che un leghista fuori della porta: Maurizio Conte e Mara Bizzotto.
Maurizio Conte (segretario leghista e portatore di moccichino verde di Padova) e Mara Bizzotto (leghista europarlamentare) commentando l’offerta di affitto di una stanza “ma non a leghisti” di alcuni studenti universitari meridionali: L’università dovrebbe insegnare il dialogo e il confronto tra le diversità, invece favorisce l’intolleranza e il settarismo di sinistra (Maurizio). È il frutto di una campagna di razzismo e odio contro la Lega. Ho già contattato i dirigenti giovanili del partito per organizzare una bella manifestazione sotto la casa di questi fascisti rossi (Mara). (La Repubblica, sabato 23 gennaio 2010). Ecco, bravi, ammazzateli tutti, Terroni e Immigrati, e chiudete l’Università. Finitela di fingere, rivelatevi per quelli che siete. Così il mondo civile (se ancora esiste) verrà in nostro aiuto, finalmente. Noi, intanto, nel nostro piccolo, preferiremmo affittare casa a venticinque appestati piuttosto che trovarci dentro non diciamo un leghista, ma anche soltanto un moccichino verde. Anche pulito.
(su) Silvio Berlusconi: Il pubblico ministero di Milano ha concluso le indagini sui metodi di Mediatrade ipotizzando per Silvio Berlusconi l’appropriazione indebita delle risorse di Mediaset (quotata in Borsa). Il fabulario di Berlusconi e Ghedini prevede a questo punto l’evocazione (noiosissima) di un complotto politico. (...) Dice Ghedini: “Le contestazioni mosse hanno dell’incredibile sia per il contenuto sia per gli anni a cui si riferiscono, periodo in cui Silvio Berlusconi non aveva la benché minima possibilità di incidere sull’azienda”. (...) Ma il pubblico ministero ritiene di aver dimostrato che Frank Agrama, egiziano diventato cittadino americano, acquistava i diritti e poi li rivendeva alle società di Berlusconi “a prezzi enormemente gonfiati”. A Los Angeles li comprava a cento. A milano li rivendeva a mille. E la differenza tra cento e mille restava all’estero e Agrama si preoccupava, molto curiosamente, di “restituire” i profitti su conti nella disponibilità di manager di Mediaset, in Svizzera, nel Principato di Monaco, alle Bahamas. (...) Purtroppo per Ghedini, nell’inchiesta appaiono testimoni che, cittadini di un altro mondo dove mentire è pericoloso e indecente, la raccontano tutta. Come Bruce Gordon, responsabile delle vendite della Paramount. Dice Gordon: “In Paramount le società di Agrama sono indistintamente indicate come Berlusconi companies e l’esposizione creditoria come Berlusconi receivables”. E Gordon dice che l’ascesa al governo di Berlusconi non ha mutato di una virgola quella situazione. (...) Questo il quadro (ipotetico, beninteso). (Giuseppe D’Avanzo su La Repubblica di sabato 23 gennaio 2010). Ci rifiutiamo di credere che il Berlusconi abbia potuto derubare la sua stessa ditta e gli azionisti della medesima. Se fosse capace di un’azione simile, che cosa sarebbe capace di fare all’Italia?
Per la serie Dignità è berlusconità: Sandro Bondi.
Sandro Bondi (ministro della Cultura): C’è qualcuno che può ancora credere che alcuni pubblici ministeri siano interessati a celebrare la giustizia, applicare le leggi e ricercare la verità? Di questo passo, muore il senso della giustizia e scompare definitivamente la fiducia dei cittadini nella magistratura. L’unica speranza è che maturi, anche da parte della sinistra, la consapevolezza della necessità e urgenza di una riforma che restituisca imparzialità, dignità e fiducia all’amministrazione della giustizia nel nostro Paese. (La Repubblica, sabato 23 gennaio 2010). Per il Bondi, i Giudici si dividono in due categorie: gli indegni, cioè quelli che hanno avuto la sfortuna di incappare in un reato commesso da un elettore o un eletto di Destra, e i degni, a cui quella disgrazia non è (ancora) capitata. Per noi, invece, indegno è chiunque riscuota l’approvazione del Bondi, e degno chi al Bondi non piace.
Questione di gusti, e i nostri valgono quelli del Bondi finché non riuscirà a imporceli.
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Per la serie La “sinistra” hegelista contro la Sinistra Vera: Luciano Violante e Gustavo Zagrebelsky.
Luciano Violante contro il professor Gustavo Zagrebelsky, costituzionalista insigne: (...) Noi vogliamo ristabilire lo stato di diritto democratico attraverso le riforme. Vogliamo tornare allo spirito e ai principi della Costituzione. Senza riforme il declino della democrazia sarebbe inarrestabile, con danni irreparabili per i diritti e le libertà. (...) I nostri punti fermi sono: Repubblica parlamentare, separazione e bilanciamento dei poteri, indipendenza delle magistrature. (...) All’interno della più generale riforma costituzionale, e sulla scorta delle sentenze della Corte costituzionale, credo che possano essere previste forme di immunità purché siano temporanee (solo per la Legislatura in corso), per reati commessi dopo l’assunzione della carica, votate a maggioranza assoluta e nei confronti delle quali l’autorità giudiziaria possa sollevare conflitto davanti alla Consulta. (...) Di fronte allo svuotamento della Costituzione, il maggior partito di opposizione ha il dovere di proporre alternative e di battersi per realizzarle; non può chiudersi in una posizione di pura attesa o di sterile agitazione mentre la Costituzione deperisce (Luciano). Ribatte da par suo il professor Zagrebelsky, con la calma e la moderazione che lo contraddistinguono ma guardandosi bene dall’attenuare l’estrema gravità di ciò che la finta “sinistra” ancora una volta si prepara a concedere al berluscismo: “Quelli che sottovalutano o non vogliono vedere il pericolo di questa concentrazione di poteri non sono nelle condizioni di affrontare con la dovuta responsabilità le questioni costituzionali del momento. Ora, scorriamo l’indice delle riforme. Ci sono tante cose, ma ne manca una, quella essenziale e pregiudiziale. Che fine ha fatto il conflitto di interessi, espressione edulcorata per indicare quella abnorme concentrazione di potere? (...) Lavorare per le riforme senza avere sciolto il nodo che sta prima di tutto significa esporsi all’ambiguità: cioè, volenti o nolenti, contribuire a un disegno che pur si dice di voler contrastare. (...) Mi piacerebbe assai pensare diversamente, pensare positivo, come siamo invitati a fare. Ma in questo caso non vedo come si possa”. (La Repubblica, sabato 23 gennaio 2010). Impossibile dir meglio. Nel nostro piccolo, ci limitiamo ad aggiungere che non vediamo altra possibilità, per supporre che l’atteggiamento suicida della finta “sinistra” sia malgrado tutto “in buona fede”, che immaginare che essa sia ancora così imbevuta di hegelismo togliattiano da non tollerare l’indipendenza della Magistratura non per disonestà, ma “solo” per incapacità di ammettere che una sfera dello Stato risponda alla Legge come all’espressione democratica della sovrana volontà del Popolo italiano, anziché della volontà di un qualche “Spirito assoluto” incarnato nei politici. Questa, però, è la “buona fede” di chi non sta bene, si obietterà. Certo. Infatti per la finta “sinistra” non auspichiamo la galera, ma solo un lungo periodo di riposo nelle sue (per altro confortevoli) dimore.
Per la serie Le grandi fisioterapiste della Storia d’Italia: Lucia Ronzulli.
(su) Silvio Berlusconi e Lucia Ronzulli (pidiellìna eurodeputata): Dopo l’aggressione di piazza Duomo Lucia Ronzulli, la fisioterapista del Cavaliere diventata eurodeputata, si è istallata a casa sua per seguirne la convalescenza, e la sua crescente influenza sul Capo ha dato la stura all’invidia dei berlusconiani, tanto che il nomignolo che le è stato affibbiato nel Pidièlle è quello di Rasputin di Arcore. Rasputin-Ronzulli, per il listino della Lombardia, avrebbe quindi sussurrato nell’orecchio di Berlusconi il nome di un suo collega fisioterapista. Ma questi dovrà vedersela con l’igienista dentale del Cavaliere, con il suo geometra di fiducia (Francesco Magnano), con il massaggiatore del Milan e con la giovane Silvia Trevaini, già finalista di Miss Muretto e poi in forza a Studio Aperto. (La Repubblica, sabato 23 gennaio 2010). Un giorno o l’altro, però, fra tanti collaboratori e collaboratrici così rappresentatitivi dell’intera gamma della professioni e dei mestieri, dovrà pur arrivare in qualche lista elettorale anche il becchino del Cavaliere. Inteso, naturalmente, in senso non metaforico e quindi non violento, semplicemente come colui che si occuperà della sua gloriosa salma dopo la sua triste dipartita. In quale lista? Be’, diciamo che ci piacerebbe assistere a una sfrenata competizione per accaparrarselo. E che a noi piacerebbe essere ancora così in gamba, quel giorno, da poter trascorrere dinanzi al nostro seggio elettorale la notte prima delle elezioni per essere i primi a votarlo.
Il Fine Superiore? Caso mai, mandare a casa tutti i finti “sinistri”.
(su) Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani: Hanno un rapporto nevrotico con la modernità e non hanno mai davvero chiuso i conti col passato. Ma di tutta la grande narrazione politica comunista, quelli come D’Alema e Bersani hanno conservato un solo tratto, il fascino supremo del comando. L’illusione di poter imporre alla base qualsiasi scelta, per quanto impopolare, in nome del fine superiore del partito. Soltanto che questo fine superiore non esiste più. E alla lunga, senza un’utopia, una trascendenza, la gente prima o poi si stufa di obbedire. (Nichi Vendola a Curzio Maltese su La Repubblica di sabato 23 gennaio 2010). A parte la trascendenza (che ci permette di ridere non solo del D’Alema e del Bersani, ma anche del Vendola medesimo) le cose stanno proprio così. E si potrebbe dire anche di peggio dell’hegelismo della finta “sinistra”, da Engels a D’Alema passando per Lenin, Stalin, Mao, Togliatti, Veltroni e compagnia non bella: per esempio, che non esiste fine superiore che non sia di per sé antidemocratico.
E, neanche tanto alla lunga, nazista.
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Per la serie Va’ avanti tu, ché a me mi viene da ridere: “Beppe” Fioroni fa la fila dietro al Casini per una carezza dell’Unto.
Pier Ferdinando Casini (uddiccìno) e Giuseppe “Beppe” Fioroni (piddìno papista): Se alle primarie vincesse Vendola, non facciamo nessuna alleanza col centrosinistra. Significherebbe uno smacco grave per le forze riformiste, e noi a questo punto non faremo sconti. In Calabria. Occhiuto e Scopelliti si vedranno per trovare una soluzione. Io sono ottimista, perché ci lega un comune impegno nella contestazione e critica forte della giunta Loiero. E nel Lazio, dalle prossime ore, io personalmente scenderò in campo a sostegno della Polverini (Pierferdinando). Se perde Boccia, l’Uddiccì andrà da sola (“Beppe”). (La Repubblica, sabato 23 gennaio 2010). È bastato che il Berlusconi e il Bossi gli facessero bu! perché il Casini, reindossata la divisa da autista di fiducia, tornasse con la coda fra le gambe nel garage padronale. Togliendosi però la soddisfazione, questa volta, di farcisi scarrozzare. Il suo autista? Uno fra i tanti che nel Pidì portano così volentieri “l’acqua” (si fa per dire) al “mulino” (si fa per dire) del Berlusconi.
(su) Giuliano Amato ed Enzo Bianco (finti “sinistri” presidente del Consiglio e ministro degli Interni il 17 marzo 2001): Un sequestro di persona si consumò all’interno della caserma Raniero della polizia di Napoli, dove 85 manifestanti furono condotti e trattenuti per ore, il 17 marzo 2001, a margine degli scontri di piazza esplosi mentre in città si teneva il vertice Global Forum: è la tesi dei giudici che per questo hanno condannato ieri dieci poliziotti, fra i quali due funzionari. (La Repubblica, sabato 23 gennaio 2010). Quattro mesi prima delle violenze e delle torture del G8 di Genova, la finta “sinistra” come sempre consigliava e istruiva la vera Destra sulla libertà e la democrazia.
Per la serie Quelli che chiamano cancri gli Esseri Umani: Luca Zaia.
Luca Zaia (leghista, portatore di moccichino verde, ministro dell’Agricoltura e candidato alla presidenza del Veneto): Se ho un cancro, non posso rinunciare alla chemio perché oltre a guarire la malattia indebolisce il resto dell’organismo. Rivendico il reato di clandestinità: serve a difendere la nostra sovranità, il principio che nel nostro Paese non si entra senza regole. (Il Venerdì di Repubblica, venerdì 22 gennaio 2010). Sarebbe facile ribattere che il vero cancro, in ogni epoca e Paese, è chi come lo Zaia chiama cancri questi o quegli Esseri Umani.
Ma non possiamo farlo, o saremmo degli Zaia anche noi.
Per la serie Le grandi figurine ministeriali: Angelino Alfano.
(su) Angelino Alfano (ministro della Giustizia): Dalle leggi ad personam siamo passati al ministro ad personam. (Donatella Ferranti, capogruppo Pidì in commissione Giustizia, citata da La Repubblica di venerdì 22 gennaio 2010).
(su) Silvio Berlusconi: La bella ventiquattrenne Francesca Pascale, show girl a Telecafone, ospite delle estati a Villa Certosa e consigliera provinciale a Napoli, finirà nel listino laziale di Renata Polverini. Mentre Luciana Scalzi, che non ce la fece alle ultime Europee, verrà candidata in Campania. Berlusconi avrebbe inoltre chiesto a Formigoni di lasciargli liberi cinque posti nel listino lombardo, e si è scatenata la caccia ai favoriti/e del premier. Due sarebbero donne: un’amica di Marina Berlusconi e una giovane hostess ― “ma con la passione della politica” ― che il Cavaliere ha conosciuto ad Arcore. (La Repubblica, venerdì 22 gennaio 2010).
Come si suol dire, il lupo perde il muso (a opera di Tartaglia) ma non il vizio.
(su) Renato Brunetta (ministro per la Funzione pubblica) e Mariastella Gelmini (ministro della Pubblica Istruzione): I genitori verranno avvisati delle assenze dei figli attraverso un sms. Lo ha annunciato il ministro Brunetta riprendendo una proposta della collega Gelmini. (La Repubblica, giovedì 21 gennaio 2010). E chi pagherà le bollette telefoniche delle scuole, che il Tremonti e la Gelmini (applauditi dal Brunetta e da tutta la ghenga) hanno ridotto a non poter più comprare neanche la carta igienica? Ma i genitori, è ovvio. Per la serie: Regali ai delinquenti fiscali, Stato smantellato a favore dell’antiStato e mani nelle tasche di chi si ostina a preferire la Scuola pubblica.
(su) Maurizio Sacconi (ministro del Welfare, della Sanità, del Lavoro e delle Politiche sociali, a seconda dei turni di servizio), Mariastella Gelmini (ministro della Pubblica Istruzione) e Giuseppe “Beppe” Fioroni (ex ministro della Pubblica Istruzione ed esponente di primo piano dei papisti del Pidì): Cade l’obbligo scolastico fino a 16 anni: l’ultimo anno un quindicenne, anziché stare sui banchi, potrà andare a fare il garzone in una bottega o in un’officina con un contratto di apprendistato. Lo prevede un emendamento, presentato da Giuliano Cazzola e approvato ieri dalla commissione Lavoro, a sostegno del quale sono scesi in campo i due ministri direttamente interessati: Sacconi e Gelmini. Commenta Fioroni: “Un’idea della scuola al risparmio che a mio avviso è pericolosissima. Occorre investire sulla scuola, non tagliare come ha fatto questo governo finora”. (La Repubblica, giovedì 21 gennaio 2010). E come ha fatto, quando ministro era lui, anche il cosiddetto “Beppe” Fioroni. Che di tutte le Morattate (da Moratti Letizia) del primo governo Berlusconi pose rimedio soltanto a una: ripristinò l’aggettivo Pubblica dinanzi al sostantivo Istruzione. E non perse occasione, invece, per elargire regalie d’ogni sorta alle cosiddette “scuole private” e agli insegnanti di religione. Faccia come il popò, e certezza (fino a oggi fondata) che gran parte degli Elettori di Sinistra continueranno comunque a votare il partito che vergognosamente continua a candidarlo.
(su) Silvio Berlusconi, Angelino Alfano, Nicolò Ghedini, Maurizio Gasparri e il loro cosiddetto “processo breve”(in realtà processus interruptus per chi ha i mezzi per tirarlo in lungo) approvato da 163 senatori: Non si possono velocizzare i processi a discapito di chi sta attendendo giustizia. Adesso il messaggio è chiaro. Se in Italia qualcuno pensa di avere risposta dallo Stato, sa che spesso potrà non averla. E chi al contrario percorre strade trasversali alla legalità, quelle della criminalità organizzata e non solo, avrà la consapevolezza di potersela cavare. Che esistono le regole, ma che possono essere corrette. Per capirlo, bisogna ricorrere ad alcune immagini. Processo Spartacus, quello che nei giorni scorsi ha portato alla condanna all’ergastolo in Cassazione per 16 boss della vecchia guardia casalese: con questa legge, il primo grado non sarebbe rientrato nei tempi. Sarebbe stato impossibile dimostrare che lo Stato persegue i reati, che è in grado, magari con lentezza, di condannare i colpevoli. Ancora: col processo breve giungeranno a prescrizione i maggiori processi in corso per incidenti sul lavoro. Processi che purtroppo necessitano di tempi lunghi per via delle perizie tecniche e a causa della lentezza della macchina giudiziaria. Per non parlare, in ultimo, della colpa medica: tutte le persone che hanno subìto interventi medici segnati da errori o terapie sbagliate vedranno cancellato il loro processo. (Roberto Saviano su La Repubblica di giovedì 21 gennaio 2010). Di che cosa si può ancora ridere, mentre gli ultimi chiodi del regime berluscista si conficcano nella bara dell’Italia? Dei 163 “operatori cimiteriali” (senza offesa per quelli veri, che son lavoratori e persone per bene) nominati senatori uno per uno non per altro che per far sì che il Paese, anche se il Berlusconi non arriverà a centovent’anni, scenda comunque nella tomba, e da vivo, prima di lui. Quel Berlusconi che nei libri di Storia godrà di pagine e pagine di esecrazione, mentre loro, i 163, dovranno accontentarsi di poche righe di vergogna.
Per la serie Taccia Musso e riviva Mussolini: Renato Schifani ed Enrico Musso.
(su) Renato Schifani (ex autista ― secondo Massimo Ciancimino ― del senatore La Loggia, oggi presidente del senatore La Loggia e di tutto il Senato): Dei 163 senatori che ieri hanno votato la legge scritta da Ghedini, firmata da Gasparri e approvata da Alfano, solo Enrico Musso ha rimproverato al suo gruppo di non aver voluto “ammettere pubblicamente” di aver l’obiettivo, “che è diventato una specie di agenda nascosta, della tutela del presidente Berlusconi”. Ma Schifani, alla parola “Berlusconi”, lo ha silenziato disattivandogli il microfono. “Le avevo dato un minuto,” ha spiegato. (Michele Serra su La Repubblica di giovedì 21 gennaio 2010). Un po’ di pazienza, con il povero Schifani: riconvertirsi dalla guida di un’auto (sia pure di rappresentanza) alla guida di un Senato non è mica semplicissimo. Soprattutto quando ci si trova, così ex abrupto, dinanzi all’inaudito spettacolo di uno, fra tanti, che un bel giorno ritrova la voglia di guidare soltanto per sé, e senza divisa.
(su) Luciano Violante (finto “sinistro” celebratore di Almirante, consigliere della Destra plurielogiato dal Berlusconi, dal Ghedini e dal Cicchitto e presidente della Commissione antimafia quando furono assassinati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino) e i suoi amichetti: Evocando la “bozza Violante” (fine del bicameralismo perfetto, riduzione del numero dei deputati, Senato federale), le menti soi-disant “realiste” dell’opposizione sembrano convolare verso la linea tracciata dall’Egoarca. Enfatizzando la modernità della “bozza”, ne occultano in pubblico il più autentico obiettivo: il rafforzamento dei poteri del premier. Che, una volta immunizzato per sempre, è appunto l’obiettivo dell’Egoarca. Bisogna prendere atto oggi che non si odono voci responsabili che denuncino quanto possa essere pericoloso imboccare questa strada. “Chi ci salverà da Berlusconi padre costituente”, si chiedeva nel 2004 lo storico Sergio Luzzatto. La risposta provvisoria è oggi questa: a livello politico, nessuno sembra aver voglia di salvarci. Chi potrebbe farlo o tace o dissimula le sue intenzioni. Soffiano arie bicamerali e, dopo il voto regionale, infurieranno impetuose, aggressive e libere. (Giuseppe D’Avanzo su La Repubblica di giovedì 21 gennaio 2010). Che votare per il Berlusconi o per i suoi amichetti di finta “sinistra” è la stessa cosa, è ovvio ed evidente da anni. Com’è ovvio ed evidente che i veri Elettori di Sinistra (non quelli, cioè, a cui vanno bene i finti “sinistri” servi del Vaticano, del razzismo “securitario”, dei delinquenti fiscali, del fondamentalismo liberista e dell’affarismo più o meno mafioso) da anni sono stati ridotti all’impotenza dai capibastone dei partiti di cui credevano di poter fidarsi. Capibastone che però hanno tirato troppo la corda, come tanti segni fanno sperare. E chissà che non siano proprio le elezioni del 2010 a passare alla Storia come il capolinea: la Fine (con la F maiuscola) della squallida, disonesta e indecorosa “festa” della finta “sinistra”.
Per la serie Uccellacci e uccellini: Giacomo Santini.
(su) Giacomo Santini (uno dei 163 senatori pidiellìni di cui sopra): Con l’emendamento firmato dal senatore del Pidièlle Giacomo Santini si cancellano i limiti della stagione di caccia. Oggi le doppiette entrano in azione il 1° settembre e vengono riposte il 31 gennaio. Nel nuovo testo queste date spariscono: sarà possibile sparare in piena estate nei boschi affollati di turisti e uccidere i migratori durante il volo che li porta alla riproduzione. (La Repubblica, giovedì 21 gennaio 2010). Mentre con una mano votava il processus interruptus, che permette a fior di criminali di farsi uccel di bosco e di sfuggire alla giustizia, con l’altra il Santini condannava a morte milioni di uccel di bosco onesti. Figli e figliastri anche tra gli uccelli, dunque, nel Paese dei Figli...
Silvio Berlusconi (in una scuola elementare de L’Aquila): “Quante dita ha una mano?” “Cinque,” rispondono in coro i bambini. “Bravi. E due mani?” “Dieci!” esplode il coro nei grembiulini azzurri e bianchi. “E dieci mani?” “Cento!” “Bravi, risposta esatta: quasi tutti sbagliano e dicono cinquanta”. (La Repubblica, mercoledì 20 gennaio 2010). Aspetta, prima di dedurne che il Berlusconi non sappia contare. O che sia un cattivo maestro. Mica tutte le mani, nell’immaginazione dei loro possessori, hanno lo stesso numero di dita. Dipende da quanto vogliono arraffare.
Fabrizio Cicchitto, Massimo D’Alema (secondo left 2 di venerdì 15 gennaio 2010) e Francesco Rutelli.
(su) Francesco Rutelli (ex radicale, ex margheritìno, ex piddìno, oggi apìno), Massimo D’Alema (che non ha bsiogno di presentazioni) e Luciano Violante (finto “sinistro” celebratore di Almirante, consigliere della Destra plurielogiato dal Berlusconi, dal Ghedini e dal Cicchitto e presidente della Commissione antimafia quando furono assassinati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino): Rutelli, da presidente del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti, si è mosso in piena identità di vedute con il Pidièlle. Il Copasir finora si è mostrato più interessato a fare le pulci ai magistrati e ai funzionari dello Stato che hanno indagato sui Servizi e sui pezzi deviati dello Stato, che non all’accertamento della verità. Quando sono stato ascoltato sull’inchiesta Why not sono rimasto colpito dal feeling che c’era, durante la seduta, tra Rutelli e Cicchitto. Nel passarsi la parola, nel pormi le domande. (...) Un esempio. In quelle settimane, a Strasburgo, noi dell’Iddivvù abbiamo denunciato il governo italiano per lo scudo fiscale. Ebbene: non siamo riusciti a raccogliere alcuna adesione dai colleghi del Pidì, con l’unica eccezione di Vittorio Prodi. (...) E penso alle uscite di Violante, che si occupa così tanto di giustizia, alle aperture molto ampie nei confronti del Pidièlle e delle leggi ad personam, anche a questa riabilitazione di Craxi: l’obiettivo è solo la delegittimazione della magistratura. (Luigi De Magistris intervistato da La Repubblica di mercoledì 21 gennaio 2010). Ci pare che l’ottimo De Magistris esageri un pochino: in fondo l’Italia, al Berlusconi, gliel’ha già regalata il Veltroni. Perché il Rutelli, il D’Alema e il Violante vorrebbero regalargliela di nuovo? Non possono essere così sciocchi da non essersene accorti.
Pier Luigi Bersani (segretario del Pidì tanto, tanto, tanto diverso dal Fassino, dal Veltroni e dal Franceschini): Il presidente Napolitano ha sottolineato un fatto storico: gli errori che Craxi ha fatto li ha pagati molto cari e molto duramente. (La Repubblica, martedì 19 gennaio 2010). Eh, sì: li ha pagati in una lussuosa villa e nell’eterna estate di Hammamet. Mentre piccoli delinquenti morivano ogni giorno in galera di percosse o suicidi.
Francesco Rutelli (ex radicale, ex margheritìno, ex piddìno, oggi apìno): Io e mia moglie ci siamo sposati sia civilmente che in chiesa ma, dopo trent’anni, le ho chiesto: “Andiamo a Las Vegas e sposiamoci per la terza volta”. (...) Ero un bambino buono, studioso, molto religioso, ma (...) ho avuto un forte colpo e poi ci sono voluti anni prima che riuscissi a riavvicinarmi alla fede. In quegli anni mi avvicinai a Marco Pannella e al Partito radicale.
(La Repubblica, lunedì 18 gennaio 2010). Che ti diedero il colpo di grazia?
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Che UN uomo è Zucconi non vuol mica dire che lo sono TUTTI.
Vittorio Zucconi (giornalista ― de La Repubblica ― che proponiamo di soprannominare Nomen Omen): Si vorrebbe non vedere e non guardare le foto del linciaggio e della profanazione del cadavere dello sciacallo a Haiti, per credere che appartengano a un altro pianeta, a un’altra dimensione, a un tempo che noi, con la nostra giurisprudenza, lo Stato, i codici, l’autorità, il patto civile di convivenza che affida ai magistrati e non ai machete il castigo dei colpevoli, abbiamo superato per sempre. Si vorrebbe, ma non si può, perché quello che scovolge e nausea non è la distanza, ma la prossimità. È la conferma che tutti gli uomini, messi nelle circostanze giuste, siano capaci di tutto. (La Repubblica, lunedì 18 gennaio 2010). Parla per te, Zucconi: ci sarai tu, capace di tutto. Noi no. E, come noi, la maggior parte dell’Umanità. Nonché la totalità dei neonati umani. Ma tu, Zucconi, poverino, forse non hai mai superato il trauma della tata o del catechista che un giorno, ai giardinetti o all’oratorio, udisti dire che l’uomo è una bestia... Cresci, o Zucconi: sei grandicello, ci sembra, per continuare a credere alle tate e ai catechisti. Considera, o Zucconi, che se il tuo trar dal comportamento del singolo conseguenze universali valesse anche per gli animali per natura creativi, noi saremmo autorizzati a considerare ogni animale umano uno stupidotto solo perché alcuni animali umani ripetono fino alla morte le bufale, piene di religioso disprezzo per l’Umanità, di cui gli riempirono la zucca da piccoli. Ma noi non lo faremo, o Zucconi, poiché quel tuo tenero congiuntivo, apparentemente errato ― “siano capaci di tutto” ― ci induce a sperare che qualche sano dubbio sull’onniscienza della tata o del catechista, dopo tanti anni, finalmente cominci ad averlo. (E già che ci siamo: La Repubblica, nei giorni scorsi, ha pubblicato foto di cadaveri e di minori senza alcun rispetto per i sentimenti di quella parte dei suoi lettori ― pochi o tanti che siano ― che ancora non si son lasciati ridurre nello stato che la tata e il catechista dello Zucconi credevano, delirando, natura umana. La Repubblica si è forse permessa di farlo perché quei corpi non erano bianchi?)
Renato Brunetta (ex craxìsta, oggi pidiellìno e ministro della Funzione pubblica): A trent’anni non ero ancora capace di rifarmi il letto. (La Repubblica, lunedì 18 gennaio 2010). Non si butti giù così, Brunetta. Non fu mica colpa sua.
Per rifare un letto bisogna arrivarci.
Stefania Craxi sulla tomba del padre. 1. Stefania Craxi col Frattini. 2. Stefania Craxi ― clicca per ingrandirla ― mentre vi depone (sulla tomba del padre, non sul Frattini) un garofano rosso. 3. Stefania Craxi ― clicca per ingrandirla ― cerca di non ridere mentre tutti aspettano lei per la foto di gruppo ― clicca qui per farti un’idea della situazione dall’espressione del Brunetta. 4. Stefania Craxi ― clicca per ingrandirla ― assume infine un’espressione di cordoglio. (Foto 1, 2 e 3 da La Repubblica di domenica 17 e lunedì 18 gennaio 2010; foto 4 dalla generosa Unità di lunedì 18). Saprebbe il Cielo (se il Cielo esistesse) che del Craxi pensammo, pensiamo e sempre penseremo tutto il peggio possibile. Ma sulla sua tomba non riusciremmo a ridere.
(su) Mariastella Gelmini (ministro della Pubblica Istruzione) e Giulio Tremonti (ministro dell’Economia, del Tesoro, delle Finanze e ― tirando i fili di Mariastella Gelmini ― liquidatore della Pubblica Istruzione): Fra cinque mesi, alcune migliaia di insegnanti di religione, per la maggior parte precari, riceveranno un aumento di stipendio che secondo stime sindacali potrebbe arrivare a 220 euro lordi, più arretrati da mille a duemila euro. E gli altri insegnanti precari, oltre centomila? Nulla, anche se precari da dieci o vent’anni. “Nonostante ci sia una normativa europea che tutela i precari in questo senso,” dichiara Marcello Pacifico, presidente dell’Anief (Associazione nazionale Insegnanti ed Educatori in formazione), “a nessuno di loro viene riconosciuto questo diritto, a meno che non si rivolga al giudice del lavoro. Ora lo si riconosce, ma solo per gli insegnanti precari di religione. Per gli altri, invece, recentemente il governo ha perfino tentato di bloccare i ricorsi al giudice: lo scorso novembre, un articolo del decreto-legge salva precari bloccava la possibilità dei precari di chiedere scatti stipendiali. Norma-vergogna che, grazie anche al nostro intervento, è saltata in sede di conversione in legge”. (La Repubblica, domenica 17 gennaio 2010).
Aumento doveroso, secondo noi. Non avete visto come li ha ridotti, l’insegnamento della religione,
la maggior parte di loro? Quei soldini, quasi certamente, gli serviranno per le medicine.
Per la serie I morti del vicino son sempre più morti: Maurizio Sacconi.
Maurizio Sacconi (ministro del Welfare, della Sanità, del Lavoro e delle Politiche sociali, a seconda dei turni di servizio): L’imbarazzo del Pidì su Craxi è un segnale positivo. Gli ex comunisti riconoscono, prima o poi, i loro errori. Si tratta solo di stabilire quanti siano i morti nel frattempo. (La Repubblica, domenica 17 gennaio 2010). I nazisti, invece, non sbagliano mai. E sono gli unici che non sono in grado di diventare ex.
(su) Bettino Craxi... e molti altri: Forse chi si occupa di scuola cadrà nella fantasticheria di leggere sulla targa stradale, sotto il nome dell’uomo politico, la definizione primo presidente del Consiglio non laureato della storia repubblicana. Questo dettaglio della biografia craxiana preso da solo significa poco o niente. (...) Ma colpisce che quella sfumatura della biografia craxiana diventi un requisito quasi costante fra i leader della sinistra che hanno affrontato Berlusconi dalla sua “discesa in campo” in diverse competizioni elettorali. Sono alcuni dei cosiddetti “quarantenni”, da gregari nelle gerontocrazie partitiche a miracolati di Tangentopoli, saliti alla ribalta politica dopo aver lasciato gli studi universitari. (...) Craxi, dunque, inaugurò uno stile, imitato in particolare a sinistra. (...) Fu il craxismo a promuovere un cambiamento radicale dei valori che colpì in primo luogo il lavoro intellettuale: (...) i più insignificanti personaggi televisivi assursero al ruolo di opinionisti e anche il più fine intellettuale imparò a ragliare per far sentire il suo punto di vista. (Giuseppe Benedetti su left 2, venerdì 15 gennaio 2010). E in più, tanto per gradire, collezionano lauree honoris causa e cercano addirittura di farsi passare per “scrittori”.
Renzo Lusetti ed Enzo Carra (piddìni chierichetti) sono usciti dal Pidì per aderire all’Uddiccì. (La Repubblica, venerdì 15 gennaio 2010). Solo? E tutti gli altri che dicevate che vi sareste portati dietro? Le montagne, dice il vecchio adagio, partoriscono talvolta topolini. Le navi che affondano, invece, rimettono sempre topacci.
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Per la serie È bello quando un giudice sbaglia, così posso abbracciare un pidiellìno: Chiaromonte, Marcenaro, Musi e Sbarbati.
Franca Chiaromonte, Pietro Marcenaro, Adriano Musi, Luciana Sbarbati (piddìni senatori): L’inchiesta che ha coinvolto l’ex presidente della regione Abruzzo ha violato i diritti costituzionali? Lo svolgimento della vita democratica, in quella regione, è stato irrimediabilmente compromesso dai comportamenti della magistratura? È il contenuto di un’interrogazione che i suddetti hanno firmato insieme ai senatori pidiellìni Luigi Compagna, Ombretta Colli, Antonino Caruso, Diana De Feo, Marcello Pera e Vincenzo Fasano. (La Repubblica, venerdì 15 gennaio 2010).
Per la serie Promesse o fesserie? Be’, diciamo “promesserìe”: Silvio Berlusconi.
Silvio Berlusconi: La situazione attuale del debito pubblico comporterà, solo di interessi, una spesa di otto miliardi l’anno. In questa situazione è fuori discussione poter pensare a un taglio delle imposte. (La Repubblica, giovedì 14 gennaio 2010). Solo tre giorni fa ha detto che le avrebbe tagliate: ormai tra le promesse e le smentite del Berlusconi passa così poco tempo che se s’impegna riuscirà tra non molto a smentire ancor prima di promettere.
Silvio Berlusconi: Le aggressioni sul piano giudiziario sono parificabili a quella di piazza Duomo, se non peggio. (La Repubblica, giovedì 14 gennaio 2010). Questa dichiarazione è incomprensibile... Non intenderà mica dire che anche i giudici che lo mettono sotto processo sono manovrati da lui per poter fare la vittima?
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A certi Senegalesi piace l’orecchio e a certi Maroni piace il polpaccio: de gustibus non est disputandum.
(su) Roberto Maroni (leghista, portatore di moccichino verde e ministro degli Interni): Ieri sera, intorno alle 21, a Radio 24, un senatore della Lega che, a proposito del senegalese che a Modena durante un controllo di polizia addentò l’orecchio di un agente, l’aveva definito un selvaggio e un cannibale, richiesto dal conduttore di confermare tale definizione, l’ha addirittura rivendicata. Ma, avendogli il conduttore poi chiesto se quegli epiteti valessero anche per l’attuale ministro degli Interni Maroni, che morse al polpaccio un agente a Milano, il senatore ha spiegato la differenza tra il mordere un orecchio e il mordere un polpaccio: il primo morso è da selvaggi e cannibali, mentre il secondo è “un atto da valutare nel contesto in cui è avvenuto”. (Da una lettera a La Repubblica di giovedì 14 gennaio 2010). Noi, invece, chiameremmo selvaggio e cannibale solo l’addentatore di un leghista. Qualsiasi parte del corpo del leghista scegliesse, e anche se il suo non fosse che un morsetto amoroso. Ma noi, si sa, siamo di gusti difficili.
Per la serie Meglio tre aborti e una figlia morta a sette mesi che dare un dispiacere al Bambino Gesù: Eugenia Roccella.
(su) Eugenia Roccella (ex radicale, ex leader del Movimento di liberazione della donna, ex portavoce del Family Day di Savino Pezzotta, ex aennìna, oggi pidiellìna sottosegretario alla Salute): Proveranno ad avere un figlio sano con la fecondazione assistita. Un giudice di Salerno ha autorizzato una coppia, affetta da una malattia ereditaria che ha già fatto morire una figlia di appena sette mesi e li ha costretti a tre aborti, a ricorrere a questa tecnica. La legge 40 lo consente solo per i casi di sterilità e infertilità, ma la sentenza ha dato il via libera con un’interpretazione estensiva. Duro il commento del sottosegretario alla Salute, Roccella: “È grave che un giudice violi questo principio basilare della legge 40”. (La Repubblica, giovedì 14 gennaio 2010). Meglio lasciar morire i bambini che autorizzare la fecondazione assistita? Perfino chiamarlo Partito dell’Odio frenetico sarebbe fargli un complimento.
Per la serie Le grandi Intelligenze della Storia della Pubblica Istruzione: Mariastella Gelmini.
(su) Mariastella Gelmini (ministro della Pubblica Istruzione) e Giulio Tremonti (ministro dell’Economia, del Tesoro, delle Finanze e ― tirando i fili di Mariastella Gelmini ― liquidatore della Pubblica Istruzione): Le pulizie dei bagni e delle aule nelle scuole? Cari presidi, fatele a giorni alterni. Magari pulendo il lunedì i servizi igienici dei maschi e il martedì quelli delle femmine o scegliendo a turno un’aula e un laboratorio in cui non far entrare stracci e scope. La trovata è dell’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna. Con una nota arrivata ieri sui tavoli dei dirigenti scolastici viene suggerito, con urgenza, cosa fare a fronte della sforbiciata prevista con la circolare sul programma annuale 2010 che ha ridotto del 25% la spesa per gli appalti, costringendo le scuole a ridurre il servizio con le agenzie di pulizia. (La Repubblica, giovedì 14 gennaio 2010). A onor del vero bisogna riconoscere che la Gelmini, dando prova di rara intelligenza e generosità, questa ennesima tremontata aveva tentato di pararla consigliando ai presidi di far pulire le scuole ai Bidelli. Dimenticando, poveretta, che i Bidelli non possono far pulizia mentre gli Alunni sono a scuola. E che per farli pulire dopo, bisognerebbe pagar loro lo straordinario. Eh, non è solo il coraggio che se uno non ce l’ha (come diceva don Abbondio) non se lo può mica dare...
Per la serie Quelli che aiutano il Berlusconi a ridere: Renzo Lusetti.
(su) Renzo Lusetti (piddìno da sacrestia): Dura da digerire per i cattolici del Pidì soprattutto la candidatura di Emma Bonino, leader storica dei Radicali, alla presidenza della regione Lazio. Alcuni agitano lo spauracchio della scissione. Renzo Lusetti, per esempio, è pronto ad andare nell’Uddiccì, portandosi dietro alcuni parlamentari. (La Repubblica, giovedì 14 gennaio 2010). Lusetti... chi era costui? Clicchiamo qui per ricordare tutto di lui (dagli attacchi a Beppino Englaro all’entusiasmo per la scomunica di una bambina brasiliana violentata dal patrigno, dall’approvazione del lodo Alfano e del decreto sicurezza alla denuncia per disturbo della quiete pubblica per i suoi karaoke con Sacconi, Bonanni e ― ma guarda! ― Renata Polverini...) e poi diciamo che se davvero Emma Bonino riuscisse a scacciarlo dal Pidì noi diventeremmo ipso facto credenti. Nella Bonino, naturalmente. Ne faremmo la nostra personale Santa Patrona.
(su) Bettino Craxi: È di quegli anni il vulnus che alterò i rapporti fra politica e magistratura, che per quasi un ventennio ha fatto cadere governi per inchieste che spesso non hanno portato da nessuna parte, e che ha lanciato nell’agone politico i magistrati. Craxi non ha bisogno di nessuna riabilitazione. Contribuì, insieme a Reagan e a papa Wojtyla, a mettere in crisi l’Urss: per la storia Craxi va già ricordato come uno statista. (Augusto Minzolini, direttore del tg1, citato da La Repubblica di giovedì 14 gennaio 2010). Vedere un papa messo sullo stesso piano di un delinquente comune potrebbe anche divertire. Meno, però, se ad accostarli è un individuo la cui lingua avrebbe probabilmente infastidito non solo il primo, ma perfino il secondo.
Ombretta Colli (vedova di Giorgio Gaber e pidiellìna): L’astrologia è una cosa seria. Quando Berlusconi è sceso in politica, ricordo che aveva pianeti favorevoli. (La Repubblica, giovedì 14 gennaio 2010). Povero Gaber.
Per la serie Infelici i destri presentabili nel Paese dei destri da forca: Renata Polverini.
(su) Renata Polverini (ex neofascista, ex aennìna, attualmente leader dell’Uggièlle e candidata pidiellìna alla presidenza della regione Lazio): L’Uggièlle dice di avere due milioni e 54.000 iscritti ma, in realtà ― ricostruiva ieri Europa ― gli affiliati sarebbero poco più di 200.000. L’Uggièlle dunque non sarebbe il quarto sindacato in Italia (posizione che dà diritto automaticamente a posizioni nevralgiche in istituti pubblici e comitati di vigilanza) bensì il settimo. Tessere gonfiate, “un iscritto vero ogni dieci”. Nel settore della Sanità, 42.124 iscritti dichiarati contro i 3.600 effettivi, scoperti dalla ricerca di Cisl, Uil e Confsal. Ancora: “Nella pubblica amministrazione,” si legge su Il Giornale, “la consistenza reale dell’Uggièlle è pari allo 0,7%, quasi prossima allo zero assoluto”. (La Repubblica, mercoledì 13 gennaio 2010). Non voteremmo per la Polverini neanche se fosse nostra sorella carnale. E l’Uggièlle, per noi, resterà sempre il sindacato fascista di cui da ragazzi leggevamo con disgusto su L’Unità. Detto questo, però, le “fonti” dei dati di cui sopra non ci ripugnano di meno: Europa, “foglio semiclandestino” (come avrebbe detto Fortebraccio) dei chierichetti Margheritini; Il Giornale, diretto da quel Vittorio Feltri alla cui tavola non vorremmo sederci neanche se stessimo per morire di fame; e dulcis in fundo la Cisl e la Uil del Bonanni e dell’Angeletti, noti strenui difensori dei Diritti dei Lavoratori (berlusconiani). Se i nemici della Polverini sono questi, noi ci teniamo a non farne parte: vorrà dire che nel nostro piccolo (ma sano) la contrasteremo da soli.
Il La Loggia e lo Schifani dovrebbero essere sul Guinness dei primati: il primo come l’unico, nella Storia dell’Umanità,
che abbia avuto per autista un presidente di Senato; il secondo come miglior guidatore di tutti i Tempi.
(su) Totò Cuffaro (uddiccìno ex presidente della regione Sicilia) e Renato Schifani (pidiellìno presidente del Senato): Massimo Ciancimino, ricordando di un “pizzino” inviato a Provenzano da suo padre dove si faceva riferimento “a un amico senatore e al nuovo Presidente per l’amnistia”, ha confermato che i due erano Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro. Poi ha spiegato dove ha conosciuto l’ex governatore: “L’ho incontrato nel 2001 a una festa dell’ex ministro Aristide Gunnella, credevo di non averlo mai visto prima. Si è presentato e mi ha baciato. Poi l’ho raccontato a mio padre, che mi ha detto: «Ma come, non te lo ricordi che faceva l’autista al ministro Mannino? Anche lui aspettava in macchina, fuori, come te che accompagnavi me...» Poi l’ho collegato... Perché, quando accompagnavo mio padre dall’onorevole Lima, fuori dalla macchina aspettava pure, con me, Cuffaro e anche Renato Schifani, che faceva l’autista al senatore La Loggia. Diciamo... che i tre autisti eravamo questi... Andavamo a prendere cose al bar per passare tempo... Ovviamente loro due, Cuffaro e Schifani, hanno fatto altre carriere: nella vita, c’è chi è più fortunato e chi meno... Ma tutti e tre una volta eravamo autisti”. (La Repubblica, mercoledì 13 gennaio 2010). Balzac gli fa un baffo all’Italia di oggi. E non vengano a dirci che non c’è mobilità sociale. Ne volessi. A condizione, naturalmente, di essere siciliani e di aver almeno una volta incrociato per via (anche solo per caso) il Berlusconi e il Dell’Utri.
(sul) Pidì di Pierluigi Bersani (tanto, tanto, tanto diverso dai Pidì del Veltroni e del Franceschini) - 1: Io la chiamo “la sindrome dell’ultimo giro”: la convinzione, cioè, non so quanto diffusa ma certo evidente, che questa sia l’ultima volta che il Pidì riuscirà a contenere l’espansione del centrodestra. Dunque si fa feroce la lotta per salire in carrozza. Non si pensa più al futuro, ognuno attende che la tempesta conduca al proprio nome e si salvi chi può. (Manlio Mariotti, segretario regionale Cgil, intervistato da La Repubblica di mercoledì 13 gennaio 2010). Speriamo che vada fuori strada la carrozza, allora, e si salvi solo chi all’ultimo momento è rimasto giù. A fabbricarne un’altra.
Per la serie Non si trova un che voglia candidarsi, mannaggia!: Vincenzo De Luca.
(sul) Pidì di Pierluigi Bersani (tanto, tanto, tanto diverso dai Pidì del Veltroni e del Franceschini) - 2: In Campania una “storica” spaccatura fa sentire i suoi effetti: da una parte i bassoliniani, che intendono offrire la candidatura all’Uddiccì (il rettore di Salerno, Pasquino), dall’altra i sostenitori di Vincenzo De Luca, il sindaco di Salerno, che vorrebbero lui in corsa. (La Repubblica, mercoledì 13 gennaio 2010). Una bella battaglia, non c’è che dire. Uno potrebbe pensare: neanche morto voterei per un uddiccìno bassoliniano. Ma vogliamo ricordare chi è il De Luca? Rinfreschiamoci la memoria: Salerno: quaranta forzuti impediscono, tra schiaffi e scontri corpo a corpo, che si tenga il congresso dei Giovani democratici. Il segretario regionale Michele Grimaldi dice che sono “camorristi fascisti”, sia pur tesserati Pidì. Off the record, come si dice, sarebbero invece i “bravi” del sindaco di Salerno, il democratico Vincenzo De Luca, storico nemico di Bassolino. “Torre del Greco, come tutta la Campania,” dice l’assessore comunale Pier Paolo Telese, che propende per Bersani ma non cambierebbe una virgola di quel che dice Ignazio Marino, “è la fotografia del sistema feudale che vige a Napoli e probabilmente a Roma: vassalli, valvassori, valvassini. Geografia identica di un partito amorfo e pieno di lupi voraci”. (Alberto Statera su La Repubblica di giovedì 16 luglio 2009). Mere illazioni? Voci di corridoio? Può darsi. Aggiungiamo, allora, che il “compagno” De Luca è quello che il 19 maggio 2008 ci intimò di smetterla di fare i poeti, perché la maggioranza dei Rom delinque. Che il 24 settembre 2008 annunciò telecamere in città non contro i camorristi ricercati che tranquilli vanno a fare shopping il sabato pomeriggio, ma contro i cafoni e i balordi. E che Isaia Sales (ex segretario regionale del Pci, ex consigliere regionale, ex deputato, ex sottosegretario al Tesoro nel governo Ciampi, intervistato sulla questione morale da La Repubblica lunedì 22 dicembre 2008) descrive così: “Il sindaco di Salerno secondo me è la quintessenza dei capibastone. Ed è schierato con Veltroni, ma è stato allevato da Fassino (e prima da D’Alema) come antagonista di Bassolino. Solo che De Luca, per il quale era stato richiesto l’arresto, si salvò utilizzando l’immunità parlamentare con il consenso di tutti i vertici dei Dièsse, che oggi guidano il Pidì. Doppia morale”. Conclusione? Se fossimo in Campania, e dovessimo scegliere tra berluscisti, uddiccìni, bassolìni o deluchìni, preferiremmo affacciarci alla finestra e votar governatore il primo che passa per via. Fosse pure un cane.
Per la serie Inchini ai Forti e Calci agli Indifesi: Roberto Maroni.
Roberto Maroni (leghista, portatore di moccichino verde e ministro degli Interni): Ciascuno ha il diritto di scioperare, ma se il primo marzo scenderanno in piazza dei lavoratori clandestini, questi immigrati verranno espulsi. La legge è legge e non si può dire: si applica tutti i giorni tranne il primo di marzo. (La Repubblica, martedì 12 gennaio 2010). Paura, eh? Ma invece di tremare così, ministro, perché non telefoni al Cossiga? Ti darà coraggio, vedrai. Ti dirà che le manifestazioni di piazza, per un ministro di Polizia che abbia “il fegato” (o “le palle”, come direbbe il Bossi) di infiltrarvi i tipi “giusti”, possono essere una manna. A meno che, naturalmente, i manifestanti (come si è visto a Rosarno) siano stati esasperati al punto di aver più nulla da perdere...
(su) Silvio Berlusconi: Si sa: Berlusconi non si accontenta mai. Ecco allora la seconda idea originale progettata durante la convalescenza: perché non rendere liberi ― e quindi immuni dalla legge, dal processo e dal giudizio ― anche le società, dopo le persone? Di qui, la proposta contenuta nell’emendamento, che oggi sarà presentato al Senato, di un’estensione del “processo breve” anche alle persone giuridiche, quindi alle società che devono rispondere di reati contabili, danni erariali, di responsabilità amministrative per reati commessi da figure apicali nell’interesse aziendale. Mediaset ne ricaverebbe qualche sollievo nei suoi contenziosi giudiziari, come la Pirelli-Telecom di Marco Tronchetti Provera, l’Eni e l’Italgas che devono rispondere di truffa ai danni dei consumatori, ma soprattutto Impregilo di Benetton, Ligresti e Gavio, per dire alla rinfusa di qualche processo già in corso. È un’iniziativa non soltanto auto protettiva, allora. Elimina, con la separazione tra la sfera pubblica e la sfera privata, tra poteri politici e poteri economici, una separazione essenziale che fa parte del costituzionalismo dello Stato moderno “ancor prima della democrazia” aggiunge Luigi Ferrajoli. (...) Una vecchia idea che Gianfranco Miglio già nel 1994, con la prima vittoria della destra, espresse in modo brutale. La Costituzione non è un accordo tra tutti sulle regole del gioco, ma “un patto che i vincitori impongono ai vinti. Metà degli Italiani fanno la Costituzione anche per l’altra metà. Poi si tratta di mantenere l’ordine nelle piazze”. (Giuseppe D’Avanzo su La Repubblica di martedì 12 gennaio 2010). Solo che la definitiva sconfitta della giustizia, in un Paese in cui il rispetto della legge è da sempre un optional, sarebbe il definitivo avvento della legge della giungla e la conseguente impossibilità, per chi non dispone di eserciti privati, di dar vita a un qualsiasi rapporto economico (dai normali consumi quotidiani in sù) con la benché minima speranza di non essere impunemente turlupinato. E a quel punto ― quando in ogni pezzo di carta si potrà nascondere una truffa, ogni banconota essere falsa, ogni boccone avvelenare, ogni respiro soffocare ― mantenere l’ordine nelle piazze potrebbe rivelarsi meno semplice di quanto sembra agli apprendisti stregoni oggi che in Italia ancora si riesce, benché a fatica, a fidarsi gli uni degli altri quel tanto che basta a tenere in vita una sia pur stagnante economia.
Italo Bocchino (pidiellìno vicecapogruppo alla Camera): Non possiamo giudicare della bontà di una legge a seconda che si applichi o meno a Silvio Berlusconi. Che Berlusconi debba essere sottratto all’accanimento giudiziario ormai mi pare scontato e accettato. (La Repubblica, martedì 12 gennaio 2010). La “sinistra” più o meno inciucista è avvisata: il suo consenso a una legge (quale che sia) che salvi il Berlusconi dai processi sarà presentato dalla Destra come un’esplicita ammissione, da parte della “sinistra”, che sì, contro il Berlusconi accanimento giudiziario vi è stato.
Per la serie Pensarci sù settantasette volte sette, prima...: Joseph Ratzinger.
Joseph Ratzinger (datore di lavoro, con l’appellativo di papa, dei dipendenti di Joseph Ratzinger) e Roberto Calderoli (leghista, portatore di moccichino verde e ministro per la Semplificazione): Bisogna ripartire dal cuore del problema, e cioè che ogni migrato è un essere umano, differente da cultura, religione e storia, ma pur sempre una persona da rispettare, con i suoi diritti ed i suoi doveri, ma senza essere mai oggetto di sfruttamento (Joseph). Parole impeccabili e sacrosante, che vanno sottoscritte. No però al lassismo in politica, che prepara il razzismo (Roberto). (La Repubblica, lunedì 11 gennaio 2010). Con chi ce l’ha il papa? Delle due l’una: o parla a chi già rispetta gli Esseri Umani, offendendo chi non ha alcun bisogno dei suoi ammonimenti. Oppure parla ai portatori di moccichino verde,
e allora sbaglia: dire ai Calderoli e ai Maroni che il migrato è un essere umano come loro è da un lato inutile
(i razzisti pensano che il papa, poverino, in buona fede creda umani i “negri” o i Rom o i Rumeni perché non li ha mai avuti come vicini di casa) e dall’altro offensivo per il migrato, che invece è un Essere Umano molto migliore di loro. Ai leghisti e a tutti i razzisti il Ratzinger dica piuttosto che essi sono Esseri Umani e non bestie, e quindi che non si comportino peggio delle bestie contro i “migrati”. (Ma a che serve? Tanto come parla sbaglia: poiché sono le religioni, tutte ― inventandosi esseri superiori ― le prime a suggerire la delirante possibilità di immaginare l’Essere Umano come inferiore a chicchessia).
Per la serie Cappuccetto Rosso: Vittorio Lupi, dipendente di Joseph Ratzinger col grado di vescovo di Savona.
(su) un dipendente di Joseph Ratzinger (datore di lavoro, con l’appellativo di papa, dei dipendenti di Joseph Ratzinger): La diocesi di Savona va all’attacco della procura per l’arresto di Luciano Massaferro, 44 anni, parroco di Alassio, da oltre una settimana rinchiuso in carcere a Chiavari con l’accusa di violenze sessuali su una bambina di undici anni. Lo fa tramite il quotidiano L’Avvenire con un articolo pubblicato ieri nella pagina curata dall’ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali, dove si parla di un sacerdote “che sembra essere condannato di un reato infamante prim’ancora che le indagini siano terminate”. L’articolo mette anche in dubbio la solidità dell’indagine in quanto basata sulla testimonianza di una minore “che sembrerebbe provenire da un contesto familiare noto e difficile”. (La Repubblica, lunedì 11 gennaio 2010). È una buona notizia per i preti criminali pedofili e violentatori: se si “limiteranno” ad aggredire “solo” le Bambine e i Bambini noti e difficili troveranno sempre (almeno) uno straccio di ufficio diocesano che li difenda.
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Per la serie Quel che resta dell’elettorato del Pidì è mio e me lo gestisco io: Bonino e Tonino.
Antonio Di Pietro ed Emma Bonino: Condivido gli elogi di Bersani a Bonino, ma lei e i Radicali si son battuti per abolire l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (che difende dai licenziamenti ingiustificati, n.d.r.). Se oggi non avessimo questa norma, molti Lavoratori si troverebbero in balia del loro datore di lavoro, o meglio di caporali. Pertanto, prima di esplicitare l’appoggio o meno a Bonino vogliamo capire se porterà avanti il programma della lista Bonino-Pannella o della coalizione. (Antonio Di Pietro, La Repubblica, lunedì 11 gennaio 2010). Quando Di Pietro parla di liberismo, mi sembra che parli anche un po’ a vanvera (Emma Bonino, La Repubblica, martedì 11 gennaio 2010). Tonino parlerà a vanvera (che non sia coltissimo glielo dicono tutti, specialmente da Destra) ma Bonino a vanvera risponde, poiché sull’articolo 18 (e sul non troppo remoto flirt radical-berluscista) tace e svicola come la politicante consumata che non vorremmo pensare che sia. Chissà, forse è la frenesia di avventarsi sulle spoglie del Pidì (per altro non ancora del tutto crepato) che non è buona consigliera. Per entrambi. (Nota: il prof, a meno di imprevisti troppo scoraggianti per essere sopportati, voterà Bonino. Pur ignorando se il di lei liberismo non a vanvera la indurrebbe a chiudere più o meno scuole, nel Lazio, della destro-sociale Polverini).
Luciano Violante: (finto “sinistro” celebratore di Almirante, consigliere della Destra plurielogiato dal Berlusconi, dal Ghedini e dal Cicchitto e presidente della Commissione antimafia quando furono assassinati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino): Non mi pare ci sia unanimità sull’intitolare una strada a Craxi. Craxi insistette sulla Grande Riforma, Berlinguer sulla questione morale. Se il Pci avesse capito l’importanza del tema, e Craxi la centralità della questione morale, forse la storia sarebbe stata diversa. (La Repubblica, lunedì 11 gennaio 2010). Affermazione, negazione e negazione della negazione: hegeliano nonché uno e trino, lo Spirito assoluto Luciano Violante sarebbe un ottimo presidente della Corte Costituzionale. Per la Destra, per la finta “sinistra” e per sé medesimo.
Per la serie Quelli che il Rosso gli fa come ai Tori: Mario Pirani.
Mario Pirani (opinionista de La Repubblica): Loretta Napoleoni, una signora che ebbi occasione di conoscere alla presentazione di un suo libro definita addirittura “grande economista” e “grande esperta di terrorismo”, come prova un suo romanzo giallo sull’Iraq. Il libro, espressione del suo livello accademico, si intitolava: La nuova economia del terrorismo (ed. Tropea). (La Repubblica, lunedì 11 gennaio 2010). Non ho mai scritto che il saggio su “La nuova economia del terrorismo” fosse un romanzo, ma che L. N. aveva iniziato la sua carriera di esperta con un libro giallo sul terrorismo, “Dossier Baghdad”, edito nel ’97 da Newton Compton. (La Repubblica, martedì 12 gennaio 2010). Non intendiamo difendere dal Pirani la signora Loretta Napoleoni, che si difende più che bene da sé. Vogliamo farci una risata sulla “smentita” del Pirani, che vorrebbe essere berlusconiana ma non ce la fa: anche per tirare il sasso e nascondere la mano come il Berlusconi ci vuole un po’ d’astuzia, o Pirani, altrimenti si finisce per fare all’aggredito solo pubblicità, e poi esser costretti addirittura a raddoppiargliela.
(su) Roberto Maroni (leghista, portatore di moccichino verde e ministro degli Interni) e Maurizio Sacconi (ministro del Welfare, della Sanità, del Lavoro e delle Politiche sociali, a seconda dei turni di servizio): Il pugno di Maroni contro gli immigrati. (Titolo di prima pagina de La Repubblica di lunedì 11 gennaio 2010). Un quotidiano che ci ostiniamo a comprare e leggere ogni giorno avremmo preferito che parlasse di “pugnetta” piuttosto che di “pugno”. Ma pazienza, non si può avere tutto. Se i clandestini saranno perseguiti, l’azione del governo tende a reprimere anche chi li ha sfruttati. Di questo aspetto si sta occupando Paolo Pennesi, direttore dell’Ispettorato del lavoro del ministero del Welfare che sta redigendo una relazione sull’illegalità dei rapporti di lavoro nella piana. (La Repubblica, lunedì 11 gennaio 2010). Bene. Ricordiamocelo, allora, quando non ne sapremo più niente.
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Per la serie Chi s’inginocchia scalcia, meglio non passargli dietro: Renato Brunetta e Linda Lanzillotta.
Renato Brunetta (ex craxìsta, oggi pidiellìno e ministro per la Funzione pubblica) e Linda Lanzillotta (ex margheritìna, ex piddìna, oggi apìna) commentando la battuta del Berlusconi sulla riduzione a due delle aliquote fiscali: La riforma si farà entro la fine della legislatura, ma la minor tassazione sui redditi dovrà accompagnarsi a una maggiore tassazione dei consumi (Renato). La doppia aliquota, se accompagnata da adeguati meccanismi di esenzione e di deduzione, può essere un sistema che va nella direzione giusta (Linda). (La Repubblica, lunedì 11 gennaio 2010). Domani il Berlusconi smentirà, ma intanto la fretta di accanirsi contro i Lavoratori (da parte del Brunetta, che tassando i consumi darebbe il colpo di grazia all’economia italiana pur di accrescere il peso dell’imposizione indiretta sui meno abbienti) o semplicmente la fregola di genuflettersi dinanzi al Capo (da parte della rutelliana Lanzillotta, la pia padronista) si mangia il cervello dei poveretti.
Ondata di razzismo in Italia. Immigrati africani aggrediti. “Tieni!” “Prendi questo!” “Razza di selvaggio!”
(Mix & Remix, L’Hebdo, Svizzera, citato da Internazionale 829 di venerdì 15 gennaio 2010).
Roberto Maroni (leghista, portatore di moccichino verde e ministro degli Interni, commentando il pogrom razzista di Rosarno): Quella di Rosarno è una situazione difficile, risultato di una immigrazione clandestina tollerata in tutti questi anni senza fare nulla di efficace. (La Repubblica, sabato 9 gennaio 2010). Traduzione: Danno la caccia ai Neri per massacrarli? Era ora. Impossibile riderne, naturalmente. Tranne ripensando ai numerosi studi scientifici prodotti negli ultimi cent’anni sull’attrazione sessuale che i razzisti non sopportano di provare per i Neri.
Una vignetta di left di venerdì 15 gennaio 2010 che chissà perché ci ha fatto pensare alla Gelmini e al suo esame da avvocato
a Reggio Calabria: chissà, forse la poveretta è stata calunniata, e i veri motivi per cui si recò laggiù erano molto più umani...
(su) Mariastella Gelmini (ministro della Pubblica Istruzione): Dopo lo sparo di Rosarno, la sparata della Gelmini. Le vittime sono sempre le stesse: gli immigrati. In Calabria i fucili dei balordi e a scuola i tuoni e i fulmini della Gelmini. Stabilendo che in ogni classe gli stranieri non debbono superare il trenta per cento, la ministra dell’Istruzione vuole preservare l’identità italiana degradandola ai confini di una Italietta che non esiste, di una Brianza gonfiata come la rana. L’idea di fondo è che gli immigrati sono troppi e che dunque bisogna eliminarne una parte e ovviamente per il loro bene, “per integrarli meglio”: “per integrarti meglio, nipotina mia,” dice la nonna lupo. (...) La Gelmini vuole che gli stranieri rimangano stranieri. E cosa ne farà degli eccedenti? (...) È lo stesso spasmo mentale dei fascio-futuristi che contro l’incremento demografico proponevano la guerra come igiene del mondo. Così la Gelmini propone le quote di sbarramento del trenta per cento come igiene del mondo della scuola. (...) Solo la scuola può dirozzarci tutti, anche i ministri che sbagliano gli accenti in Senato. (Francesco Merlo su La Repubblica di sabato 9 gennaio 2010). Paroloni, citazioni, allusioni: ma il Merlo vuole o non vuole che la Gelmini capisca quel che scrive su di lei?
Per la serie Non ditelo alla mamma che mi son tagliato i boccoloni...: Matteo Salvini.
Matteo Salvini (leghista europarlamentare e consigliere comunale a Milano, chissà che jet-lag poverino): Nei prossimi giorni presenterò in Consiglio comunale una mozione per chiedere l’introduzione della castrazione chimica per chi si macchia del reato di violenza sessuale. (La Repubblica, sabato 9 gennaio 2010). Potrebbe essere un problema per i portatori di moccichino verde di Trento, turbati dalla vista dei Lavoratori islamici distesi sui loro divani...
Per la serie Il denaro degli elettori non schifa gli eletti: Giulio Tremonti secondo L’Espresso di venerdì 8 gennaio 2010.
Per la serie Meglio Finti che Poveri: il Bonanni e il Fioroni si fingono di sinistra facendosi vedere
(ma guardandosi bene dall’affaticarsi a camminare) alla grande manifestazione per la Scuola degli Italiani del 30 ottobre 2008.
(su) Raffaele Bonanni (segretario della Cisl): L’idea di Tremonti di fare di Poste la rete della futura Banca del Sud piace soprattutto a chi da sempre esercita su Poste quasi una golden share: la Cisl. Hanno la tessera del sindacato di Raffaele Bonanni 54.000 dipendenti su 150.000. Ex uomini Cisl sono il presidente Giuseppe Ialongo, in quota all’ala Pidì dell’ex segretario Cisl Franco Marini, il commissario dell’Ipost (l’Inps dei postini) Rino tarelli, e il capo del settore Mercato privati Pasquale Marchese, l’uomo che coordina i 14.000 sportelli e 350 dirigenti su 600. E al quale la Cgil ha inviato lettere di protesta contro promozioni e trasferimenti giudicati opachi. (Il Venerdì di Repubblica, venerdì 8 gennaio 2010). Sindacati? Cisl e Uil sono agenzie della Destra che per i loro (bassi) servizi contro i Lavoratori (quelli veri, non i raccomandati imbucati ovunque in cambio di una granitica fedeltà) sono retribuite in... servizi (lucrosi) allo Stato e alle imprese. E una parte della Cgil è sulla stessa strada.
Paola Binetti (piddìna da sacrestia): Lasciare il Pidì? Prima vediamo se Emma vince, e io non ne sono affatto convinta. (La Repubblica, venerdì 8 gennaio 2010). Sei poco caritatevole, Paola: non consideri che, se Emma dovesse perdere, la tua partenza dal Pidi allevierebbe (un pochino) il nostro dispiacere...
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Per la serie Tre Trentini trotterellavano dietro gli Islamici a Trento: Alessandro Savoi, Maurizio Fugatti e Alessandro Savoi.
Alessandro Savoi (portatore di moccichino verde e capogruppo leghista nel Consiglio provinciale di Trento) e Maurizio Fugatti (portatore di moccichino verde e segretario leghista del Trentino): Via quegli Islamici dai nostri uffici: sulle nostre scrivanie ci sono dati sensibili e loro possono mettere le mani ovunque. Siamo un partito che ha una posizione chiara nei confronti dell’Islam: non ci pare opportuno, né sicuro, che dei lavoratori di quella religione possano muoversi indisturbati nei nostri uffici e avere accesso ai computer (Alessandro). Uno dei nostri arriva negli uffici del gruppo sempre molto presto, prima delle sette. Ebbene, in un paio di occasioni ha pure trovato questi lavoratori islamici che dormivano sui divani dei nostri uffici. Così, non ci pare possibile andare avanti. Debbono essere presi dei provvedimenti, con questa impresa di pulizie noi non vogliamo avere più a che fare (Maurizio). (La Repubblica, venerdì 8 gennaio 2010). Gli uffici dei leghisti sono probabilmente così lerci che gli Addetti alle pulizie, sfiancati dal duro lavoro, crollano sfiniti sui divani malgrado il disgusto suscitato in loro dai moccichini verdi di cui i divani medesimi pullulano. Dando vita così, involontariamente, a una visione di maschio abbandono che forse turba i leghisti più di quanto i poveretti possano sopportare. E i computer che c’entrano? Chissà, forse traboccano di foto scattate di nascosto ai Lavoratori addormentati per poi “guardarsele” in solitudine. Sarà allora perché pentito e contrito che il Savoi, lo stesso giorno, in Consiglio regionale, con un gesto provocatorio, ha appeso un crocifisso nell’aula (Repubblica.it, venerdì 9 gennaio 2010)? Mah...
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Per la serie Canizie e Tristezze: Enzo Carra e Paola Binetti.
Enzo Carra e Paola Binetti (piddìni chierichetti): Per perdere, la Bonino va benissimo (Enzo). Se il Pidì la sostenesse, per me sarebbe una ragione forte per andare via. Ci sarebbe una vera e propria emorragia, soprattutto fra i popolari, che difficilmente potrebbero far accettare al proprio elettorato un personaggio così in antitesi con tutta una serie di valori (Paola) (La Repubblica, giovedì 7 gennaio 2010).
Viva allora la Bonino, se davvero dal Pidì caccerà la suora ed il pretino.
(su) Silvio Berlusconi: Agenti della Cia sequestrano Abu Omar, un cittadino egiziano, a Milano. L’intelligence italiana ha collaborato all’extraordinary rendition? Segreto di Stato, dice Berlusconi. L’archivio di dossier raccolto da Nicolò Pollari, direttore del Sismi, in un “ufficio riservato” in via Nazionale a Roma era legale o illegale? Quali potevano essere le finalità istituzionali per spiare, a partire dal 2001 e intensamente fino al 2003 e saltuariamente fino al 2006, quattro procure della Repubblica (Milano, Torino, Roma, Palermo), 203 giudici (47 italiani) di 12 paesi europei e giornalisti e leader dell’opposizione del centrosinistra? Qual era l’“interesse nazionale” che consigliava di sorvegliarne le iniziative; di intimidirli con operazioni di disinformazione; di screditarli con manovre “anche traumatiche”? Segreti di Stato, dice Berlusconi. Quali “motivi istituzionali” imponevano al capo del controspionaggio del Sismi, Marco Mancini, un lavoro comune con la Telecom di Marco Tronchetti Provera, la security di Giuliano Tavaroli, l’intelligence privata di Emanuele Cipriani. Segreti di Stato, dice Berlusconi. (Giuseppe D’Avanzo su La Repubblica di mercoledì 6 gennaio 2010). Già i segreti del Berlusconi, a quanto pare, non son fatti per orecchie delicate. Figuriamoci i segreti di Stato del Berlusconi. Meglio del miglior emetico, con ogni probabilità.
Per la serie C’è anche chi si crede più furbo persino del D’Alema: Luciano Violante.
Luciano Violante: (finto “sinistro” celebratore di Almirante, consigliere della Destra plurielogiato dal Berlusconi, dal Ghedini e dal Cicchitto e presidente della Commissione antimafia quando furono assassinati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino): In alcuni casi i magistrati, con i loro atti, finiscono per intimidire il governo. Una procura blocca la riconversione di una centrale Enel a metano emanando un decreto di “richiesta di sequestro futuro”. Il governo promuova un’ispezione presso questa procura: io credo che il ministro della Giustizia abbia pochi poteri, ma uno dei poteri che ha è vedere come diavolo si fa a sequestrare un atto che non c’è. (La Repubblica, mercoledì 6 gennaio 2010). Qualcuno, forse, ha detto al Violante che il presidente della Cassazione ― a cui il Berlusconi e l’Alfano hanno prorogato di un anno l’età pensionabile in vista, forse, della pronuncia della Corte sul processo Mills ― comincia ad avere più chances del Violante di andare a fare il presidente bipartisan della Corte Costituzionale. E il Violante, guarda caso, annuncia che la divisione dei poteri, se dipendesse dal Violante, avrebbe i giorni contati.
Per la serie Chi rompe paga e i De_coccio sono suoi: il Casini mentre si fa accarezzare dal Berlusconi.
Pierferdinando Casini (leader dell’Uddiccì): Siamo interessati a un’evoluzione del Pidièlle nel solco del Pippiè, così come siamo interessati a una sinistra riformista di stampo blairiano. È il momento, per il Pidì, di scegliere tra il riformismo e i veti dell’ultrasinistra. (La Repubblica, mercoledì 6 gennaio 2010). Traduzione: siamo interessati a che la Destra diventi Centro, la Sinistra diventi Centro, il Centro diventi Centro, tutte le Vacche diventino nere, tutte le differenze si dissolvano e trionfi il Nulla ch’è lo Spirito Assoluto. Naturalmente, se Caltagirone è d’accordo.
Per la serie Felici di avervi fatti Fessi: Linda Lanzillotta, Francesco Rutelli, Bruno Tabacci e Lorenzo Dellai
se la ridono dopo aver messo al sicuro nell’Apì (Alleanza per l’Italia) i voti trafugati al Pidì.
Francesco Cicciobello Rutelli (ex radicale, ex margheritìno, ex piddìno, attualmente apìno): Il Partito democratico è la quarta matrioska del Pci. (La Repubblica, martedì 5 gennaio 2010). Detto da un professionista dei giri di valzer come te, Cicciobello, farebbe ridere se non ci avessi già fatto sganasciare fino alla nausea. Ma pazienza: è bello risentirti, dopo tutto, sapendo che saggiamente ti sei rinchiuso in un partitino camicia-di-forza tutto per te.
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Per la serie I grandi Statisti: la “via” craxìsta al socialismo.
(su) Bettino Craxi: Un’altra affinità elettiva fra il socialismo craxiano e il liberismo berlusconiano, entrambi con il cuore in mano, è di procedere subito alla eliminazione di quanti si oppongono al nuovo corso. Il compagno Giulio Polotti, un sindacalista vecchio stampo, dice: “Mi hanno tolto le preferenze perché come assessore facevo fare le scuole e non le discoteche, perché dicevo che la retorica socialdemocratica era superata ma sempre meglio della spocchia e dei lussi, sempre meglio dei milioni spesi in fiori e in banchetti ai congressi”. Viene silurato anche Emanuele Tortoreto, già assessore al decentramento: “Vada a fare il professore a Bari, ché è meglio per tutti”. E all’architetto Costantino, che è alla direzione delle Case Popolari: “Bravo Costantino, in una intervista al Corriere hai detto che il tuo istituto non ha mai truccato un appalto. Sei un compagno simpatico, ma sei anche un gran pirla”. E quando l’assessore all’Urbanistica Armanini viene denunciato per aver preso delle tangenti per i posti al cimitero lo festeggiano: finalmente anche tu hai capito come si fa politica. (...) I procacciatori di tangenti hanno case di lusso, hanno scoperto che la lotta contro il perfido comunismo può rendere fortune. Un assessore di Brescia, vittima del giustizialismo, per tornare a casa da Roma affitta un aereo privato: “Non si rendevano più conto di rubare,” ha osservato il repubblicano De Angelis: “Vivevano in un loro mondo fatato dove le tangenti funzionavano come un orologio di precisione, la direzione fingeva di non vedere i piccoli furti della base per non guastare il consenso generale. Nessuno si interrogava sul futuro, tutti si rassicuravano a vicenda”. “È dal congresso di Palermo nel 1981,” ricorda un socialista, “che si è passati all’acquisto massiccio delle tessere e che la selezione dei dirigenti è cambiata radicalmente”.
(Giorgio Bocca su La Repubblica di martedì 5 gennaio 2010).
(sul) Pidì di Pierluigi Bersani: Rapporti sempre più complicati con Tonino che spara alzo zero, però nel Pidì di Bersani cominciano a valutare i risultati della “strategia di contenimento” dell’alleato-avversario varata proprio dal nuovo segretario. “Abbandonata la tentazione di inseguire il dipietrismo,” assicurano a Largo del Nazareno, “gli ultimi sondaggi premiano la nostra linea: il Pidì recupera, l’Iddivvù perde consensi dappertutto”. La spiegazione? Gli Italiani si sono resi conto che l’opposizione urlata non paga, che “non è gridando di più che Berlusconi se ne andrà”. (La Repubblica, martedì 5 gennaio 2010). Per ora non fa ridere, lo sappiamo, ma potrebbe farlo il giorno dopo le elezioni. Perciò la mettiamo da parte, non si sa mai...
(su) le Legge ineguale per Tutti nell’Italia della Severità ad personam: Trentino, arriva il test antidroga per chi fa lavori ad alto rischio. Dai tassisti ai controllori di volo, analisi a sorpresa. (Titolo de La Repubblica di martedì 5 gennaio 2010). Ai padronacci e ai cosiddetti manager che decidono licenziamenti in massa e “investimenti” a rischio, invece ― come ai medici assunti dai politici o perché figli di papà ― fiducia assoluta: anche loro mettono a rischio le vite altrui, ma non li si può mica confondere con dei “volgari” Lavoratori.
Per la serie Non sono uno scemo, ma sono giunto alle sue stesse conclusioni: Massimo Cacciari.
Massimo Cacciari (piddìno sindaco di Venezia): Non sono credente, ma sono giunto alle stesse conclusioni del papa e di Tremonti: speriamo in Dio. Preghiamo tutti quanti, la fede aiuta. Chi crede, si rafforza. E agli altri, comunque, non fa danno. (La Repubblica, lunedì 4 gennaio 2010). Non crede e prega? E se credeva che faceva, bestemmiava?
(su) Silvio Berlusconi: La proposta di fondo è questa: gli garantiamo la possibilità di lasciare l’Italia senza conseguenze. Non c’è trucco e non c’è inganno: solo il bisogno di ritornare a essere una nazione democratica e civile. Un volo di Stato con annesso Apicella e magari una graziosa signorina. Destinazione? Consigliamo le isole Cayman. E se si annoia? Qualche cavallo e stalliere di fiducia li potrebbe trovare anche lì. Così il Parlamento, svincolato dalla sua agenda giudiziaria che oggi detta i temi, tornerebbe al proprio compito. (Luigi De Magistris, ex magistrato, oggi eurodeputato dell’Iddivvù, citato da La Repubblica di domenica 3 gennaio 2010). Non avremmo mai creduto che perfino Luigi De Magistris si sarebbe lasciato contagiare da questo fasullo buonismo natalizio... Si può sapere perché mai dovremmo regalare al Berlusconi un volo di Stato? Se lo paghi da solo.
Per la serie Sono apparso a Topo Gigio: Paolo Bonaiuti.
(su) Silvio Berlusconi: L’umore del presidente è davvero ottimo. Penso che già dalla prossima settimana, quella dell’Epifania, riapparirà. (Paolo Bonaiuti, pidiellìno portavoce, citato da La Repubblica di domenica 3 gennaio 2010). Riapparirà? E a chi? Farà un’epifania alla Befana? Ai Re Magi? A Gesù Bambino? Alla Madonna? Per carità, Berlusconi: se decide di apparire alla Madonna la faccia avvertire prima, o le farà prendere un coccolone. Le apparizioni sanguinanti è abituata a farle, non a vedersele davanti all’improvviso.
Per la serie La Costituzione rosa dai tarli: Renato Brunetta.
Renato Brunetta (ex craxìsta, attualmente pidiellìno e ministro per la Funzione pubblica): Stabilire che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro non significa assolutamente nulla. La Costituzione è figlia del clima del dopoguerra. Adesso siamo in un’altra Italia. Ignora temi e concetti fondamentali, come quelli del mercato, della concorrenza, del merito. Andrebbero rivisti gli articoli sui sindacati, sui partiti, sull’Europa. La Giustizia è organizzata inn modo pre-industriale, agricolo-pastorale. Se introducessimo un’organizzazione efficiente, dando a un manager l’organizzazione dei tribunali, il 90% dei problemi sarebbe risolto. (La Repubblica, domenica 3 gennaio 2010). Constatiamo con dispiacere che l’eco delle brunettate del Brunetta è ogni volta più fioca: i titoli si fanno minuscoli, le righe di stampa poche decine. È colpa sua: i suoi target son sempre gli stessi, ha ingenerato assuefazione, e dall’assuefazione alla disaffezione il passo è breve. Un consiglio, Brunetta: la prossima volta, dica cose tremende su sua madre. Vedrà che avrà intere prime pagine tutte per sé. Come minimo.
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Per la serie Mica sarebbe giusto giudicare male Gesù perché tra i suoi apostoli c’era Giuda: Walter Veltroni e Renata Polverini.
(su) Renata Polverini (ex sindacalista “nera” della Cisnal, ex aennìna, oggi segretaria dell’Uggièlle e candidata pidiellìna alla presidenza della regione Lazio): Veltroni le chiese la disponibilità a candidarsi con il centrosinistra: per chi deve rappresentare il centrodestra non mi sembra proprio un buon viatico. (Vittorio Feltri, direttore de Il Giornale, citato da La Repubblica di domenica 3 gennaio 2010). Povera Renata. Che il Veltroni sia più a destra del centrodestra non vuol mica dire che lei non sia del centrodestra. Al Veltroni, se è per questo, piace pure la Moratti.
Letizia Moratti (ex forzaitaliota ministro della Pubblica Istruzione, oggi pidiellìna sindaco di Milano): Se verrà approvato il disegno di legge sul processo breve Milano rischia di perdere 100 milioni di risarcimento dalle quattro banche internazionali che hanno venduto derivati al comune. Va bene il processo breve, ma non in questo caso.
(La Repubblica, domenica 3 gennaio 2010). Traduzione: mi va benissimo che il Berlusconi, per salvarsi lui, cancelli decine di migliaia di processi. Ma i risarcimenti, per favore, li perdano solo i poveri cristi.
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Per la serie Al buio tutti i gatti sono bigi: Maurizio Gasparri, Enrica Giorgetti e Maurizio Sacconi.
Maurizio Gasparri (ex neofascista, ex aennìno, attualmente pidiellìno e presidente dei pidiellìni senatori): Su questa storia dei vaccini sarà forse il caso di fare luce in Parlamento. L’influenza di quest’anno si è rivelata simile a quelle del passato e per molti versi più leggera. Come ai tempi dell’epidemia aviaria, si sono comprate quantità ingenti di vaccini che poi non sono stati utilizzati. È difficile non pensare a manovre speculative a livello planetario di spregiudicate multinazionali. La Sanità di tutto l’Occidente ha accumulato altri debiti. Bisogna capire se chi ha guadagnato senza ragione potrà restituire le risorse accumulate a colpi di bugie. (La Repubblica, domenica 3 gennaio 2010). In attesa che il Parlamento “faccia luce”, il Gasparri chieda lumi alla moglie del ministro del Welfare e del Lavoro Sacconi (ex craxìsta oggi pidiellìno), Enrica Giorgetti, che è direttore generale di Farmindustria. In fondo, si chiamano entrambi Maurizio. E il Gasparri, finché non tornerà la luce, può sembrare più giovane e prestante...
(su) la finta “sinistra” tedesca: Da ieri la Germania ha avviato la costruzione di un enorme computer centrale che registra e immagazzina informazioni su circa 40 milioni di lavoratori dipendenti: reddito, assenze dal lavoro per malattia o altro, partecipazione a scioperi, ammonimenti o sanzioni disciplinari. Si chiamerà Elena, come la bella di Troia contesa nell’Iliade. Sembra un paradosso, ma proprio la Germania, considerata la più stabile e garantista tra le grandi democrazie del mondo libero, ha varato un sistema che solleva pesanti timori di un abuso o uso illecito dei dati. L’iniziativa risale al 2002, al governo Schroeder... (La Repubblica, sabato 2 gennaio 2010). Con Elena nasce dunque lo Stato-Troia. E chi l’ha partorito? La finta “sinistra”, che in Germania (come in Gran Bretagna e negli Stati Uniti) non è meno Troia che in Italia. Ecco perché lo Schroeder, finito di distruggere la socialdemocrazia tedesca, lo ha voluto il Putin: oltre che per le sue benemerenze contro i Diritti dei Lavoratori, per aver trovato il modo di spiarli tutti, vita natural durante, continuando a dargli a bere di essere dalla parte loro.
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Per la serie Gli scheletrici ceri e le allampanate candele del cimitero di Hammamet: Letizia Moratti e Piero Maria-De-Filippi Fassino.
Letizia Moratti (pidiellìna ex ministro della Pubblica Istruzione, oggi sindaco di Milano) e Piero Maria-De-Filippi Fassino (piddìno franceschino): È venuto il momento di collocare Craxi in una prospettiva storica, anche se capisco che non sia facile. Il mio tentativo è quello di fare in modo che la sua città riconosca un proprio figlio importante. Garibaldi fu condannato a morte, Bruno bruciato sul rogo, eppure a loro sono state dedicate vie e piazze. La storia dà delle riletture diverse delle personalità. Comunque, se ci sarà una via Bettino Craxi, dovrà essere senza numeri civici per evitare problemi ai residenti (Letizia). La dimensione giudiziaria ha finito per sovrastare la riflessione politica su un uomo politico che, tra luci e ombre, è stato un protagonista della politica italiana (Piero) (La Repubblica, sabato 2 gennaio 2010). Chi fu Bettino Craxi? Uno che sudò tutta la vita per consegnare l’Italia al Berlusconi, non riceverne (da vivo) neppure un grazie e compiuta l’opera crepare come un cane in Tunisia: se sciocco è chi non trae alcun vantaggio dal male che fa, il Craxi batte tutti i record di stupidità (vittoria non facile, ce n’erano di sensazionali) della storia d’Italia. Ma il Martelli, almeno, ha il pudore di accostarlo solo a Mussolini. Paragonarlo a Giuseppe Garibaldi, come fa la pidiellìna Moratti, è un insulto alla storia d’Italia e a tutti gli Italiani onesti. Paragonarlo a Giordano Bruno bruciato vivo dai fondamentalisti cristiani, poi, è un insulto anche all’intelligenza. Specialmente da parte di una fondamentalista cristiana come Letizia, che quand’era ministro tentò di cancellare l’evoluzione delle specie dai programmi scolastici. Come riderne? Dando ragione alla Moratti medesima quando dice che via Bettino Craxi sarà “senza numeri civici per evitare problemi ai residenti”: un latitante come il Craxi, infatti, solo da clandestino può tornare in patria. Più difficile, invece, ridere del piddìno Piero, che da sempre (e non solo perché la De Filippi ne fece una sorta di indimenticabile madonnino piangente) ci mette un’immensa tristezza. Ma niente paura: per sganasciarsi basta raffigurarselo mentre tenta, sul Craxi, una riflessione politica. Il Fassino riflettere? Uno che dall’89 a oggi non è riuscito che a riflettersi da piccìno in pidiessìno, da pidiessìno in diessìno, da diessìno in franceschìno e prossimamente da franceschìno in casìno (nel senso di Pierferdy)? Ma ci faccia il piacere.
Per la serie I grandi minus habentes del clericofascismo mondiale: Sarah Palin
Sarah Palin (ex candidata alla vicepresidenza degli Stati Uniti): Se Dio non vuole che mangiamo gli animali, perché li ha fatti di carne? (Il Venerdì di Repubblica, sabato 2 gennaio 2010). Mai e poi mai vorremmo essere Dio, se per esserlo dovessimo risiedere nell’immaginario (si fa per dire) di Sarah Palin. Meglio un mortale libero che un immortale imprigionato in una celletta di pochi micron cubici. Come doveva fare quel poveraccio di Dio, secondo lei? Se gli animali li faceva di legno, li avremmo bruciati nei caminetti. Se li faceva di pietra, ci costruivamo le case. Se li faceva d’erba, ci facevamo l’insalata. O ce li fumavamo. Se li faceva d’acqua, ce li bevevamo. Se li faceva d’aria, li respiravamo. Come li faceva li faceva, per la Palin li avrebbe sempre fatti a cavolo. E giù rimproveri, gli avrebbe reso la vita impossibile. Come sanno fare così bene tutte queste streghe zuccherose postmoderne. Nella nostra immaginazione, invece, ancorché atea, Dio ci starebbe come un papa: passeremmo le giornate intere a ringraziarlo di non averci messo nella zucca un cervello clerico-fascista.
Per la serie Ho visto mondi, nella Capitale, che voi non potete neanche immaginare: Enrico Letta.
Enrico Letta (vicesegretario del Pidì): Il Lazio è una partita delicata sia per i fatti traumatici legati a Marrazzo, sia per la costruzione dell’alleanza con l’Udc a cui lavoriamo da settimane. Se vogliamo cercare di vincere, abbiamo chiaro che l’alleanza bisogna che comprenda i centristi e possa strategicamente convincere molti mondi della Capitale che è meglio, con un sindaco di provenienza An come Alemanno, avere un presidente di Regione di centrosinistra per bilanciare... Da mesi sono oggetto di critiche per la nostra linea di apertura all’Udc. Finalmente, tutto il Pd ha capito che l’accordo con i centristi è determinante per le regionali 2010 e oltre. (La Repubblica, giovedì 31 dicembre 2009). Non fai in tempo a esultare per la partenza del Rutelli che arriva il Casini. Ma quel ch’è peggio è che il Letta parli così tranquillamente di convincere molti mondi della Capitale... Di quali mondi parli, o Letta? Certo, non siamo così ingenui da non sapere che esistono individui (come il “suocero” del Casini, per dirne uno) in grado di “spostare” migliaia (come minimo) di elettori molto più agevolmente che se fossero buoi. Ma che un politico di “sinistra”, sia pure finta, arrivasse ad accettare il Sistema (il Sistema, sì) come una realtà del tutto normale e addirittura utile, questo non eravamo ancora arrivati ad aspettarcelo. Ma va bene, in fondo: meglio saperlo con chi abbiamo a che fare, quando tra qualche mese ci chiederanno di andare a votare, qui nel Lazio, per i mondi della Capitale.
Per la serie Contenere gli sbadigli, sbracare tutto il resto: Roberto Calderoli.
(su) Roberto Calderoli (leghista, portatore di moccichino verde e ministro per la Semplificazione normativa): Il decreto legislativo sul cosiddetto “federalismo demaniale” presentato da Calderoli prevede il trasferimento dei beni statali (= del patrimonio immobiliare dei Cittadini italiani, n.d.r.) a Comuni, Province e Regioni, con la dismissione in massa di edifici pubblici, caserme e altre installazioni militari, terreni, spiagge, fiumi, laghi, torrenti, sorgenti, ghiacciai, acquedotti, porti e aeroporti. Una volta approvato definitivamente, denuncia il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, potrebbe innescare “la più grande speculazione edilizia e immobiliare nella storia della Repubblica”. (La Repubblica, giovedì 31 dicembre 2009). Decresce lo Stato e cresce l’antiStato, che per “governare” non ha bisogno di leggi ma solo di rimbambimento televisivo e di paura: una semplificazione normativa davvero super.
Per la serie Quelli che ci farebbero (se fossimo matti) rivalutare il Veltroni: Giuliano Pisapia.
Giuliano Pisapia (ex parlamentare di Rifondazione comunista): Mi chiedo come sia possibile, per la sinistra e per chi crede nella giustizia, opporsi a una modifica che renderebbe effettivi due princìpi sanciti dalla Costituzione: imparzialità del giudice e parità nel processo (non nelle indagini) tra accusa e difesa. E la difesa a oltranza del Consiglio superiore della magistratura, cioè del correntismo ivi imperante. Sbarrare la strada a qualsiasi mutamento sarebbe per la sinistra un grave errore. L’inciucio è tutt’altra cosa. (La Repubblica, giovedì 31 dicembre 2009). Definizione di utile idiota: uno che crede che una rosa rimanga una rosa, se a offrirtela è un violentatore.
Gianni De Michelis (craxìsta esperto di discoteche ed ex ministro degli Esteri): La stragrande maggioranza degli Italiani riconosce il ruolo politico di Craxi, cioè del più grande statista della fine del ventesimo secolo. Grillo, Travaglio, Di Pietro rappresentano una minoranza molto esigua che esiste in tutte le società del mondo. Leggiamo sui giornali che un nigeriano voleva far saltare un aereo, che nello Yemen sono pronti centinaia di kamikaze, ma poi non sono loro a interpretare il sentimento prevalente di un Paese... Era di un anticomunismo viscerale. Ma alle elezioni del ’92 cominciammo a ospitare nelle liste del Psi alcuni miglioristi: Borghini, Minopoli, Francese. Altri, più vicini a Napolitano, saltarono solo per un’esitazione dell’ultimo secondo. (La Repubblica, giovedì 31 dicembre 2009). Siamo i primi a pensare del De Michelis tutto il male possibile, ma ci rifiutiamo di credere che abbia messo Grillo, Travaglio e Di Pietro sullo stesso piano dei terroristi stragisti: non è possibile che sia un mascalzone fino a questo punto. Anche se, quel sottilissimo ricattino a Napolitano sui trascorsi milanesi dei miglioristi...
Per la serie Armiamoci e partite: fogliacci neonazisti in cerca di rogne (per gli altri).
Il Giornale del Berlusconi e La Padania dei Bossi, dei Maroni e dei Calderoli: Fermiamo gli immigrati islamici (Il Giornale). Un’altra Lepanto per fermare l’Islam (La Padania). (La Repubblica, mercoledì 30 dicembre 2009). Niente di meglio di titoli così, per mandar fuori di testa qualche psicolabile e fargli massacrare un po’ di Italiani. Così poi milioni di altri psicolabili porteranno il partito dei moccichini verdi al 51%. E l’Italia andrà davvero in cerca di un’altra Lepanto contro l’Islam, e milioni di sani di mente ci lasceranno la pelle. Tanto in guerra mica ci andranno i capi dei portatori di moccichini verdi. Né quei poveri renzibossi dei loro figli.
Giulio Tremonti (ministro dell’Economia, del Tesoro, delle Finanze e ― tirando i fili di Mariastella Gelmini ― liquidatore della Pubblica Istruzione): Con lo scudo fiscale sono stati rimpatriati 95 miliardi di euro, pari a 190.000 miliardi di vecchie lire e ben oltre 6 punti di prodotto interno lordo. (La Repubblica, mercoledì 30 dicembre 2009). Lo Stato incasserà solo 6-7 euro ogni 100, per un totale di 4,75 miliardi (già impegnati dalla Finanziaria in una miriade di regali e regalucci, tra cui alle “scuole” private, e per le rottamazioni). In Gran Bretagna o negli Stati Uniti avrebbe incassato dieci volte tanto. Dunque un regalo alle banche, alle mafie e ai criminali fiscali (in ordine decrescente di pericolosità) in cambio di una mancetta. E un potente incentivo all’evasione futura. Non solo: in Canton Ticino già pensano di imitare l’Italia per evitare che i capitali occulti li abbandonino in massa. Segno (uno dei tanti) che il virus del berluscismo, come accadde col fascismo, si sta diffondendo fuori dai confini dell’Italia. Come riderne? Pensando che (almeno per ora) non si diffonde in potenti Germanie, ma nei buchi del culo del mondo dall’interno dei quali il Berlusconi appare un gigante. Proprio come da dentro le “menti” dei suoi elettori nostrani.
Per la serie Due pinze e una tenaglia: Mariastella Gelmini.
(su) Mariastella Gelmini (signorina ministro della Pubblica Istruzione): Si è parlato tanto della bontà della legge “salva precari”, e del suo recente allargamento ai docenti che abbiano maturato 180 giorni di servizio. Ma a beneficiarne saranno solo coloro che hanno maturato i 180 giorni in un’unica scuola. Tutti gli altri, che hanno lavorato uguale ma su due o tre istituti diversi, no! (...) Stamane sono andato ad accompagnare mia figlia a ritirare i 1.000 euro di premio per aver condotto un percorso di studi di eccellenza sin dal primo anno del liceo scientifico. Avevo letto che il premio era stato decurtato a 650 euro, ma non volevo crederci fino a quando ho verificato. (Da due lettere a La Repubblica di mercoledì 30 dicembre 2009). Il padre della bravissima ragazza, se ci avesse pensato, avrebbe potuto risparmiare alla figliola questa umiliante delusione: la signorina ministro Mariastella Gelmini, infatti, avrebbe forse accettato di reintegrare a 1.000 euro l’assegno se lui gliene avesse infilati 350 nella borsetta. Di nascosto dalla figlia, ovviamente. Il povero Tremonti e i suoi miseri scherani vanno aiutati: stanno talmente svenando lo Stato per l’antiStato che tra poco saranno alla bancarotta, se non ci pensiamo un po’ noi.
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Per la serie Pidì e Pidièlle li fanno e poi li accoppiano: Franca Chiaromonte (ahi, Gerardo!) e Luigi Compagna.
(su) Franca Chiaromonte (piddìna senatrice) e Luigi Compagna (pidiellìno senatore): Sulle riforme qualcosa si muove: al Senato è stato presentato da due senatori, uno pd e uno pdl, un disegno di legge bipartisan che ricalca il Lodo Maccanico del ’93 e in pratica congela gli eventuali procedimenti contro parlamentari per tutta la durata del mandato. (La Repubblica, mercoledì 30 dicembre 2009). Curiosamente, La Repubblica ha omesso i nomi di questi due solerti individui. Perché mai?, ci siamo chiesti. Forse uno dei due (indovina chi) si vergogna di sé medesimo? O è La Repubblica che pudicamente ha inteso metterci al riparo da uno spettacolo così forte e dalle sgradevolissime emozioni che esso avrebbe potuto suscitare in noi? Impavidi e incuriositi (non tanto del pidiellìno ― uno vale l’altro ― quanto del piddìno) abbiamo svolto le nostre ricerche e scoperto, dei due, i nomi e le foto. E una chicca sulla Chiaromonte, che intervistata da Claudio Sabelli Fioretti (www.melba.it) nel 2003 ebbe a dire: “Io vengo definita di estrema destra. Ho votato la mozione Fassino, firmandola all’ultimo minuto. Pago dei prezzi ma non voglio essere schierata. Mi diverte di più stare con quelli che la pensano in maniera diversa. Frequentare persone che non la pensano come te è un anticorpo serio per non diventare voltagabbana. A me capita spessissimo in qualche cena con commensali di sinistra di dover premettere: Io non sto con Berlusconi, ma...”. Tutto, come sempre, si tiene.
Per la serie Craxisti ad honorem: Filippo Penati e Nicola Latorre.
Filippo Penati (piddìno bersaniano, ex presidente della provincia di Milano trombato dopo aver espulso la Sinistra dalla giunta, persecutore dei Rom, nemico delle moschee, fautore delle ronde e dei soldati nelle città, favorevole ai respingimenti in mare, questuante senza successo di voti leghisti, oggi capo della segreteria di Pierluigi Bersani e candidato governatore del Pidì in Lombardia) e Nicola Latorre (dalemiano fedelissimo che nel novembre 2008 fu “beccato” in tv mentre inviava un “pizzino” di affettuosi suggerimenti al suo degno (ex) “camerata” Italo Bocchino: dìllo tu, ché io non posso...): Craxi è stato un grande leader politico e uno statista. Il protagonista di una lunga e importante stagione politica non riconducibile alle vicende giudiziarie. Un interprete del socialismo milanese che ha dato alla città giunte innovative con Aniasi e Tognoli. Però intestargli una via mi sembra un’iniziativa che non aiuta la sua rivalutazione (Filippo). La via a Craxi non mi scandalizza per niente. Ma in questo momento è una forzatura che non serve a capire quel periodo storico. Di Pietro e Borrelli da una parte, il Pidièlle dall’altra, strumentalizzano una vicenda politica, quella di Craxi, che meriterebbe ben altra riflessione. E rischiano di rovinare il gesto di Napolitano, il ricordo che il presidente della Repubblica vorrebbe fare dell’ex leader socialista (Nicola). (La Repubblica, mercoledì 30 dicembre 2009). Tale il padre (il Craxi), tali i figli (Bersaniano Penati e Dalemiano Latorre). E la finta “sinistra” ha il Pidì come il Berlusconi ha il Pidièlle: eredità di Bettino.
Roberto Calderoli (leghista, portatore di moccichino verde e ministro per la Semplificazione): Le elezioni regionali saranno una Waterloo per la sinistra. Bersani perderà, questo è certo, ma paradossalmente c’è da augurarsi che non perda troppo male, perché diversamente rischiamo di perdere il treno per le riforme e l’occasione per fare di questa legislatura una legislatura costituente. (La Repubblica, mercoledì 30 dicembre 2009).
Per la serie Non ditelo alla mamma che mi son tagliato i boccoloni...: Matteo Salvini.
Il nuovo look di Matteo Salvini (leghista eurodeputato e portatore di moccichino verde) è indubbiamente un decisivo passo avanti: se continua così, gli ci vorranno al massimo cinquant’anni per non sembrare più il bamboccione che nonostante la cattiveria leghista continua a sembrare. Ah, quando si dice l’imprinting materno...
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Per la serie Le Pecore Nere: Mauro Moretti, amministratore delegato di Trenitalia proveniente dalla “grande famiglia” della Cgil.
(su) Mauro Moretti (ex sindacalista della Cgil e amministratore delegato di Trenitalia): Quel ragazzo senza braccia sul treno dell’indifferenza: privo di biglietto, mostra i soldi al controllore ma viene costretto a scendere. (Titolo di una testimonianza di Shulim Vogelmann, scrittore ed editore, su La Repubblica di mercoledì 30 dicembre 2009). Se ne sentono di tutti i colori, sulla gestione morettiana delle Ferrovie italiane: sale d’aspetto riservate ai viaggiatori di (cosiddetta) “prima classe”, famiglie con bambini piccoli costrette a trascorrere la notte all’addiaccio perché il personale di stazione si rifiuta di aprirgliele, treni dei pendolari sempre più simili a convogli per i campi di sterminio, conducenti lasciati soli in cabina di guida per ore e ore pur di licenziarne i colleghi... La Cgil da cui il Moretti è uscito, come una famiglia che si ritrova in casa un poco di buono, non sarebbe ora che si facesse un esamino di coscienza? Come esce un tipo così da un sindacato che dovrebbe essere dalla parte degli Esseri Umani e dei Lavoratori? Tanto più che c’era già stato il precedente del Cofferati...
Claudio Martelli (craxìsta, ex vice segretario del Piesseì, ex vicepresidente del Consiglio ed ex ministro della Giustizia): Di Mussolini Craxi criticava l’estremismo e la tragedia dell’entrata in guerra, ma ne parlava con rispetto. Riconosceva in lui un politico moderno ed esecrava la fine orribile di piazzale Loreto. Traduzione: se Mussolini fosse stato furbo come Francisco Franco, sarebbe rimasto al potere fino al 1975, l’avrebbe trasmesso al Craxi e il Craxi gli avrebbe eretto un bi-monumento (Garibaldi e Mussolini uniti nella lotta) in ogni piazza d’Italia. Con Berlusconi c’era uno scambio e un’amicizia. Craxi cominciò ad apprezzare la tivù quando nacque quella commerciale. La vedeva più libera e più aderente al costume reale. Berlusconi elesse Craxi a suo leader politico. Questo non mi spinge a condividere la scelta di milioni di socialisti che votano centrodestra. Ma nel ’94 l’ho fatto anch’io. Delle due l’una: o aderivamo al nuovo, rappresentato da Berlusconi, o ci arrendevamo agli antichi nemici che avevano infierito su di noi cavalcando Mani pulite. (La Repubblica, martedì 29 dicembre 2009). Traduzione: perduto il Mussolini a piazzale Loreto, e perduto anche il Craxi per colpa di giudici che si erano messi in testa che le leggi valgano anche per i delinquenti della politica, per fortuna è arrivato il Berlusconi. Che io nel ’94 ho addirittura votato gratis.
(su) José Luis Rodriguez Zapatero (premier spagnolo): La Spagna ha perseguito in questi ultimi anni, diciamo a partire dalla metà degli anni ’90, un modello di sviluppo che di fatto è quanto di più vicino, per l’Europa, a quello americano. E quindi ne riproduce i difetti. Si è basato su un massiccio sviluppo dell’industria immobiliare, anche per recuperare un gap infrastrutturale piuttosto marcato. E, proprio come l’America, allo sviluppo del settore del real estate ha affiancato un pesante indebitamento privato e uno sviluppo abnorme, viste le dimensioni del Paese, dell’industria finanziaria. Non mi sorprende che il crollo dei due comparti, a partire appunto da quello immobiliare per seguire con quello finanziario, stia avendo effetti devastanti sul sistema economico del Paese. (Michael Spence, economista statunitense premio Nobel nel 2001, intervistato da La Repubblica di lunedì 28 dicembre 2009). Qualcuno dovrebbe dirlo (magari nell’orecchio) alla signora Emma Bonino, a Marco Pannella e a tutti i “radicali” e “autentici liberali” italiani, di primo o di ultimo pelo: non basta litigare coi preti per non essere una “sinistra” finta. Bisogna avercela anche un po’ con la religione altrettanto fondamentalista del liberismo. Di farsi gli affaracci propri contro Tutti e tutto.
(di e su) Guido Bertolaso, boss della Protezione civile: Sono stufo che i nostri soccorritori perdano la vita per colpa di chi non tiene conto degli allarmi e degli appelli delle istituzioni (Guido). Condividerei se Bertolaso facesse quel che dovrebbe fare: spende milioni di euro per la Protezione civile, ma non trova i soldi per dotare il soccorso alpino di apparecchi per il volo notturno. In Svizzera ci sono, lì queste persone non sarebbero morte. Anche chi può agire e non agisce ha responsabilità (Tony Valeruz, alpinista). (La Repubblica, lunedì 28 dicembre 2010). Gli sprovveduti, già. Chissà se il Bertolaso, parlando di sprovveduti, pensava anche a quella commissione cosiddetta “Grandi Rischi” che il 1° aprile fu convocata a L’Aquila per la bellezza di 30 minuti da un Bertolaso che non vi si fece vedere, non redasse alcun verbale della riunione e consegnò alla povera città il pesce d’aprile di un invito alla calma che cinque giorni dopo fu contraddetto da 300 morti...
(su) Pierferdinando Casini: In un sol colpo l’Uddiccì di Pierferdinando Casini chiude due alleanze per le regionali. Ha avuto dal Pidì quello che chiedeva in Puglia: via Vendola, dentro Michele Emiliano. Poi, incassata una grande regione del Centrosud, ha chiuso anche nel Lazio ma con Renata Polverini, candidata del Pidièlle già in pista. (La Repubblica, lunedì 28 dicembre 2009). E l’elettorato del Casini, come una schiava sessuale, copulerà col Berlusconi o con Bersani a seconda delle convenienze del padrone? Anzi: del suocero del padrone? De gustibus...
O piuttosto, dato che per certa gente il Medioevo non è mai finito: cuius regio, eius religio.
Per la serie Perfino con la Legge, purché contro i Giudici: Fabrizio Cicchitto.
Fabrizio Cicchitto (ex craxìsta, attualmente pidiellìno e capogruppo alla Camera): Il legittimo impedimento, il cosiddetto processo breve, il lodo Alfano, così come il ritorno all’immunità parlamentare, non possono essere considerati come leggi ad personam: sono strumenti per disinnescare l’uso politico della giustizia, molto praticato dal 1992 a oggi. E la maggioranza può farsi carico di questo problema: auspicabilmente d’intesa con l’opposizione, oppure anche da sola. (La Repubblica, lunedì 28 dicembre 2009). Effettivamente vedere un craxìsta che non solo si schiera dalla parte della Legge ma addirittura ne produce fa un certo effetto a chi rammenta l’allegra e impunita furfanteria della “corte” di nani e ballerine che fu il Partito socialista di quel Bettino che si scelse come pseudonimo il nome di un bandito di strada. Dev’essere un bel sacrificio per il povero Cicchitto. Ma pur di legiferare contro la Legge...
Per la serie Una (quasi) pari opportunità di fregare i giudici non si nega a nessuno: Mara Carfagna ritratta da Grieco.
Mara Carfagna (ministro per le Pari opportunità): C’è un manipolo di magistrati che s’è messo in testa di battere l’avversario politico Berlusconi con armi improprie, e questo ha generato una deformazione preoccupante. Per cui quelle che il Pidì chiama leggi ad personam sono soltanto norme necessarie per garantire la possibilità di governare a chi è stato liberamente scelto dai cittadini. Oggi è Berlusconi, domani potrebbe capitare a qualcun altro. (La Repubblica, lunedì 28 dicembre 2009). Brava Mara, pari devono essere le opportunità di farla in barba alla legge e ai giudici: ai pregiudicati della Destra, e ai pregiudicati della finta “sinistra”.
(su) Letizia Moratti (pidiellìna, ex ministro della Pubblica Istruzione e sindaco di Milano): Davanti alle telecamere di Report il sindaco di Milano, Letizia Moratti, si è, in pratica, vantata di comparire in consiglio comunale tre volte l’anno e di non rispondere, di fatto, a un centinaio di interrogazioni consiliari. (L’Unità, lunedì 28 dicembre 2009).
Uno sfregio alla democrazia, certo. Ma tutta salute ― vedere così di rado la sosia di Stan Laurel ― per i consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione.
Per la serie Brutti ma Buoni: Silvio Berlusconi in versione addomesticata
(immagine tratta dal sito http://danieleandaloro.blogspot.com)
Silvio Berlusconi: Ho pensato che dobbiamo contrastare queste fabbriche di menzogne, di estremismo e anche di odio. (Sito de La Repubblica, sabato 26 dicembre 2009). Speriamo che per una volta sia sincero: uno come il Berlusconi sarebbe un potentissimo alleato contro di lui.
Com’è brutta, non solo in Italia ma ovunque nel mondo, la Destra clerico-fascista. Quale che sia la palandrana che la maschera, costretta alla cautela o impunita fino all’esaltazione, il contrasto tra la melliflua bonomia delle immagini ufficiali e l’odio che spira dalle facce reali finisce sempre col tradirla. E allora si scopre che quale che sia la palandrana che la maschera, costretta alla cautela o impunita fino all’esaltazione, la Destra clerico-fascista ― mediatici o medioevali che siano gli strumenti con cui i sobillatori di immaginazioni malate controllano le menti riempiendole di disprezzo e di paura di sé e di ognuno ― è sempre in preda al medesimo terrore, sempre lo diffonde, parla sempre la stessa lingua e dice sempre la stessa cosa: che nessuno viva, che nessuno ami, che nessuno immagini, che nessuno crei, che nessuno si permetta... Poiché né i secoli né i millenni possono alcunché contro il ripetersi coatto di un’immaginazione cui la pazzia fa morte la vita e chiama vita la morte. Non si deve riderne? Anzi. Si può solo riderne. Ma appunto bisogna saper vedere e riconoscere, sotto gli infiniti travestimenti, gli eterni grotteschi pupazzetti che non fanno che ripetere la medesima manfrina. Fino all’ultimo, inutile respiro.
Vogliamo dirlo? Ebbene sì, è ora di dirlo: il Vendola non ci piace. Non sappiamo perché. Non ci piace e basta. Secondo noi, ha una faccia cattiva. Molto cattiva, secondo noi. E questo, se è vero, è grave più che a sufficienza per motivare la nostra avversione. Ma il Vendola non ci piace neanche nelle piccolezze, nelle bagatelle, nelle pinzillacchere. Niente, nel Vendola, ci piace anche solo un minimo. Non ci piace, per esempio, lo scontatissimo rosa della sua cravatta. Non ci piace che porti l’anello al pollice (clicca qui per vederlo). E non ci piacciono (ammesso e non concesso che si debba motivare l’antipatia anche politicamente) gli sfracelli che sta combinando pur di conservare la sua via di fuga personale ― un governatorato blindato contro tutti e contro tutti ― dal vicolo cieco in cui anche lui (e non poco) ha contribuito a cacciare la Sinistra radicale. Significa forse, tutto questo, che invece ci piacciano il D’Alema e le sue eterne e fallimentari manovrine da imitatore di mezza tacca di Giulio Andreotti? Assolutamente no. Il D’Alema, a nostro non umile parere (quantunque non sembri davvero cattivo come il Vendola né ― per dare un colpo al cerchio e uno alla botte ― davvero infido e subdolo come il Veltroni) tuttavia neanche lui sembra un politico normale in un Paese normale: è strano il suo ghigno, è strana la sua sicumera, è strano che la sua faccia sia sempre la stessa, una maschera che non prevede altri sentimenti che la tronfia arroganza, né altri modi di esprimerla che il ghigno furbesco. E soprattutto (ammesso e non concesso che si debba motivare l’antipatia anche politicamente) non ci piace che il D’Alema stia sempre lì a strisciare e tramare nei sotterranei come un mostro di Lovecraft, e che i suoi intrighi e macchinazioni puntualmente sfocino in vittorie della Destra e umiliazioni della Sinistra. Come sta avvenendo in Puglia. Dove la credibilità di Michele Emiliano è stata deturpata dalla semplicioneria con cui si è lasciato mandare allo sbaraglio dall’astuzia dalemiana contro la cattiveria vendoliana. Forse perché anche l’Emiliano un po’ stranino lo è. Guarda, per esempio ― nella foto qui sopra ― com’è evidente che del Vendola e della sua faccia cattiva l’Emiliano ha paura. E fa bene: paura sana, secondo noi. Ma allora perché non ha avuto paura anche del D’Alema e delle sue manovre? Perché dal D’Alema si è fatto infinocchiare? Forse, appunto, perché anche l’Emiliano tanto bene non sta. Non dimentichiamo che è stato lui, venerdì 17 luglio 2009 (data ben scelta, non c’è che dire) a dichiarare che dobbiamo finalmente avere il coraggio di dire che il Pidì è un partito fraternamente anticomunista. Al che commentammo: Fraternamente, eh? Questi frat-acchioni di finti “sinistri” devono sempre farcelo capire che escono da una sacrestia. Noi invece te lo diciamo compagnamente, don Emiliano: la ricerca di un assolutamente nuovo rispetto al comunismo e al suo fallimento è cosa umana, generosa e intelligente. Credere che per compierla basti proclamarsi anticomunisti è da imbecilli. Non crederlo neppure, e sibilar parolette come queste per avvelenare i sentimenti e le idee degli ingenui, è da mascalzoni. Fummo fin troppo facili profeti: son passati solo pochi mesi e l’Emiliano, come tutti i furbacchioni, ha trovato chi è più furbacchione di lui. E tra i due vasi di ferro D’Alema e Vendola, la parte del vaso di coccio (anzi: della giara, vista la corporatura) è toccata lui. Mentre noi restiamo qui a sperare di intravedere laggiù, alla testa del corteo sempre più esiguo della Sinistra che sempre più a fatica seguiamo, gente che abbia almeno un poco l’aspetto di chi la notte dorme bene e fa bei sogni.
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