Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
Più Niente da Ridere
la Pagina di Chi andò dietro alla Morte e portò l’Italia con sé nel mese di aprile del 2011
“Libertà, giustizia sociale, amor di patria. Noi siamo decisi a difendere la Resistenza. Lo consideriamo un nostro preciso dovere: per la pace dei morti e per l’avvenire dei vivi, lo compiremo fino in fondo. Costi quel che costi.” (Sandro Pertini, Genova, 28 giugno 1960).
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Per la serie Gli amici di Giuda: il massacratore nazista Pinochet e il protettore di preti pedofili Wojtyla si salutano affettuosamente.
(su) Karol Wojtyla: Giovanni Paolo II ha esercitato un pontificato autoritario, opprimendo i diritti delle donne e dei teologi. Per questo non merita di essere presentato ai fedeli come un esempio... Personalmente, ho pur sempre costituito il primo grande caso di inquisizione promosso da questo papa. Non mi ha dato la possibilità di difendere le mie posizioni teologiche, per le quali mi è stata ritirata la cattedra di teologo cattolico ufficiale nel Natale del 1979. Eppure era palese che Wojtyla non aveva letto neanche uno dei miei libri. Ma questo non lo tratteneva dal condannarli. Di qui si evince come questo papa sia stato intollerante e contrario al dialogo. Del resto, il suo comportamento nei confronti dei teologi sudamericani della liberazione è stato l’esatto opposto di quello che un esempio cristiano dovrebbe rappresentare... Il successore canonizza il papa precedente, una pratica già vista a Roma in epoca imperiale, quando sistematicamente gli imperatori paragonavano il loro predecessore a Dio. I processi di beatificazione e canonizzazione servono al papa per mettersi in mostra. Come un sovrano assoluto, Benedetto XVI ha infranto il diritto canonico per poter beatificare alla spiccia Giovanni Paolo II mediante l’aggiramento dei termini temporali stabiliti e l’approvazione di una delle più dubbie guarigioni miracolose... Il santo sùbito è stata un’esortazione pilotata. Me li ricordo gli striscioni spontanei di piazza San Pietro: tutti di stampa meticolosa, raffinata. Una palese messa in scena da parte di gruppi cattolici, conservatori e reazionari, che sono molto forti soprattutto in Spagna, Italia e Polonia... Anche in Vaticano fa discutere il rapporto decennale di papa Wojtyla con il sacerdote messicano e fondatore dei Legionari di Cristo Marcial Maciel Degollado, colpevole di svariati abusi sessuali. Sino alla fine dei suoi giorni, Giovanni Paolo II ha protetto Maciel. Allo stesso modo, l’entità degli scandali sessuali nella Chiesa è stata sistematicamente nascosta sia da Wojtyla sia dall’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Ratzinger. (Hans Küng, Frankfurter Rundschau. Citata ― con qualche vergogna, si presume e si spera, per le paginate agiografiche dei giorni precedenti ― da La Repubblica di sabato 30 aprile 2011).
Per la serie Utilizzatore finale... di mani: il Berlusconi con le amiche e con un amico.
Silvio Berlusconi: La politica, e parlo naturalmente della politica italiana, può introdurre nel proprio ordinamento giuridico delle norme che non siano in contrasto con quelli che sono i valori fondamentali della tradizione cristiana. Ed è quello che noi stiamo facendo anche in questo momento in Parlamento affrontando il tema della bioetica. Quindi, io credo che non ci sia stata una sola legge approvata dal nostro Parlamento che sia stata in qualche modo contraria e negativa di questi valori... Sulla bioetica non solo il governo ha preso posizioni chiare e coraggiose, ma io personalmente mi sono adoperato ed esposto con assoluta convinzione... Con Giovanni Paolo II l’incontro più importante fu quello con mia madre. Che durò molto, forse quasi mezz’ora. Il papa ebbe la disponibilità di ascoltare la mia mamma, che gli raccontò un po’ la mia vita e alla fine gli chiese di proteggermi, di prendermi sotto la sua protezione. (La Repubblica, sabato 30 aprile 2011).
Per la serie Disarmiamoci e partite: Umberto Bossi.
Umberto Bossi, Roberto Maroni e Roberto Calderoli: Noi siamo contro la guerra, porta problemi e costa tanto. Di missili intelligenti non ne conosco. Cadono tutti a terra e fanno male... Sarkozy è saltato addosso a Berlusconi e lo ha costretto a fare la guerra... Berlusconi non ha mantenuto gli accordi. Perché il consiglio dei ministri aveva votato no all’intervento militare in Libia... Ieri Castelli mi ha detto: se si va in guerra, lascio la politica. Gli ho detto no, non puoi abbandonare la nave adesso che inizia la partita... Nessuna marcia indietro: se Silvio non cambia posizione sulla Libia, allora può capitare di tutto (Umberto). Ieri sono iniziati i bombardamenti, oggi arrivano questi nuovi profughi. Bombe uguale più clandestini? Non lo so, ma sta succedendo (Roberto M.). Non vedo vie d’uscita e si rischia di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati... Partito il primo raid, è tutto più difficile... Crisi di governo? I giornali ne parlano da tre anni, e io mi limito a dire che abbiamo fatto bingo, con l’immigrazione che crescerà ancora, anche perché stiamo parlando di una guerra civile in cui ogni tribù cercherà di prevalere sulle altre e una parte della popolazione cercherà sicuramente rifugio da noi. Per non parlare dell’incremento delle spese e, di conseguenza, delle tasse. Cosa si può fare di più, o di peggio? (Roberto C.). Mandare a casa Berlusconi? Va piàn (Umberto).
(La Repubblica, sabato 30 aprile 2011).
Veltroni secondo ElleKappa su La Repubblica di sabato 30 aprile 2011.
(Bene: con questa vignetta ElleKappa si fa perdonare, forse, quella con cui il 4 aprile 2008,
sull’Alitalia, sostenne il veltroniano Calearo contro il sindacato).
(di e su) Walter Scilipoti_2° Veltroni: Walter Veltroni chiede una verifica sulla linea impressa da Bersani al Partito democratico. Da fare a prescindere dal risultato delle amministrative di maggio. Il capo dei Modem, la minoranza che comprende anche Fioroni e Gentiloni, affida il messaggio alle colonne de Il Foglio. Una lunga intervista, pubblicata oggi, che infrange la tregua interna pre-elettorale e con essa un tabù: per la prima volta Veltroni nomina la parola congresso (se necessario lo chiederemo). Da sùbito, invece, invoca nuovi assetti con il coinvolgimento delle stelle emergenti del partito, da Zingaretti a Renzi passando per Chiamparino... La dichiarazione dell’ex segretario che mette in agitazione i Democratici è questa: “A prescindere da come finiranno le elezioni (e la chiave di tutto, per capire se le cose andranno bene o male, saranno naturalmente i casi di Napoli e Milano) credo che dopo il 16 maggio sia opportuno aprire con il segretario Bersani una discussione seria per capire se il percorso scelto dal partito è quello giusto”. Insomma, la linea andrà rivista. E sarà anche un’occasione, aggiunge Veltroni, per far sentire la voce della minoranza. “Abbiamo le nostre idee, le nostre convinzioni e le nostre proposte e quando arriverà il momento naturalmente non mancheremo di esporle”. Comunque per il candidato premier del 2008 non è il momento di chiedere la sostituzione del segretario: “Non è ancora il caso di parlare” della convocazione di un congresso, afferma, “diciamo che si vedrà alla luce della situazione politica”. Come dire, vedremo da come andranno le amministrative. Intanto Veltroni suggerisce a Bersani di non aver paura di valorizzare di più alcune personalità democratiche: “Io non so cosa succederà nei prossimi mesi, so solo che sarà importante che nel futuro prossimo siano coinvolte sempre di più nel progetto del Pd tutte quelle persone di qualità che potrebbero dare una mano e che, indiscutibilmente, giocheranno una partita importante per il domani del Pd. Penso naturalmente a gente come il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, come il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti, e come Sergio Chiamparino, ma penso anche a tutte quelle personalità che non sono direttamente riconducibili al mondo della politica ma che non aspettano altro che avere la propria occasione per dare un grande contributo al progetto del centrosinistra”. (La Repubblica, sabato 30 aprile 2011). Un motivo in più per sperare di vincerle, le elezioni amministrative: aver la gioia di vedere individui come Walter Scilipoti_2° Veltroni e Giuseppe “Beppe” Fioroni fuori dal Partito democratico, una buona volta. (P.s.: Veltroni? Sì, proprio lui. Stiamo parlando di quello stesso Walter Scilipoti_2° Veltroni di cui Giuliano Ferrara il 10 marzo dichiarò: Sono stato consigliere di Veltroni suggerendogli la vocazione maggioritaria e il partito liquido. Attendemmo invano una smentita: invece della quale, con l’intervista a Il Foglio, arriva invece una conferma).
Per la serie Proletari di tutto il mondo, sparatevi addosso: Finocchiaro, Zanda, Baffino, Gualtieri, Orfini, Veltroni e Ceccanti.
(su) Giorgio Napolitano, Anna Finocchiaro, Luigi Zanda, Massimo D’Alema, Roberto Gualtieri, Matteo Orfini, Walter Veltroni e Stefano Ceccanti: La telefonata forse più difficile da quando è segretario del Pd, Pier Luigi Bersani l’ha avuta con Napolitano, che sulla Libia ha chiesto alle forze politiche “senso di responsabilità” e la consapevolezza che “in gioco ci sono gli interessi nazionali”. In una parola, di non buttarla in caciara guardando solo l’orto di casa e la spallata a Berlusconi. Ma è proprio quel richiamo istituzionale a dividere i Democratici. Da una parte chi pensa che proprio non si doveva irritare il Quirinale votando nuove mozioni in Parlamento. Dall’altra chi, Bindi e Franceschini in testa, ritiene che la strada sia obbligata... Ma per dire quanto pesi l’ammonimento del Colle e come approfondisca i solchi nelle file democratiche, basti sapere che al Senato la capogruppo Anna Finocchiaro non è affatto orientata a seguire la strada della mozione. “Valutiamo bene, attenti,” aveva già detto un paio di giorni fa. Difficilmente, insomma, a Palazzo Madama (dove martedì, mentre sarà in corso il dibattito a Montecitorio, si riunisce la capigruppo per stabilire il da farsi sulla Libia) ci sarà un replay della Camera. E Luigi Zanda, uno dei vice capogruppo del Pd, ironizza: “Noi qui siamo napoletaniani. Che senso avrebbe ripetere a distanza di pochi giorni un voto? Noi dobbiamo incalzare il centrodestra sulla missione, ben venga la discussione. A far emergere le fratture nella maggioranza ci abbiamo giustamente pensato alla Camera”. Lo stesso D’Alema ci ha tenuto a far sapere di essere “né pro né contro” la strada della mozione, chiamandosi fuori. Ci sono però i dalemiani, come l’eurodeputato Roberto Gualtieri e Matteo Orfini, a dire che era meglio di no, che essere meno tatticisti non guasterebbe. Pure i veltroniani nicchiano. Stefano Ceccanti ad esempio, ritiene che ci sia una questione di opportunità e che, se al Senato si votasse sulla Libia, a ridosso delle amministrative, non sarebbe un bel vedere un’opposizione spaccata. Il termometro dell’irritazione del Quirinale starebbe nel seguente commento: l’opposizione sale sulle barricate in politica estera, quando non dovrebbe, e poi quando si vota sull’economia ci sono quaranta deputati assenti. (La Repubblica, sabato 30 aprile 2011). Capito qualcosa? No, vero? E il motivo è che queste righe sono un monumentino di disinformazione. Solo che a La Repubblica la chiamano informazione avveduta. Traduciamo noi, allora, che avveduti non siamo: una parte del Pd, capitanata da Napolitano (il presidente della Repubblica? Certo. Ma anche l’amico di Kissinger) è a favore dei bombardamenti italiani in Libia e, se del caso, evidentemente anche della Terza guerra mondiale in cui essi potrebbero trascinarci se la situazione dei Paesi arabi valicasse un certo punto di non ritorno... Una parte del Pd, cioè, si sta producendo in una buona imitazione (ipocritamente mascherata da comunicazioni avvedute come quelle di cui sopra) del Mussolini interventista che proprio per questo fu espulso dal Partito socialista.
Matteo Renzi e i Lavoratori come li vorrebbe lui.
Matteo Renzi (il sindaco di Firenze più amato da Sergio Marchionne, il piddìno più amato da Denis Verdini, il pidiellìno più amato da Walter Veltroni nonché il gradito ospite ciellìno del Berlusconi ad Arcore) contro la Festa dei Lavoratori: Strano che siano stati proclamati tre scioperi nel giro di un giorno, c’è una regia per alzare il tono dello scontro sindacale... Se hanno voglia di confrontarsi con noi sono i benvenuti, ma l’idea che Firenze sia in mano a dei sindacalisti a me ha già divertito. Le aziende pubbliche le governiamo noi. Senza i sindacati (Matteo). Ci sono giorni che sono nostra identità e che non sono trasformabili, commerciabili. Proponiamo ai francesi di aprire i negozi il giorno della Presa della Bastiglia: si mettono a ridere, non si mettono a discutere (Susanna Camusso). E il governatore della Toscana, Enrico Rossi, annuncia una legge per rendere obbligatoria la chiusura dei negozi il Primo Maggio. (La Repubblica, sabato 30 aprile 2011). Che centinaia di migliaia di Fiorentini di sinistra, ilari e giulivi, abbiano votato per un individuo come questo, ci dà un’idea della profondità dei guasti operati dal berluscìsmo anche nei migliori. Che ormai non saranno tali a lungo, se non recideranno il cordone ombelicale che li lega alla tv (a tutta la tv).
(su) Laura Ravetto (pidiellìna sottosegretario): La foto del procuratore Ilda Boccassini in versione clochard nella pagina Facebook di Laura Ravetto. Con tanto di didascalia: “Il pm, dopo aver esaurito l’intero budget della procura di Milano per intercettare Berlusconi, si è attivata per la raccolta di ulteriori fondi, utili alla prosecuzione delle indagini”. (La Repubblica, sabato 30 aprile 2011). La Ravetto sostiene che il fotomontaggio sia stato postato sulla sua bacheca a sua insaputa. Sarà. Certo che ha dei begli amici, la Ravetto, su Facebook... Ma del resto, da una berluscista, che amici ti aspetti? Gente, a quanto pare, che pur di vomitare odio è capace perfino di decapitare una povera mendicante cancellando indegnamente dalla sua immagine il suo vero volto.
Per la serie Favoreggiamento di un criminale contro l’Umanità: il Berlusconi arma il Gheddafi e tutt’e due sghignazzano.
Franco Frattini: Nessuno vuole uccidere Gheddafi. Noi vogliamo solo che lasci il potere. Va processato. Penso che si debbano trasmettere al procuratore della Corte penale internazionale tutte le carte in cui si prova che ha messo sui barconi i disperati e li ha mandati a morire: è un crimine contro l’Umanità. (La Repubblica, venerdì 29 aprile 2011).
(su e di) Roberto Maroni: Secondo i giudici della Corte di Giustizia dell’Unione europea, il reato di clandestinità “può compromettere la realizzazione dell’obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali”. Gli Stati membri, si legge nella sentenza, “non possono introdurre una pena detentiva solo perché un cittadino di un Paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare su detto territorio”. La sentenza gela l’esecutivo. Commenta irritato il ministro Maroni: “Vorrei comprendere perché l’Italia, sempre e solo l’Italia. Ci sono altri Paesi europei che prevedono il reato di clandestinità e non sono stati censurati. L’eliminazione di questo reato poi, accoppiata alla direttiva europea sui rimpatri, rischia di fatto di rendere impossibili le espulsioni”. (La Repubblica, venerdì 29 aprile 2011).
(su) la Legione Berluscìsta annidata nell’opposizione: Poteva essere la volta buona. Bastava poco, per mandar sotto sul Documento di economia e finanza (Clicca qui per leggere Giovedì 28 alla Camera si inizia a votare il Documento di economia e Finanza del 2011. Lì dentro c’è lo spianamento della Scuola pubblica italiana, n.d.r.) una maggioranza già sgranata, assente dai banchi della Camera mezzo governo, compreso il titolare del provvedimento, il ministro Tremonti (in missione), il premier, 27 tra pidiellìni e leghisti più sei Responsabili. Invece, al momento del voto, quaranta deputati dell’opposizione mancano all’appello... Nel Pd, 18 assenti. In missione sono D’Alema e Rigoni. E gli altri sedici? La giustificazione più ripetuta è che siano impegnati in campagna elettorale: Fassino a Torino, Bobba a Vercelli, Ceccuzzi a Siena. Quattro i malati con certificato. E lontani, in bagno o distratti La Ratta, Sarubbi, Corsini, Vico, Cuperlo, Bachelet, Nicolais, Pistelli, Vaccaro. (La Repubblica, venerdì 29 aprile 2011).
Per la serie Totò e Peppino divisi dal Tripolino: Roberto Maroni e Silvio Berlusconi.
Roberto Maroni e Silvio Berlusconi: Siamo rimasti sorpresi, perché nell’ultimo consiglio dei ministri il premier era contrario ai bombardamenti. Noi non cambiamo idea da un giorno all’altro. I bombardamenti intelligenti, per definizione, non esistono... Sembra inevitabile che ci sia un passaggio parlamentare su una cosa così rilevante. Lo chiede l’opposizione, noi non siamo contrari. Ho parlato con Bossi: la linea della Lega Nord sulla questione della Libia non cambia, ed è quella espressa dal segretario e riportata da la Padania (Roberto il tosto). Sorpreso e amareggiato... Ma il voto in Parlamento sulla Libia non mi fa paura... Non sono preoccupato per i lavori della coalizione e del governo... Con la Lega Nord è ok, mi vedrò presto con Bossi anche se non ci siamo ancora collegati per l’appuntamento (Silvio). Il governo è in pericolo solo se non fa quello che deve fare. Non si può chiedere alla Lega Nord di dire sempre di sì, noi non siamo lì a schiacciare il pulsantino, siamo partner di governo, chiediamo di essere coinvolti
(Roberto il piagnone). (La Repubblica, giovedì 28 aprile 2011).
Per la serie I grandi Guerrieri: Franco Frattini e Ignazio La Russa.
Ignazio La Russa e Franco Frattini: Otto caccia sono già pronti a bombardare le postazioni militari di Gheddafi e attendono solo che la Nato assegni gli obiettivi da colpire... Non è un cambio di strategia, ma un aggiustamento, assunto in piena autonomia di giudizio, del nostro contributo agli sforzi della comunità internazionale... Per aiutare inglesi e francesi nel colpire al suolo chi mette a repentaglio la vita dei civili, in adesione al dettato della risoluzione 1973 dell’Onu... Mantenere Gheddafi sotto pressione... Il regime sta conducendo un conflitto asimmetrico, che significa guerriglia urbana, cecchinaggio, impiego di pick-up con mitragliatrici contro i civili... Da sùbito abbiamo aiutato i miliziani, mettendo a disposizione basi e mezzi per il soccorso e l’evacuazione della popolazione. Adesso sono mutate le condizioni sul terreno: mai Gheddafi aveva bombardato i libici. Anche la Germania e gli Stati Uniti hanno cambiato i propri atteggiamenti... Ma parlare di bombardamenti è fuorviante... La nostra missione militare sarà solo più impegnativa... L’impiego delle nostre forze aeree avverrà con sistemi d’arma ad alta precisione, per evitare ogni danno collaterale (Ignazio). Se ci tiriamo indietro, lasciamo uccidere dal rais migliaia di persone... Non invieremo truppe di terra, gli insorti non ce l’hanno neanche chiesto... I ribelli ci hanno detto che la ferocia del regime ha già fatto 10.000 vittime. Non possiamo girarci dall’altra parte: dobbiamo fermare Gheddafi, un uomo solo che medita vendetta contro il suo stesso popolo (Franco). (La Repubblica, giovedì 28 aprile 2011).
Il Berlusconi che dà del matto al Sarkozy e il Sarkozy che ride del Berlusconi. Del baciamano di oggi, invece, non vi sono immagini.
Silvio Berlusconi a Nicolas Sarkozy: L’accoglienza di immigrati in Francia è cinque volte superiore a quella dell’Italia. La Francia ogni anno accoglie 50.000 migranti. Noi invece abbiamo una media di 10.000. Di questo siamo consapevoli e da parte nostra non c’è nessuna volontà di accusare la Francia di inadempienze.
(La Repubblica, mercoledì 27 aprile 2011).
(Da L’Unità di martedì 27 aprile 2011)
Silvio Berlusconi e Umberto Bossi: Non sganceremo bombe a grappolo, i nostri aerei non toccheranno la popolazione civile... Prenderemo di mira solo singoli obiettivi militari, come i mezzi in movimento, con razzi mirati... E poi con un nostro appoggio a metà non volevo fornire alla sinistra ulteriori pretesti di strumentalizzazione sul ruolo marginale dell’Italia... Ho sentito Maroni, Calderoli. Ho parlato anche con Bossi: è tutto a posto (Silvio). Le guerre non si fanno, e comunque non si annunciano così... Berlusconi dirà pure che Gheddafi ci riempie di clandestini, ma io dico che non sono d’accordo sui bombardamenti... Gli americani, se vogliono bombardare, facciano loro. Oltretutto, se andiamo a bombardare, poi ci toccherebbe pure ricostruire (Umberto). (La Repubblica, mercoledì 27 aprile 2010). Tanto dobbiamo ancora finir di pagare i danni arrecati alla Libia con le guerre precedenti. Bombardiamo, bombardiamo: vorrà dire che l’autostrada da 4 miliardi di euro che il Berlusconi ha promesso al Gheddafi diventerà da 8 miliardi in corso d’opera, secondo la grande tradizione malaffaristica nostrana, e un nuovo baciamano, questa volta con la lingua, suggellerà la nuova pace. (E i portatori di moccichino verde che fanno i pacifisti? Ma come, e il milione di fucili pronti alla secessione dall’Italia?... Questo è il governo dei due Pulcinella, con uno dei due travestito da Padano).
Silvio Berlusconi, le centrali nucleari, il baciamano a Sarkozy e gli Italiani presi per i “fondelli”: In Francia mi risulta che quando c’è la decisione di realizzare una centrale nucleare, tra le varie comunità si sviluppa una competizione per riuscire ad averla... In Italia non c’è questa situazione... E Fukushima, dai sondaggi che noi abitualmente facciamo sull’opinione pubblica, ha spaventato ulteriormente i nostri cittadini... Se fossimo andati oggi a quel referendum, il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire. Il governo, quindi, responsabilmente, ha ritenuto di introdurre questa moratoria per evitare il nucleare, per far sì che si chiarisca la situazione giapponese... Per far sì che magari dopo un anno, dopo due anni, si possa ritornare ad avere una opinione pubblica consapevole della necessità di ritornare all’energia nucleare... Questa è la posizione del governo italiano: una posizione di buon senso per non avere rigettato per chissà quanto tempo la possibilità di proseguire verso quello che credo sia un destino ineluttabile... Noi siamo assolutamente convinti che l’energia nucleare sia il futuro per tutto il mondo... e che sia sempre molto più sicura: le centrali francesi sono così sicure da essere addirittura resistenti a un attacco atomico... Noi con la Francia abbiamo stipulato molti contratti, la nostra Enel con l’azienda francese. Contratti che non vengono abrogati, che continuano... (La Repubblica, martedì 27 aprile 2011).
Per la serie Chi mai li fa e chi mai li accoppia: il Boccia, Alfonso Signorini e De Girolamo, De Girolamo e De Girolamo.
(su) Francesco
Boccia: “Sul
nucleare siamo lontanissimi: io a favore e lui contro”. Nunzia De
Girolamo (pidièllina) racconta a Chi la sua love story
con Francesco Boccia (piddìno). “Anche sulla giustizia siamo agli
antipodi. I colleghi che dicono di noi? Ci fanno tutti i complimenti”.
(La Repubblica, martedì 27 aprile 2011). Nunzia De Girolamo...
Chi è mai costei? Per farsene un’idea
bisogna risalire (sul sito de
La Repubblica)
fino al 13 maggio 2008:
Lui manda un messaggino simpatico, che
si conclude con tre punti esclamativi. Loro rispondono con un altro
bigliettino, che passa furtivamente tra i banchi. Non succede in un’aula
di scuola, ma a Montecitorio. Lui è il presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi, loro Nunzia e Gabri, ovvero le giovani neo-deputate
Nunzia De Girolamo e Gabriella Gianmanco. Lo scambio di missive su carta
della Camera dei Deputati avviene durante la seduta sulla fiducia.
Berlusconi fa arrivare alle deputate azzurre un messaggino con scritto:
Nunzia, state molto bene insieme! Grazie per restare qui, ma non è
necessario. Se avete qualche invito galante per colazione, Vi autorizzo
(sottolineato) ad andarvene!. E nel retro: Molti baci a tutte
e due!!! Il Vostro presidente. Loro rispondono con un altro
messaggino, in stampatello, che nelle foto sul sito si legge solo in
parte: Caro presidente... gli inviti galanti li accettiamo solo da
lei...
E Francesco Boccia?... Chi è mai costui? Trombato dal Vendola alle
primarie pugliesi del 2010, il Boccia sparisce fino alla
grande manifestazione
della Fiom del 16 ottobre: Quando
vedo politici che sgambettano dietro un corteo sindacale,
dichiara quel giorno, mi viene un’infinita
tristezza. Opportunismo che dura mezza giornata.
E il giorno dopo: Sono
nauseato dalle finzioni, il corteo è pieno di intellettuali milionari,
ex deputati con vitalizio e politici che, dopo la passerella davanti
alle tv, tornano a casa in auto blu. Poi
sparisce di nuovo, ma niente paura: riappare
il 31 dicembre
per augurare a Sergio Marchionne un felice 2011 dalle colonne de L’Unità:
Altro che padroni,
gli imprenditori sono gli eroi moderni! Quindi
si prodiga, tra portatori di moccichino verde e berluscìsti (che sul
federalismo stanno per litigare) per rasserenare il clima:
si
“confronta”
con i leghisti, li addolcisce e
finalmente salva il governo, chapeau... Che la De Girolamo sia
(una buona volta) il premio che il Boccia indubbiamente merita?
Per la serie Chi si somiglia si piglia: il Wojtyla, il Pinochet e l’Alemanno.
Gianni Alemanno: Chi non ha interesse per la beatificazione di papa Wojtyla, e mi auguro siano pochissime persone, forse è meglio vada a fare una gita fuori porta, perché sicuramente la città sarà fortemente sollecitata.
(La Repubblica, martedì 27 aprile 2011).
Per la serie Santo sùbito: il Wojtyla, papa, e il Pinochet, massacratore. (Da Segnalazioni).
(su) Karol Wojtyla: “Un papa tanto progressista” sul versante della lotta al totalitarismo “quanto terribilmente conservatore nelle questioni sociali come contraccezione, sacerdozio femminile, celibato dei preti, divorzio e nuove nozze”. Ma quel ch’è peggio, scrive sul New York Times l’editorialista e premio Pulitzer Maureen Dowd, Karol Wojtyla avrebbe insabbiato lo scandalo della pedofilia nella Chiesa, proteggendo alcuni degli alti prelati coinvolti. Per questa grave ombra la Dowd (una delle editorialiste americane più graffianti e influenti, laureatasi all’Università cattolica di Washington) chiede a Benedetto XVI di rinunciare alla beatificazione e scrive: “Santo non sùbito. Come fai a essere santo se non sei riuscito a proteggere dei bambini innocenti?” Secondo Maureen Dowd, non bastano “gli occhi allegri e la fermezza temprata dalle battaglie contro nazismo e comunismo, o l’appeal di un ex attore ed ex prete operaio, di un cardinale sciatore e poeta alpinista” a cancellare “la macchia indelebile di uno scandalo sessuale globale che non smette di ribollire neanche in questi giorni di Pasqua”. Per la Dowd, la beatificazione di Giovanni Paolo sarà “uno show, due giorni dopo il matrimonio di Kate e William,” in cui Benedetto XVI “otterrà un boom mediatico facendo rivivere la magia di Giovanni Paolo, motivo per cui ha accelerato il processo”. Ma la beatificazione di papa Wojtyla sarebbe incompatibile con “la sua incapacità di allontanare i pedofili voltando lo sguardo dall’altra parte per molti anni”. (La Repubblica, martedì 26 aprile 2011). Come mostrano le foto qui sopra, il Wojtyla non fu poi questo gran campione neanche contro la tirannia. Non quella di Pinochet, almeno. Ma la Dowd, nonostante ciò, ci è simpatica lo stesso per il bel cognome che porta: che sia una discendente di Elwood P.?
Giulio Tremonti (ministro dell’Economia del berluscismo) e Massimo Giannini (ministro dell’Informazione dello scalfarismo): Dunque, è il messaggio finale di Tremonti, governo, Parlamento e parti sociali “devono evitare illusioni, supponendo una presunta alternativa tra rigore e crescita: la crescita non si fa più con i deficit pubblici”. Quindi i cordoni della borsa restano serrati. Entro il 2014 l’impegno irrinunciabile resta quello di raggiungere un sostanziale pareggio di bilancio, abbattendo il rapporto deficit/Pil dal 3,9% del 2011 allo 0,2% e perseguendo, nello stesso tempo, il “sistematico incremento del surplus primario” e la “progressiva riduzione del debito pubblico”. Non solo: sul piano ordinamentale Tremonti conferma la volontà di “introdurre nella Costituzione il vincolo della disciplina di bilancio”, per renderlo più precisamente e direttamente codificato “in conformità con le nuove regole di bilancio europee”. Per questo, come prevede il Def, “sarà presentato e discusso in Parlamento un appropriato testo di riforma costituzionale”. (La Repubblica, martedì 26 aprile 2011). Abbattere il rapporto deficit/Pil dal 3,9% del 2011 allo 0,2% del 2014? E il prono Giannini (no, non probo: prono) naturalmente non ha osato domandargli come. Quanto se ne sarà dispiaciuto, dopo, il prono Giannini. Come si starà macerando, ora, il prono Giannini. Coraggio, prono Giannini: leggi, qui sotto, cosa scrive Corrado Zunino sul sito della tua stessa Repubblica, e il tuo sollievo sarà grande: saprai che il Tremonti non pensa di falcidiare il tuo lauto e meritato stipendio con nuove tasse, ma solo di eliminare dalla faccia dell’Italia una miglior Gioventù di cui ti sarà facile, restando prono, far sì che i tuoi Figli non facciano parte.
Silvio Berlusconi e Roberto Calderoli: Ho deciso di aumentare la flessibilità operativa... azioni mirate contro specifici obiettivi militari selezionati sul territorio libico, nell’intento di contribuire a proteggere la popolazione civile libica (Silvio). Non so cosa significhi ulteriore flessibilità, ma se questo volesse dire bombardare non se ne parla. Il mio voto in questo senso non l’avranno mai (Roberto Cal.). Sostengo nel modo più convinto le dichiarazioni del ministro Calderoli, per la politica che la Lega Nord ha sempre portato avanti coerentemente sulle azioni di guerra in Paesi limitrofi (Roberto Cas.). (La Repubblica, martedì 26 aprile 2011). Ovviamente, è lo stesso Castelli che due settimane fa ha detto: Bisogna respingere gli immigrati, ma non possiamo sparargli, almeno per ora. Le loro violenze potrebbero però obbligare le autorità a usare le armi. Solo che allora era sù, mentre oggi era giù. O viceversa.
Precarietà del Lavoro + Distruzione della Scuola = Eliminazione graduale della miglior Gioventù?
(su) Mariastella Gelmini, Giulio Tremonti e tutto il berluscismo: “Un futuro di tagli, ecco le cifre”, di Corrado Zunino (che ScuolAnticoli ringrazia per il testo che segue). Giovedì 28 alla Camera si inizia a votare il Documento di economia e Finanza del 2011. Lì dentro c’è lo spianamento della Scuola pubblica italiana. Quattro miliardi e 561 milioni di tagli previsti ogni anno dal 2012 al 2014 (tabellone a pagina 37 del documento del Programma nazionale di riforme già approvato in Consiglio dei ministri). Tredici miliardi e 683 milioni succhiati via a un organismo in grave crisi di ossigeno, a cui dal 2009 al 2011 ne sono stati portati via già otto miliardi e 13 milioni (con 87.000 cattedre annesse e 42.000 posti di personale amministrativo, tecnico, ausiliario). Tredici miliardi e 683 milioni più otto miliardi e 13: sono ventidue miliardi succhiati alla Scuola pubblica italiana in una stagione di governo di centro-destra. Con numeri di questa entità si renderà la nostra Scuola pubblica così fragile e dissestata da trasformarla in un istituto sostituibile. Con che cosa? Con la “scuola” privata italiana. Il Def di Giulio Tremonti, diventato cosa nota a Ballarò grazie a un colpo di teatro di Enrico Letta (il ministro Gelmini necessitava di un suggeritore alle spalle per riuscire a dire che quei tagli, meglio, “minori spese”, erano già previsti dal 2008) attinge ancora una volta dalla Scuola: su 60 miliardi per il risanamento generale nei prossimi tre anni, tredici e sette vengono da lì. Tutti gli Stati occidentali avanzati hanno affrontato la crisi economica mondiale non toccando tre strutture: la Scuola, l’Università, la Ricerca. Barak Obama ha sottratto risorse, per dire, al ministero degli Interni, ma ha fatto crescere gli investimenti pubblici nei tre campi dei giovani e del futuro: Scuola, Università, Ricerca. Da noi, si spiana. E altri documenti di governo, che sottendono il Def tremontiano, hanno detto sul nostro futuro qualcosa di ancor più angosciante: “Nei prossimi trent’anni ci sarà una riduzione strutturale della popolazione scolastica”. Perché? Perché strutturale? Dobbiamo arrenderci al fatto che facciamo (e quindi faremo) meno figli? Ma non è che la gioventù strutturalmente precaria fa meno figli perché non ha idea di come potrebbe precariamente mantenerli? O forse la riduzione scolastica immaginata da Tremonti è figlia dell’idea che la gioventù precaria tornerà a fare lavori manuali abbandonando un’utopia sessantottesca di accrescimento culturale e potenziamento della cittadinanza attraverso la scuola? Ancora, i migranti, che comunque hanno riportato la soglia della popolazione italiana intorno ai sessanta milioni, secondo questo governo non andranno nei prossimi trent’anni al liceo e all’università in Italia? Queste stime non tengono conto che negli ultimi anni la popolazione della Scuola in verità è sempre cresciuta. Riassumendo. La quota del Pil oggi impegnata nell’istruzione, il 4,2 per cento, secondo il nuovo Def calerà al 3,7 per cento nel 2015 e al 3,4 nel 2060. Ovviamente, per consentire questo, non ci sarà contratto per i maestri e i prof fino al 2013 e il blocco degli scatti d’anzianità resterà tale: 320 milioni in meno a bilancio del Miur per i prof nel 2011, 640 in meno nel 2012 e 960 nel 2013. Prof più poveri per una scuola con meno alunni. Ci scrive Enrico Letta in un sms: “La cosa più pesante è che dalle tabelle del documento governativo emerge come la riduzione da un miliardo a 30 milioni della quota riservata per il diritto allo studio sia confermata anche per i prossimi tre anni”. Le dichiarazioni a raffica del ministro Gelmini (“al termine del primo triennio di sacrifici reinvestiremo in una scuola più snella e migliore con i risparmi realizzati”) si sono rivelate bugie. Arrivano nuovi tagli, i più duri, perché portati su un organismo boccheggiante. Scrive la Rete 29 aprile, i ricercatori universitari precari che alla precarietà non si arrendono: “Quattordici miliardi di euro, a valori correnti, è quanto il Piano Marshall diede all’Italia dal 1948 al 1952”. Il Piano Tremonti, all’Italia e al suo futuro, li toglie. (Repubblica - sito, 25 aprile 2011). Un articolo che (insieme a un’infinità di altri segnali più o meno recenti) fa pensare che il berluscismo si muova (e si sia mosso fin dall’inizio) in una prospettiva di eliminazione soft di una parte della popolazione italiana: l’eliminazione delle Donne e degli Uomini giovani, liberi e ricchi di umanità di oggi e, soprattutto, l’eliminazione dei loro futuri Figli, le Donne e gli Uomini giovani, liberi e ricchi di umanità di domani. Dove soft non vuol dire che non si tratti di una vera eliminazione, ma solo che la “sinergia” tra la precarietà del Lavoro e la distruzione della Scuola non ha bisogno di lager per la soluzione finale, poiché è in grado di far gradualmente sparire dalla faccia del Paese i Figli della nuova “razza” odiata (la vera miglior Gioventù) prim’ancora che siano concepiti. Una strategia “lenta” (ma non tanto: l’eliminazione sarà “a regime” nel 2060) che Hitler non immaginò. E che può permettere agli eliminatori di oggi di non sembrare tali finché non sarà troppo tardi.
Per la serie Di Papi, papi e papi ne abbiamo abbastanza: Eugenio Scalfari.
(di e su) Eugenio Scalfari: Noi siamo animati da due forme di amore: quello verso sé stessi e quello verso gli altri. Nessuno di questi due amori riesce a cancellare l’altro e la nostra vita non è che la dialettica convivenza di essi che si confrontano nella caverna dove abitano i nostri istinti, le nostre più segrete pulsioni e la nostra energia vitale (Eugenio Scalfari, Pasqua, lo spirito risorge per tutti, La Repubblica, domenica 24 aprile 2011). In questa fase della mia vita sto studiando gli istinti e i sentimenti... L’uomo è un groviglio di due amori: quello per gli altri e quello per se stesso. E se mai ci si chiede quale sia il più forte e il più irruente di questi due istinti amorosi, s’arriva presto a concludere che l’amore per sé è quello dominante. Lo si può contenere, si può fare in modo di arginarne la pericolosità, ma non si riuscirà mai a spegnerlo perché si dovrebbe trasformare l’uomo in un angelo, dotarlo cioè di un’altra natura che estingua la natura umana. La storia biblica comincia con Caino che uccide Abele. E neppure Cristo riuscì a spegnere l’amore di sé nell’umana natura. Provò a compiere questo miracolo ma non riuscì (Eugenio Scalfari, L’amore per sé e quello per gli altri, L’Espresso, venerdì 22 aprile 2011). Massimo Fagioli, Psichiatria e ideologia, left 16, venerdì 22 aprile 2011: La Repubblica non ha pubblicato la lettera di due psichiatri. Chiarivano che l’articolo di Citati, recensendo il volume che parlava della storia di Ellen West, non diceva la verità. Ignorava gli studi fatti da Anna Homberg ed Hirschmuller che avevano rivelato che fu spinta ad avvelenarsi “perché questo era il suo destino”. Binswanger avrebbe “compreso” la realtà della paziente e consigliò al marito di portarle il veleno. Lessi poi felicemente che la psichiatra-donna, annullata nella sua intelligenza e lavoro, risorgeva bella e forte nell’intervista su left del 1° aprile scorso. (...) Torna spesso ovvero è sempre presente, quando scrivo, l’episodio che ha visto censurare la smentita di affermazioni false su Binswanger, la sua storia, il suo pensiero. Forse è perché, da tempo, vedo nella lettura del giornale la Repubblica pensieri che fanno sospettare ideologie reazionarie. Ricordare che, nel non lontano novembre 2008, l’ex direttore ma fondatore del giornale scriveva “...il peccato originale grandeggia al centro della storia dell’uomo, ne costituisce il marchio distintivo sia per chi è animato dalla fede sia per chi non ne ha affatto... Noi siamo tutti colpevoli... il peccato è la nostra condanna”. Leggo che, nella ragione illuministica, l’alienazione religiosa è sempre presente. Scrissi, quaranta anni fa, che il pensiero umano nasce, per lo stimolo della luce, dalla realtà biologica che ha in sé la vitalità. Il peccato originale e la natura perversa, la cattiveria genetica dell’essere umano non esiste. Esiste la malattia mentale provocata dalla fredda razionalità illuministica. Non c’è certezza ma, forse, per questo sono diventato il nemico principale di idee che circolano nel giornale la Repubblica che, con Citati, mostrano di essere filonaziste. (Il testo completo dello Scalfari del 2008 è da allora su queste pagine e può essere consultato cliccando qui, nota di ScuolAnticoli).
Un gendarme del papa tiene i Rom fuori dalla basilica di San Paolo. Che è a Roma, ma in territorio vaticano.
(su) Roberto Maroni, Gianni Alemanno e tutto il berluscismo-leghismo: Prima la sorpresa, poi lo sconcerto. Infine incredulità e rabbia. Fuori dalla basilica di San Paolo, una delle quattro più importanti per Roma e per la cristianità, va in scena un inedito: i fedeli in fila per la veglia pasquale si vedono sbarrato l’ingresso dalla gendarmeria vaticana che cerca di impedire ad alcune decine di Rom di entrare in chiesa. I nomadi hanno passato un’intera giornata fuori dalla basilica, dopo aver trascorso la notte in un locale adiacente messo a disposizione dalla curia. Sono “gli occupanti del venerdì santo”, entrati in chiesa dopo che il sindaco Alemanno ha fatto sgomberare il loro campo abusivo. Abbattimento di baracche numero 75 in appena 20 giorni. Solo che questa volta i Rom, aiutati da alcune associazioni, hanno scelto di “chiedere asilo al Vaticano”... Ce ne sono di piccolissimi, perfino due gemelle nate quindici giorni fa che venerdì hanno subìto il loro primo sgombero... Da due giorni Giorgio Ciardi, delegato del sindaco Alemanno per la sicurezza, ripete incessantemente la linea dell’amministrazione: “Dopo gli sgomberi proponiamo di trasferire donne e bambini in un centro alle porte di Roma. Gli uomini, invece, da un’altra parte”. Ma i Rom, a dividere le proprie famiglie, anche temporaneamente, non ci pensano proprio. (La Repubblica, domenica 24 aprile 2011, giorno di Pasqua). Una richiesta d’asilo in territorio vaticano non si verificava probabilmente dagli anni 1943 - 45, e dimostra fino a che punto alcune minoranze si sentano ormai in pericolo in Italia.
Il Bonanni in lotta col Sacconi in difesa dei Lavoratori (a sinistra) e i Lavoratori in lotta col Bonanni in difesa di sé stessi (a destra).
Raffaele Bonanni (segretario generale della Cisl) e Bruno Boco (segretario di Angeletti nella Uil): Le scelte in materia di Primo Maggio dovrebbero essere gestite luogo per luogo, da parte dei sindaci, con i sindacati e le imprese, con l’obiettivo di trovare soluzioni convenienti per lavoratori e imprese che tengano conto dell’intero calendario annuale: la scelta delle giornate più adatte e delle giuste compensazioni contrattuali in modo da responsabilizzare tutti (Raffaele). Il Primo Maggio è una festa che andrebbe rispettata, ma questo discorso non può valere per città dove esiste un enorme flusso turistico, come Venezia, Firenze e Roma. Per questo motivo non mi sento di polemizzare col sindaco di Firenze (Bruno). (La Repubblica, domenica 24 aprile 2011).
Per la serie Gli estremi si toccano e come: Mariastella Gelmini e Nicole Minetti.
(su) Mariastella Gelmini: Per convincerla a desistere dagli attacchi a Nicole Minetti, contro cui raccolse firme per le dimissioni del Consiglio regionale lombardo, l’ex pidiellìna Sara Giudice ha denunciato al Fatto una telefonata del ministro Gelmini, che le chiese di rinunciare ad AnnoZero perché “inopportuno” viste le difficoltà del premier, e un’offerta di lavoro alla Mondadori da “dirigenti” del Pidièlle “di fiducia della Gelmini” in cambio di un caffè con Minetti “in favore di telecamera”. Parole “frutto della fantasia” ha replicato il ministro. E l’editore: “Nessuno può garantire a chiunque un posto sicuro alla Mondadori”. (La Repubblica, domenica 24 aprile 2011). Triste che i portavoce di una Casa tanto illustre abbiano una conoscenza così approssimativa dell’Italiano. Dire che nessuno può garantire a chiunque, infatti, significa dire che non lo si può garantire a tutti. Ma allora a qualcuno sì?...
(Da Segnalazioni).
Silvio Berlusconi (nella prefazione a un libro dello Scilipoti): In Italia ci sono dei professionisti della disinformazione, al servizio di una sola fazione politica, che hanno trasformato il mondo dell’informazione in un mostro con licenza senza limiti di insultare, calunniare e demonizzare l’avversario nonché di inventare di sana pianta dichiarazioni e fatti. Secondo il postulato che esiste una sola cultura, una sola politica, una sola informazione e una sola verità: quella, appunto, di una sola parte, la loro. (La Repubblica, sabato 23 aprile 2011). A volte, fingendo di parlare di altri, parlano di sé stessi. Secondo alcuni, per un inconscio bisogno di essere scoperti, smascherati, fermati. Non pochi criminali seriali, per esempio, si sono fatti incastrare così.
Vignali. Ci scusiamo per le dimensioni, ma è solo perché lo si possa vedere meglio.
(su) Raffaello Vignali: L’azzurro Raffaello Vignali prende carta e penna e scrive una legge che cancella i poteri della Corte costituzionale: quando indicherà che una norma è incostituzionale (scrive il deputato bolognese vicino a Cièlle) la Consulta non avrà più la facoltà di abrogarla. L’ultima parola dovrà essere del Parlamento. (La Repubblica, sabato 23 aprile 2011). Il pidiellìno Vignali è già noto a queste cronache per le sue trovate contro la Costituzione. Chissà se anche questa, come la precedente, incontrerà l’approvazione del radicalìno Beltrandi, suo degno collega...
Il Calderoli in un momento particolarmente introspettivo.
Roberto Calderoli “difende”, da par suo, la Costituzione: Innanzitutto vorrei che la proposta di riforma della Carta fosse del governo con prima firma di Berlusconi. Poi i miei pallini sono la riduzione dei parlamentari, il Senato federale, il rafforzamento del poteri di governo e Parlamento, la libertà d’impresa e la sfiducia costruttiva (fatta meglio rispetto alla proposta dei Responsabili)... Anche l’articolo 1 va cambiato, ma dicendo che la Repubblica è fondata sulla libertà. Solo così dai senso all’articolo 41 sulla libertà d’impresa e al resto della Carta... Quanto alla Corte, penso che quando una norma viene dichiarata incostituzionale debba essere il popolo a esprimersi con un referendum. (La Repubblica, sabato 23 aprile 2011). Il sapiente costituzionalista, autore della legge elettorale che lui stesso ha definito una porcata, ha scoperto (e ci illumina) che la Costituzione della Repubblica italiana, attualmente, non ha senso. Ma appena saranno intervenuti lui e tutto il governo, primo firmatario il Berlusconi, allora sì...
Saglia
Stefano Saglia (pidiellìno aennìno, sottosegretario allo Sviluppo economico): Secondo colpo ai referendum del 12 giugno. Il governo presenterà all’inizio di maggio un decreto legge per riformare la gestione dei servizi idrici. La principale novità, spiega Stefano Saglia, sarà l’arrivo di un’Autorità “che stabilisca le regole del gioco”, in particolare tariffe e standard di qualità del servizio. “Le liberalizzazioni, come accaduto per l’energia elettrica e il gas, devono essere regolate,” aggiunge Scaglia, “quindi ci vuole un’autorità terza rispetto al governo, fino a oggi non individuata”. Il decreto punta a superare i due quesiti referendari sull’argomento che chiedono di abolire due obblighi di legge: la legge Ronchi, che dispone che devono avere soci privati per almeno il 40% del capitale tutte le società che gestiscono l’acqua, e il decreto legislativo 152 del 2006, che prevede che le tariffe debbano sempre avere un ritorno per il capitale investito. (La Repubblica, sabato 23 aprile 2011).
Il Renzi mentre si guarda intorno.
(su e di) Matteo Renzi (oggi sindaco di Firenze caro al Verdini, domani sindaco di Arcore caro al Berlusconi): Il sindaco “rottamatore” da tempo sta pensando di mandare definitivamente in pensione la Festa dei Lavoratori, a differenza della Cgil che da tempo ha lanciato una sua campagna contro il lavoro domenicale... Renzi accusa i sindacati di svegliarsi su questo argomento ogni volta che si avvicina il Primo Maggio, mentre “sono tutto l’anno in tutt’altre faccende affaccendati”, aveva detto il sindaco, “e colgono l’occasione per aprire una polemica con il Comune”. Dalla sua parte si è schierata la leader della Confindustria, Emma Marcegaglia. Il sindacato è anche definito da Renzi “una casta”, con la metà dei sindacalisti che “dovrebbe tornare a lavorare”: “Le mie opinioni sui sindacati, sui loro bilanci e sull’eccessivo numero di permessi sindacali rimando a ciò che ho scritto nel mio libro: se vogliamo cambiare il Paese, non basta ridurre i costi della politica, bisogna dimezzare i costi e i posti di chi vive di politica ma anche di chi si occupa di sindacato”. “Nell’idea di Renzi di aprire i negozi del centro storico il Primo Maggio,” spiega Susanna Camusso, leader della Cgil, “ci sono degli elementi di provocazione e ricerca della visibilità, ma al fondo c’è davvero un’idea, ma sbagliata, che continua a evidenziarsi nelle politiche delle amministrazioni: si pensa che siccome c’è la caduta dei consumi, allora si aprono di più i negozi e i consumi risalgono, ma non è vero. La ragione della caduta dei consumi è che sono diminuiti i redditi e c’è la crisi. Ma nei toni del sindaco di Firenze, in qualche occasione, abbiamo anche notato una volontà dissacratoria che devo dire sarebbe bene che usasse per altro, perché di dissacratori del lavoro ne abbiamo fin troppi”. (L’Unità, sabato 23 aprile 2011). Niente da aggiungere: Camusso l’ha trattato come merita e per quel che vale. Ma prima o poi si dovrà pur tentare la ricerca e la storia di come sia accaduto che tanti fascistelli e nazistelli e fondamentalini cristiani siano penetrati, a ogni livello, nel maggior partito della Sinistra per farvi da quinte colonne del berluscìsmo e dei portatori di moccichino verde. Per capire dove ne abbiano trovato il coraggio (coraggio, sì, poiché ce ne dev’esser voluto per mettersi in una simile impresa ognuno da solo, assurdo essendo anche solo immaginare che facciano parte di un’apposita organizzazione) e se al coraggio morale, chissà, in qualche caso sia stato offerto un incentivo materiale...
Finocchiaro e Augello? E noi che eravamo rimasti a Finocchiaro e Rosy Mauro.
(su) Andrea Augello e Anna Finocchiaro: Ad Andrea Augello, un cursus honorum classico (Fronte della Gioventù, Msi, Ugl, Aènne e infine Pidièlle), vicino a Gianni Alemanno, il divieto di ricostituzione del partito fascista non fa né caldo né freddo: “Il fascismo è finito nel ’45. Negli anni ’70, se non eri di sinistra, ti chiamavano fascista. E se a quattordici anni subisci violenze verbali e fisiche, non ti tiri indietro. Poi capisci però che così non si va avanti e allora cambi. Ma rimane aperta una contabilità storica ancora non risolta”. Secondo Augello, insomma, ci vogliono ancora un po’ di puntini sulle “i”. C’è ancora strada da fare sulla scia delle revisioni storiche. Augello ne ha scritta una sullo sbarco americano in Sicilia e sulla battaglia di Gela, con postfazione del capogruppo del Pd in Senato, Anna Finocchiaro. (Il Venerdì di Repubblica, venerdì 22 aprile 2011). Allora viva Rosy Bindi. E Pd libero!
Per la serie I Galan...tuomini: Galan e Tremonti.
(su) Giulio Tremonti, Ignazio La Russa e Fabrizio Cicchitto: Siamo scesi in politica in nome delle idee liberali e siamo finiti con un governo perennemente commissariato da un socialista come Tremonti. Con lui perdiamo le elezioni... Ci siamo ridotti a prendere ordini da politici di professione come La Russa o Cicchitto.
(Giancarlo Galan, neoministro dei Beni culturali, La Repubblica, venerdì 22 aprile 2011).
Vendola, De Caridi, De Luca e Fassino (da left 16, venerdì 22 aprile 2011).
(su) Nicola “Nichi” Vendola: La fabbrica delle alleanze, di Manuele Bonaccorsi e Rocco Vazzana. A Napoli Vendola non appoggia De Magistris, e spacca Sel. Gli accordi sottobanco in Calabria. Voti in cambio di posti nei cda a Torino. Il sostegno allo sceriffo De Luca a Salerno. Radiografia di un partito che parla bene. Ma eazzola male. La “bella politica” di Sinistra e libertà? Poca poesia e molto commercio. “Per valorizzare il nostro ruolo all’interno della coalizione il candidato sindaco ha garantito un coinvolgimento di Sel nel futuro assetto delle società partecipate”, sostengono i dirigenti vendoliani. Traduzione: voti ai candidati Pd in cambio di posti di sottogoverno. Accade a Torino, dove il partito di Nichi Vendola appoggia Piero Fassino, l’uomo che “se fosse stato operaio” a Mirafiori avrebbe votato per Marchionne. Qualcosa del genere succede anche a Napoli, dove Sel ha spaccato il partito pur di non appoggiare Luigi De Magistris, con la sua posizione di rottura col potere bassoliniano; e ancora a Reggio, dove la forza politica nata per farla finita coi partiti del ’900 appoggia un ex esponente dell’Mpa del governatore siciliano indagato per mafia Raffaele Lombardo. A Cosenza, dove i voti della sinistra andranno al presidente dell’associazione imprenditoriale della sanità privata, quello che rappresenta, per intenderei, gli Angelucci e i Don Verzè. O a Salerno, dove Sel sostiene Antonio De Luca. Uno che, oltre a un processo per truffa e falso, era solito rivolgersi con questo tono ai migranti: “Io smonto i campi dei rom e me ne frego di dove quella gente va a finire. Io li prendo a calci nei denti”. La politica che fa della diversità una ricchezza? Se ne parla nelle Fabbriche di Nichi, nelle convention che acclamano il candidato destinato a cambiare la sinistra e magari anche il mondo. Ma visto da vicino il partito di Vendola è molto più dozzinale. Notabilati locali, fatti da maestri della contrattazione politica. E tanti patti sottobanco. Specialmente, accordi a ogni costo col Pd. Anche coi suoi esponenti più lontani dalla sinistra. La linea, calata dall’alto, è stata pedissequamente seguita in periferia. Anche a costo di spaccare il partito e l’elettorato. A Napoli i giovani di Sel, esponenti dei movimenti, ambientalisti, precari, hanno, scelto De Magistris, rompendo col partito di Vendola. Così Sel rischia una batosta memorabile in Campania. A sentire le voci di corridoio, Luigi De Magistris s’è giocato l’appoggio di Sel ancor prima di candidarsi. Quando, nel giugno del 2010, in un dibattito pubblico con Vendola, l’ex magistrato pensa bene di mettere il dito nella piaga: “Bagnoli è una pagina vergognosa di commistione tra politica e crimine intorno al denaro pubblico”, secondo il pm di Why Not e Poseidon. Apriti cielo. Il giorno dopo le agenzie vengono inondate da smentite. Il presidente di Bagnolifutura, la società che dovrebbe garantire il recupero dell’ex zona industriale ubicata su una della più belle coste di Napoli, annuncia una querela. Ma anche Peppe De Cristofaro, coordinatore di Sel e componente del cda dell’Arin, l’azienda che gestisce la rete idrica partenopea, prende subito carta e penna: “Crediamo che le dichiarazioni di De Magistris su Bagnoli siano sbagliate, gli consigliamo di approfondire quanto è avvenuto in questi anni”. A quell’incontro Vendola definisce De Magistris “una risorsa per la sinistra”. Ma nei rapporti coi dirigenti locali la strada per l’ex pm è ormai sbarrata. Quando, dopo le primarie caratterizzate dalle accuse di brogli sul candidato bassoliniano Cozzolino, l’ex pm annuncia la sua candidatura, Sel è glaciale. Il partito indice un referendum tra gli iscritti per scegliere chi sostenere: su 2.300 tesserati votano in meno di 600. Vince la linea sostenuta da Gennaro Migliore (tra i più fidati uomini di Vendola), Arturo Scotto (ex Sinistra democratica) e Riccardo Di Palma (ex presidente della Provincia, Verde): il partito appoggerà il prefetto Mario Morcone, sconosciuto candidato del Pd. Una parte di Sel non ci sta. “Per chi come me aveva votato contro Morcone, nel partito non c’è stata più agibilità. Così io e altri compagni abbiamo deciso di candidarci con De Magistris, anche se per ora manteniamo la tessera di Sel”, spiega Arnaldo Maurino, componente della direzione campana del partito. Maurino, 32 anni, è uno dei leader del movimento giovanile napoletano. Uno della generazione di Genova. “Il bassolinismo a Napoli è finito, ma Sel non se n’è accorta. Ha preferito non rompere i rapporti con una classe dirigente locale che ha visto la politica solo come gestione dell’esistente, mai come trasformazione. Noi volevamo una forza che rompesse gli schemi del ’900 e ci siamo trovati imbrigliati in un’organizzazione che ha tutte le caratteristiche più negative dei partiti. A Napoli Vendola ha fatto un grave errore”, attacca Maurino. Il suo non è un caso isolato. Con De Magistris si sono schierati pezzi importanti del potenziale elettorato di Sel: i centri sociali, convinti, come dice Antonio Musella di Insurgenzia, “che la candidatura di Luigi è un’opportunità, forse unica per far diventare le lotte sociali una pratica di buon governo”. Con l’ex pm si è schierato anche l’economista Riccardo Realfonzo, docente universitario, ex assessore al bilancio della Iervolino. Nominato in qualità di tecnico su indicazione di Sel, Realfonzo si dimise dopo pochi mesi, denunciando come alcune pratiche di cattiva politica a palazzo San Giacomo fossero più dure del granito: “Non comprendo la scelta di Sel. In tante battaglie il partito era stato a mio fianco. Temo che siano prevalsi i legami profondi intessuti in questi anni, in cui dirigenti del partito hanno sempre sostenuto Bassolino prima e Iervolino poi. Le scelte elettorali di Sel sono in contraddizione con la sua linea politica. Da qui la gravissima frattura tra dirigenti e base”. Sullo sfondo la questione di Bagnoli. Zona che, da anni, attende una vera riqualificazione ambientale. Mai avvenuta, secondo il pm Stefano Buda, che sulla vicenda ha aperto un’inchiesta ancora secretata ma che rischia di far saltare il tappo. Sui giornali si parla già di “bonifica farsa”. La messa in sicurezza della zona, costata montagne di denaro, pare non abbia dato alcun risultato. Perché la colmata, una terrazza sul mare fatta di detriti tossici dell’ex Italsider, sta ancora lì, a versare in mare idrocarburi policiclici aromatici, altamente cancerogeni. Una bomba ecologica. Eppure Bagnolifutura ha annunciato, dopo una variante al piano urbanistico votata in extremis dalla Iervolino, di aver aumentato i metri cubi destinati a nuove case: 600 in più, rispetto alle 1.200 previste. Sulla questione, De Magistris ha deciso di entrare a gamba tesa, com’è suo stile, denunciando sprechi, affari, interessi privati. Il Pd ha risposto col cartellino rosso. E Sel ha scelto da che parte stare. Quella sbagliata. “Quando ho sentito quelle dichiarazioni di Fassino, non sai la bile...”. Nei giorni convulsi di Mirafiori, quando gli operai dovevano scegliere se votare sì o no all’accordo diktat imposto da Sergio Marchionne, Mina Leone era in prima fila, con la Fiom, a organizzare il comitato per il no. E Piero Fassino, candidato del centrosinistra per succedere a Sergio Chiamparino, decise di schierarsi: “Se fossi stato un operaio avrei votato sì”, afferma l’ultimo segretario dei Ds. Ora Mina Leone, 47 anni, operaia delle Carrozzerie dal 1988, è l’unica tuta blu candidata nelle liste che appoggiano Fassino, con Sinistra e libertà. “È vero, la politica ci ha abbandonato. Il Pd non solo non è venuto ai cancelli ma ci si è messo contro”. Inizialmente Sel non appoggia Fassino alle primarie, sperando in una discesa in campo di Giorgio Airaudo, lo storico segretario della Fiom torinese. Ma saltata la candidatura forte, Sel rinuncia a presentare un suo esponente e lascia libertà di voto. Sapendo che ormai Fassino era imbattibile. “Alle primarie ho votato un altro candidato, certo non Fassino. Però ora non posso far altro che contrastare la destra, turandomi il naso”, spiega l’operaia. Dietro l’appoggio di Sel a Fassino c’è però dell’altro: i posti di sottogoverno nelle municipalizzate, come i quattro esponenti del comitato che gestisce il partito a Torino (Carutti, Disalvo, Lavagno e Robotti) ammettono senza peli sulla lingua: nelle candidature alla municipalità Sel mantiene solo una presidenza, quella della circoscrizione 10. In cambio ottiene posti nei cda delle società dei servizi pubblici. Sulle quali Fassino, dicono le voci, è pronto a rimettere in campo una proposta a suo tempo avanzata da Chiamparino: la cessione della quota di maggioranza della Amiat (rifiuti) e Smat (acqua) finora interamente pubbliche, per ripianare il mega debito, 3 miliardi di euro, del Comune. Sel, a livello nazionale, sostiene invece il referendum sull’acqua pubblica che si svolgerà il 12 e 13 giugno, dopo le amministrative. A contrastare Fassino a Torino restano solo Prc e Sinistra critica, con un loro candidato di bandiera. In Calabria, col Pd commissariato, le alleanze si costruiscono con la fantasia. A Reggio, poi, tutto è possibile, ogni accordo immaginabile. E anche Sel si è dimostrata capace di disegnare trame politiche complicatissime. In riva allo Stretto si vota per il rinnovo del Consiglio comunale e provinciale. E con abilità, i vendoliani si sono mossi sui due tavoli. Nel feudo del governatore Giuseppe Scopelliti la sinistra si sente vinta in partenza. Meglio dunque dichiarare subito la resa. Per la poltrona di primo cittadino Vendola sostiene Aldo De Caridi, dell’Idv. Un uomo che viene da lontano, con trascorsi nel Movimento per le autonomie di Raffaele Lombardo, all’epoca in cui l’Mpa correva insieme alla Destra di Storace per le europee. Da qualche tempo è salito sull’autobus del partito di Di Pietro. Sel ha optato per lui, chiudendo la porta in faccia a Massimo Canale, ex Pdci, adesso candidato da Rifondazione e Pd, il rappresentante “naturale” di una coalizione di sinistra. Ma nulla si fa per niente. In cambio del sostegno a De Caridi, Giovanni Nucera, coordinatore provinciale di Sel, è riuscito a imporre la sua candidatura alla presidenza del Consiglio provinciale. Ovviamente nessuno dei due ha alcuna possibilità di vincere, anzi, sarà già complicato superare lo sbarramento al 4 per cento. Bene che vada, i due partiti avranno un consigliere in Comune e uno alla Provincia. Ma poteva andare anche peggio. Negli ambienti della politica reggina è nota la disinvoltura che Sel ha mostrato nella preparazione di queste amministrative. Secondo fonti interne al partito di Vendola, che preferiscono rimanere nell’anonimato, prima dell’alleanza con l’Idv, Sinistra e libertà aveva già chiuso un accordo addirittura con Pietro Fuda, esponente del Terzo polo. Un politico navigato con esperienze sia a destra che a sinistra. Presidente della Provincia di Reggio per Forza Italia dal 2002 al 2005, senatore durante il secondo governo Prodi nelle liste del Partito democratico meridionale. Il suo nome sale agli onori delle cronache nazionali nel 2006, quando figura come primo firmatario di un emendamento alla finanziaria, ribattezzato “comma Fuda”, che avrebbe ridotto i termini di prescrizione dei reati contabili. Sel, in accordo con alcuni fuoriusciti dal Partito democratico, avrebbe dovuto sostenere la candidatura di Fuda in cambio di un assessorato. Regista dell’operazione sarebbe stato Ferdinando Aiello, coordinatore regionale del partito. Un altro personaggio che in passato ha avuto i suoi 15 minuti di notorietà: nei primi anni Duemila finisce nello scandalo del “concorsone”, risultando tra i vincitori di un bando pubblico truccato riservato a funzionari di partito. Intervistato da Riccardo Iacona per Presa diretta, Aiello dichiara di aver pagato con “mesi di depressione totale” quell’ errore. Evidentemente il lupo perde il pelo ma non il vizio, visto che il coordinatore regionale era pronto a sbagliare ancora. Per stroncare l’operazione “Terzo polo” sarebbe stato necessario l’intervento di un dirigente nazionale, giunto in Calabria per convincere i reggini a desistere. Ma la dirigenza in cambio ha preteso di avere mano libera nell’alleanza con l’Idv sia al Comune che alla Provincia. A Cosenza Sel ha deciso sostenere come sindaco il re della sanità privata calabrese: Enzo Paolini. Avvocato, presidente dell’Aiop (Associazione italiana ospedalità privata), che rappresenta 496 strutture sanitarie operanti su tutto il territorio nazionale, Paolini è uno che qualche conflitto di interessi potrebbe averlo. Ma evidentemente Sel ha altre priorità. E a Cosenza, l’unica cosa che conta è stare dalla parte di chi comanda. E qui comanda una vecchia classe politica di estrazione socialista, erede di Giacomo Mancini. Il candidato Enzo Paolini rivendica sempre la sua appartenenza alla famiglia politica manciniana. Come fa anche Eva Catizone, già sindaco di Cosenza, oggi esponente di Sel, che da subito ha sposato la candidatura di Paolini. Stessa scelta era stata presa dal Pd locale, poi smentito dall’intervento diretto di Bersani, che ha imposto come candidato il sindaco uscente Salvatore Perugini. Sel è andata dritta per la sua strada. Nonostante in coalizione siano presenti anche esponenti di Noi Sud, costola fuoriuscita dall’Mpa in polemica con la scelta di Lombardo di allargare il governo siciliano al centrosinistra. E poi, a Salerno, c’è Vincenzo De Luca. Lo sceriffo campano, l’imbattibile ex comunista che prende i voti dalla destra. Il leghista del Sud, che dopo aver fallito il salto alla presidenza della Regione, si candida nella sua città per il quarto mandato (con un intermezzo parlamentare). Sel lo appoggia, assieme al Pd, mentre Prc e Idv voteranno Rosa Masullo. Come mai l’Idv non sostiene l’iperlegalista De Luca? Perché lo sceriffo è molto ligio nel rispetto della legge quando si tratta di immigrati, senzatetto, prostitute, ma ha un’idea della legalità molto meno stringente se l’argomento è l’attività amministrativa. Specie la sua. Il sistema De Luca, secondo gli inquirenti, si basa sul rapporto con imprenditori a cui il sindaco salernitano ha garantito norme leggere e varianti urbanistiche. De Luca è sotto processo per la vicenda della trasformazione della fabbrica Ideal Standard in un parco giochi (inchiesta “See park”) e sulla questione dell’Mcm, dove il sindaco è inquisito per falso insieme a Gianni Lettieri, candidato imprenditore del Pdl alle comunali di Napoli. A lui il sindaco avrebbe garantito la trasformazione di un’area da industriale a commerciale. Su De Luca non è stata molto gentile neppure la Corte dei conti: nel 2010 viene condannato a risarcire 23.000 euro per consulenze assegnate a peso d’oro. De Luca non ha preso le inchieste che lo riguardano con molta sportività: “L’Italia è paralizzata per la paura della magistratura. E questa situazione va spezzata. Io sono perché la magistratura non mi rompa le scatole quando decido di fare una variante urbanistica nel Consiglio comunale. Berlusconi in campagna elettorale non si è mimetizzato, ha detto che i magistrati andavano ricoverati al manicomio. Ha vinto col 10 per cento di distacco avendo detto quelle cose prima, non dopo. Come si fa a non capire che il rapporto tra pubblica amministrazione e magistratura è diventato decisivo per non paralizzare l’Italia?”. Berlusconi ci metterebbe una firma. Sel, purtroppo, ha già deciso di metterla. (Left 16, venerdì 22 aprile 2011).
(su) Nicola “Nichi” Vendola: La postdemocrazia di Nichi. In anteprima alcuni stralci dal libro La Fabbrica di Nichi. Fenomenologia di una comunità politica postdemocratica, di Onofrio Romano, docente di Sociologia dei processi culturali all’Università di Bari, in uscita per Laterza. Critica graffiante al “fenomeno” Vendola. La ricandidatura (di Vendola) viene presentata ufficialmente il 15 novembre del 2009, con una grande convention a Bari. È in questa occasione che nasce l’idea della Fabbrica di Nichi e che si sperimenta per la prima volta la liturgia portante di quello che diventerà il nuovo soggetto politico, costruita sulla base di un singolare mix di rituali leaderistici e partecipazionistici. (...) Creativi, spindoctor, agenzie di comunicazione già presenti nella campagna del 2005, ma con un ruolo esterno, vengono ora “internalizzati” nello staff che guida la cosiddetta Fabbrica Zero (il quartier generale, ubicato nel centro di Bari). Non sono più al servizio di un committente politico, ma vi si mischiano e in gran parte lo sostituiscono. L’unico committente resta Nichi Vendola. Non promuovono il progetto politico partorito all’interno di un partito o di una qualsiasi altra comunità, ma costruiscono il progetto, senza renderne conto a soggetti collettivi. (...) La Fabbrica Zero si mostra molto protettiva nei confronti dei nuovi “operai”. Accompagna e assiste le Fabbriche gemmate in tutto il loro percorso: ne definisce i principi istitutivi in un agile e accattivante decalogo (che nulla ha a che fare con gli ingessati statuti di partito), offre un kit contenente materiale di propaganda, volantini, manifesti, slogan, ecc. Suggerisce “buone azioni” da poter svolgere nella propria città. (...) Le Fabbriche si caratterizzano, rispetto ai vecchi comitati, per un’estetica forte e omogenea, disegnata dai creativi collocati al centro dello staff presidenziale e fondata sullo sviluppo di un vero e proprio brand, con annesso merchandising per l’autofinanziamento (dalle borse ai teli mare, passando per le classiche magliette). (...) Le Fabbriche si aggregano intorno a “Nichi”. Vendola rimane la figura carismatica che fa da perno al soggetto politico, anche a elezioni chiuse. Questo connotato personalistico viene ribadito e si pone in linea con la tendenza sempre più marcata nel nostro tempo alla costituzione di partiti o, comunque, aggregazioni politiche “personali”. Un tratto cesaristico tipico della cultura di destra: che viene trasferito senza imbarazzi dentro lo schieramento di sinistra e mal si concilia con la stessa ideologia di fondo dei partecipanti. (...) I gestori della Fabbrica Zero hanno in comune il fatto di essersi ritrovati precocemente, nei rispettivi campi di attività (dalla politica all’impresa, alla libera professione, ecc.), in posizioni di elevata responsabilità, senza aver attraversato stagioni formative di particolare rilievo o gavette in retrobottega. Quasi tutti, inoltre, hanno un rapporto di carattere professionale con la Regione Puglia: in gran parte si tratta di consulenti gravitanti all’interno degli assessorati più significativi, ma ci sono anche liberi professionisti che intestano all’ente una quota consistente delle loro parcelle, nonché membri di società e associazioni che lavorano con progetti finanziati dalla Regione. È difficile non intravedere nel loro impegno in Fabbrica anche un vincolo di sopravvivenza. Di fatto, parte dell’attività professionale finanziata dalla Regione viene condotta a beneficio delle Fabbriche. Uno schema che ricorda da vicino la logica aziendale utilizzata da Berlusconi alle origini del suo movimento politico: gli uomini più vicini al Cavaliere giocavano spesso nel doppio ruolo di dirigenti Finivest e di quadri di Forza Italia. La differenza è che in questo caso il serbatoio da cui si attinge non è un’azienda privata ma un ente pubblico, sostenuto dalla fiscalità generale. (...) Il problema, però, è che il soggetto Fabbrica Zero non viene definito, né nei suoi componenti né nelle procedure elettive. Resta formalmente un’entità fantasmatica e apersonale, sulla quale gli “operai generici” non hanno alcun potere d’influenza. (...) Il concetto di democrazia espresso dalle Fabbriche è quello tipico dell’aziendalismo postdemocratico. Il prodotto politico non è frutto di una procedura formalizzata di partecipazione. Esso viene confezionato da un’entità creatrice (Vendola, lo staff, ecc.) e poi piazzato sul mercato: a quel punto, il prodotto sarà tanto più democratico quanti più soggetti lo sceglieranno. Ovviamente, affinché il prodotto sia dotato di appeal, occorre disattivare la democrazia, il cui output, essendo la sintesi di diversi punti di vista, è sempre inguardabile. Un patchwork mostruoso, diverso in ogni caso dall’idea di ogni singolo partecipante. Il creatore unico, invece, dà coerenza stilistica al prodotto e lo rende accattivante. Si mantiene quindi l’unicità del genio creatore. La misura del suo valore non è il fatto che incarni un processo democratico, ma il suo successo tra i cittadini consumatori. (...) Quel che si realizza in Fabbrica è un’estetizzazione dei cliché della sinistra: alcuni valori che vagamente possono essere ricondotti alla cultura politica di sinistra vengono esposti al fine di aggregare persone intorno alla loro adorazione. (...) Molto istruttive, in questo senso, sono le parole d’ordine che di recente Vendola ha adottato: la Puglia “migliore” (e ora anche l’Italia migliore), le eruzioni di “buona” politica, il discorso della ‘‘luce’’ (quello con il quale Vendola ha lanciato la propria candidatura a leader del centrosinistra italiano e così da lui stesso intitolato), la politica della ‘‘bellezza’’, i “giovani” delle Fabbriche, ecc. Il vocabolario politico di Vendola si arricchisce ogni giorno di nuove dicotomie impolitiche: migliore/peggiore, buono/cattivo, luminoso/oscuro, bello/brutto, giovane/vecchio, ecc. Tutte riconducibili, in ultima analisi, alla coppia archetipica ‘‘bene vs. male”. (...) In questa visione non si contempla il riempimento dello iato tra il popolo (come entità astratta e fantasmatica) e l’autorità. Non c’è possibilità di interporre corpi intermedi che riarticolino il rapporto tra istituzioni ed elettori. Il movimento deve solo vociare contro il Potere e osannare il suo “infìltrato” dentro le istituzioni, nella fattispecie Nichi Vendola. (...) Uno dei principali effetti dell’egemonia di questo immaginario è la volontà di secessione: se non posso cambiare il mondo, ne confeziono uno a mia misura, selezionando solo il meglio di quello che trovo sul terreno. La complessità cacofonica dell’esistente, le contraddizioni, le parti marce, ecc., diventano insopportabili, proprio perché considerate immutabili. Dunque, un progetto politico non deve più farsi carico della totalità dei piani e delle componenti del reale, al fine di promuoverne una nuova sintesi, ma può limitarsi a selezionare solo il buono e il bello, gettando in discarica tutta la zavorra. (...) L’impressione è che gli operai siano stati in realtà convocati per fornire un pubblico all’annuncio di Vendola, mettendoli di fronte al fatto compiuto. L’impressione persistente è che i luoghi della decisione siano separati e nascosti rispetto ai luoghi della discussione collettiva. E che questi ultimi siano stati ridotti a nient’altro che ludoteche per giovani idealisti, dove tutti possono esprimersi liberamente senza però pretendere di interferire con la realtà. Ciò che resta è il rito comunitario di aggregazione intorno ai simulacri ideologici della sinistra. (...) Nella realtà siamo di fronte a una tribù conchiusa, fondata sull’omogamia socioculturale e sorretta da un feroce razzismo generazionale (del tutto speculare alla gerontocrazia contro cui pretende di erigersi e a essa funzionale), il cui ordine estetico, ideologico, programmatico è interamente allestito per via eteronoma da uno staff di invisibili, i quali vegliano a che la partecipazione emozionale degli operai non sfoci mai in deliberazione. (...) A questo punto è facile rispondere alla domanda inaugurale. Le Fabbriche, in tutta evidenza, non si inquadrano in un modello di tipo democratico. Non incrementano le possibilità del popolo di condizionare la vita pubblica, di decidere sulle questioni collettive. Non impediscono alle élite professionali e agli esperti in tecniche di persuasione di avere supremazia nelle scelte politiche e nella conduzione del dibattito politico. Ospitano un soggetto completamente demodernizzato, quindi lontano dall’antropologia democratica. Esse sono, seguendo ancora il lessico di Crouch, delle espressioni di postdemocrazia. (...) L’operaio di Nichi è un soggetto liofilizzato all’interno di un organismo semitribale. (...) Egli ha invece sposato il modello Disneyland, approntando un paradiso artificiale, orbitale, decollato dalla realtà e dal popolo stesso, verso l’inseguimento di un’inesistente classe creativa. L’importante è fuggire dalla relazione discorsiva. Ovverosia, sfuggire alla politica. (Left 16, venerdì 22 aprile 2011).
Massimo D’Alema, I suppose...
(su) Massimo D’Alema: C’è stata la rivolta tunisina. E a cascata sono seguite le altre “rivoluzioni” arabe, da quella egiziana, quelle nel Golfo, fino alla guerra libica. E di fronte a questi cataclìsmì internazionali in aree “strategicamente sensibili” per l’Italia c’è una domanda che attende risposta: ma chi comanda la nostra intelligence estera, quella che oggi si chiama Aise e che un tempo si chiamava Sismi? In teoria la dovrebbe comandare il governo e dovrebbe essere controllata dal Parlamento attraverso il Copasir. La realtà, come emerge da moltissimi segnali, non ultime le indiscrezioni sull’inchiesta della Procura di Napoli, sembrerebbe assai diversa. E così emergono cordate legate a Finmeccanica; altre che si interfacciano direttamente con l’Eni e così via. Ed emerge un giro vorticoso di conoscenze e rapporti che ruota intorno a Luigi Bisignani, iscritto ai suoi tempi alla P2, giornalista radiato dall’albo, condannato per una maxi tangente Enimont ma che ancora in questi anni sembra avere una grandissima influenza. Già sono emersi, in precedenza, i legami di Bisignani con l’attuale direttore dell’Aise, il generale Santini, e con il vicedirettore operativo, Manenti. Con tutta una rete di rapporti interni conseguenti. Ma il particolare che appare ancora più sconcertante è rappresentato dai presunti rapporti che altissimi funzionari dell’intelligence avrebbero con un uomo venuto dal passato: Enzo De Chiara. Per capire di chi si tratti basta citare un brano di un articolo de la Repubblica del 1996: «Nata come un’indagine su una megatruffa internazionale, con titoli di credito e certificati di deposito falsi o rubati, “Phoney money”, l’inchiesta condotta dal sostituto procuratore di Aosta David Monti, sta arrivando a Washington, nei santuari della politica statunitense. Nei giorni scorsi il magistrato aostano ha emesso un ordine di custodia cautelare nei confronti di Enzo De Chiara, 61 anni, napoletano di origine ma cittadino americano dal ’73, cugino di Vittoria Leone, moglie dell’ex presidente della Repubblica, amico di Bill Clinton ma anche consigliere per gli affari italiani del Partito repubblicano Usa. L’uomo che il pm Monti chiama “l’amerikano” e che considera il ‘‘burattinaio’’ del misterioso intreccio tra lobby, servizi segreti, logge massoniche e alti apparati della burocrazia statale. Le accuse per De Chiara sono di favoreggiamento e spionaggio». Essendo De Chiara un cittadino americano, il tutto è finito nel nulla, così come tutte le accuse di complotto formulate dal pubblico ministero. In pratica, però, da quel che sta emergendo, i vertici della nostra intelligence interloquiscono (per usare un eufemismo) con un ex piduista e con un italoamericano sospettato di essere al centro di un intreccio tra servizi segreti e massoneria. Uno scenario inquietante, che dimostra come i nostri apparati più sensibili rientrino tra gli “appetiti” di lobby che con la democrazia e la trasparenza c’entrano poco. In un Paese normale nulla del genere potrebbe accadere. Ma De Chiara, viste le sue entrature con la Cia e l’ambasciata americana, è considerato un uomo da tenersi buono per godere della benevolenza americana. Cosa alla quale i nostri 007 che cercano di fare carriera aspirano, perché passano gli anni ma sempre un po’ sudditi degli americani siamo rimasti. E chi non ricorda la fine di Nicola Calipari, l’eroe perbene su cui si cerca sempre di più di fa scendere l’oblio? Ma che i rapporti siano molto più di semplici incontri superficiali si può ipotizzare da una serie di circostanze molto indicative. La prima è che, in molte occasioni, Bisignani e i vertici dell’Aise si sono incontrati in pieno centro a Roma, nei pressi della Galleria Sordi. Presente anche un funzionario del Dis distaccato sotto copertura direttamente a palazzo Chigi. Ma a questo, quando c’era bisogno di maggiore riservatezza, si aggiungevano altri incontri. Pranzi organizzati da Luigi Bisignani con alti gradi dell’intelligence in un appartamento nella disponibilità dell’ex piduista che si trova ai Parioli, vicino alla famosa clinica Mater Dei. Le celle telefoniche, a quel che pare, sono state assai più chiare nel definire giorni, orari e partecipanti. Resta una domanda alla quale la politica, prima ancora che la magistratura, dovrebbe dare una risposta (dopo le opportune verifiche, naturalmente): con quale titolo gli alti gradi degli 007 devono essere così cordiali e ossequienti nei confronti di un privato cittadino, già condannato per gravi reati e già appartenente a un’organizzazione segreta sciolta con un’apposita legge del Parlamento? Mentre emergono rapporti tra personaggi come Bisignani e De Chiara e gli alti gradi, anche tra le “truppe” gli scontri tra cordate e gruppi di potere si ripercuotono in maniera negativa sull’operatività dei servizi. E infatti, per tornare all’Aise, c’è grande malumore rispetto a un agente “intermedio”, in servizio presso la divisione che si occupa delle cosiddette “fonti aperte”. L’agente in questione è la compagna di un direttore operativo. E stando a voci interne, diventate praticamente di dominio pubblico, la signora in questione sarebbe depositaria di un potere ben al di là di quello che dovrebbe derivare dal grado e dall’incarico. Ma i malumori serpeggiano e passando dal centro alla periferia, tutte queste situazioni si ripercuotono sugli organigrammi interni. Mentre i “calipariani” sono stati gradualmente accantonati, ci si accapiglia per un posto al sole. C’è lotta aperta per diventare capo di Gabinetto dell’Aise, ruolo per il quale Finmeccanica sembra voler dire la sua. Anche se non avrebbe alcun titolo per farlo. Silurato il capo della sicurezza interna (che sarebbe l’equivalente della disciplinare), ruolo ricoperto da un generale dei carabinieri di grande esperienza, è in atto una “permuta” attraverso la quale molti degli agenti che stanno per essere mandati in pensione stanno trattando perché, al loro posto, vengano assunti i figli o stretti parenti. Ossia si entra nell’intelligence per via ereditaria. I meriti e le capacità possono aspettare. Insomma, tra vertici dell’intelligence che si rivolgono a privati cittadini in odore di massoneria per avere appoggi e coperture; tra grandi aziende in grado di esercitare forme di influenza e in piena “parentopoli” per assunzioni che si tramandano di padre in figlio, c’è un inquietante quesito al quale il Parlamento e il Copasir dovrebbero dare una chiara risposta. La nostra intelligence appartiene ancora alla Repubblica italiana? Oppure è stata a tutti gli effetti privatizzata, lasciando ovviamente i costi ai cittadini mentre i benefici vanno a pochi amici degli amici, ossia ai soliti noti? (Tullio Fabris su left 16, venerdì 22 aprile 2011).
Per la serie Cerone in faccia e Ceroni... sotto mano: Silvio Berlusconi e Remigio Ceroni.
Remigio Ceroni (detto Ceroni-Remigio-alla-legge-ligio-ma-alla-Costituzione-no): L’articolo 1 della Costituzione va riscritto così: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla centralità del Parlamento quale titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Ribadiamo quella centralità delle Camere troppo spesso mortificata o dal presidente della Repubblica, che non firma le leggi, o dalla Corte costituzionale che le abroga. Occorre ristabilire la gerarchia tra i poteri dello Stato. Se c’è un conflitto, dobbiamo specificare quale potere è superiore... Perché non possa nascere e svilupparsi un’eversione dell’ordine democratico o verificarsi il sopravvento di poteri non eletti dal popolo sovrano con conseguente instaurarsi della tirannide. (La Repubblica, giovedì 21 aprile 2011). O si avvertono questi individui che manomettere i Principi fondamentali della Costituzione sarebbe un atto contro il quale, a determinate condizioni, un’insurrezione potrebbe rivelarsi l’unica via percorribile. O li si ringrazia, poiché una manomissione del genere permetterebbe a una futura maggioranza di Sinistra di spazzarli via dal Paese una volta per tutte. Come l’Italia migliore aspetta almeno dal 1799.
Per la serie I preti operai: il Wojtyla, papa, il Pinochet, forse “cresciuto” in oratorio, e don Bertinotti.
(Ma non sullo stesso piano, poiché aggredire la memoria storica significa preparare nuovi massacri,
ed è quindi ancora peggio che massacrare, se un peggio è umanamente possibile).
(La foto del Bertinotti è di Luigi Scialanca. Le altre sono da Segnalazioni).
(su) Fausto don Bertinotti e Karol papa Wojtyla: “Cosa ho imparato da Giovanni Paolo II”. Così l’Osservatore romano titola un “colloquio” con l’ex leader di Rifondazione, Fausto Bertinotti. Un’analisi del rapporto di stima fra Karol Wojtyla e il capo dei comunisti italiani. Un’intervista che non deve stupire. Forse molti ricordano una foto di Bertinotti intento a leggere il quotidiano ufficiale del Vaticano. Bertinotti ha voluto ricordare i suoi incontri con il papa polacco: “Un uomo realmente capaci di ascolto. Guardava l’altro come uno da cui imparare. Mi torna in mente una sua frase su Gandhi: «I cristiani dovrebbero imparare da lui a essere più cristiani»”. Ed è questa capacità di sguardo, continua Bertinotti, ad aver provocato nelle persone che entravano in contatto con lui “un atteggiamento di attenzione e ascolto”. Wojtyla era un papa capace di intervenire “in un mondo in crisi, con i rapporti di lavoro che tendono a rovesciarsi, impegnato nel contribuire a liberare i Paesi dell’Est e contemporaneamente a denunciare il peccato dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo”. Nei forum in rete che ospitano i commenti della sinistra italiana sulla doppia festa del 1° Maggio si legge: “In fondo si tratta della beatificazione di un prete operaio”. Chiosa Bertinotti: “La frase del pontefice su Gandhi vale anche per noi, vale anche per me, che resto individualmente comunista e non sono cristiano”. (La Repubblica, giovedì 21 aprile 2011). Testuale. Abbiamo solo eliminato le maiuscole più umilianti. Ma che disgusto, e che pena, vederli, così distrutti dall’incapacità di pensare, raccomandarsi così pietosamente a chi credono capace di pensare per loro e in loro.
Per la serie Non sono una signora: Daniela Santanché.
Daniela Santanché: Lassini lo voterei perché sono contro l’ingiustizia, perché sono stufa di questi magistrati.
(La Repubblica, giovedì 21 aprile 2004).
(Da Segnalazioni)
(su) Silvio Berlusconi: Berlusconi è sempre stato un buffone. Ma le donne italiane ormai non ridono più.
(Newsweek, lunedì 18 aprile 2011, citato da L’Unità di mercoledì 20 aprile 2011).
Paolo Flores D’Arcais (direttore di Micromega), a Massimo D’Alema: La forza di Berlusconi deriva dalla debolezza della sinistra. E la tua Bicamerale è simbolo della non opposizione al Cavaliere. Hai resuscitato un uomo politico che nel ’96 era finito. (La Repubblica, mercoledì 20 aprile 2011). Tutto vero. Ma perché il Flores D’Arcais usa il presente contro il D’Alema del ’96 e non se la prende neanche al passato remoto col Veltroni che alla fine del 2007 accordò segretamente a Berlusconi la caduta di Prodi? Curiosa dimenticanza. Che diventa meno curiosa quando, su Micromega 2 del 2011, nell’interessante e utile Finché c’è lotta c’è speranza - La storia dell’opposizione al berlusconismo dal 1994 al 2011 è una storia di grandi entusiasmi e di occasioni mancate, si scopre che in ben 32 pagine il Veltroni è nominato mai, e che il Flores D’Arcais è un veltroniano (in incognito) di tre cotte e più.
Per la serie Le maestre rigorose: Mariastella Gelmini, la sua poltrona e Silvio Berlusconi.
Mariastella Gelmini: Mia suocera, che è una maestra rigorosa, è arrossita per le battute di Berlusconi... Berlusconi ha cantato, in francese, pure al mio matrimonio, conquistando la simpatia di tutti gli invitati: la vera sposa è stato lui... Ho partecipato a tante cene con Berloscuni, e l’ho visto molte volte in situazioni d’intimità con gli amici cantare o raccontare barzellette spinte. (Diva e Donna, mercoledì 20 aprile 2011). Si sa: la lingua batte dove il dente duole.
(su) Silvio Berlusconi e il berluscìsmo: Siamo, insomma, davanti a un salto di qualità importante, a qualcosa che somiglia a una vigilia: tanto esibiti, innalzati come stendardi, sono inganni e paradossi. Il colmo, a mio parere, è stato raggiunto con l’elogio, da parte di un giornale del potere berlusconiano, del Grande Inquisitore di Dostoevskij (Il Foglio, 16 aprile). Nelle Lamentazioni che si recitano alla vigilia della Croce e della Resurrezione, Geremia parla di abominio, di panno immondo, e c’è un elemento di abominio nell’allegra difesa di una delle più nere leggende della letteratura. Come pretesto si è scelto il libro di Franco Cassano, L’umiltà del male (Laterza). La leggenda narra di Gesù che torna sulla Terra, con la sua mitezza, con i suoi messaggi di libertà, e per la seconda volta, quindici secoli dopo la sua morte, è giustiziato. Ma il libro è stravolto, usato in difesa di Silvio Berlusconi... Si scrive che il cardinale gesuita di Siviglia (l’Inquisitore) “impartisce (a Gesù) una lezione appassionata e tragica di umiltà del male e di teologia della storia e nella storia, spiegandogli che il suo aristocratismo etico, la sua bontà naturale e santa, non riesce a fare i conti, come riesce invece e bene la sua Chiesa gerarchica, con la natura radicale del peccato umano”. Gesù non ha la boria e la iattanza dei neopuritani che oggi avversano Berlusconi, ma in fondo appartiene anch’egli a una minoranza etica, che non ama gli uomini come li ama e li aiuta la Chiesa. Solo la Chiesa e l’Inquisitore amano davvero, perché tengono conto dei “bisogni umili delle maggioranze relativamente indifferenti, di coloro che non sono tra gli eletti, che per insicurezza chiedono protezione e sogni, magari anche rivolgendosi ad agenti del male, e che praticano la tutela del proprio interesse legittimo nelle forme e nei modi possibili alla creatura umana sofferente”... Non ho mai letto elogi simili del Grande Inquisitore, e mi domando cosa li renda possibili: oggi, qui in Italia. Forse perché siamo oltre la constatazione che l’umanità è fatta di un legno storto. La stortura non è constatata, ma incensata, addirittura cavalcata. Una sfiducia radicale negli uomini permette agli inquisitori odierni di trasformare il male e l’ingiustizia in vanti personali messi trionfalmente in mostra. L’uomo è malvagio. Inutile, assurdo, scommettere sulla sua libertà come fece Cristo, perché questa libertà la creatura umana vuole consegnarla, in cambio di protezione e sogni (di “felici canzoni infantili e cori e danze innocenti”, scrive Dostoevskij) a chi usa le tre grandi forze necessarie al controllo della coscienza: il miracolo, il mistero, l’autorità. (Barbara Spinelli su La Repubblica di martedì 19 aprile 2011). Belle parole. Ma perché, o Spinelli, anche tu chiami constatazione, e non fantasticheria, l’idea che l’Essere umano sia un legno storto? Non capisci che se non si rifiuta in toto questa idea (l’idea religiosa, Gesù compreso, che l’Essere umano sia un inferiore e il divino sia a lui superiore) la nostra libertà è indifendibile e non si può che dare ragione al Grande Inquisitore? Il quale ha torto, invece, perché non vi è alcun legno storto. Poiché non può esservi. Poiché un legno storto sarebbe, se venisse al mondo, inetto a sopravvivere. E l’Umanità si sarebbe estinta nella culla.
Per la serie Siamo sulla buona strada: Berlusconi con Letizia Moratti e Hitler con Leni Riefensthal.
(Solo che la Riefensthal era mille volte più in gamba della Moratti. Ma la Moratti, in compenso, ci trova meno da ridere).
Silvio Berlusconi: C’è un patto scellerato tra Fini e i pm, me l’ha detto un giudice amico mio: voi mi proteggete e perseguite Berlusconi e finché sarò presidente della Camera non ci sarà nessuna riforma punitiva. Finito Berlusconi, faremo le riforme che vi piacciono... Avviso i naviganti della Procura: la riforma della giustizia si farà anche senza Berlusconi. Ma scommetto che non riusciranno a farmi fuori... Abrogare l’immunità parlamentare è stato gravissimo. L’errore più grave delle precedenti maggioranze... Programmi come Ballarò, AnnoZero e quelli de La7 e i giornali della sinistra mi azzannano in continuazione... Quando vendevo la carta della frutta raccolta al mercato per accendere i camini... Sono fiero di aver evitato che Carlo De Benedetti mettesse le mani sulla Mondadori... Quando dicono che sono l’uomo più potente d’Italia dicono una bugia, a meno che non si riferiscano ad altre potenze. Tutto ciò che vi passa per la mente corrisponde al vero... Qualche volta ho partecipato a udienze in Tribunale dove c’erano sempre i miei giudici. Pagati, ovviamente, da me... Volevo dire i miei avvocati... La sinistra ha tentato, tenta e tenterà una nuova eversione cercando di dare una spallata al governo eletto dagli italiani, ma noi resteremo coesi... Amo così tanto la famiglia che me ne sono fatte due. (La Repubblica, lunedì 18 aprile 2011).
(di e su) Franco Frattini e Roberto Maroni: Alla Francia ho chiesto chiarimenti sulla sospensione unilaterale del traffico ferroviario e su altre misure che appaiono illegittime, in chiara violazione con i (sic, forse il ministro-maestro di sci voleva dire dei, n.d.r.) generali princìpi europei. Mi rendo conto che ogni Paese ha le proprie preoccupazioni, anche di politica interna: però l’Unione europea richiede libertà di confini, e se cominciamo a mettere muri non andiamo da nessuna parte (Franco). L’iniziativa della Lega Nord di boicottare i prodotti francesi è una giusta e forte reazione a una decisione sbagliata dei francesi (Roberto). Una forza politica come la Lega Nord, che rivendica il distacco tra Nord e Sud, scopre ora che ognunopuò essere il Sud per qualcun altro e così trattato (prof. Gaetano Azzariti, costituzionalista alla Sapienza di Roma e autore di numerosi testi di Diritto comunitario. La Repubblica, lunedì 18 aprile 2011). Chapeau, egregio professore.
Fabrizio Cicchitto: Ci auguriamo che prevalga sull’emotività il senso di responsabilità e di equilibrio. Non c’è dubbio che i morti di Torino richiedano condanne severe. Uno shock può essere anche utile per spingere tutti alla massima prevenzione. Però le sentenze intese come vendetta sociale non sono la migliore espressione di una gestione equilibrata del diritto. (La Repubblica, lunedì 18 aprile 2011). Sarebbe sciocco supporre che al Cicchitto importi qualcosa dei manager della ThyssenKrupp condannati per omicidio volontario. Il Cicchitto sta cominciando a capire che cosa può costare la guerra ai giudici all’elettorato berluscista. Il quale non ha meno pendenze (o code di paglia) giudiziarie del suo capo, ma è infinitamente meno. E potrebbe cominciare a rendersene conto.
Per la serie Braccia rubate all’agricoltura: Tremonti, Maroni, Meloni e Sacconi.
Giulio Tremonti, Roberto Maroni, Giorgia Meloni e Maurizio Sacconi: In Italia gli immigrati sono tutti occupati. Segno che accettano lavori che gli italiani non vogliono fare (Giulio). Non bisogna generalizzare: è vero che ci sono tanti ragazzi che vogliono fare l’avvocato o l’ingegnere, ma ce ne sono anche tantissimi che fanno lavori manuali anche umili o che preferiscono entrare nel mondo del lavoro piuttosto che aspettare il posto da supermanager (Roberto). I giovani italiani soffrono di inettitudine all’umiltà (Giorgia). Occorre lavorare anche sulla cultura dei giovani: bisogna aiutarli ad accettare qualsiasi tipo di lavoro, anche il più umile, purché sia regolare. Solo così si potrà difendere la vera cultura del lavoro. Rivalutando il lavoro manuale si potrà battere il nichilismo delle generazioni degli anni ’70, che sono entrate nei mestieri dell’educazione, della magistratura e dell’editoria non tanto per occupare, come diceva Gramsci, le casematte del potere, quanto, come si dice a Roma, per infrattarsi, perché è sempre meglio che lavorare (Maurizio, un anno fa). (La Repubblica, lunedì 18 aprile 2011). Bene. Allora prendiamo a caso uno dei quattro, per esempio il Maroni, confrontiamolo col suo omologo francese (Claude Guéant: dopo la laurea in giurisprudenza, percorre tutto il cursus studiorum delle grandes Écoles, le durissime super università transalpine che preparano i mandarini di Stato e la classe dirigente del Paese, Istituto di Studi politici di Parigi, la famosa Sciences Po, e la mitica Ena, Scuola normale di amministrazione; e come s’addice ai giovani brillanti di ogni Paese coloniale, viene mandato a farsi le ossa come segretario generale per gli Affari economici della Guadalupa. Roberto Maroni, dal sito del Viminale: Laureato in giurisprudenza. Avvocato. Già responsabile dell’ufficio legale di una multinazionale statunitense, la filiale italiana della Avon, industria dei cosmetici; nel tempo libero suona l’organo Hammond nel gruppo soul Distretto 51 ― da Non c’è partita, di Marcantonio Lucidi, left 15, venerdì 15 aprile 2011) e poi domandiamoci chi dei due rientra più dell’altro nella serie Braccia rubate all’agricoltura. I politici più ignoranti d’Europa, espressione della borghesia più ignorante d’Europa, umiliano i nostri Giovani (e soprattutto i più meritevoli, quelli che più hanno cercato e studiato) nel tentativo di indurli a rassegnarsi senza lottare all’Italia da Terzo mondo che quegli stessi politici, quella stessa borghesia hanno ridotto così.
Per la serie Sono io: Roberto Lassini (dal sito de La Repubblica).
Roberto Lassini (pidiellìno candidato consigliere comunale a Milano): Sono io il presidente dell’Associazione dalla parte della democrazia. (La Repubblica, lunedì 18 aprile 2011).
Per la serie C’è chi li vede così: Mariastella Gelmini.
(su) Mariastella Gelmini: Riporto e collego due brani già di per sé esaustivi, ma che, messi insieme, aiutano a comprendere di più. Diceva Girolamo Savonarola a proposito del tiranno: “Tutti gli uomini di cervello li tiene bassi, ed esalta gli sciocchi dicendo: «Costoro mi saranno fedeli perché io li mantenga dove non sono degni di stare»”. Dice il professor D’Andrea, docente di Diritto costituzionale e relatore della tesi di laurea di Mariastella Gelmini: “Si è laureata almeno tre anni fuori corso. Aveva scelto una tesi dal titolo accattivante, «Referendum d’iniziativa regionale», ma lo ha trattato in maniera davvero sciatta. Per quella tesi non ho voluto dare nemmeno un punto in più della media dei voti. Non soltanto per come era stata scritta, a tirar via, ma soprattutto per come la Gelmini venne a esporla in sede di discussione”. (Lettera di Paolo Sanna a L’Unità di lunedì 18 aprile 2011).
Da L’Unità di domenica 17 aprile 2011.
Silvio Berlusconi: Ditemi: vale la pena di andare a votare? Vale la pena, perché cambieremo questa situazione. Non possiamo consentire oltre che la sovranità non appartenga al popolo. Oggi appartiene ai pm di sinistra e questo non può avere cittadinanza in un Paese libero e democratico... Bisogna accertare se c’è un’associazione a delinquere dei magistrati. Molti giudici seguono la sinistra e hanno un progetto eversivo, come hanno fatto nel ’93 (qualcuno gli deve aver consigliato di cambiare l’anno d’inizio della sua guerra contro i magistrati, n.d.r.) facendo fuori Psi, Dc, Pri. Hanno fatto fuori un leader come Craxi. Ora cercano di farlo con me... È chiaro che una parte della magistratura è eversiva. Per questo faremo la riforma della giustizia... Stabiliremo finalmente la responsabilità civile dei magistrati, perché chi sbaglia deve pagare... Serve una commissione d’inchiesta parlamentare per accertare se c’è un’associazione a delinquere a fini eversivi dentro la magistratura... Un premier non può essere distratto per delle bazzecole di quindici anni prima... La prescrizione breve? Qui ci potrebbe essere una norma che forse, forse, accorcerebbe un mio processo... Di fronte all’attacco della magistratura devo essere tutelato, per questo difendo il processo breve, perché il legittimo impedimento di Alfano e Schifani è stato bocciato dalla Consulta, che è un organo politico sottoposto al volere dei pm di sinistra... Andremo fino in fondo se mi consentiranno di fare la riforma della giustizia e quella costituzionale, diversamente io porto tutti al voto, meglio le urne... I cittadini non possono sentirsi spiati quando alzano il telefono... Ed è giusto che voi sappiate, perché sui giornali queste cose non sono mai raccontate bene, che nella storia di questo pm (Fabio De Pasquale, pm al processo Mediaset, n.d.r.) ci sono cose negative... Arriverò a centovent’anni, ma sono pur sempre mortale... Dicono che sono nano, ma non è che sono basso, è che il più basso degli uomini della scorta è alto 1,95, voi capirete... In tutti noi c’è una componente omosessuale del 25%... Solo che io, dopo un approfondito esame, mi sono accorto che la mia è un’omosessualità lesbica... E i genitori, oggi, grazie al governo, possono scegliere liberamente quale educazione dare ai loro figli e sottrarli a quegli insegnanti di sinistra che nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi da quelli della famiglia. (La Repubblica, domenica 17 aprile 2011).
Per la serie Detto, fatto: Tre giorni prima il Berlusconi aveva paragonato i giudici alle Brigate rosse...
(su) Silvio Berlusconi: Milano, manifesto shock: “Via le Brigate rosse dalle procure”.
(La Repubblica, sabato 16 aprile 2011). Detto, fatto.
Ghedini, Alfano, Gasparri e Quagliariello
(su) Silvio Berlusconi, Nicolò Ghedini, Angelino Alfano, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello: L’estate della giustizia, che si preannuncia caldissima, guadagna un’altra norma per tentare di mettere in sicurezza Berlusconi. Puntando al bersaglio grosso, il processo Ruby. Vogliono bloccarlo con un articolo semplice: se c’è un conflitto d’attribuzione col Parlamento, in attesa che si pronunci la Corte costituzionale il processo deve fermarsi per forza... E intanto i capigruppo a palazzo Madama, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, presentano un’interrogazione urgente al ministro della Giustizia Alfano perché valuti “l’opportunità di intraprendere, nei confronti della Procura di Milano, le iniziative ispettive e disciplinari di propria competenza”. (La Repubblica, sabato 16 aprile 2011).
16 anni di prigione per omicidio volontario ai dirigenti della ThyssenKrupp che non rispettarono le leggi sulla sicurezza dei Lavoratori: padroni e padroncini, in Italia e nella Valle dell’Aniene, attenti a quel che fate!
(E attento anche il berluscìsta Tremonti, che il 26 agosto scorso dichiarò:
“Robe come la 626, la legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sono un lusso che non possiamo permetterci”).
Alfried Krupp von Bohlen und Halbach (1907-1967)
(su) la ThyssenKrupp di Torino: Omicidio volontario. Con questa storica sentenza si è chiuso il processo in corte d’assise di Torino per il rogo alla ThyssenKrupp in cui persero la vita sette operai. I giudici hanno accolto le richieste dell’accusa e hanno condannato a 16 anni e mezzo di reclusione l’amministratore delegato dell’azienda, Herald Espenhahn. Condannati a 13 anni e mezzo gli altri dirigenti. Scrive Luciano Gallino (professore emerito di sociologia all’Università di Torino, storico dell’economia, giornalista, autore de Il lavoro non è una merce): La sentenza riafferma con estrema forza un principio cruciale: di lavoro non si può, non si deve morire. Per cui ogni dirigente o imprenditore che non si occupa e preoccupa a sufficienza della sicurezza dei dipendenti sui luoghi di lavoro incorre in una colpa grave. Anche quando non abbia contribuito direttamente all’incidente che ha ucciso qualcuno, ma in qualche modo abbia accettato che esso succedesse come effetto eventuale del suo comportamento. Raffaele Guariniello (procuratore della Repubblica): Questa sentenza può scuotere e cambiare le coscienze degli imprenditori. Da oggi, quando andranno in azienda, devono aver presente che sono loro i responsabili della sicurezza, e se succede qualcosa non sono più protetti da condanne “virtuali” che non verranno mai scontate: ora le condanne sono diventate “reali” e loro rischiano la galera. Antonio Boccuzzi (unico superstite del rogo della ThyssenKrupp, cioè ― come oggi ci autorizza a chiamarlo la sentenza della corte d’appello di Torino ― dell’omicidio volontario commesso dai dirigenti della ThyssenKrupp): Dopo questa sera, nessuno può dire che è stata colpa del destino. Da questa sera il destino non esiste. (La Repubblica, sabato 16 aprile 2011). ScuolAnticoli commenta questa storica sentenza (I padroni e i loro dirigenti che non rispettano le leggi sulla sicurezza sono assassini) ripubblicando, come facemmo il 9 dicembre 2007, alcuni brani de La distruzione degli Ebrei d’Europa, di Raul Hilberg (Einaudi, Torino, 1995, traduzione di Frediano Sessi e Giuliana Guastalla): “In alta Slesia, decine di migliaia di Ebrei venivano fatti uscire dai ghetti per essere diretti verso i campi dell’Organizzazione Schmelt, un ufficio responsabile delle requisizioni di manodopera nella regione della Slesia... Qualche mese dopo, la compagnia Krupp, che progettava di costruire una fabbrica destinata alla produzione dell’artiglieria navale a Markstädt, nei pressi di Breslau, si rese conto che l’Organizzazione Todt (Ente dei lavori pubblici di Speer) utilizzava un numero considerevole di Ebrei in altri progetti, non lontano da lì. Con l’accordo senza riserve del Vizeadmiral Fanger, Krupp suggerì che quegli Ebrei rimanessero sul posto per costruire la fabbrica. Nel 1944, la fabbrica di Krupp nella Slesia contava tra i suoi effettivi migliaia di quegli Ebrei” (pag. 536). (...) “Nel campo di sterminio di Auschwitz, numerose società importanti si unirono alla I. G. Farben. Il 5 marzo 1943, un bombardamento distrusse la fabbrica di detonatori della Krupp a Essen, e prima della fine del mese furono elaborati 17 progetti per trasportare ad Auschwitz le macchine che non erano state danneggiate. Nel frattempo, un responsabile della Krupp dotato di spirito d’iniziativa, Hölkeskamp, si appropriò di 500 operai ebrei che lavoravano per due imprese di Berlino, Krone-Presswerk e Graetz. Questi Ebrei furono prontamente spediti ad Auschwitz e messi a disposizione della Krupp per la cortese concessione dell’Obersturmbannführer Sommer, del WVHA D-II. Nel momento in cui la produzione dei detonatori era ripresa, un’altra società, Metallindustrie Union, che aveva dovuto ritirarsi dall’Ucraina, riprese la fabbrica. Oltre a Krupp, le onnipresenti imprese Hermann Göring (miniere di carbone), Siemens-Schuckert e numerose altre industrie attinsero dalle riserve di manodopera di Auschwitz III e installarono dei campi satelliti a qualche chilometro, lì intorno. Il numero medio di prigionieri impiegati in queste fabbriche si aggirava sui 40.000” (pagg 1001-1002). (...) “Il 9 giugno, Schmelter annunciò che poteva ottenere da 10.000 a 20.000 donne ebree ungheresi. C’erano acquirenti? Sono perfette!, gridò. Di recente ho ottenuto risultati eccezionali alla Siemens mettendo le Ebree a lavorare alle installazioni elettromeccaniche. Ma gli acquirenti furono scarsi, persino per il numero limitato di 20.000, perché i problemi di sorveglianza e di alloggio erano praticamente insormontabili. La I. G. Farben, il cliente più leale di Himmler, rifiutò, in quell’occasione, le sue offerte. Krupp, invece, selezionò 520 Ebree per assegnarle al lavoro pesante nella sua fabbrica di Essen, nonostante il parere dell’esperto secondo cui le vittime erano creature delicate, dall’ossatura fragile, inadatte a un lavoro del genere” (pagg 1003-1004). (...) “Degli industriali, al processo di Norimberga, solamente Alfried Krupp e due dei suoi soci furono condannati a dodici anni di prigione” (pag. 1159). (...) “Krupp, Alfried. Condannato a dodici anni di prigione e alla confisca dei beni da un tribunale militare americano. Pena ridotta dalla Commissione di clemenza a periodo già trascorso e restituzione dei beni” (pag. 1182). (...) “Tuttavia, molto prima che le inchieste e i processi svolti in Germania e negli altri Paesi fossero veramente terminati, un gran numero di individui che avevano partecipato in prima persona al processo di distruzione degli Ebrei d’Europa, che avevano fatto girare l’ingranaggio della distruzione, avevano ripreso le loro carriere. Gli uomini d’affari furono i primi a sbarazzarsi del loro passato. Friedrich Flick creò una nuova società holding, con investimenti in Francia e in Belgio. Krupp ritrovò il controllo di un impero industriale. I vecchi dirigenti della I. G. Farben e della I. G. Auschwitz... furono tutti eletti nei consigli d’amministrazione dei nuovi gruppi” (pag. 1169). Siamo certi che la ThyssenKrupp di oggi abbia niente a che vedere con la Krupp che ad Auschwitz, fino al 1945, usò come schiavi gli Ebrei avviati poi allo sterminio. Una cosa, tuttavia, ci piacerebbe che la ThyssenKrupp spiegasse: come mai, nei sessantasei anni dal 1945 a oggi, nessuno in quell’illustre azienda (a quanto pare) si è ancora vergognato di continuare a portare quel nome?
Se tipi come questi dicono che siamo persone serie c’è proprio di che sentirsi rassicurati...
Giulio Tremonti: L’economia italiana è messa in modo molto diverso da come ce la raccontano i pessimisti in Italia... In Europa non esiste un rischio del debito sovrano: il blocco dell’Europa tiene... L’Italia ha fatto bene perché siamo persone serie. Anzi: gli italiani hanno fatto bene... Con altri più chiacchieroni e pasticcioni saremmo invece potuti finire male. Certo, abbiamo dei problemi e dobbiamo fare di più, ma lo stiamo facendo e lo vogliamo fare... C’è troppa gente che ha preso troppo poco sul serio la gravità della situazione. E adesso c’è pure chi dice riprendiamo a fare le cicale. Purtroppo non è così. La realtà è molto complicata. Ma ripeto: gli italiani sono seri ed è anche merito loro se nei calcoli e nelle proiezioni dell’Fmi l’Italia è messa come risulta dai documenti... Per ridurre il debito hai due strade: tagliare la spesa pubblica e crescere di più. Ma occorre ridurre la spesa. Se pensi di alzare le tasse, sei in corsia di sorpasso dalla parte sbagliata... È evidente che i debiti sono saliti dappertutto: il nostro era il terzo ed è già diventato il quarto perché la Germania ci ha superato, ma sulla corsia sbagliata. (La Repubblica, sabato 16 aprile 2011). Aumentare le tasse è sorpassare sulla corsia di destra? E continuare a non farle pagare ai delinquenti che non le pagano che cos’è? Glielo diciamo noi, al Tremonti: è prendere la multa da sotto il tergicristallo proprio e metterla sotto quello di un altro, come Vittorio Gassman ne Il sorpasso.
Michele De Lucia, Il Baratto - Il Pci e le televisioni: le intese e gli scambi
fra il comunista Veltroni e l’affarista Berlusconi negli anni Ottanta
(su) Walter Veltroni: Veltroni, Pisanu e il “governo di decantazione”. L’ex segretario del Pd rilancia l’idea contenuta nel lungo articolo di ieri sul Corriere della Sera: “Che due uomini di posizioni diverse abbiano avanzato una proposta per uscire dall’incubo in cui siamo chiusi da 15 anni e andare a un bipolarismo di tipo europeo, lo considero un fatto importante”. L’iniziativa della “strana coppia”, quella appunto di un governo di tregua, “come si fece con Ciampi”, per rasserenare il Paese, mettere mano alle emergenze e, soprattutto, riformare la legge elettorale, si scontra tuttavia non solo con l’ovvia ostilità del Pidièlle, ma anche con una tiepida accoglienza del Pd. (La Repubblica, sabato 16 aprile 2011). Curioso: la stessa proposta che per il Pisanu è un passo avanti (è la prima volta che un berluscìsta chiede un governo non presieduto dal berluscista in capo) per il Veltroni è invece l’ennesimo tentativo d’inciucio. A meno che anche il Veltroni, come il Pisanu, sia in realtà un berluscìsta. Ma in incognito, per così dire.
Per la serie Chi di berluscismo ferisce, di berluscismo perisce: Emma Marcegaglia.
(su) Emma Marcegaglia: Oltre alla solitudine delle imprese, il Paese deve fare i conti con la profonda spaccatura che ha messo su percorsi differenti la Cgil, da una parte, e il resto del fronte sindacale dall’altra. Un primo passo per cercare di rimettere insieme i cocci di un dialogo impossibile è stato compiuto ieri con l’incontro tra la leader della Cgil Susanna Camusso e la Marcegaglia. Nel corso del faccia a faccia si è discusso di unità sindacale e di riforma del modello contrattuale, tema sul quale le parti restano, però, ancora distanti: “Noi non siamo interessati a separazioni,” dice la presidente della Confindustria guardando al rapporto non proprio idilliaco tra Cgil, Cisl e Uil. “In un momento di difficoltà del Paese siamo interessati a cercare di unire il Paese”. Per la numero uno di Corso d’Italia “l’incontro con la Confindustria è stato un normale punto della situazione, come dovrebbe essere buona prassi tra le parti sociali. In particolare, continua una interlocuzione che punta a trovare soluzioni sul tema della rappresentanza. Ma rimangono profonde differenze nel giudizio sul modello contrattuale separato del 2009”. (La Repubblica, venerdì 15 aprile 2011). Miracolo. La Marcegaglia sta forse cominciando a capire che la Cisl di Bonanni e la Uil di Angeletti (per non parlare del gran cucuzzaro delle sigle minori) son pronte a scatenare i loro associati contro gli industriali al primo cenno del capo del berluscìsmo, se gli industriali si permetteranno di infastidirlo. E che in tal caso, come nel 1943, a proteggere le fabbriche non resterebbe che la Cgil.
(su) Mariastella Gelmini: Tar: “illegittimi” i tagli al personale. Battaglia sulle graduatorie dei precari. Il Tribunale amministrativo del Lazio boccia le circolari della Gelmini che hanno “eliminato” 67 mila cattedre in due anni: al momento nessuno può prevedere le conseguenze. L’Avvocatura dello Stato: impossibile impedire lo spostamento di provincia senza una legge ad hoc. I tagli agli organici del personale scolastico sono illegittimi: lo ha stabilito una sentenza del Tar del Lazio. Intanto, la partita dell’aggiornamento delle graduatorie dei precari potrebbe trasformarsi in una battaglia politica dagli esiti imprevedibili. Quella del Tar Lazio di ieri, per il ministero dell’Istruzione, è l’ennesima bocciatura da parte della giustizia amministrativa, dopo quelle relative alle graduatorie a esaurimento, alle classi sovraffollate e quella sulle riduzioni di orario per gli istituti tecnici e professionali, solo per citare le ultime in ordine di tempo. Questa volta, a ricorrere contro i provvedimenti del ministero sono stati un Comune (quello di Fiesole), la Flc Cgil e diversi genitori. Secondo i giudici, sono due i motivi che hanno determinato l’annullamento delle circolari ministeriali sul taglio di 67 mila cattedre negli anni scolastici 2009/2010 e 2010/2011. Il primo riguarda lo strumento utilizzato da viale Trastevere per alleggerire gli organici del personale docente: una semplice circolare ministeriale che si appoggiava su una bozza di decreto interministeriale. Per sforbiciare 42 mila posti l’anno scorso e 25 mila quest’anno “l’amministrazione ha diramato la circolare”, la numero 38/09, “allegando un mero schema di decreto interministeriale, non ancora formalmente in vigore”, scrivono i giudici. Il secondo motivo attiene alla procedura seguita. “In particolare ― si legge nel dispositivo ― lo schema di decreto, non solo sarebbe da ritenersi atto privo di attuale efficacia giuridica, ma sarebbe altresì approvato senza il previo parere delle Commissioni parlamentari competenti che invece è espressamente prescritto dalla norma”. Insomma, ancora una volta, come più volte lamentato dalle opposizioni, sarebbe stato esautorato il Parlamento. Al momento nessuno è in grado di prevedere gli effetti del provvedimento del Tar. Una cosa è certa: per effetto del taglio di 87 mila cattedre in tre anni, migliaia di supplenti hanno perso posto e stipendio e milioni di bambini e studenti italiani hanno perso decine di ore di lezione in classe. Per non parlare delle migliaia di docenti di ruolo costretti a fare le valigie, magari dopo anni di servizio nella stessa scuola, perché con la riforma Gelmini la loro materia è stata falcidiata. Ricominciando, in qualità di docente “sovranumerario”, a fare il pendolare e, non più giovanissimo, a percorrere decine di chilometri per recarsi a scuola. In queste ore si fanno sempre più insistenti le voci di un prossimo decreto sull’aggiornamento delle graduatorie a esaurimento dei precari con la possibilità per gli stessi di cambiare provincia. Dopo la recente sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittime le graduatorie “di coda” inventate dalla Gelmini, arriva il parere dell’Avvocatura dello Stato richiesto da viale Trastevere, secondo il quale non è possibile impedire lo spostamento di provincia senza una norma di legge ad hoc. A questo proposito, il ministero starebbe per emanare, quindi, un decreto di aggiornamento delle graduatorie con il quale consentirà l’inserimento “a pettine” ― cioè con il proprio punteggio ― ma in una sola provincia. Una notizia che è attesissima da migliaia di precari meridionali, pronti a fare le valigie alla volta delle regioni del Nord, dove le cattedre a disposizione sono tantissime e le probabilità di lavorare aumentano in modo esponenziale. Ma, da tempo, l’ipotesi non piace alla Lega, che col senatore Mario Pittoni si è fatto promotore di una proposta di legge che prevede liste regionali suddivise in due sezioni: A e B. Questa volta, però, il ministero è tra l’incudine e il martello: qualche giorno fa 61 deputati, quasi tutti meridionali, hanno chiesto al ministro Gelmini di portare la questione in Parlamento. Un chiaro avvertimento al governo: con i tempi che corrono un provvedimento di legge pro-Lega potrebbe riservare brutte sorprese.
(Salvo Intravaia su La Repubblica - sito, venerdì 15 aprile 2011).
La guerra in corso contro una parte della Magistratura è iniziata nel 1992 (Silvio Berlusconi, 13 aprile 2011).
Silvio Berlusconi: I giudici sono la grande patologia, il cancro italiano, la metastasi. Se non capite questo non capite il mio Paese... Le Brigate rosse utilizzavano il mitra, questi usano il potere giudiziario. Ma questo attacco è più pericoloso per la nostra democrazia... Noi non approviamo leggi ad personam, ma leggi giuste per la generalità dei cittadini... L’Unione europea ci ha multato per centinaia di milioni di euro per le cause sulla durata dei processi... Siamo stati costretti a intervenire, ma chiamatela legge per il processo europeo, non per il processo breve... Certo, serve anche per un processo mio, ma è difficile che non accada, dato che ne ho subìti ben trentuno... Sappiate che una legge che qui non piace ai pm o al presidente della Repubblica, che quasi sempre è di sinistra, viene spedita alla Corte Costituzionale che puntualmente l’annulla. Non accade in nessun altro Paese. Per questo faremo una riforma della Consulta e del Consiglio superiore della magistratura: cambieremo il volto della giustizia per fare piazza pulita delle correnti della magistratura. Non è più tollerabile che una di queste, Magistratura democratica, abbia lo strapotere di condizionare le nomine dei procuratori e dei giudici... C’è una guerra in corso, con una parte della magistratura, che è iniziata nel ’92. Allora fecero fuori cinque partiti democratici, Craxi è stato fatto fuori con un’accusa infame; quella di essersi arricchito. Invece non ha lasciato nemmeno una lira alla sua famiglia... Nel ’94 hanno fatto fuori il mio governo. Nel 2008 quello di Prodi perché volevano stoppare la riforma della giustizia di Mastella. E anche oggi continuano a processarmi con accuse risibili... Sono la dimostrazione che la magistratura è un’associazione con finalità eversive. Pensate che per difendermi ho speso 312 milioni di euro... Per fare in modo che la guerra finisca bisogna riformare la Costituzione. Sarà un’impresa storica, ma la condurrò in porto... La cara Emma Marcegaglia si lamenta quando invece dovrebbe festeggiare. Quando facevo il suo mestiere e cadevano i governi, io stappavo lo champagne: finalmente mi lasciavano quattro mesi in pace!... La Minetti non è mai stata la mia igienista mentale (sic, invece di dentale, n.d.r.). Mi ha convinto a candidarla don Verzé, che voleva avere una persona di fiducia nella Regione con la quale il suo ospedale ha dei contratti. (La Repubblica, giovedì 14 aprile 2011). Nel 1992 sono stati assassinati dalla mafia i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Per il Berlusconi, invece, il 1992 è l’anno in cui è iniziata la sua guerra contro una parte della magistratura. Tutto torna.
Tu, minuscolo piduista. Io, grande Rosy.
(su) Fabrizio Cicchitto: Leggo la biografia di Cicchitto da Wikipedia. Non è degno di citare Aldo Moro. Nessuno se ne può appropriare in maniera strumentale e indegna, tanto meno se nel 1980 era iscritto alla P2.
(Rosy Bindi, La Repubblica, giovedì 14 aprile 2011).
Francesco Speroni (eurodeputato col moccichino verde): La Tunisia spara ai nostri pescherecci, dobbiamo fare altrettanto con i loro barconi. (La Repubblica, giovedì 14 aprile 2011). Ecco un altro portatore di moccichino verde secondo il quale sparare sui Bambini e le Donne e gli Uomini si può. Teniamolo a mente, per ogni evenienza.
Il Maroni e il Castelli
Roberto Castelli (portatore di moccichino verde, ex ministro della Giustizia, ministro delle Infrastrutture): Bisogna respingere gli immigrati, ma non possiamo sparargli, almeno per ora. Le loro violenze potrebbero però obbligare le autorità a usare le armi. Si spara quando si arriva alla violenza. Questi signori, che dovevano già essere rimpatriati, hanno cominciato a bruciare i materassi. Se cominciassero a tirare sassi, si risponderebbe con gli scudi e i manganelli, perché così si farebbe nei confronti di ogni cittadino italiano. E se uscisse qualche arma e cominciassero a sparare, noi che dovremmo fare? Contro le Brigate Rosse che abbiamo fatto? (La Repubblica, mercoledì 13 aprile 2011). Chissà se il Castelli è in grado di capire che i suoi “consigli” potrebbero valere anche contro i portatori di moccichino verde, se un domani si comportassero come lui spera che facciano i migranti e i profughi. O che sarebbero potuti valere contro il Maroni, quando a Milano si abbandonò alla violenza fino a mordere un agente al polpaccio. Forse non ne è in grado. Noi, a ogni buon conto, memorizziamo le “linee guida” da lui proposte...
I roghi di Libri annunciano roghi Umani
(immagine tratta da Segnalazioni)
Gabriella Carlucci e Mariastella Gelmini: Troppi testi scolastici di Storia gettano fango su Berlusconi... Tentativi subdoli di indottrinamento per plagiare le giovani generazioni a fini elettorali... È una situazione vergognosa! Bisogna istituire sùbito una commissione parlamentare d’inchiesta sull’imparzialità dei libri di testo scolastici. A chi è fazioso daremo il tempo di adeguarsi prima di ritirare il prodotto dal mercato... Non manderemo i libri al macero (Gabriella). Il problema dell’oggettività dei libri di testo esiste. Valuteremo la proposta della Carlucci, poi il Parlamento è sovrano. (La Repubblica, mercoledì 13 aprile 2011). Crassa ignoranza semplice o crassa ignoranza fascista? Semplicemente ignorano, questi individui, gli articoli 21 e 33 della Costituzione sulla Libertà di espressione e la Libertà di insegnamento, o credono (s’illudono) di poter farne strame impunemente?
Luca Zaia, Mario Borghezio, Giampaolo Gobbo, Davide Caparini, Paolo Grimoldi e Daniele Belotti (portatori di moccichino verde): Un segnale ai francesi va dato. Bisogna cominciare a boicottare i loro prodotti (Luca). Io sono pronto, dobbiamo scuoterli dal loro immobilismo ipocrita e dargli una bella suonata. Da oggi solo gorgonzola e Brus piemontese (Mario). La Francia è una prostituta. Dopo la Cina ci sono loro. Siccome a questo giro l’hanno fatta grossa, meritano che non compriamo i loro prodotti. Torniamo all’autarchia alimentare, e non solo alimentare. I nostri prodotti, tra l’altro, sono migliori. Penso anche alle auto e ai materiali per le autoriparazioni (Giampaolo). Oggi a maggior ragione continueremo la battaglia che la Lega Nord sta facendo da dieci anni contro la strategia commerciale della Francia. Loro invadono il nostro mercato, ma sono molto meno disposti a lasciare che noi entriamo nel loro. Il boicottaggio è efficace. Io non farò fatico perché i prodotti che consumo sono tutti del territorio (Davide). Se acquistiamo solo i nostri prodotti, se questo diventa un’abitudine, automaticamente tagliamo fuori i loro (Paolo). Alla grande! Iniziamo a lasciare i loro prodotti sugli scaffali e magari sugli immigrati ci ripensano (Daniele). (La Repubblica, mercoledì 13 aprile 2011). Ottima idea: fosse la volta che si avvelenano da soli.
Serata ad Arcore (dal Corriere della Sera del 28 gennaio 2011).
(di e su) Silvio Berlusconi: Io ho chiesto un’informazione con la mia solita cortesia, preoccupato che la situazione potesse dar luogo a un incidente diplomatico. Mi hanno detto che non era egiziana ed è caduto tutto (Silvio). È spudorato. Sa (e ora lo sanno tutti) che quella notte non ci fu soltanto una telefonata, ma ripetute telefonate. Voleva che liberassero la sua concubina; la disse “nipote di Mubarak”; pretese che la consegnassero a una sua incaricata (Nicole Minetti). Il capo del governo lo ha ribadito alla Camera reclamando il conflitto di attribuzione per sottrarre il processo a Milano: “Ho evitato una crisi internazionale, credevo che fosse la nipote di Mubarak”. Parlamentari servili gli hanno creduto e ora il malaccorto lascia tutti di princisbecco: quella notte ho saputo che non poteva essere la nipote di Mubarak perché mi dissero che era marocchina! (Giuseppe D’Avanzo, detto dal Berlusconi signor Stalin). L’ho aiutata e le ho dato perfino la chance di entrare con una sua amica in un centro estetico. Doveva fornire un laser antidepilatorio. Costava, se ricordo bene, 45.000 euro, anche se Ruby dice che gli euro erano 60.000. Così ho dato l’incarico di darle questi soldi per sottrarla a qualunque necessità, per non costringerla alla prostituzione, ma per portarla nella direzione contraria (Silvio). Berlusconi non si rende conto che le sue parole confermano quale fosse l’esclusiva fonte di reddito di Ruby, prima e dopo gli incontri di Arcore. Lo portano via prima che faccia altri danni a sé stesso e alle troppe frottole che ha distribuito negli ultimi tre mesi (Giuseppe D’Avanzo, detto dal Berlusconi signor Stalin). (La Repubblica, martedì 12 aprile 2011). Ha dato decine di migliaia di euro a Ruby per sottrarla alla prostituzione?! Poveri noi. Ma allora sarebbe anche capace di distruggere un Paese per impedirgli di distruggersi.
Roberto Maroni: Mi chiedo se abbia ancora senso continuare a far parte dell’Unione europea. Se la risposta dell’Europa è questa, meglio soli che male accompagnati. È stato un incontro deludente. Quando l’Italia chiede aiuto per i rimpatri, per i pattugliamenti, per bloccare i flussi, per fare investimenti in Tunisia, la risposta è: cara Italia devi pensarci tu, perché la Tunisia è la tua vicina. (La Repubblica, martedì 12 aprile 2011). La Tunisia, un Paese che sta attraversando un momento difficile ed è molto più piccolo, molto meno ricco e molto meno popoloso dell’Italia, ha accolto e aiutato senza piagnistei centinaia di migliaia di profughi e di migranti. Mentre l’Italia berluscìsta e leghìna e le destre europee litigano fra loro per non accoglierne poche migliaia e (il ministro della Paura portatore di moccichino verde) piagnucolano pure. Una figura vergognosa che resterà nei libri di Storia per secoli.
(sul) Canale 5 dei Berlusconi e del Confalonieri: Un reality game sulla Scuola, con insegnanti precari senza cattedra che interrogano personaggi noti. Chi sarà selezionato avrà dieci anni di stipendio. È un progetto di Canale 5, I Ripetenti, condotto da Barbara D’Urso (la preside) e Nicola Savino. Uno spot di Mediaset già invita al casting per la ricerca dei docenti precari. La Federazione dei Lavoratori della Conoscenza della Cgil parla di “clamorosa vergogna”. Dopo le offese del premier alla Scuola statale, “l’offesa da parte delle sue reti ai lavoratori precari”. Indignati docenti, associazioni cattoliche e il Forum dei precari della Scuola: “Il cast sarebbe formato da ex concorrenti fra i più somari della storia dei reality. Prima la politica riduce alla fame i precari della Scuola, poi il reality show sfrutta la disperazione per denigrare i lavoratori rendendoli fenomeni da baraccone”. (La Repubblica, martedì 12 aprile 2011).
Per la serie Anche il migliore amico dell’uomo a volte morde: Emma Marcegaglia quando invece scodinzolava.
Emma Marcegaglia: Gli imprenditori si sentono soli come non mai... Non sta a noi dire se serve un nuovo esecutivo e non credo di essere stata ingenerosa: ho solo detto che gli imprenditori non vedono scelte forti a favore della crescita da parte della politica... Non credo a uno Stato che decide quali sono i settori strategici. L’intervento pubblico nelle imprese ha fatto danni enormi in passato, le grandi aziende non si creano in laboratorio... Ma l’Italia cresce troppo poco, e il nostro compito è richiamare temi veri e concreti e cercare di suggerire le soluzioni... Aspetto con curiosità la frustata all’economia annunciata per maggio dal ministro per la Funzione pubblica Renato Brunetta: è una persona seria, e mi auguro che queste cose arrivino... Il punto fondamentale è la riforma fiscale. In Italia la pressione fiscale è la più alta in Europa sui lavoratori e sulle imprese... E più attenzione su ricerca e innovazione, perché questo Paese investe pochissimo sia dal punto di vista pubblico che privato. (La Repubblica, martedì 12 aprile 2011).
Il 16 marzo era ad Anticoli a parlare (senza ridere e senza piangere) del suo libro Chi comanda qui? - Come e perché si è smarrito il ruolo della Costituzione. Il 1° maggio, invece (Un primo maggio speciale... davvero!) dalla Costituzione passerà alla... beatificazione, in piazza della Cancelleria, di Giovanni Paolo II. In piazza della Cancelleria?! Sì, proprio lì: a 50 metri dal luogo in cui Giordano Bruno fu bruciato vivo dalla stessa Chiesa ai cui riti il Bertinotti, “di sinistra” (ma quale?) e “laico” (ma dove?) non si fa scrupolo di partecipare. Ciliegina sulla torta: Fausto officerà accanto a Maurizio Sacconi, ministro berluscìsta dell’attacco ai Diritti dei Lavoratori (come e perché si è smarrito il ruolo della Costituzione... davvero!) e a Raffaele te-lo-raccomando Bonanni, segretario della Cisl. Sui quali Sacconi e Bonanni, se ancora non sei abbastanza nauseato, ti invitiamo a leggere, qui sotto, cosa stanno architettando, con quell’altra buona lana del “Beppe” Fioroni, per dividere (ancora di più) la Sinistra italiana in combutta con... santa madre Chiesa. Complimenti, Bertinotti: bel finale di partita! (P.s.: Abbiamo appreso questa brutta ma non inattesa notizia dal sito Segnalazioni dell’11 aprile, che qui ringraziamo per lo straordinario lavoro che svolge).
Roberto Calderoli: Proporrò, al prossimo Consiglio dei ministri, il ritiro delle nostre truppe dal Libano per reperire mezzi e risorse per affrontare l’emergenza immigrati. Siamo là dal 2006, siamo, inspiegabilmente, il contingente più numeroso e ancora oggi non capisco che cosa siamo là a fare. A casa e sùbito dal Libano: pensiamo a difendere i nostri confini prima che sia troppo tardi. La ricetta della Lega Nord per affrontare il problema immigrazione conseguente ai sovvertimenti in corso nei Paesi del Maghreb si può sintetizzare in tre punti: aiutiamoli a casa loro, svuotiamo la vasca e chiudiamo un rubinetto che, purtroppo, ancora sgocciola. (La Repubblica, lunedì 11 aprile 2011).
Umberto Bossi e Giuliano Bignasca (da Diritto di critica).
Contagio leghìsta europeo e mondiale: In Canton Ticino la Lega è diventata il primo partito vincendo le elezioni cantonali con il 29,2% dei voti. L’aumento è del 7%, a spese di liberali, socialisti e democristiani; Giuliano Bignasca, pirotecnico leader del movimento nato vent’anni fa a immagine di quello fondato da Bossi, è riuscito a far man bassa di consensi giocando sul timore dei ticinesi per un’invasione di tunisini dall’Italia: “Bisognerà costruire un muro di cemento alto quattro metri lungo la frontiera con l’Italia” aveva minacciato in campagna elettorale. Prendendosela anche con gli oltre 40.000 frontalieri italiani che quotidianamente vengono in Ticino a lavorare. “Ma da oggi comandiamo noi, e vogliamo esser padroni in casa nostra”. (La Repubblica, lunedì 11 aprile 2011).
Renato Brunetta: In questi 35 mesi il governo è stato autore di una delle politiche economiche anticrisi migliori tra i paesi industrializzati. L’amica Emma lo sa, lo sanno i mercati, la Ue, l’Ocse e 4 milioni di imprese. Abbiamo riformato la Finanziaria, la scuola, la sanità e le pensioni tenendo dritta la barra sulla spesa pubblica prendendoci gli insulti di mezza Italia... Con le burocrazie ministeriali che abbiamo, e lo dice un convinto nemico dei tagli orizzontali, nel breve periodo forse erano l’unico strumento utilizzabile. Ma abbiamo imparato la lezione, e nei prossimi giorni faremo passi avanti con il Pnr, il Programma di stabilità e le manovre di accompagnamento. (La Repubblica, lunedì 11 aprile 2011). All’inizio voleva fare atto di sottomissione al Tremonti (una delle migliori politiche economiche anticrisi), fargli capire che è pronto a saltare sul suo carro, ma poi non c’è riuscito e l’ha accoltellato di nuovo con quell’accenno ai tagli orizzontali... Povero Brunetta: proprio non sa contenersi.
Silvio Berlusconi: Fini? Alle prossime elezioni non verrà neppure rieletto. (La Repubblica, lunedì 11 aprile 2011).
Berlusconi e la Giustizia (da Segnalazioni).
Silvio Berlusconi: Fini era un co-affondatore... Mi azzannano da tutte le parti... I comunisti truccano le elezioni e mi vogliono eliminare anche fisicamente... Ora tentano anche l’attacco patrimoniale... Un giudice su cui ci sarebbe moltissimo da dire... Ha formulato una sentenza a favore della tessera n°1 del Pd attribuendogli 750 milioni di danni per un Lodo a cui fui costretto da una vera e propria estorsione subìta dalla politica di allora, e che De Benedetti accolse saltando dalla gioia... Una rapina a mano armata... Una cosa dissennata... Lavorano contro il Paese... Un’immagine peggiore di Al Capone... Se ti fanno trantuno processi, al confronto anche Al Capone diventa un dilettante... La Corte Costituzionale ormai è un organo politico che accoglie sempre le richieste dei pm contro le leggi che non gli piacciono... La Costituzione ha bisogno di modifiche strutturali proprie delle democrazie occidentali... Io rappresento la maggioranza che crede nei valori della tradizione cristiana... Chiediamo al buon Dio di dare uno sguardo, dall’alto, perché abbiamo anche bisogno di Lui per riuscire a governare... Come dici? Silvio santo sùbito? Intervento efficace. (La Repubblica, domenica 10 aprile 2011). Il 10 marzo scorso ha accusato la magistratura di aver fatto fuori un’intera classe dirigente nel ’93. Il 9 aprile, un mese dopo, accusa l’intera classe dirigente di allora di avergli fatto una vera e propria estorsione. Sincero entrambe le volte? Speriamo di no, perché ci rifiutiamo di pensare che sia mentalmente dissociato. (Quanto ad Al Capone, be’, ormai è chiaro che era un dilettante).
Salsiccia, acquasanta, spirito assoluto e caciocavallo uniti nella lotta.
(su) Maurizio Sacconi, Raffaele Bonanni, Giuseppe “Beppe” Fioroni e Massimo Cacciari: L’ultima volta si sono visti una decina di giorni fa, in gran segreto, nella casa di Raffaele Bonanni in val di Sangro. Salsicce e caciocavallo nei piatti, sul tavolo il progetto di costruzione di una “cosa bianca”, una “casa comune dei moderati e dei riformisti”, da tempo accarezzata da uno dei tre commensali, il ministro Maurizio Sacconi. La novità, dunque, è l’identità del terzo ospite del pranzo: Beppe Fioroni, leader dell’area ex popolare del Pd. I tre della val di Sangro, Sacconi e Fioroni e Bonanni, sono uniti da molte cose. Ma più di tutto conta il comune riferimento alla Chiesa. Buonanni è un neocatecumenale, suona la chitarra alla messa. Fioroni è il portabandiera dei cattolici del Pd, mentre Sacconi è il leader dell’area teo-con del Pidièlle. Ma tra gli interlocutori di Sacconi c’è anche il movimento “Verso Nord” di Massimo Cacciari, che punta a scalfire l’egemonia leghista nel Triveneto. E non è un caso che il primo a commentare positivamente l’addio del veneto Andrea Causin dal Pd, dato in avvicinamento a Cacciari, sia stato proprio Sacconi. Con accenti quasi identici a quelli usati più tardi da Fioroni. (La Repubblica, domenica 10 aprile 2011).
Piccoli Calearo crescono. O piccoli Scilipoti? Via l’acquasanta dal Partito democratico! Pd libero! Anche a costo di rimetterci, oltre all’acquasanta Cacciari, anche il (sacro) Caciocavallo Fioroni.
Silvio Berlusconi (parlando a venti giovani laureati del progetto Campus Mentis dell’università La Sapienza): Avevo una maggioranza di coalizione e i partiti di Fini e di Casini stavano dalla parte dei privilegi dei giudici. Con una maggioranza più esile nei numeri, ma più coesa, procediamo alla riforma della giustizia indispensabile... Golpe giudiziario... Andremo avanti come treni... Per arrivare a un Paese che sia una vera democrazia dobbiamo cambiare l’architettura istituzionale... Il governo ha al massimo il potere di suggerire al Parlamento un provvedimento che va nelle commissioni, poi in aula, infine dal capo dello Stato. Una legge che è un purosangue quando esce dal Consiglio dei ministri, diventa alla fine un ippopotamo. Inoltre, se non piace ai giudici di sinistra, viene impugnata davanti alla Consulta che è composta per la maggior parte da giudici di sinistra, che la rendono nulla... Sei calvo? Ti do il numero del mio dottore, avrai anche tu una chioma decente... La barba va tagliata, induce diffidenza, sembra voler nascondere qualche malformazione... Ragazze, siete così brave che mi viene voglia di invitarvi al bunga bunga.
(La Repubblica, sabato 9 aprile 2011).
(su) Silvio Berlusconi: “Per tornare a crescere dobbiamo dare una forte scossa all’economia. Forse la più forte che ci sia mai stata”. Era il 2 febbraio e Silvio Berlusconi, in un’intervista al Tg1 delle otto, così rassicurava gli italiani fiaccati da una lunga crisi economica, da una crescita zero del Prodotto lordo, da una disoccupazione giovanile al 30%. Una settimana dopo, il 9 febbraio, ecco l’atteso “elettroshock”. Consiglio dei ministri straordinario a palazzo Chigi, per varare il pacchetto “scossa all’economia”. In conferenza stampa, con la parata dei ministri al gran completo, il presidente del Consiglio annunciava entusiasta: “Siamo a un punto di svolta. Con questa scossa rilanceremo l’economia. Siamo sicuri che ci saranno sviluppi positivi, con un impatto sul Pil dell’1,5%. L’obiettivo è raggiungere una crescita del 3%, e perché no, anche del 4% nel giro di 5 anni”. Un trionfo. Salutato con toni celebrativi dall’intero circuito mediatico berlusconiano... La “scossa” per far ripartire l’economia ruotava intorno a quattro “stimoli”. La riforma dell’articolo 41 della Costituzione, per recidere lacci e lacciuoli dello Stato regolatore. Il riordino degli incentivi alle imprese, per renderli veloci e selettivi. Un provvedimento sulla semplificazione, per snellire procedure e adempimenti. Il Piano Sud, rilanciato per la quinta volta in un anno e mezzo. Il Piano Casa, ripresentato per la terza volta dalla vittoria elettorale del 13 aprile 2008. A sessanta giorni esatti dai proclami del premier, il pacchetto si è dissolto nel nulla. Non uno di quei cinque punti spacciati come “rivoluzionari” all’opinione pubblica si è tradotto in norma di legge. Non uno di quei “miracoli” venduti alle parti sociali si è tradotto in atti concreti. Non c’è nulla. Non solo di varato, ma neanche di discusso, alla presidenza del Consiglio, nei ministeri competenti, in Parlamento, negli enti locali. Nulla. (Massimo Giannini, La Repubblica, sabato 9 aprile 2011).
(su) Giulio Tremonti e camerati: Addì, 10 Aprile 2011. Il Governo, al fine di difendere i supremi interessi del Paese, VISTA l’intrinseca instabilità del capitalismo; VISTI i costi sociali della liberalizzazione dei mercati finanziari; VISTA la minaccia all’identità nazionale creata dall’afflusso incontrollato di capitali esteri; DECRETA: Art. 1. Lo Stato garantisce la stabilità della struttura proprietaria delle società italiane quotate. La Consob è preposta alla tutela e promozione della stabilità, e attua le direttive del Ministro dell’Economia e delle Finanze (Mef), che ne nomina il vertice. Art. 2. La proprietà delle azioni è riservata ai soggetti italiani. Opa, Ops, patti di sindacato, acquisto di blocchi di azioni e ogni operazione rilevante ai fini del controllo che coinvolga soggetti esteri è proibita, se non espressamente autorizzata dal Mef. Il Mef, di concerto con la Consob, può congelare i diritti di voto, abolire il pagamento dei dividendi, bloccare le offerte pubbliche, promuoverel’azione dell’autorità giudiziaria e tributaria nei confronti dei soggetti che violano il divieto. Sono autorizzati a detenere partecipazioni rilevanti, previa autorizzazione, i soli soggetti esteri con i quali lo Stato Italiano o i membri del suo Governo, intrattengono rapporti di affari. Art. 3. La Consob decide l’ammissione alla quotazione delle società, purché in possesso della qualifica di società di sistema: Il controllo delle società di sistema può essere esercitato solo da un azionista di sistema. Sono azionisti di sistema lo Stato, gli enti locali, i soggetti pubblici o privati nominati con l’assenso di un’entità pubblica, le fondazioni bancarie, e gli impreditori di sistema. Il controllo delle società di sistema è stabile e può cambiare solo previo assenso del Mef. La nomina di Presidente e amministratore delegato spetta esclusivamente agli azionisti di sistema, sentito il parere del Mef. L’assemblea dei soci, le azioni di responsabilità e ogni altro diritto spettante agli azionisti non di sistema sono abrogati. Art. 4. Sono società di sistema i campioni nazionali, le istituzioni finanziarie e le società controllate da imprenditori di sistema. Art. 5. Sono campioni nazionali le società nelle quali Stato, enti locali, cassa DDPP o altre entità pubbliche detengono una partecipazione azionaria, nonchè tutte quelle operanti in settori dichiarati strategici dal Mef. Art. 6. Le banche e le assicurazioni italiane sono istituzioni finanziarie di sistema. Assicurano i mezzi finanziari alle altre società di sistema al fine di promuoverne la stabilità. In caso di difficoltà si fanno carico dei loro debiti, garantendole contro il rischio di insolvenza, e collocano presso i risparmiatori gli aumenti di capitale che si rendessero necessari. Reperiscono le risorse finanziarie presso i risparmiatori, collocando in via esclusiva proprie obbligazioni e polizze vita. Fanno eccezione le obbligazioni dei campioni nazionali. Possono derogare all’obbligo del controllo da parte di un azionista di sistema le istituzioni costituite in forma cooperativa, nelle quali nessuno comanda. In questo caso, la nomina del Presidente è soggetta al parere vincolante del Mef. Art. 7. È imprenditore di sistema chi: a) detiene una squadra di calcio; b) svolge la propria attività grazie a concessioni, autorizzazioni, licenze da parte di ente pubblico; fornisce servizi soggetti a regolamentazione o comunque giudicati di pubblica utilità dal Mef; c) detiene una partecipazione in un organo di informazione e/o in una istituzione finanziaria di sistema; d) svolge la propria attività in un settore strategico. Art. 8. Le società che a qualunque titolo gestiscono il risparmio devono essere controllate da istituzioni finanziarie di sistema. Agiscono nell’esclusivo interesse del controllante, seguendone le direttive. Art. 9. È fatto divieto agli organi di informazione economica di denigrare, criticare o comunque porre in cattiva luce gli interessi degli azionisti di controllo delle società di sistema. Art. 10. Norma transitoria. Al fine di promuovere la costituzione dei campioni nazionali, le normative Antitrust sono abrogate. Grottesca fantapolitica? No, realtà. Basta togliersi le fette di salame dagli occhi. (Alessandro Penati, Così parlò ZaraTremonti, su La Repubblica di sabato 9 aprile 2011).
Giorgio Stracquadanio
(su) Giorgio Stracquadanio: Con un paio di amici, ho visto Stracquadanio ad Anno zero. Voi penserete: chissà come vi siete arrabbiati. Sbagliato. Non ne abbiamo avuto il tempo. Lo sbalordimento era soverchiante, e non lasciava spazio ad altri sentimenti. A bocca aperta, l’abbiamo visto (in pochissimi minuti) interrompere, sghignazzare, consultare l’iPad, correggere gli astanti, litigare con i distanti, borbottare, emettere sibili, roteare gli occhi, ammonire Santoro, sgridare Gian Antonio Stella, prendere la parola, ridare la parola, contestare la scaletta, agitare le mani, condurre lui la trasmissione, ricostruire un cinquantennio di storia italiana, leggere, scrivere, gesticolare verso una quinta invisibile, ammutolire di colpo fissando il vuoto. Un mio amico ha detto: “Adesso fa le bolle di sapone”. Un altro: “No, secondo me estrae un tronchesino e si taglia le unghie”. Io: “Non lo sottovalutate, vedrete che fa tutte e due le cose: si taglia le unghie facendo le bolle di sapone”. (Michele Serra, La Repubblica, sabato 9 aprile 2011). Antologia stracquadania: Occorre riformare la Costituzione con uno scatto di impronta gollista, perché andare avanti con i “lodi” significa prendere l’aspirina per curare un tumore. Berlusconi deve intestarsi la riforma e poi, come De Gaulle, imporre lui stesso un referendum... Se aspettiamo ancora il domani, a Berlusconi fanno fare la fine di Craxi: solo che invece che ad Hammamet andrà ad Antigua (10 ottobre 2009). L’Associazione nazionale magistrati è un’associazione sovversiva che dimostra la sua natura insurrezionale (28 gennaio 2010). Renata Polverini è contraddittoria e masochista, come si può andare contro il governo e chiedere l’aiuto del premier? (15 febbraio 2010). La P2 era solo un club, un modo di creare relazioni. È la vita (11 maggio 2010). Sorprende e inquieta che Napolitano per esternare un suo punto di vista su un tema che non è ancora all’ordine del giorno utilizzi il giornale del suo ex partito, l’Unità. Si tratta di una prassi inedita, che pone un serio interrogativo sulla indipendenza e la neutralità del supremo garante della Costituzione. E che rileverebbe un tentativo di indirizzare le scelte istituzionali al di fuori della via maestra che la Costituzione repubblicana indica: le elezioni politiche generali sono l’unico rimedio democratico a una eventuale crisi politica della maggioranza parlamentare. È certo che il Parlamento non resterà estraneo e, se necessario, si convocherà autonomamente e d’urgenza per mantenere il rispetto dell’equilibrio dei poteri (13 agosto 2010). Intanto una piccola tempesta scoppia anche nel Pidièlle dopo che il falco berlusconiano Giorgio Stracquadanio, intervistato dal Corriere, accusa di disimpegno nel momento della crisi Alfano, Frattini, Gelmini, Carfagna e Prestigiacomo. Non si espongono abbastanza in difesa del Cavaliere, dice. Risponde duramente lo stesso Berlusconi, che in un comunicato difende i suoi dalle “abnormi offese a persone a me vicine”. A questo punto Stracquadanio chiede un incontro con il premier per chiarire, altrimenti “mi dimetto”. In serata la telefonata con Berlusconi che gli restituisce il sorriso: “Il presidente mi ha salutato dicendomi ‘ti abbraccio’, non posso certo dimettermi” (16 novembre 2010).
Francesco Bucci, Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale, Coniglio Editore.
(Sulla questione, su ScuolAnticoli, vedi anche qui e qui).
(su) Umberto Galimberti (filosofo de La Repubblica): La filosofia del Copia Incolla. Con stringente analisi documentale, Francesco Bucci rivela in un libro in uscita per Coniglio Editore come Umberto Galimberti scrive i suoi saggi e i suoi articoli: riusando (senza citare) brani propri e di altri. In anteprima, eccone l’incipit. (Da left 14, venerdì 8 aprile 2011). Gli scritti di Umberto Galimberti celano un segreto che questo libro svelerà. Galimberti sapeva da sempre, ne sono convinto, che ciò prima o poi sarebbe accaduto. Anzi, rendendo il segreto nel corso del tempo sempre meno nascosto, lasciandolo sempre più intravedere, fornisce l’impressione di aver addirittura voluto creare le condizioni per la sua scoperta. Come se volesse liberarsene. Eppure il segreto resiste da oltre trent’anni. Indurre a ragionare sul perché di questo fatto singolare è uno degli obiettivi del libro. L’altro è far emergere le implicazioni filosofiche del suo disvelamento. Ritengo infatti che l’analisi che faremo dei testi galimbertiani possa fornire spunti di un qualche interesse per una riflessione sul linguaggio e sul significato di certa filosofia contemporanea, fatta su basi del tutto originali, perché di tipo esclusivamente documentale. Scioglierò sùbito la suspense ricorrendo a una sorta di apologo. Un fedele un giorno si accorge che il parroco ripete nei suoi sermoni, a intervalli di tempo più o meno lunghi (anche a distanza di poche settimane) gli stessi discorsi. Non già gli stessi argomenti, ma proprio le stesse frasi, magari solo in un ordine diverso. Incuriosito, il fedele inizia a seguire le prediche con più attenzione, finendo così per fare sorprendenti scoperte: il parroco trae dalle stesse premesse conclusioni diverse; dice le stesse cose a proposito di cose diverse... o cose diverse a proposito della stessa cosa. Attribuisce a san Tommaso ciò che altre volte ha attribuito a sant’Agostino e così via. Il fedele volge allora lo sguardo attorno per cogliere sul volto degli altri l’espressione dello stesso stupore che egli prova. Ma con meraviglia si rende conto che essi non solo non manifestano alcuna reazione, ma continuano ad ascoltare con interesse le parole del parroco. S’insinua quindi nella mente del fedele il dubbio che forse sia lui a sbagliarsi... Ma dopo averlo ascoltato con la massima attenzione per qualche altra settimana, si convince definitivamente che sono proprio i sermoni del parroco che non vanno. Decide pertanto di andare a parlargli per chiedergli spiegazioni... entrando senza preavviso in sagrestia lo scorge intento a rovistare in una vecchia cassapanca. Avvicinandosi silenziosamente vi vede dentro centinaia di fogli e foglietti ammucchiati alla rinfusa contenenti appunti che (scritti in passato) il sacerdote usa e riusa per le sue prediche, pescandoli dalla cassapanca poco prima dell’inizio della messa. Il fedele così nel trovare conferma di essere nel giusto scopre anche la causa delle strane prediche del parroco. Gli resta però da capire non tanto i motivi del comportamento di questi (che afferendo alla sfera privata non gli interessano), quanto perché le assurdità delle sue prediche non suscitino sconcerto nell’uditorio. Pian piano comincia a formulare delle ipotesi. Forse le strampalate chiacchiere del sacerdote vengono prese per dotte disquisizioni teologiche, talmente sofisticate da non consentire di coglierne un significato; forse l’oscurità viene considerata frutto di profondità e di complessità di pensiero; forse le contraddizioni vengono ritenute solo apparenti, non essendo concepibile che un uomo così colto cada in banali errori logici: ma se così fosse si dovrebbe concludere, si chiede il povero fedele in crescente difficoltà, che il discorso religioso è in sé tale da poter accogliere impunemente nel suo ambito parole vane o prive di senso? Ebbene, ecco svelato il segreto: U. G. nei suoi scritti si comporta spesso non molto diversamente dal parroco del racconto. E la mia scoperta è avvenuta in modo non molto dissimile da quella del parrocchiano. Anch’io ho iniziato a percepire nei discorsi di U. G. quanto non andava, leggendo settimanalmente la sua rubrica di corrispondenza sul settimanale del sabato de La Repubblica. Anch’io a quel punto ho iniziato a leggere con attenzione ciò che andava scrivendo e ciò che aveva scritto in passato (articoli, libri, recensioni, ecc.). Anch’io, infine, ho così scoperto la cassapanca di U. G., l’archivio storico dei suoi scritti. È da lì che egli ha assai spesso attinto materiali per la costruzione di scritti successivi con esiti, sul piano dei contenuti, del tutto analoghi a quelli del racconto. (...) Intervista a Francesco Bucci, di Simona Maggiorelli. Capita che un lettore appassionato di filosofia e che da anni, ogni mattiba, compra il quotidiano La Repubblica, vedendosi proporre sovente elzeviri e articolesse a firma di Umberto Galimberti, sia stato preso dal ghiribizzo di provare a leggerne qualcuno. Accorgendosi via via, con crescente stupore, di trovarvi solo un coacervo di contraddizioni, di brani riciclati, già pubblicati altrove e riproposti, anche a breve distanza di tempo, cambiando solo qualche parola chiave. E non solo. Di articolo in articolo il romano Francesco Bucci (dirigente della pubblica amministrazione che nel tempo libero ama leggere “soprattutto saggi”) scopre che il professor Galimberti, docente universitario e facondo autore per Feltrinelli, non solo copia da sé e da altri autori, ma manipola pesantemente i testi. Clona, decontestualizza, stravolge. Facendo lo specchio ad altri e anche a sé stesso. Giocando con le parole senza più rapporto con le cose. Con un manierismo che sembra imitare Heidegger ma anche il gusto per il neologismo ossimorico, per i cortocircuiti di senso alla Jacques Lacan. Alla fine, facendo precipitare il lettore che cerchi un senso in quegli scritti in un labirinto senza via d’uscita. “Galimberti è il funambolo delle parole, ne fa un uso «ludico» finendo per svuotare di contenuti ciò che dice”, commenta Bucci che abbiamo raggiunto al telefono mentre il suo Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale (Coniglio Editore) sta andando in stampa. Nel suo libro, con una straordinaria messe di prove documentali, fa emergere come Galimberti sia capace di scrivere tutto e il contrario di tutto. Cosa si nasconde dietro questo suo imbarazzante procedere per “copia-incolla”? Un vuoto assoluto di pensiero. Dopo aver letto e studiato praticamente tutto di Galimberti, sono giunto alla conclusione che il suo sia un pensiero parassitario che si nutre in modo paradossale di altri autori. Lei scrive che La casa di psiche contiene testi riciclati all’80%, L’ospite inquietante quasi al 100% e nell’ultimo I miti del nostro tempo appaiono “prestiti” non dichiarati da Aime, Basaglia, Baudrillard, Borgna, Rovatti, Yunis e molti altri. “Che male c’è, filosofare è un po’ copiare”, ha detto Gianni Vattimo. Diversamente da lui, io penso che sia necessario un apporto di proprie elaborazioni. Nei libri di Galimberti, invece, si trova il nonsense, un patchwork senza costrutto. L’ospite inquietante, per esempio, è un libro privo di qualsiasi filo logico. La casa di psiche, poi, è davvero sorprendente: recupera e accosta opere anche di dieci anni prima e in cui si sostengono tesi completamente diverse, addirittura opposte. Quelli di Galimberti sono dei libri Frankenstein, dei mostri. E la cosa assurda è che a questi testi vengono dedicate recensioni da illustri intellettuali e, a quanto pare, quei libri poi vengono acquistati in centinaia di migliaia di copie. Altrimenti perché Feltrinelli li pubblicherebbe? Come spiega questo successo di vendite? Lo vedo legato alla forza mediatica, ai passaggi in tv di Galimberti, ma anche e soprattutto alla sua dilagante presenza su La Repubblica. Dispiace dirlo, ma Eugenio Scalfari è il principale responsabile di tutto questo, avendo dato a Galimberti uno spazio enorme fin dal 1995. Ed è durato fino a pochi mesi fa. Per anni, insomma, paginate e paginate su una delle testate italiane più importanti. Così Galimberti è diventato una sorta di guru. L’illuminista Scalfari ha scritto encomi sperticati dei libri dell’heideggeriano Galimberti. Nel libro lei scrive anche: “A Scalfari è completamente sfuggita la «dissociazione intellettuale» manifestata da Umberto Galimberti”... Paradosso emblematico; mi domando ancora come sia possibile. Che Scalfari abbia frainteso? Secondo me, banalmente, non ha letto i libri del Nostro. E qui il discorso si amplia all’industria culturale e a come funziona. Dall’altra parte mi è capitato di parlare con intellettuali che ammettono di aver letto qualche articolo di Galimberti, ma non i suoi libri. Per lo più non entrano nel merito, non lo criticano, lo ignorano, non lo valutano, non leggono le 600 o 700 pagine di Psiche e techne, piene di oscurità e contraddizioni. È stato difficile trovare un editore per questo suo libro denuncia? Il libro è pronto da quasi due anni, ho bussato a molte porte. Continuerà il lavoro? Questo lavoro è stato estenuante... Cosa si aspetta dall’uscita del libro? Spero che ci siano reazioni molto accese, il caso merita che si apra un dibattito. Ma anche perché si toccano aspetti che riguardano il mondo accademico chiuso in un sistema di autodifesa. E, per quanto riguarda la filosofia, ancora segnato dal postmodernismo, dal decostruzionismo, da un certo bla bla da cui anche Galimberti ha tratto vantaggio. Da lui ha avuto qualche risposta? Nel 2008 ho scritto al direttore de La Repubblica, Ezio Mauro, facendogli presente, con mail documentate, cosa andavo scoprendo sugli scritti di Galimberti. Benché non abbia avuto risposta, ho continuato a informarlo. A un certo punto mi arriva una mail di Galimberti che recita pressappoco così: “Il direttore mi dice che lei si lamenta del fatto che io riproduca testi già editi. Quando i temi sono più o meno gli stessi e si è giunti a una riformulazione completa, è inutile rimetterci le mani”... Poi aggiungeva complimenti alla mia acribia di lettore e un “le prometto che non lo rifarò più”. Da rimanere basiti. Siamo al surreale... (Francesco Bucci e Simona Maggiorelli, Left 14, venerdì 8 aprile 2011).
Ministri di polizia e sindaci sceriffi
Roberto Maroni, Gianni Alemanno, Flavio Tosi e Michele Emiliano commentano la sentenza della Corte costituzionale che dichiara illegittime le ordinanze dei sindaci quando sono discriminatorie e prive di fondamento costituzionale perché fanno sì che i medesimi comportamenti possano essere ritenuti leciti o illeciti in territori diversi: Un errore, un fatto formale. Ci vuole una legge e non un decreto amministrativo, e noi rimedieremo (Roberto). Le nostre ordinanze vanno avanti (Gianni). La Consulta ha compiuto la scelta sbagliata. I giudici, come gli amministratori del resto, sono pagati con le tasse dei cittadini e devono operare nel loro interesse... A Verona, come altrove, le ordinanze non hanno contenuto normativo, si limitano a sanzionare i comportamenti (Flavio). Ho vietato l’assembramento di più di tre persone davanti ai pub (Michele). (La Repubblica, venerdì 8 aprile 2011).
Silvio Berlusconi (durante il vertice Stato-Regioni sull’emergenza immigrazione, e mentre 250 donne e bambini e uomini morivano in mare nel naufragio di un barcone): Ho fatto registrare il marchio del bunga bunga, così lo posso usare in tutte le regioni. (La Repubblica, giovedì 7 aprile 2011).
Per la serie Gli impietosi confronti: Silvio Berlusconi, Roberto Maroni ed Enrico Rossi.
(su) Silvio Berlusconi e Roberto Maroni: Voglio che da oggi sia chiaro che la Toscana non accoglierà altri profughi fino a quando non vedrà che anche le altre Regioni italiane si fanno carico di allestire strutture di accoglienza. Un giro di giostra tocca a tutti. Non è possibile che in questo Paese esistano già due Repubbliche. È evidente che la Lega Nord è nell’angolo. Ma del resto raccoglie oggi quel che ha seminato in questi anni con la sua cultura della paura. (Enrico Rossi, pd, presidente della Toscana, uscendo dal vertice Stato-Regioni che il Berlusconi ha allietato, mentre 250 persone morivano in mare, con la battuta di cui sopra. La Repubblica, giovedì 7 aprile 2011).
(su) Silvio Berlusconi e Angelino Alfano: In commissione Giustizia viene approvato l’emendamento del capogruppo pidiellìno, Franco Mugnai, al ddl leghista sul “giudizio abbreviato” che allunga di fatto senza limiti il processo. Perché consente alla difesa di presentare elenchi di testi “infiniti”, prolungando così i procedimenti fino all’inevitabile prescrizione. Non solo. Prevede che una sentenza passata in giudicato non possa più considerarsi prova definitiva in un processo. Risultato: nel processo Mills, in cui il premier è imputato e prossimo a sentenza, la condanna già a carico dell’avvocato inglese corrotto non potrà essere usata come elemento di prova... Un castello che, per come loro ne parlano, “non è di carte, ma di buon cemento”: la prescrizione “breve” per gli incensurati per bruciare i tempi dell’azione penale, il processo “lungo” per far durare quegli stessi processi il più a lungo possibile, in modo che si spengano per “morte” da prescrizione. (La Repubblica, giovedì 7 aprile 2011).
Denis Verdini: I magistrati devono fermarsi ora, rispettare il Parlamento e aspettare il verdetto della Consulta. Non possono assumersi la responsabilità di andare avanti comunque. Se lo facessero, sarebbe un atto di sfida politica alle Camere. (La Repubblica, giovedì 7 aprile 2011).
(su) Silvio Berlusconi e Cesare Geronzi: Se è esistito e resiste un “cesarismo” politico, questo è rappresentato da Berlusconi. Se è esistito e ora si estingue un “cesarismo” finanziario, questo è sempre stato rappresentato da Geronzi. L’uno aveva bisogno dell’altro, per radicarsi e perpetuarsi. E dunque, fatalmente, la caduta dell’uno indebolisce anche l’altro. Lo sancì un editoriale del Foglio di due anni fa, quando il Cavaliere aveva da poco trionfato alle elezioni e Geronzi, allora presidente di Mediobanca, veniva consacrato come unico, grande “banchiere di sistema” e “snodo fondamentale”, al crocevia tra politica ed economia, del sistema di potere berlusconiano. Lo aveva confermato una cena a casa di Bruno Vespa l’8 luglio 2010, quando il premier (insieme all’inseparabile Gianni Letta, gran sacerdote del rito geronziano) sedeva allo stesso tavolo col banchiere di Marino e con il segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone. Le dimissioni forzate di Geronzi sono un colpo per quel sistema di potere, cattolico-apostolico-romano, che attraverso l’asse Geronzi-Letta ha blindato il Cavaliere. Facendolo finalmente entrare e poi rafforzandolo nel Salotto Buono del capitalismo italiano. Portandogli in dote un potere d’influenza, diretta o indiretta, sulle banche e le aziende strategiche rimaste nel Paese (da Mediobanca a Generali, da Ligresti a Pirelli, da Telecom a Rcs). Alimentandolo, sotto il profilo lobbistico-mediatico (spesso con l’ausilio della “macchina del fango”), attraverso la rete collaudata della P4 di Luigi Bisignani e dei siti Internet più o meno “amici” (come Dagospia). Tutto questo, oggi, “rischia” di essere spazzato via. Con il contributo decisivo di Giulio Tremonti, e questa è l’altra enorme novità politica: attraverso Geronzi, il ministro dell’Economia affonda la lama nel cuore del suo “carissimo nemico” Letta.
(Massimo Giannini su La Repubblica di giovedì 7 aprile 2011).
(su) gli amici intimi di Cesare Geronzi: Geronzi, alla ricerca di rivincite, non sfuggirà all’ego ipertrofico che dimostrò ancora una volta inaugurando il suo sito: 74 fotografie che facevano la storia non solo del banchiere, ma della banca all’italiana, pronta a gratificare il potere del momento per accrescere il proprio. I 74 scatti mostravano Geronzi con papa Ratzinger e il cardinal Bertone, con Giovanni Paolo II, col cardinal Re, col cardinal Ruini e, di tonaca in tonaca, con don Luigi Verzé, con don Picchi, con l’abate di Montecassino. Dopo i preti, una spolverata di massoneria con Giancarlo Elia Valori e poi Berlusconi e Vespa, Letta e Caltagirone, Alemanno e Tremonti, fino a planare su Prodi e Veltroni, Rutelli e Violante. Un capolavoro dell’Italietta dei poteri mai cangianti e sempre inciucianti, quelli che proprio Geronzi incarna. (Alberto Statera su La Repubblica di giovedì 7 aprile 2011). E ti pareva che all’Italietta inciuciante potessero far mancare il loro prezioso apporto individui come il Veltroni e il Violante?
Buonanno
Gianluca Buonanno (portatore di moccichino verde, sindaco di Varallo Sesia, Vercelli): Propongo di tassare all’1% i trasferimenti all’estero di denaro (circa 7 miliardi di euro all’anno) effettuati da extracomunitari tramite banche, agenzie di money transfer e ogni altro intermediario: si incasserebbero circa 70 milioni di euro l’anno da destinare al Fondo nazionale per le politiche sociali a favore del volontariato. Finalmente una tassa che non pagano gli italiani! È un’azione diretta contro tutti i furbi che in Italia piangono che non hanno soldi, a volte chiedono ai servizi sociali aiuti economici e alimentari e magari negli anni si sono fatti una casa nel loro paese d’origine. (L’Unità, giovedì 7 aprile 2011). Ma il Buonanno è, come sindaco, già noto alle cronache per un’ordinanza con cui proibì il burqa, e come deputato per aver criticato una mostra della regione Piemonte su Darwin e i primati, per essersi lamentato di essere stato definito “turacciolo” dal governatore Mercedes Bresso e per aver dichiarato: “Un mafioso si è tolto la vita nel carcere di Catania? Certo che se altri pedofili e mafiosi facessero la stessa cosa, non sarebbe affatto male. Anzi...”
Tedesco e Vendola
(su) Alberto Tedesco (e, soprattutto, su come un Partito democratico più sano scavalca la Lega Nord e la mette in difficoltà): La decisione, nella giunta delle autorizzazioni a procedere, sull’arresto del senatore pd Alberto Tedesco, chiesto dalla procura di Bari, anziché mettere in crisi il centrosinistra crea una spaccatura nel centrodestra. Il Partito democratico vota contro la proposta del relatore pidièlle Balboni per il no al carcere. In sostanza, per il sì alla decisione dei giudici di Bari, secondo la linea della Finocchiaro: “Non ci sostituiamo ai magistrati”. Il Carroccio, con i suoi due membri, fa mancare i voti ai berlusconiani e con 10 voti a 9 viene bocciata la relazione di maggioranza. Il presidente della giunta, Marco Follini (pd), si astiene. (La Repubblica, giovedì 7 aprile 2011).
(su) Giuseppe “Beppe” Fioroni: Sono contraria ai contributi chiesti ai genitori per le spese di funzionamento delle scuole. Oggi i soldi ci sono e chi se li fa dare dalle famiglie lo fa per attaccare il governo... Sono depressa e frustrata... Dico che è una forma per criticarci, per far passare il messaggio che noi affamiamo la scuola per costringere le famiglie a pagare... Non è che noi siamo brutti sporchi e cattivi e tagliamo i fondi alle scuole. La storia dei tagli all’istruzione inizia nel 2007, quando il ministro dell’allora governo Prodi era Fioroni. Il ministro Fioroni aveva previsto un taglio di 45.000 unità nella scuola. Quella riduzione di organici, poi ritirata, aveva fatto scattare la clausola di salvaguardia, un meccanismo che prevede che i tagli, se non li fai su un capitolo, ricadono su un altro. Nel nostro caso furono tagliati circa 200 milioni dal fondo di funzionamento scolastico, ecco perché in quel periodo i contributi dai genitori avevano un senso. Ma oggi i fondi per il funzionamento scolastico ci sono di nuovo. (Mariastella Gelmini, La Repubblica, giovedì 7 aprile 2011). Ringraziamo ancora una volta la Gelmini per il contributo che di quando in quando fornisce alla piena comprensione del finto sinistro “Beppe”. Ma non s’illuda: l’aggravarsi della posizione di “Beppe” non migliora la sua immagine. Anzi: la peggiora. Poiché dimostra che quantunque fosse difficilissimo far peggio di “Beppe”, lei ci è riuscita.
(su) la palestra Body Line: Un episodio di razzismo nella civilissima Firenze. Mia moglie si è presentata alla palestra Body Line (Rifredi) per iscrivere nostro figlio. Gentilezza estrema e disponibilità, ma quando ha aggiunto che si sarebbe iscritto insieme a un amico di scuola che era già stato a informarsi presso la palestra, il tono della conversazione è mutato e la cortese signorina ha detto che c’era un piccolo problema: la palestra non accetta iscrizioni di Albanesi, come appunto l’amico di nostro figlio. (Lettera a La Repubblica di giovedì 7 aprile 2011).
Apotropaico
(su) Silvio Berlusconi: Resta la stranezza, il mistero. Perché tanto ridacchiare, alla vigilia del processo Ruby e di altri procedimenti? Quale spettacolo sta mandando in onda, di cui non siamo che ignoranti comparse? Quali leggi e stratagemmi inventerà Ubu perché ogni processo si spenga? L’obiettivo è la negazione del reale, ma c’è un più di violenza, c’è una tattica bellica preventiva presa in prestito dallo Spirito dei Tempi. Tutto è annuncio preventivo, prima che il reale si avveri, ne abbiamo conferma proprio in questi giorni nella guerra di Libia: anche qui viviamo eventi senza conoscerli, che paiono escrescenze delle tv commerciali. Ci sono stati certamente massacri, da parte di Gheddafi. Ma quanti e dove? I cronisti dicono che ci sono stati, ma non visti perché mancavano le telecamere. La tv commerciale fa legge, prima ancora che le cose avvengano: “Lo dice la televisione”, e performativamente il fatto esiste. In un blog intitolato Una Storia Noiosa leggo: “Il fact finding/checking viene sostituito da immagini che non esistono, ma che se esistessero testimonierebbero indubitabilmente la realtà di questi fatti, di cui peraltro il giornalista non è testimone diretto. Vertiginoso. Nasce il genere del reportage preventivo. Non so dire se siamo al funerale dell’immagine o al suo trionfo: l’immagine può permettersi di non esistere fisicamente, tanto tutti diamo per buono che rappresenterebbe fedelmente quella che già sappiamo essere la realtà”. Nel mondo di Berlusconi la guerra al reale si fa preventiva. Più precisamente, e in conformità al personaggio: si fa apotropaica (apotropaico è il gesto che allontana e annulla un’influenza maligna: per esempio, toccar ferro). Apotropaico è il modo in cui ha difeso, il 10 marzo, la riforma della giustizia: se si fosse fatta nel ’92-93, Tangentopoli sarebbe proseguita indisturbata, non ci sarebbero state Mani Pulite né “l’invasione da parte della magistratura della politica e l’annullamento di un’intera classe dirigente”. (Barbara Spinelli, La Repubblica, mercoledì 6 aprile 2011).
De Eccher, primo firmatario, Di Stefano, Bevilacqua, Totaro e Bornacin vogliono che si possa ricostituire il partito fascista.
Cristiano De Eccher, Fabrizio Di Stefano, Francesco Bevilacqua, Achille Totaro, Giorgio Bornacin (pidiellìni assortiti): Abbiamo presentato una proposta di legge per abolire la XII norma transitoria della Costituzione che vieta la ricostituzione del partito fascista. (La Repubblica, mercoledì 6 aprile 2011). Quanti fascisti ci sono in Parlamento? Uno dovrebbe pensare che ce ne sono almeno cinque certificati, ovvero i cinque senatori di cui sopra. E invece no: “Ma quale fascista, andiamo. Sono nato dopo il fascismo, sono tra i pochi di destra candido come un giglio, mai nemmeno un avviso di garanzia per rissa o roba del genere” si ribella il senatore Francesco Bevilacqua... Cristiano De Eccher, il promotore della contestata proposta di legge, si può collocare nella casella dei fascisti misteriosi. Per lui parla il curriculum. Oggi ha 61 anni, ma a 23, a Trento, era responsabile di Avanguardia nazionale. Di lui il giudice Guido Salvini, uno dei magistrati che hanno scavato nella strage di piazza Fontana, ha scritto: “Per nulla secondario, è riuscito sempre a tenersi ai margini delle indagini. Il suo ruolo non è stato ancora messo nella giusta luce”. Fu sospettato di aver custodito i timer usati per la bomba della strage. (Il Venerdì di Repubblica, venerdì 22 aprile 2011).
Evidentemente il Copasir sta esplorando con estrema attenzione il (sacro) Sottosuolo delle Istituzioni.
(su) Massimo D’Alema: Durante le votazioni in aula sulla cosiddetta riforma della Giustizia, ha fatto avere una confezione di cotognata a Giorgia Meloni attraverso i commessi: “Sa che mi piace molto”, ha spiegato il ministro.
(La Repubblica, mercoledì 6 aprile 2011).
Gidoni e Reguzzoni
Franco Gidoni e Marco Reguzzoni (portatori di moccichino verde): La Lega Nord propone di creare gli eserciti regionali. Ventimila volontari, miliziani regolarmente armati e chiamati a garantire l’ordine pubblico o a rispondere alle calamità naturali prendendo ordini anche dai governatori. Milizie formate da volontari, italiani, sotto i 40 anni, che abbiano terminato il servizio senza demerito (Franco). L’iniziativa è condivisa da quasi tutti i deputati del Carroccio. Le critiche sono strumentali. Io la condivido, e non ho firmato proprio perché non venisse bollata di parte. Il nostro obiettivo è la massima condivisione possibile. (Marco). (La Repubblica, martedì 5 aprile 2011).
Silvio Berlusconi: Lo conoscete l’ultimo sondaggio che hanno fatto stamattina? Hanno chiesto alle ragazze fra i 20 e i 30 se volessero fare l’amore con Berlusconi. Il 33% ha risposto di no. Il 67% invece ha risposto: “Ancora?”
(La Repubblica, lunedì 4 aprile 2011).
Il quarantenne Alfano bacia la mano del quasi ottantenne Berlusconi.
Angelino Alfano: La verità è che le opposizioni hanno fretta di far cadere Berlusconi. È l’ultima occasione per la generazione di quelli che erano ancora comunisti quando è caduto il Muro di Berlino. In tanti oggi ai vertici avevano incarichi nel Pci del 1989. È la loro ultima chance. Dunque o fanno cadere sùbito il Cavaliere o, se perdono nel 2013, un’altra generazione di quarantenni sostituirà loro e quelli del Terzo polo. Rischia di essere la fine di un’intera classe dirigente della sinistra. (La Repubblica, domenica 3 aprile 2011). A conclusione di un’intervista che è una paginata di miele sulla cosiddetta riforma della Giustizia, la verità è l’odio che erompe da queste righe come il braccio nazista del dottor Stranamore, tanto più forsennato se si pensa che viene dall’attendente di un individuo che ha proclamato che sconfiggerà il cancro e vivrà fino a centovent’anni.
Silvio Berlusconi: Complimenti a voi Responsabili per la sigla: la metterò tra le canzoni del bunga bunga.
(La Repubblica, domenica 3 aprile 2011).
Moioli
(su) Mariolina Moioli (assessore alla Scuola del Comune di Milano): Metà scuola data in affitto a una privata. Succede alla media pubblica Gramsci di Milano, dove il Comune ha deciso di affittare un intero piano dell’istituto alla scuola steineriana Cometa, relegando i ragazzi delle medie al piano terra, per un affitto di 30.000 euro all’anno più altri 30.000 per le spese di riscaldamento. L’assessore Moioli non risparmia una frecciata a mamme e papà: “Sono aizzati a protestare da quattro insegnanti”. (La Repubblica, domenica 3 aprile 2011).
Berlusconi, Montezemolo e Tremonti
(su) Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi: Stiamo assistendo a un indecoroso e inaccettabile disfacimento del senso delle istituzioni e della responsabilità pubblica. L’unico argine che tiene è la presidenza della Repubblica, a cui mai come ora dobbiamo essere tutti grati... Capita che un membro dell’esecutivo, che ha ricoperto ruoli politici e di governo di primo piano negli ultimi 17 anni, dichiari in tv che il vero problema dell’Italia è la differenza tra Nord e Sud, e ciò dopo aver operato il più massiccio spostamento di risorse dal Sud al Nord che la storia ricordi... Berlusconi doveva fare la rivoluzione liberale e oggi guida un governo che più neostatalista e protezionista non si può, e le tasse su imprese e cittadini sono ai massimi storici... Non è liberale un governo che risuscita l’Iri e torna a fare l’azionista nelle aziende di mercato... Non è accettabile essere esclusi dalle decisioni sul conflitto in Libia quando siamo noi a pagare il prezzo più alto... E l’unica discarica che funziona sono le migliaia di consigli d’amministrazione di società pubbliche per far posto a politici trombati. (Luca Cordero di Montezemolo, La Repubblica, sabato 2 aprile 2011).
(su) Silvio Berlusconi: Siamo nella sala di palazzo Grazioli dedicata alle riunioni del parlamentino del Pidièlle. Un emiciclo in miniatura che evoca le vere aule parlamentari. Berlusconi incontra una delegazione di sindaci campani. Promette un decreto per fermare le ruspe, riporta l’agenzia di stampa. Nel comunicato, però, manca la parte migliore. Alla fine della riunione il Cavaliere non resiste alla tentazione, vuole chiudere in bellezza... Uno show di quasi quattro minuti... Non si risparmia nulla: il dialetto napoletano, omaggio ai natali degli ospiti, la voce in falsetto per distinguere i personaggi... Alle spalle ha la copia dell’Allegoria del buon governo di Ambrogio Lorenzetti, di fronte i sindaci schierati e composti. La trama: un signore si reca all’ufficio brevetti. Qui Berlusconi imita un gruppo di sfaccendati uscieri napoletani che indicano all’inventore o’cesso. Ma il protagonista ha davvero un prodotto inimitabile. Arriva allo sportello giusto, dove trova altri annoiati dipendenti. Che lo sottovalutano, lo prendono in giro, perdono un po’ di tempo. “Qual è la sua invenzione?” “Una mela” risponde con la vocina chioccia il Berlusconi-Archimede, suscitando le risate dei primi cittadini. Si può brevettare una mela? Altri secondi preziosi vengono usati per raccontare le beffe degli impiegati, il loro darsi di gomito. “Ma questa è una mela speciale” insiste il signore parlando in falsetto. Speciale perché? “Perche sa di fica”. Pausa scenica, tempi comici da autodidatta. Siamo vicini al dunque. Un uomo dell’ufficio brevetti afferra la mela e la assaggia. Berlusconi mima il morso mentre con la destra tiene un frutto immaginario. Fa l’espressione schifata, poi la faccia di chi protesta: “Ma sa di culo”. Berlusconi cambia ruolo, torna l’inventore. Allunga il braccio, ruota la mano che impugna la mela, arriva al finale usando il voi come si fa a Napoli: “E giràtela”. I sindaci ridono. (La Repubblica, sabato 2 aprile 2011). E c’è di peggio: quanto più si ride, quanto più s’ingoia il sapore di culo che il Berlusconi sbatte in faccia a quelli che non si vergognano di starlo a sentire (e attraverso loro a tutti noi) tanto più crescerà la sua frustrazione perché non riesce a insultarli. Con la conseguente necessità, la volta successiva, di rincarare la dose. Fino ad arrivare a cosa?
(su) Silvio Berlusconi? Chissà...: C’è una traccia di dignità nella confessione di Manuel Winston (reo confesso di omicidio dopo che il Dna lo ha incastrato, n.d.r.). Dignità che lo mette al di sopra di quelli che negano l’evidenza e i cui nomi non si possono fare perché hanno ancora un giudizio pendente, processi in cui i loro avvocati sostengono che la terra è piatta e il sole le gira intorno. Non si tratta di una larga fetta di umanità... Quel che resta alla fine del giallo è la sensazione, una volta di più, che la logica della scienza sia l’unica via d’uscita dalla fallacia delle opinioni, dei pregiudizi di ogni senso e colore, della speranza che sia una mano impalpabile a toccare il cuore degli assassini. Non avendo grandi rimorsi, mi concedo un immenso rimpianto: che la storia in cui siamo immersi non possa essere sottoposta alla prova del Dna. (Gabriele Romagnoli, La Repubblica, sabato 2 aprile 2011).
(su) Silvio Berlusconi: E nel battezzare la sua missione in Tunisia, per la nona volta in nove anni, attinge al format retorico del piano Marshall. Ma dei precedenti piani (piano Marshall per la Somalia, 2002; piano Marshall per il Medio Oriente, 2003; piano Marshall per l’Abruzzo, 2008; piano Marshall per la Sardegna, elezioni regionali 2009; piano Marshall per il Sud, 2009; piano Marshall per la Palestina, 2010; Secondo piano Marshall per il Sud, 2010; piano Marshall per i giovani, marzo 2011; piano Marshall per il Maghreb, marzo 2011) non ne è stato nulla.
(Carlo Bonini, La Repubblica, sabato 2 aprile 2011).
Carlo Giovanardi, detto Ma come no?
(su) Carlo Giovanardi: Pensate: “C’è stato un calo del 20% nei consumi di droga”. Una buona notizia, che sicuramente incuriosirà gli esperti di tossicodipendenza degli altri Paesi europei. Non c’è stato bisogno di strumenti repressivi, di più fondi ai centri di assistenza: è bastato, spiega Giovanardi, mandare in onda lo spot antidroga della presidenza del Consiglio. (Alessandra Longo su La Repubblica di sabato 2 aprile 2011).
Il fantasma di Blair e lo sguardo di Milliband
Ed Milliband (leader del partito laburista inglese): La politica non ha ancora fatto tutti i conti con la recessione. Si è parlato della necessità di regolare maggiormente i mercati finanziari, di porvi dei limiti, di equilibrarli con più attenzione ai bisogni della società. Ma la questione chiave è un’altra e a mio parere è finora rimasta senza risposta: l’ineguaglianza. Non più solo la vecchia ineguaglianza tra ricchi e poveri, ma anche quella tra chi sta al vertice della scala sociale e chi sta nel mezzo ma si sente sempre più schiacciato. La crisi è stata scatenata dai cosiddetti mutui troppo facili, ma a scatenare il contagio di quei soldi presi a prestito da troppa gente con un rischio troppo alto è stato proprio il crescente impoverimento della classe media. Affrontando questo problema, le forze di centrosinistra riprenderanno vigore... Anch’io so che per vincere bisogna conquistare il centro. Ma si tratta di capire dove sta il centro e cosa vuole. Oggi il centro è fatto da una classe media schiacciata dai tagli e dalle tasse. Sono convinto di poterlo convincere che l’alternativa offerta dal Labour è migliore. (La Repubblica, sabato 2 aprile 2011). Il partito laburista inglese, primo e massimo responsabile, con Tony Blair, dell’impazzimento a destra della Sinistra mondiale, dopo quindici anni di fondamentalismo padronista e anti-Statale starebbe dunque finalmente comprendendo, guarendo, ritrovando sé stesso? Guarda caso, proprio ora che si ritrova all’opposizione? Ci viene (tristemente) da ridere. Regola fondamentale: le chiacchiere stanno a zero, nessuna fiducia a chi non si scusa in ginocchio.
Massimo Polledri. I Pellerossa subirono l’immigrazione. Noi, più modestamente, subiamo individui come lui.
Massimo Polledri (portatore di moccichino verde, neuropsichiatra infantile in aspettativa dal 2001, spinto a schierarsi con la Lega Nord ― scrive sul suo sito ― dalla profonda adesione ai valori tradizionali della famiglia, dell’impegno sociale e civico, membro della commissione bicamerale per l’infanzia) indicando la deputata Ileana Argentin urla: Fatela star zitta, quella handicappata di merda. (La Repubblica, venerdì 1° aprile 2011). Noto alle cronache anche perché criticò il noto conduttore televisivo Michele Santoro per aver trasmesso in tv, alle 20.30, un prolungato bacio tra due soggetti del medesimo sesso, chiedendo ufficialmente una moratoria dei baci in televisione dalle 8.30 del mattino alle 21. (Il Venerdì di Repubblica, 1° marzo 2011).
Nessuno capisce che quando fa così col dito non vuol zittire nessuno, povero Ignazio, ma solo accarezzare il suo povero naso.
(su) Ignazio La Russa: Trenta mesi di volgarità e scontri da fascistello. 28 ottobre 2008, contro Concita De Gregorio: Signora Concita, si vergogni! Con quella sua faccettina così... Si tappi la bocca con un turacciolo!... Vergogna, Concitina! 1° ottobre 2009, contro Piergiorgio Odifreddi: Ma si vergogni!... Conosca le persone come Gelmini e Carfagna, prima... Ma come si permette in questa televisione, lei fa schifo! 12 ottobre 2009, a un contestatore: Mi ricordo... sei un pedofilo! Mi ricordo di cosa facevi alle bambine! Vergognati! Sei un pedofilo! Sei un pedofilo! 17 dicembre 2010, contro Luca Cafagna, studente: Quanto dura questo comizio?... Per me questo vigliacco non deve parlare... Sei un fifone, sei un vigliacco, stai zitto! 2 febbraio 2011, i calci a Corrado Formigli: Non intendo risponderle!... Si levi da dietro!... Che fa, mi dà pedate da dietro? Eccetera... (L’Unità, venerdì 1° aprile 2011).
(su) Walter Veltroni: Fu Italo Bocchino, per conto di Berlusconi, a creare il “caso Villari” in Vigilanza Rai. A raccontarlo è lo stesso finiano, ai tempi deputato del Pidièlle, presentando il suo libro Una storia di destra: “Mi chiamò Berlusconi chiedendomi di trovare uno del Pd da nominare presidente senza il consenso del suo partito e che poi non si sarebbe dimesso. Io trovai Villari”. Quindi ricorda che quando Veltroni garantì che Villari si sarebbe dimesso, Berlusconi si preoccupò. “Ma io lo rassicurai: quello non lascia nemmeno se glielo chiede sua madre”. Poi la postilla per dimostrare “l’inaffidabilità” del Cavaliere: “Però una settimana dopo mi chiese di convincerlo a dimettersi”. Seduto accanto a lui, Veltroni ascolta stupito l’aneddoto. E commenta, amaro: “Ora si capisce meglio perché mi sono dimesso”. (La Repubblica, venerdì 1° aprile). Che il Veltroni cominci a rendersi conto della propria statura, per così dire, brunettiana? Ma se solo ieri è montato in cattedra per l’ennesima ripetizione coatta della solita lezioncina: Se esiste ancora il berlusconismo è anche colpa del centrosinistra incapace di costruire un’alternativa che vada oltre l’antiberlusconismo... (La Repubblica, giovedì 31 marzo 2011).
Antonio Pennacchi: Sto lavorando per costituire la lista Fli a Latina. Che potrebbe, se loro me lo chiedono, anche chiamarsi lista Pennacchi-Fli. Ma ovviamente in appoggio al candidato sindaco di centrosinistra, il pd Claudio Moscardelli. I tatticismi non mi piacciono, è tempo di andare oltre questi gestaltisti, bisogna superare le vecchie forme che tengono ingessato il Paese. I vecchi schieramenti sono saltati, destra e sinistra non hanno più senso. L’unica differenza è tra chi pensa all’interesse generale, tra chi ha senso dello Stato, e chi, come Berlusconi, pensa solo ai fatti propri. E i fascisti avevano e come il senso dello Stato: è ora che i fasci veri tornino a casa, tornino a sinistra, superando la frattura del 1914. I fascisti tornino a San Sepolcro! (La Repubblica, venerdì 1° aprile 2011).
Per la serie Così finalmente leggerà un po’: Gabriella Carlucci.
Gabriella Carlucci: Noi siamo diversi... Ci vogliamo occupare della gente e del loro difficile quotidiano... Tra un appello per la pace e la banale richiesta di sistemare i tombini non si possono aver dubbi: si sceglie il tombino... Ho proposto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sull’imparzialità dei libri di testo. Perché in Italia, con la fine dell’ideologia comunista, i tentativi subdoli di indottrinamento restano tali, anzi si rafforzano e si scagliano non solo contro gli attori della storia che hanno combattuto l’avanzata del comunismo, ma anche contro la parte politica che oggi è antagonista della sinistra. (Il Venerdì di Repubblica, venerdì 1° aprile 2011).
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