Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
Più Niente da Ridere
la Pagina di Chi andò dietro alla Morte e portò l’Italia con sé nel mese di giugno del 2011
“Libertà, giustizia sociale, amor di patria. Noi siamo decisi a difendere la Resistenza. Lo consideriamo un nostro preciso dovere: per la pace dei morti e per l’avvenire dei vivi, lo compiremo fino in fondo. Costi quel che costi.” (Sandro Pertini, Genova, 28 giugno 1960).
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(su) Walter Veltroni, Giuseppe “Beppe” Fioroni e tutti i loro “agenti”: Ai quesiti anti-Porcellum di Stefano Passigli, intellettuali e società civile (vedi qui) potrebbe opporsi un altro referendum. Gli ideatori, i democratici Pierluigi Castagnetti, Giorgio Tonini e Stefano Ceccanti stanno per rompere gli indugi e presentarlo. Punta a resuscitare il Mattarellum. Ma sulla riforma elettorale è scontro, e non solo a colpi di referendum. Arturo Parisi, l’ideatore dell’Ulivo, schierato per il bipolarismo e il sistema maggioritario, ha inviato ieri una lettera al capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini. Toni franchi, per dire che non si può andare avanti così e che i Democratici devono assumere un’iniziativa, ovviamente nel senso maggioritario. Senza farsi sedurre da pericolosi ritorni indietro, verso il proporzionale. La richiesta di Parisi è stata sottoscritta da sessanta parlamentari del Pd, a cominciare da Walter Veltroni, ma anche da Gianni Cuperlo, Piero Fassino, Sandra Zampa, Paola Concia, Giovanni Bachelet, i Radicali. (La Repubblica, giovedì 30 giugno 2011).
(su) Massimo D’Alema: L’inchiesta per corruzione e frode fiscale su Vincenzo Morichini e il suo “Sistema”, sul “facilitatore” dall’importante portafoglio clienti, “con buoni rapporti nel Pd”, fundraiser della Fondazione Italiani Europei di Massimo D’Alema, cammina spedita. Promette di investire, dopo l’Enac, altri enti pubblici e aziende private che, nel tempo, hanno “lavorato” con Morichini, dissimulando tangenti con “fatture di consulenza” farlocche. Martedì, infatti, mentre entravano in carcere Franco Pronzato (consigliere di amministrazione di Enac ed ex responsabile nazionale per il trasporto aereo del Pd), il suo sodale e “socio di fatto” Giuseppe Smeriglio, i proprietari della Rotkopf aviation Viscardo e Riccardo Paganelli, con l’accusa di aver comprato per 68.800 euro certificati di abilitazione al volo e la gara per le tratte Elba - Firenze, Elba - Pisa, la Guardia di Finanza perquisiva, a Bresso (Milano) e Roma, la Rdz sistemi e la Gse spa, la società Gestore dei servizi energetici, partecipata al 100% dal ministero dell’Economia e incaricata dell’erogazione di finanziamenti pubblici alla produzione energetica da fonti rinnovabili. (La Repubblica, giovedì 30 giugno 2011). La colpa più grave, inescusabile, irredimibile, di Massimo D’Alema? Far sembrare un po’ meno inaccettabili individui come il Veltroni e il “Beppe” Fioroni.
Per la serie Le (politicamente) peripatetiche: Dorina Bianchi da fioronìsta a casinìsta a berluscìsta.
(su) Giuseppe “Beppe” Fioroni e tutti i suoi “agenti”: La senatrice Dorina Bianchi, dopo aver lasciato il Pd, lascia anche il gruppo dell’Uddiccì e si iscrive al gruppo Pidièlle del Senato. (La Repubblica, giovedì 30 giugno 2011).
Per la serie Il richiamo del Porcellum: Veltroni, Fioroni, Tonini e Ceccanti.
(su) Walter Veltroni, Giuseppe “Beppe” Fioroni e tutti i loro “agenti”: D’Alema è tentato di firmare. Matteo Orfini, e un nutrito gruppo di dalemiani, sicuramente sottoscriveranno. Mentre per i Modem, la minoranza di Veltroni, è come fumo negli occhi. Il referendum anti Porcellum, lanciato da Stefano Passigli, intellettuali e società civile, comincia la sua navigazione: si parte con la raccolta delle firme. E il clima politico attorno alla riforma elettorale si surriscalda. Nel Pd c’è chi pensa (Giorgio Tonini, Stefano Ceccanti, Pierluigi Castagnetti, Arturo Parisi) che il partito dovrebbe puntare a un proprio referendum formulato in modo tale da resuscitare il Mattarellum, ovvero il vecchio modello dei collegi uninominali. Giudicano “uno specchietto per le allodole” l’iniziativa di Passigli... La quale piccona le liste bloccate ed elimina il premio di maggioranza, ma è accusata di “proporzionalizzare” il sistema elettorale. Una toppa peggiore del buco, per Mario Segni. E contrari sono anche i Radicali. (La Repubblica, mercoledì 29 giugno 2011). Parliamo solo del Ceccanti, che basta e avanza per descrivere tutta la categoria dei piddìni porcellisti: il Ceccanti è quel tale che nel dicembre 2008, per dare una mano al Berlusconi (tornato al governo grazie al Veltroni), propose di cambiare la Costituzione in senso presidenzialista; che nel giugno 2010 insorse contro Pier Luigi Bersani (insieme, anche allora, a una ben organizzata claque di finti sinistri) perché si era permesso di usare la parola compagni; e che nel febbraio scorso (con la medesima claque) ha aperto qualche spiraglio ai berluscìsti sul ripristino dell’immunità parlamentare... Basta? Ma no, dai, parliamo anche del Tonini. Che è il memorabile individuo che nel settembre 2009 dichiarò che di fronte alla mozione Bersani e ad alcuni suoi sostenitori andava sollevata una grande questione democratica e civile; che nel novembre 2009 insinuò che ripresentare il lodo Alfano sotto forma di legge costituzionale era un’idea che andava valutata; e che nel settembre 2010 sostenne che con Bersani il Pd ha perso tutta la sua autorevolezza. Questo sono i veltrofioroniani: mai dimenticarlo.
(su) Silvio Berlusconi: Sì, Berlusconi, visto che fisicamente è un sessantenne o anche meno, potrebbe avere rapporti sessuali plurimi durante la giornata, anche quattro o cinque volte, superiori alla media. Mi ha chiesto consigli, anche su iniezioni e pillole. Sono tornato a visitarlo, l’ultima volta due settimane fa: è in ottima forma. (Umberto Scapagnini, pidiellìno deputato, medico ed ex sindaco di Agrigento, La Repubblica, giovedì 30 giugno 2011). È in ottima forma o prende pillole e iniezioni? Le due cose stanno insieme come i cavoli e le merende... (Su) Silvio Berlusconi, Lele Mora, Nicole Minetti ed Emilio Fede: “Un bordello per compiacere il premier”. Così i pm Pietro Forno e Antonio Sangermano hanno descritto l’atmosfera dei presunti festini a luci rosse organizzati dal premier Silvio Berlusconi nella sua residenza di Arcore. I magistrati titolari dell’inchiesta sul caso Ruby hanno chiesto al gup di rinviare a giudizio Lele Mora, Nicole Minetti ed Emilio Fede per le ipotesi di induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile. (La Repubblica, martedì 28 giugno 2011). Ah, se un’intera azienda finisse in tribunale con questi capi d’imputazione...
Per la serie Filosofia ancella della teologia: il Cacciari e lo Scola.
(su) Angelo Scola (già dipendente di Joseph Ratzinger come patriarca di Venezia, attualmente come arcivescovo di Milano) e Massimo Cacciari: Secondo un esperto di lungo corso di questioni vaticane, sarebbe utile andare a riprendere i sunti delle relazioni avute da Scola con l’ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari. Che sono molto positive e costituiscono un ottimo biglietto da visita per leggere come si svilupperà il suo rapporto con il nuovo sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. (La Repubblica, martedì 28 giugno 2011). A meno che il Pisapia, invece, si riveli tutt’altro che un baciapile bigotto e beghino perennemente genuflesso...
Per la serie La mamma dei Calearo è sempre incinta: il Veltroni e il Chiamparino.
Sergio Chiamparino: Bersani e il Pd sulla Tav hanno tenuto una linea chiara. Vendola e Di Pietro scelgano tra la crescita e il ritorno all’Ottocento... È giusto che lo Stato abbia fatto vedere che c’è. Non dimentichiamo che dall’altra parte c’era chi aveva proclamato la libera repubblica della Maddalena. Se fai una cosa del genere non puoi immaginare che lo Stato non riaffermi la sua presenza... Tanto i nodi vengono sempre al pettine: voglio vedere cosa accadrà quando le tariffe dell’acqua inizieranno ad aumentare. Una battutaccia? No, perché questi sono i nodi del riformismo. E dev’essere chiaro chi, a sinistra, vuole la crescita e chi invece la decrescita. Io credo che una sinistra che vuole governare debba essere per la crescita. Sostenibile, certo... A favore della Tav oggi, in altre situazioni in futuro. Ripeto: siamo per la crescita o per quella decrescita che mi sembra la cultura politica di fondo di chi firma i documenti anti Tav? (La Repubblica, martedì 28 giugno 2011).
Per la serie Com’è decaduta la Sorbona: l’ortografia berlusconiana.
(su) Silvio Berlusconi: Di Rashid Muhammed, il commerciante del Bangladesh che vende bigiotteria al capo del governo, si è già scritto. Quello che non si sapeva è che Rashid, comprensibilmente invaghito del suo cliente migliore, si è fatto fare una dedica dal premier scegliendo la prima pagina del libro Noi amiamo Silvio. Ha mostrato a un giornalista di Dipiù la preziosa reliquia, ovvero l’autografo: A Rashid, dal suo affezzionato cliente ed amico Silvio Berlusconi. (Alessandra Longo, La Repubblica, lunedì 27 giugno 2011).
Per la serie Psichiatri più pazzi dei pazienti: Crosetto e Tremonti.
(su) Giulio Tremonti: Le bozze della manovra di Tremonti andrebbero analizzate da uno psichiatra... Demagogia... Trovare il modo di far saltare banco e governo... Ho espresso il mio pensiero dopo tre anni di silenzio e senza mandato di nessuno... Pontificare... Predicare bene, ma razzolare malissimo... L’unico ministero che non ha subìto tagli alla spesa corrente, ma anzi l’ha aumentata, è il suo... Sono stufo di inseguire funzionari del Tesoro chiedendo per favore di sapere cosa succederà al mio ministero, come se fossi un accattone per strada... Non è più il momento in cui una persona pensa per tutto il governo... Siamo stufi di manovre che arrivano sui tavoli e di una cartellina vuota che verrà riempita in seguito in via XX settembre da un uomo solo e dai suoi pretoriani... Tagli senza razionalità... Il Paese in coma farmacologico... Regole di oppressione fiscale... Se pensiamo di risolvere i problemi dell’Italia mettendo un limite alla cilindrata delle auto blu... Io domani mi compro una Smart, se questo può salvare il Paese... Ha flirtato con le grandi banche e i grandi gruppi... eccetera, eccetera. (Guido Crosetto, ex responsabile economico di Forza Italia, attualmente sottosegretario alla Difesa. La Repubblica, lunedì 27 giugno 2011).
Maurizio Paniz: Per i giornalisti bisogna prevedere il carcere vero e per gli editori servono pene pecuniarie che funzionino davvero da deterrente. (La Repubblica, lunedì 27 giugno 2011).
Per la serie Brunetta a Brobdingnag: i preliminari.
(su) Renato Brunetta: E anche a leggere la lista di nozze dell’altro matrimonio che farà notizia, quello di Renato Brunetta, c’è da restare ammirati. Tappeti vintage e piante da frutto, ulivi da 4500 euro, tavoli e lampade a profusione, cristalliere da 5000 euro, e divani, e comò, e sedie sdraio in midollino (euro 1287 l’una). Certo, per quei regali l’Italia migliore dovrà fare qualche sacrificio. Auguri a tutti, comunque: quello del matrimonio è un giorno speciale. Peccato per l’atmosfera un po’ alla Ceausescu che sembra avvolgere tutto. Per l’aria da ultimi giorni di Pompei, per l’orchestrina che suona sul Titanic, per l’ostentazione di lusso e potere di una classe dirigente che danza i suoi ultimi passi di valzer mentre il Paese teme il baratro, e lo sfiora ogni giorno. C’è in tutto questo un po’ di Maria Antonietta, un po’ di Evita Peron, un po’ di Scià di Persia: il potere sa concepire feste sontuose e liste di nozze assai fantasiose. L’Italia peggiore osserva, seduta sulla riva del fiume. Aspetta fiduciosa. (Silvia Ballestra, L’Unità, domenica 26 giugno 2011). In particolare, nel caso del Brunetta, c’è in tutto questo un po’ di Brobdingnag. Dove, come ognun sa, alcune gigantesche gentildonne si servirono del minuscolo Gulliver in modi che tutte le edizioni per l’infanzia del capolavoro di Swift giudiziosamente censurano.
Per la serie Domande e risposte: come si riconoscono i generali di Bisignani?
(su) i generali della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, Vito Bardi, Giuseppe Zafarana, Giuseppe Grassi ed Emilio Spaziante: Marco Milanese, deputato pidiellìno e storico consigliere di Tremonti, riferisce ai pm napoletani di aver saputo dal generale Vito Bardi che fu proprio quest’ultimo a informare dell’indagine Bisignani e delle intercettazioni telefoniche in corso il suo superiore gerarchico, il capo di Stato maggiore Adinolfi... Il problema è che questa notizia non resta confinata tra le mura di viale XXI Aprile. Adinolfi, ricostruiscono i pubblici ministeri, ritiene di dover raccomandare a Bisignani cautela al telefono. E per farlo sceglie di mettere tra sé e l’uomo di piazza Mignanelli un amico comune, il giornalista e presidente dell’ADN Kronos Pippo Marra. Adinolfi gli consegna l’ambasciata (tacere al telefono). Marra la gira a Luigi Bisignani. Se è così che sono andate le cose, i reati sono almeno due: violazione del segreto e favoreggiamento. Ma soprattutto, se è così che sono andate le cose, l’inchiesta P4 diventa ora uno di quei treni capaci, potenzialmente, di travolgere l’intero vertice del Corpo (e con esso una generazione di ufficiali cresciuti all’ombra di Nicolò Pollari. (...) Nel verbale di Luigi Matacena, una delle vittime delle minacce estorsive di Alfonso Papa, un imprenditore con un passato da evasore nella Lista Falciani, leggiamo che intorno ad Adinolfi si muovono il generale Vito Bardi, il generale Giuseppe Zafarana (oggi comandante del primo reparto del Comando generale) e il generale Giuseppe Grassi. Matacena offre loro un pranzo con signore da mille euro in occasione di un Napoli - Milan, alla presenza di Adriano Galliani, amico personale di Adinolfi e suo primo sponsor politico dai tempi dei suoi primi comandi in Lombardia. Così come è ancora Matacena ad avere ospiti a cena a Ischia, per due sere, Adinolfi e il generale Emilio Spaziante (comandante interregionale per l’Italia centrale), altra eminenza grigia di un Corpo che, da oggi, torna a non avere pace. (Carlo Bonini, La Repubblica, domenica 26 giugno 2011).
Il Pini nel corso di un infelice tentativo di assomigliare a Italo Balbo.
(su e di) Gianluca Pini (portatore di moccichino verde): Una modifica alla legge del 13 aprile 1988, firmata dal ministro e noto giurista Giuliano Vassalli, che aveva tradotto in norme la volontà popolare e il risultato del referendum sulla responsabilità civile dei giudici dell’anno prima, voluto dai Radicali sull’onda del caso Tortora e passato con l’80,2% dei sì (grazie, purtroppo, al determinante appoggio dell’allora Pci, n.d.r.). “Per dolo o colpa grave”, solo per questo lo Stato avrebbe indirettamente risarcito le vittime di un errore giudiziario. Quel “dolo o colpa grave” diventa, per mano di Pini, “manifesta violazione del diritto”. Gianluca Pini: “Sì, confermo, andiamo avanti. L’unica modifica, ne discuteremo domani, sarà se tenere assieme entrambe le formule, sia la responsabilità per dolo o colpa grave che per la manifesta violazione del diritto. Per evitare possibili fraintendimenti”... La norma Pini anticipa quella “decostituzionalizzazione” (importanti principi costituzionali introdotti invece con leggi ordinarie) per cui i più noti giuristi italiani hanno rimproverato il governo. (La Repubblica, domenica 26 giugno 2011).
Per la serie Vie e uomini dedicati: via Lodo Alfano, Osvaldo Napoli e Francesco Nucara.
Silvio Berlusconi, Angelino Alfano, Osvaldo Napoli e Francesco Nucara: Non è un Paese civile quello in cui non c’è garanzia dell’inviolabilità delle conversazioni telefoniche che poi appaiono sui giornali senza che abbiano un risvolto penale. Questa non è vita. Ma c’è la possibilità che si riprenda dal testo Mastella (Silvio). Oltre che essere sbagliata moralmente, la pubblicazione delle intercettazioni irrilevanti è anche un reato da perseguire. Eppure, nonostante l’obbligatorietà dell’azione penale, nessuno si fa carico di riparare al torto (Angelino). I vertici dei magistrati sono muti e silenti di fronte a una barbarie come quella di un governo intercettato in assenza di reato. Magistrati e giornalisti ne risponderanno in tribunale (Osvaldo). La Repubblica italiana e il governo per Costituzione non sono sotto la tutela della magistratura (Francesco). (La Repubblica, sabato 25 giugno 2011).
Per la serie Responsabilmente imbavagliatori: D’Alema, Finocchiaro, Giuseppe “Beppe” Fioroni e Felice Casson.
(su) i cosiddetti Responsabili (che ci sono anche) nel Pd: No al ddl Mastella, invocato proprio ieri dal cavaliere, perché “sarebbe un passo indietro”. Sì al disegno di legge Finocchiaro-Casson che modifica la norma attuale solo in un punto. Quale, lo spiega Felice Casson, ex pm oggi senatore del Pd: “La tutela della riservatezza viene affidata a una sorta di filtro preventivo sempre nell’ambito degli uffici giudiziari. Un controllo ulteriore del pm e del gip che toglie le intercettazioni senza rilevanza penale prima del deposito degli atti”. Ma non c’è già una norma su questo? “Sì,” risponde Casson, “i magistrati dovrebbero rileggersi bene le migliaia di carte, ma non sempre lo fanno. Con la legge in vigore, se qualcosa sfugge, non ci sono sanzioni. Nella nostra proposta è prevista invece la sanzione disciplinare grave”. Questa è la linea del Pd. Bersani ha dovuto sottolinearla per non dare adito a equivoci dopo i complimenti di Alfano alla sua apertura della mattina: “Per me non è la priorità,” spiega il segretario democratico. “Come su molti altri temi, abbiamo le nostre idee, depositate in Parlamento a disposizione della maggioranza. Non siamo quelli che dicono no senza avere una loro proposta. Sulle intercettazioni come su molti altri temi. Ma il confronto parte da lì, non dalle iniziative di Berlusconi”. Il disegno di legge Mastella, però, è un cuneo che il centrodestra può infilare nelle pieghe dell’opposizione. Giuseppe “Beppe” Fioroni lo ha richiamato, “ma per dire che non si può ragionare sui blitz berlusconiani”. Detto questo, il dirigente dei Modem ricorda che quel progetto di legge fu votato in Consiglio dei ministri dal governo Prodi “con un voto unanime, dalla Margherita a Rifondazione”. A questo punto solo Massimo D’Alema sembra sostenere quella vecchia proposta. Ma è un nome pesante. Due giorni fa il presidente del Copasir aveva stoppato l’ipotesi del decreto. E pragmaticamente aveva fatto osservare che per una legge è troppo tardi. Ma la sua difesa del progetto Mastella era stata chiara: “Un testo molto equilibrato”. E non aveva lesinato dubbi sulle conversazioni pubblicate dai giornali in questi giorni: “Leggiamo una valanga di telefonate che nulla hanno a che vedere con vicende penali e sgradevolmente riferiscono cose private”. Sono parole pronunciate molto prima del contropiede berlusconiano sul provvedimento Mastella. Ma restano agli atti. Anche Bersani legge le intercettazioni sulla P4. E pur essendo favorevole a un futuro filtro, non condanna i giudici di Napoli: “Non so dare una valutazione su quelle conversazioni. Non posso dire quali siano utili e quali non lo siano. Se i magistrati le hanno messe agli atti, significa che hanno un peso, un valore,” dice il segretario. Quindi dal Pd “nessuna apertura,” precisa Andrea Orlando, responsabile giustizia. Anna Finocchiaro invita a partire dal suo testo: “Senza riesumare vecchie proposte,” avverte, riferendosi al ddl Mastella, “e sapendo che questa legge non è la priorità”. A Repubblica tv Rosy Bindi dice: “Se si dovesse parlare di una legge bavaglio, il Pd non sarà mai disponibile”. Il fuoco di sbarramento s’infittisce dopo i commenti favorevoli di Angelino Alfano alle parole di Bersani. Parole che rappresentano “una trappola” per i democratici. Certo, c’è il rischio di uno smottamento interno, se davvero andrà avanti il progetto Mastella. Il ricordo di un governo Prodi compatto e di un voto alla Camera, in quella legislatura, arrivato all’unanimità, rischia di rendere più difficile la resistenza del centrosinistra. Ma ormai quel testo è “superato, dopo un dibattito lungo due anni su nuove idee,” osserva Donatella Ferranti. E oggi, con l’inchiesta P4 in corso, “c’è bisogno di più trasparenza e più legalità,” aggiunge. (La Repubblica, sabato 25 giugno 2011). Se smottamento ci sarà, è la volta che gli Scilipoti del Pd si smascherano definitivamente. A cominciare da Baffino e Finocchiaro. A continuare con Giuseppe Beppe. E a finire con quel Felice di Casson.
Per la serie Certi segni di punteggiatura sono talvolta superflui?: la Lega Nord.
(su) Silvio Berlusconi, Umberto Bossi, Roberto Maroni e tutti i portatori di moccichino verde: Dàgli ai Napoletani, allora! Con becero compiacimento i gerarchi incanutiti sogghignano dell’emergenza rifiuti campana e giocano a boicottare il decreto governativo che ne consentirebbe lo smaltimento in altre regioni, già pronte a trattarli. Piace loro, nel centocinquantenario della Nazione, riprodurre la dinamica degli staterelli preunitari. Alla faccia di un federalismo solidale in cui non hanno mai creduto, sposano la burocrazia delle dogane e delle frontiere interne alla penisola. Il loro giornale titola soddisfatto: “Napoli soffoca nei rifiuti ed è senza vie d’uscita”. Si arrogano il merito di far soffrire i Partenopei, descritti come topi in gabbia (testuale) e vicini alla catastrofe (testuale). La responsabilità storica di aver portato al governo questi energumeni nemici dell’italianità, disposti a giurare sulla Costituzione, pur di fare i ministri, per poi rinnegarla, grava sulle spalle di Silvio Berlusconi. Come dimenticare, del resto, le parole minacciose e vendicative con cui il presidente del Consiglio apostrofò gli elettori dopo la vittoria di De Magistris? “I napoletani si pentiranno moltissimo”. (Gad Lerner, La Repubblica, sabato 25 giugno 2011).
Per la serie Divertente e ridicolo son due cose diverse: Stan Laurel e Letizia Moratti.
(su) Letizia Moratti: A rivelare il passivo del 2011 è Giuliano Pisapia che, studiate le carte, dichiara: “Siamo davanti a un disavanzo potenziale di 186 milioni di euro. La nostra è un’analisi che si basa su documenti che erano già in possesso dell’amministrazione comunale, quindi noti anche alla passata giunta: quanto affermato dall’ex sindaco Moratti non corrisponde a verità”. Bruno Tabacci, che avrà il compito, nei prossimi cinque anni, di tenere in ordine i conti del Comune di Milano, ha spiegato: “La vecchia amministrazione si è comportata come le nobili famiglie in decadenza che vendono i gioielli e finiscono all’ospizio. Hanno detto che non stavano mettendo le mani nelle tasche dei cittadini, ma venderne il patrimonio non è mettere le mani nelle loro tasche? La Moratti ha coperto la spesa corrente con le entrate straordinarie, come la vendita della quota in capo al Comune dell’autostrada Serravalle, che però non presenta un sufficiente grado di certezza perché ancora da mettere a gara”. (La Repubblica, sabato 25 giugno 2011).
Per la serie Buoni per tutte le maggioranze: Clemente Mastella.
(su) Silvio Berlusconi, Clemente Mastella, Romano Prodi e Niccolò Ghedini: L’articolo sulle intercettazioni che il premier vuole veder approvato entro l’estate è la fotocopia di quello che scrisse l’ex guardasigilli Clemente Mastella, governo Prodi, nell’agosto 2006. Sull’onda di Calciopoli, con centinaia di ascolti sui giornali. Votato alla Camera il 18 aprile 2007 da ben 447 deputati. Nessun no. Sette astenuti. Un caso, ma anche allora c’era un’inchiesta di Woodcock, Vallettopoli. Dice Berlusconi: “Voglio proprio vedere come farà il centrosinistra a bocciare quello che aveva proposto e votato appena quattro anni fa”. La mossa che, dall’insediamento della legislatura, avrebbe voluto fare Niccolò Ghedini: “Mi avessero dato retta, adesso sui giornali non uscirebbe più niente”. Un intervento limitato, che non tocca i poteri d’indagine della magistratura, ma taglia le unghie ai giornalisti. Che non potranno più pubblicare nulla per esteso, né gli atti, né i brogliacci delle telefonate. (La Repubblica, venerdì 24 giugno 2011).
Per la serie Preferisco il Bisignani: Corigliano e Scaroni
(su) Paolo Scaroni (già ad dell’Enel, oggi dell’Eni) e Giuseppe Corigliano (addetto ai rapporti istituzionali dell’Opus Dei in Italia e autore del libro Preferisco il Paradiso – La vita eterna, com’è e come arrivarci): La cessione della Wind, allora controllata dall’Enel, al finanziere egiziano Naguib Sawiris e alla sua Orascom (un’operazione da 12,5 miliardi di euro, perfezionata nel 2005, per la quale gli inquirenti ipotizzarono una tangente da 97 milioni, e che vide quali protagonisti Paolo Scaroni, il “facilitatore” Alessandro Benedetti e Salvatore Cirafici, capo della sicurezza della Wind) ebbe, si scopre ora, un padrino: Luigi Bisignani, cui i tre indistintamente rispondevano. (...) “Lei,” chiedono i pm a Tavaroli, ex capo della security della Telecom, “riferendosi a Bisignani e a Scaroni parlò di una squadra. A cosa intendeva riferirsi?” “Luigi Bisignani era, con la sua squadra, lo snodo si un mercato parallelo,” ricorda Tavaroli, “ed è stato ostile alla Telecom di Tronchetti Provera almeno fino al 2002, quando la mediazione dell’Opus Dei dirada la diffidenza: mi incontrai con Bisignani nella sede dell’Opera grazie al comune amico Giuseppe Corigliano.
(Carlo Bonini, La Repubblica, venerdì 24 giugno 2011).
Per la serie State attenti, ché finora mi avete conosciuto soltanto sotto il mio aspetto migliore: Mariastella Gelmini.
Mariastella Gelmini e Luigi Bisignani: Mariastella: “Ho incontrato Montezemolo. Si è instaurato proprio un rapporto di simpatia. Vuole far poltica, questo l’abbiamo capito tutti. Gli ho consigliato di non prestare la sua faccia a un Partito democratico distrutto, e di evitare il Terzo polo. Deve rimanere legato a Gianni Letta, che è la persona di riferimento di tutti noi. Secondo me, Gigi, dobbiamo stargli addosso, tenerlo agganciato”. Gigi: “E io da quant’è che te lo dico?” Mariastella: “Politicamente è un po’ inesperto... è lusingato sia da Casini che da sinistra... secondo te è utile fare un tavolo? Con te, lui, io, Frattini?” Gigi: “Quando vuoi”. (La Repubblica, venerdì 24 giugno 2011).
Per la serie Chi sono io in questo momento, il ministro della Giustizia o il segretario del partito? Boh!: Angelino Alfano.
(di e su) Angelino Alfano (non si sa se ministro della Giustizia o segretario del Pidièlle): Le intercettazioni che leggiamo, oltre a non essere penalmente rilevanti, non sono gratis: abbiamo accumulato un debito di un miliardo di euro, per farle (Angelino). Ma l’Iliia, (una sigla che sta per Italian lawful interception & intelligence association), che raccoglie una cinquantina di aziende che si occupano di intercettazioni, ha certificato che le società del comparto sono circa 120, danno lavoro a 2.500 dipendenti e hanno un fatturato annuo che si aggira sui 350 milioni di euro. Ma il governo non li paga da ben tre anni, un ritardo di oltre mille giorni nel saldo delle fatture che piegherebbe qualsiasi impresa. Il presidente dell’Iliia: “Dal 2008 quasi il 20% delle aziende del comparto è in liquidazione a causa dei mancati pagamenti da parte del ministero della Giustizia, e nei prossimi mesi la situazione potrebbe precipitare causando gravi problemi alla lotta contro la criminalità”. Eppure intercettare non ha un costo proibitivo, anzi: per il processo Antonveneta di Milano, ad esempio, le intercettazioni hanno fatto recuperare alle casse del Tesoro qualcosa come 400 milioni di euro, più del costo di un intero anno di intercettazioni di tutte le procure d’Italia.
(La Repubblica, venerdì 24 giugno 2011).
Per la serie Anzi, per purificarvi ancora di più vi sterilizzo tutti con le centrali nucleari: Umberto Veronesi.
Umberto Veronesi: L’amore più puro è quello omosessuale. Al contrario di quello eterosessuale, strumentale alla riproduzione: io ti amo non perché amo te, ma perché in te ho trovato la persona con cui fare un figlio. L’omosessualità è una scelta consapevole e più evoluta. (La Repubblica, venerdì 24 giugno 2011). Farà piacere alla moglie del Veronesi, poter d’ora in poi supporre che il marito si senta meno puro per aver amato lei anziché un uomo? E ai figli del Veronesi, poter d’ora in poi supporre che per il padre la loro venuta al mondo sia stata un segno della propria scarsa purezza amorosa? Senza contare che il Veronesi si apprestava a piazzargli una centrale nucleare sotto il sedere...
Per le serie Sotto il vestito niente e Berlusconi, paragonato a lui, sta benissimo: Massimo Polledri.
(su) Massimo Polledri (portatore di moccichino verde): Il deputato leghista Massimo Polledri insolentisce la giovane deputata del Pd Pina Picierno minacciando di mostrarle gli attributi. La “colpa” di Picierno? Aver osato ripetere, ieri mattina ad Agorà, su Rai3, un concetto di Bersani: “La Lega Nord a Pontida lancia segnali di celodurismo, ma poi arriva a Roma e si cala le braghe”. Il leghista, di professione neuropsichiatra, ha perso il controllo: “Se ci caliamo le braghe noi, può esserci una bella sorpresa per te”. (L’Unità, venerdì 24 giugno 2011). Polledri? E chi è? È quello che, indicando la deputata Ileana Argentin, urlò: Fatela star zitta, quella handicappata di merda. (La Repubblica, venerdì 1° aprile 2011). Ma è noto alle cronache anche perché criticò il noto conduttore televisivo Michele Santoro per aver trasmesso in tv, alle 20.30, un prolungato bacio tra due soggetti del medesimo sesso, chiedendo ufficialmente una moratoria dei baci in televisione dalle 8.30 del mattino alle 21. (Il Venerdì di Repubblica, 1° marzo 2011).
Il Berlusconi e il Di Pietro su La Repubblica del 23 giugno e l’interessante interpretazione autostradale di Altan del 25 giugno.
Antonio Di Pietro: Dopo il misterioso colloquio con Berlusconi, parte l’offensiva contro il Pd: Di Pietro si smarca perfino dalla parola “sinistra”; sostiene che neppure si capisce “su cosa dobbiamo fare le primarie, per quale programma e con chi”. L’altro affondo è per Vendola: “Non me la sento di portare il Paese verso un oscuro premier che magari parla bene, affabula tanto, ma che in concreto non so se ha in capo un mondo liberale”.
(La Repubblica, giovedì 23 giugno 2011).
Alfonso Papa a Luigi Bisignani (non sappiamo se in piedi, in ginocchio o supino: Proteggimi sempre, ti prego, guidami e stammi vicino, vedrai che non ti deluderò! (La Repubblica, giovedì 23 giugno 2011).
Per la serie Ci misero troppo, a capire: il Castelli e altri poveri sventurati.
Roberto Castelli (portatore di moccichino verde, ex ministro della Giustizia, oggi sottosegretario): Col caso Bisignani è caduto un velo interessante. Quando ero ministro ho sempre percepito un quarto potere, altro, che non stava nel governo o in Parlamento, ma altrove... Trovo utili le intercettazioni sbattute sui giornali, mi hanno aperto gli occhi. (La Repubblica, giovedì 23 giugno 2011). Il Castelli percepisce. Il Castelli, addirittura, apre gli occhi. Allora i morti, scoperchiate le tombe, si staran tenendo il naso con le dita, per il fetore che gli arriva dai palazzi del potere.
Mariastella Gelmini (avatar di Giulio Tremonti al ministero della Pubblica Istruzione) al telefono con Luigi Bisignani: Guarda, non è finita, io non mi faccio trattare come Bondi, mi dispiace. Io mi ero praticamente prostituita per costruirmi un rapporto con Tremonti. Sbaglia anche Gianni Letta a consentire che un capufficio (Vincenzo Fortunato, capo di gabinetto di Tremonti) si comporti così. (La Repubblica, giovedì 23 giugno 2011). Povera Mariastella. Solo adesso comincia a capire... Altro che capuffici... Al ministero dell’Economia probabilmente anche l’ultimo degli uscieri è informato di quanto poco lei conti.
Per la serie Cattocomunisti: De Gregorio, Veltroni e Ichino.
(su) Concita De Gregorio, Pietro Ichino e Walter Veltroni: A fine mese, come anticipato da Lettera43, Concita De Gregorio lascerà la direzione de l’Unità, quotidiano fondato da Antonio Gramsci, che occupava dal 2008. Per trattare con l’azienda la sua buonuscita, la direttrice, il cui contratto scade ad agosto 2011, ha assunto come avvocato il senatore del Pd Pietro Ichino. Il giuslavorista dovrà dunque concordare con l’editore, Renato Soru, la cifra da corrispondere alla giornalista, il cui stipendio si aggira sui 300 mila euro l’anno. La buonuscita, secondo indiscrezioni, sarà di poco superiore al corrispettivo di un anno di retribuzione. Al suo arrivo a l’Unità, grazie alla ‘freschezza’ della nuova gestione, che ha portato il giornale a essere meno monolitico rispetto alle posizioni del partito editore, De Gregorio era riuscita a far salir le copie da 40 a 56 mila. Un patrimonio che però, nel corso del tempo, si è assottogliato sino ad arrivare alle attuali 37 mila. A fine mese dunque Concita cederà lo scettro. Il più accreditato a prendere il suo posto è l’attuale giornalista del Messaggero Claudio Sardo, autore del libro intervista a Pier Luigi Bersani, Per una buona ragione. Il destino del quotidiano rosso, però, è ancora incerto. Proseguono le trattative per la vendita, un’operazione con cui Soru vorrebbe portare a casa almeno 15 milioni di euro. Secondo quanto risulta a Lettera43, ci sono già state manifestazioni di interesse presentate alla Equita Sim, la banca milanese che ha il mandato a vendere. Nell’attesa di chiudere la trattativa con l’azienda, intanto, l’ormai ex direttore si è concessa una vacanza in Spagna, a Barcellona. E, a quanto pare, anche una chiacchierata con il quotidiano El Pais, che ha pubblicato in prima pagina un articolo sulla sua dipartita, linkato anche sul sito de l’Unità: “Concita De Gregorio lascia la direzione de l’Unità”, titolava il 22 giugno il quotidiano spagnolo. L’articolo, a firma Miguel Mora, ha confermato le voci circolate in questi giorni, accreditando l’ipotesi per cui sarebbero stati gli stessi dirigenti del Pd a volere la rimozione di De Gregorio dall’incarico, perché scontenti della linea editoriale del giornale troppo critica nei confronti del Partito. La giornalista aveva annunciato il suo addio a l’Unità con una nota co-firmata dall’editore, nella quale si confermava che la decisione era stata presa in modo “condiviso”. In realtà, ha scritto El Pais, “secondo le fonti del nostro giornale, l’uscita di scena di De Gregorio si dovrebbe a pressioni esercitate su Soru dalla cupola del Pd, formata da Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani, che cercano un direttore più accondiscendente con la linea del primo gruppo politico di opposizione”. I contrasti con la dirigenza democratica, d’altra parte, non sono mancati durante la direzione De Gregorio. L’ultimo, in ordine di tempo, è scoppiato in seguito alla pubblicazione sul quotidiano di un articolo di Francesco Piccolo, sceneggiatore e critico cinematografico che la direttrice ha ‘scoperto’ e fortemente voluto come opinionista, nel quale l’autore accusava Massimo D’Alema di avere una strategia politica (alleanza al centro, governo tecnico) “non soltanto disarmante, ma anche irrispettosa nei confronti degli elettori”. “Primitivismo politico”, era stata la risposta del leader Maximo. Poco male. Piccolo aveva continuato a scrivere e a colpire. Ma in realtà il feeling tra De Gregorio e Soru si era già spezzato da tempo e con gli avvocati già in campo... (Lettera 43, mercoledì 22 Giugno 2011). [Concita De Gregorio] imposta dall’alto (dalla corrente Veltroniana), ha nel giro di due annetti rovinato uno dei giornali più importanti della Storia italiana: emorragia di copie (da 56 a 37mila), firme che scappano verso giornali non soggetti a logiche di partito (Il Fatto Quotidiano). (Giornalettismo). Non si può negare che la direzione di Concita De Gregorio ha coinciso con la concessione di ampi e frequenti spazi di tribuna e di apertura di credibilità a favore di Nichi Vendola, cosa mai accaduta in precedenza... La De Gregorio, notoriamente proveniente dall’area veltroniana e che a essa fa riferimento, ha lavorato sull’imput degli altri cattolici del Pd (come Veltroni, Fioroni, ecc.) nell’insidiare la direzione di Bersani proprio utilizzando il cattocomunista pugliese? In questa ipotesi la sua sostituzione confermerebbe il rafforzamento della direzione di Bersani. (Segnalazioni).
Per la serie Angeli Custodi: Angelo Bagnasco e Marco Simeon.
(su) Angelo Bagnasco: Coach è il termine con cui Bisignani è gratificato da un’altra delle sue pedine in viale Mazzini: il giovanissimo Marco Simeon, direttore delle relazioni istituzionali e internazionali della Rai, protetto di Angelo Bagnasco... Simeon chiama il coach. Sbraita, è fuori di sé: “Quello dell’Espresso è un articolo di merda e nessuno lo ha accorciato”. (La Repubblica, mercoledì 22 giugno 2011). Ma userà questi termini anche quando parla con l’altro coach, quello di cui è il giovanissimo protetto, quello in abito talare?
Per le serie Denutrizione ridens e La Scuola, a digiuno suo malgrado: Mariastella Gelmini e Michela Vittoria Brambilla.
(su) Mariastella Gelmini e Michela Vittoria Brambilla: 12 settembre 2010: Bisignani parla con suo figlio, Renato, che ha passato la giornata all’autodromo per il Gran premio di Monza. Bisignani jr racconta di essersi presentato alla Gelmini come “il figlio di Luigi”. Il ministro dell’Istruzione, “carina”, si è sùbito interessata. Le parole della Gelmini sono state: “Peccato che suo padre non me l’ha detto, se l’avessi saputo mi sarei presa cura io di lei, le avrei fatto fare un giro”. Bisignani jr continua: “C’era il figlio di Ignazio, ma non mi sono azzardato a salutarlo perché non mi piace per niente”. Il padre chiede: “E invece Ignazio non c’era?”. Renato risponde di no e continua: “La conosci la ministra rossa, quella del Turismo?” Bisignani sr: “No, è una stronza, brutta, un mostro, mignotta come poche, la più mignotta di tutte”. Niente a che vedere con la Gelmini, secondo il figlio: “Invece Stella, devo dire, veramente carina”. Il faccendiere concorda: “Mi ha mandato il messaggio rpima di te, pensa. Sùbito me l’ha mandato!”. (La Repubblica, mercoledì 22 giugno 2011). Il problema è: ma uno (o una) che alla famiglia Bisignani piace più di un altro (o un’altra) è davvero meglio di quell’altro (o quell'altra)? O invece è peggio? Ah, saperlo...
(su) Daniela Santanchè: Ti ricordi per caso il nome del prof di Storia che faceva lezione a Daniela appena eletta deputata? (sms ricevuto da Bisignani). Guarda, io la Santanchè la conosco da trent’anni; lei, anche se fa una roba per te, la fa in funzione che te un giorno fai il doppio per lei... Quello che mi fa strano è che il presidente l’ha messa lì. (Briatore a Bisignani, La Repubblica, mercoledì 22 giugno 2011).
Berlusconi secondo ElleKappa su La Repubblica di martedì 21 giugno 2011.
Per la serie Maiali: il maiale di Borghezio.
Roberto Maroni: La posizione già espressa sul sacro suolo di Pontida, cioè la richiesta al premier di dire quando terminerà l’impegno in Libia. (La Repubblica, martedì 21 giugno 2011). Perché sacro il suolo di Pontida? Ci ha pascolato il maiale che Borghezio portò sul sacro suolo in cui doveva sorgere una moschea?
Per la serie Una certa Italia: una certa Italia.
(su) Luigi Bisignani e Alfonso Papa: Per tutti la stessa tecnica pesante, ormai rodata: raggiunti sul cellulare da un sedicente poliziotto o carabiniere, “intimiditi” da un possibile interrogatorio, “minacciati” di un imminente arresto, blanditi da un’offerta di protezione, coinvolti e sporcati con una richiesta di “prestazioni” per migliaia di euro. Un metodo che in tutto e per tutto assomiglia a quello della mafia. Che ti avvicina, ti macchia, alla fine ti si prende. Questo faceva Papa che poi correva a informare Bisignani. Un magistrato, uno che aveva lavorato al ministero della Giustizia, un parlamentare. Corrompeva per strappare indiscrezioni sulle inchieste, le passava a Bisignani, chiedeva favori per sé. Una “filiera criminosa”, la mente e il braccio. (Liana Milella, La Repubblica, martedì 21 giugno 2011).
Per la serie Mani sulle bocche e bocche nelle mani: Alemanno e Polverini.
(su) Gianni Alemanno: Nella primavera del 2010 Bisignani mi ha presentato al sindaco Alemanno e dunque Alemanno mi ha nominato suo capo di gabinetto... Dopodiché sono stato nominato amministratore delegato dell’Atac... Non c’è dubbio che Alemanno ascoltasse le indicazioni di Bisignani (compresa la mia nomina), tuttavia non so spiegare come mai Bisignani potesse vantare tale indubbio potere contrattuale su Alemanno.
(Maurizio Basile, ex ad dell’Atac, La Repubblica, martedì 21 giugno 2011).
Per la serie Risorse d’Italia: Capezzone, De Bortoli e Montezemolo.
(su) Daniele Capezzone, Ferruccio De Bortoli e Luca di Montezemolo: Bisignani mi mise in contatto con Capezzone. Bisignani ha ottimi rapporti con Ferruccio De Bortoli (Mauro Masi, La Repubblica, martedì 21 giugno 2011). Era l’anno dei Mondiali di calcio in Italia e Bisignani, giovane giornalista, era all’Ansa. Noi dell’organizzazione ottenemmo il suo distacco. Molti anni dopo, quando ero presidente della Confindustria, venni a sapere che lavorava per l’Eni e che suo figlio lavorava per la Renault, dal momento che Bisignani è amico di Briatore. Dunque, dal momento che ci serviva un ragazzo giovane che trattasse con gli sponsor, dissi a Stefano Domenicali, direttore sportivo della Ferrari, di incontrare il ragazzo e di testarlo. So poi che è stato assunto e mi dicono che è in gamba... Chiesi a Luigi Bisignani di sondare Lucchini per sapere quali fossero le posizioni dell’Eni sul rinnovo delle cariche della Confindustria a Napoli, perché per me Bisignani è sempre stato l’interfaccia di Scaroni... Parlando con lui, mi disse che Moretti delle Ferrovie ce l’aveva con me... Chiesi a Bisignani di intervenire su Masi nell’interesse di Edvige Fenech, che è stata mia compagna e che produce fiction per la Rai. Mi aveva detto infatti che la Rai si era impegnata a finanziare la produzione e che lei aveva dovuto affrontare delle spese preliminari. Per questo, inizialmente, chiamai direttamente Masi da Abu Dhabi. E subito dopo chiamai Bisignani per dirgli di intervenire direttamente su Masi... Masi mi aveva chiesto di provare una Maserati e io gliel’avevo mandata.
(Luca di Montezemolo, La Repubblica, martedì 21 giugno 2011).
Per la serie Risorse d’Italia: il Dalemiano Ignoto.
(su e di) Massimo D’Alema: Ricordo che io consultai, partecipando la nostra preferenza sul Santini come direttore dell’Aise, sia il presidente del Copasir, sia il capo dello Stato, sia l’opposizione. Ricordo che chiamai io personalmente D’Alema... Apprendo in questo momento da voi, o comunque non mi ricordavo, che il Bisignani accompagnò il generale Santini dall’onorevole D’Alema (Gianni Letta, La Repubblica, martedì 21 giugno 2011). Bisignani? Con lui ho avuto rari contatti (Massimo D’Alema, La Repubblica, martedì 21 giugno 2011).
Per la serie Mamma mia!: Stefania Prestigiacomo.
Stefania Prestigiacomo (a Luigi Bisignani): Se ti controlla, ti segue, ti fa... Mamma mia! Ma come si può vivere così? Se escono le intercettazioni con me, mi rovini! (...) Adesso che mi avete fatto leggere e ascoltare tali conversazioni, vi posso dire che ricordo che il Bisignani mi disse di avere appreso di essere intercettata; non ricordo che il Bisignani mi parlò di una cena con un giudice della Corte costituzionale, con Letta e un altro magistrato. E con riferimento alla conversazione nella quale Bisignani parla con Pomicino, vi dico che se il Bisignani fa riferimento alla vicenda dei parchi e ai tagli che erano previsti in finanziaria sui parchi medesimi, sono certa che il Bisignani abbia chiamato il Pomicino solo nel tentativo di farmi una cortesia. Io so che Bisignani ha aiutato politicamente la Santanchè. Bisignani mi disse che lui non aveva interessi nella Visibilia, non mi ricordo se mi disse di averla aiutata ad avere contratti con il Giornale e con Libero... Ritengo che Bisignani abbia rapporti particolari con Dagospia.
(La Repubblica, martedì 21 giugno 2011).
Per la serie Pistoleri: Giampiero Catone.
Giampiero Catone (sottosegretario all’Ambiente): Ho tre pistole, e una volta sparai a delle persone.
(La Repubblica, martedì 21 giugno 2011).
Per la serie Palloncini gonfiati: Tony Blair.
(su) Tony Blair (inventore, insieme a Bill Clinton, della finta “sinistra” baciapile, iperliberista e padronista): Blair “tassa” i compagni del figlio: invito al party ma pagando il bus. Bufera su Tony e Cherie: chieste ai bambini dieci sterline a testa (titolo de La Repubblica di martedì 21 giugno 2011). Sbagliavamo credendolo un pericolosissimo stronzo. Molto probabilmente è solo un imbecille, invece. Pericolosissimo.
Umberto Bossi e Roberto Maroni: Nulla di scontato, può darsi che la Lega Nord dia uno stop alla leadership di Berlusconi, non è detto che staremo con lui alle prossime elezioni... Se facciamo cadere Berlusconi si va sùbito a votare, e questo è un momento favorevole per la sinistra... Secessione? Se la volete, tenetevi pronti... Si può fischiare, è quasi fatale che la gente a un certo punto voglia cambiare: il governo di errori ne ha fatti... Ma la Lega Nord è unita, giornalisti stronzi... Sei mesi... Entro due settimane il consiglio dei ministri deve approvare la riforma costituzionale con il dimezzamento dei parlamentari e il Senato federale; e pure lo stop alle missioni militari all’estero. Poi, tra un mese, riforma del patto di stabilità che ora impedisce ai Comuni virtuosi di spendere i soldi accantonati, taglio dei costi della politica... Basta auto blu!!!... Finanziamento del trasporto pubblico locale, norme per abolire le ganasce fiscali e le misure vessatorie di Equitalia... Due mesi per stabilire i costi standard previsti dal federalismo fiscale e per approvare in Parlamento la riforma fiscale. Poi le quote latte, da ridefinire entro l’autunno... E i ministeri al Nord: Berlusconi aveva già firmato il documento per trasferirli, poi si è cagato sotto... Caro Giulio, se vuoi avere ancora i voti della Lega Nord per i tuoi provvedimenti, ricorda che non puoi toccare i Comuni, gli artigiani e le piccole e medie imprese, altrimenti metti in ginocchio il Nord (Umberto). I missili non sono mai intelligenti... Per fermare i profughi c’è solo un modo: fermare la guerra... Abbiamo contro la Nato, l’Europa e la magistratura, che è a favore dei clandestini... Bisogna rivedere il patto di stabilità soprattutto per le spese sulla sicurezza, materia nella quale i sindaci hanno il diritto di investire (Roberto). (La Repubblica, domenica 19 giugno 2011).
Per la serie Siamo forti, siamo autonomi, qui non c’è nessun ministro: il Bonanni e l’Angeletti quando credevano Berlusconi eterno.
(di e su) Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti: “Siamo forti, siamo autonomi, qui non c’è nessun ministro” hanno tuonato i due leader dal palco, strizzando un occhio sia alla sinistra (Angeletti che si rivolge ai “cari amici e compagni”) sia al mondo cattolico (Bonanni che rende onore al “lavoratore Wojtyla”). Entrambi hanno fatto appello all’unità del Paese “per salvare la baracca”, entrambi hanno detto al governo che senza interventi sul fisco “non c’è bisogno che sopravviva” (Angeletti), anzi “è meglio che vada via nell’interesse di tutti” (Bonanni). Netto l’attacco agli “insopportabili” costi della politica “che può aumentarsi lo stipendio senza firmare contratti” e agli “sconti fiscali” concessi alle rendite finanziarie: “Chi fa i soldi con i soldi,” ha detto Angeletti, “abbia il pudore di pagare come chi vive di lavoro”. (Luisa Grion, La Repubblica, domenica 19 giugno 2011). Dire che strizzano un occhio alla sinistra e al mondo cattolico non è gentile, cara Grion: li fa sembrare due escort. Dopo aver ingoiato senza fiatare ogni tipo di rospo, in tre anni in cui i salari reali del privato sono crollati e gli stipendi del pubblico impiego sono stati congelati, Bonanni e Angeletti si ricordano che famiglie e lavopratori, precari e disoccupati, meritano adesso una “ricompensa” fiscale. Minacciano addirittura uno sciopero, dopo aver boicottato ogni protesta organizzata dalla Cgil. (Massimo Giannini, La Repubblica, domenica 19 giugno 2011). Dire che hanno ingoiato non è gentile, caro Giannini, ed è anche poco credibile: per questo genere di servizi, il cosiddetto utilizzatore finale aveva a disposizione di meglio.
Per la serie Siamo forti, siamo autonomi, qui non c’è nessun ministro: il Bonanni e l’Angeletti con il loro ministro.
Roberto Calderoli e Roberto Maroni: La riforma fiscale va fatta sùbito, diversamente dovrò partecipare anch’io allo sciopero generale, e non più come rappresentante del governo... Ho detto che hanno ragione Bonanni e Angeletti; che poi la riforma fiscale sia una richiesta della Lega Nord non è una notizia dell’ultimo momento (Roberto). Bisogna tener conto delle richieste di Cisl e Uil, due sindacati che non hanno un atteggiamento ideologico, cioè né a favore né contro la maggioranza, e perciò a maggior ragione il governo deve essere impegnato a fare la riforma fiscale in tempi rapidi... Moody’s lancia un messaggio quasi intimidatorio, perché non dice che declasserà l’Italia, ma che forse lo farà fra tre mesi... Ma in novanta giorni può succedere di tutto e di più, si possono fare scelte importanti, impegnative e soprattutto coraggiose. Solo così le agenzie di rating si accorgeranno che c’è un governo che governa (Roberto). (La Repubblica, domenica 19 giugno 2011). Bei tempi quando il Bonanni e l’Angeletti erano due berluscìsti semplici. Adesso sono con il peggio del berluscìsmo e del leghismo, e per la definitiva rovina del Paese. Bella carriera.
(su) Mariastella Gelmini: Mariastella Gelmini, che secondo le ricostruzioni avrebbe consultato Bisignani diverse volte, come lei stessa avrebbe ammesso, è sulle barricate: “Mai interrogata” è la precisazione del suo ufficio stampa. (La Repubblica, domenica 19 giugno 2011). Del suo ufficio stampa? O di quello del ministero della Pubblica istruzione, che dei suoi affari (o affaracci?) privati non dovrebbe occuparsi? Ci piacerebbe saperlo.
Per la serie Nonnina, che mani e che denti che hai!: Stefania Prestigiacomo.
(su) Stefania Prtestigiacomo: Stefania Prestigiacomo è stata ascoltata per chiarire i passaggi di un’intercettazione nello studio di Bisignani risultata incomprensibile. Alla fine dell’audizione si è verificato un fuoriprogramma che ha sorpreso i presenti: il ministro ha chiesto nome e cognome ai quattro ufficiali di polizia giudiziaria che avevano raccolto il verbale. (La Repubblica, domenica 19 giugno 2011). E che male c’è? Il Bisignani le avrà detto che ha le mani troppo grandi e lei avrà voluto essere sicura che questa malignità sul suo fisico non venisse ripetuta in giro.
Per la serie Figuraccia più, figuraccia meno...: Ignazio La Russa.
(su) Ignazio La Russa: La Russa “buca” la riunione Nato e la Spagna ci soffia la base radar. “A questo punto hanno messo in mezzo La Russa, che arrivato in ritardo, trafelato e disinformato, ha danneggiato l’Italia,” dice un generale informato della trattativa. “La Russa purtroppo ha un capo di Stato maggiore che è un alpino, non conosce l’areonautica e non parla inglese,” aggiunge un altro generale in servizio. (La Repubblica, domenica 19 giugno 2011).
Per la serie Baciamo la mano: Angelino Alfano e Silvio Berlusconi.
(su) Angelino Alfano: La segreteria politica del Pidièlle è un oggetto misterioso. Esposizione mediatica tanta, potere zero. O meglio: ad Alfano il consiglio nazionale del Pidièlle a inizio luglio consegnerà il ruolo che il “capo” ha già annunciato con tanto di conferenza stampa e grancassa di complimenti al prescelto. Alfano dovrà, letteralmente, “dare attuazione alle deliberazioni e agli indirizzi decisi dal presidente”. Un fido scudiero di Berlusconi, insomma. Sarà eletto non dal congresso, come solitamente avviene nei partiti, bensì, “su proposta del presidente” di cui sopra, dall’ufficio di presidenza, che è un organismo a sua volta emanazione del presidente. E se poi volesse delegare o togliere compiti ai “magnifici” tre, cioè Verdini, Bondi e La Russa, coordinatori di un Pidièlle ormai balcanizzato, potrà farlo sempre e solo “in accordo” col presidente. (La Repubblica, domenica 19 giugno 2011).
Iris Berardi a una festa di Obama con la maschera di Berlusconi.
(su) Silvio Berlusconi: Una volta, a una festa del premier, mi sono anche vestita da uomo con la maschera di Obama. (Iris Berardi, La Repubblica, sabato 18 giugno 2011).
Per la serie Se questi sono i capigruppo, il gruppo che sarà?: Cicchitto e Quagliariello.
(su) Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello: Niente primarie per la scelta del candidato premier. Si potrà ricorrere alle primarie, invece, solo per i candidati a elezione diretta, cioè i governatori, i presidenti di provincia e i sindaci. Inoltre, per poter partecipare alle primarie, è necessario essere iscritti al partito che le indice o esserne sostenitori, per i quali sarà previsto un apposito registro. Questo, in sintesi, il contenuto della proposta di legge per l’istituzione delle primarie, presentata ieri alla Camera e al Senato dai capigruppo del Pidièlle Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello. (La Repubblica, sabato 18 giugno 2011).
Per la serie Grandi avvocati berluscìsti: Carlo Taormina, che difese la Franzoni; Maurizio Paniz con Elvo Zornitta; Niccolò Ghedini.
Maurizio Paniz (già difensore di Elvo Zornitta, accusato di essere Unabomber e grazie a lui prosciolto con formula piena; attualmente deputato pidiellìno): L’autorizzazione a procedere non andrebbe concessa. Se Papa non fosse stato un parlamentare, per quella tipologia di reati non sarebbe mai stata emessa una misura cautelare di quella portata. L’hanno fatta soltanto perché è un parlamentare. Magistrati così dovrebbero essere sanzionati. Per esempio, trasferiti al civile. (La Repubblica, sabato 18 giugno 2011).
Per la serie Risi e Bisi(gnani): il Berlusconi e la Biancofiore.
(su) Micaela Biancofiore: Una telefonata registrata il 16 gennaio scorso: da una parte Bisignani, dall’altra la pidiellìna Micaela Biancofiore. La deputata allude a una vicenda vecchia di quasi quattordici anni, una rissa fra ragazzi sull’isola d’Ischia in cui rimase coinvolto il figlio dell’attuale procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini. Bisignani però tronca quasi subito: “Ne parliamo da vicino”. Ma coincidenza vuole che all’indomani di quella telefonata si sia svolto ad Arcore un pranzo con i direttori delle principali testate riconducibili a Berlusconi. Tempo qualche altro giorno, il 22 gennaio, e Il Giornale pubblica un servizio proprio su quella serata ischitana, attaccando pesantemente Ilda Boccassini. (La Repubblica, sabato 18 giugno 2011).
Per la serie Inflessibilmente inamovibili: il Veltroni e l’Ichino
Walter Veltroni, a proposito della proposta di Pietro Ichino sulla cosiddetta flessibilità: Tutele per tutti, ma nessuno è inamovibile. (La Repubblica, sabato 18 giugno 2011). Se ha capito che nessuno è inamovibile, forse è la volta buona che si muove per l’Africa. Quanto al finto sinistro Ichino, lo prenderemo sul serio quando rinuncerà all’intollerabile ipocrisia pretesca di chiamare flessibilità la distruzione dei Diritti dei Lavoratori.
Virginio Merola (neosindaco piddìno di Bologna): Chi si sposa, rispetto a chi non lo fa, si assume una responsabilità maggiore che deve essere riconosciuta anche dal Comune. (La Repubblica, sabato 18 giugno 2011).
Battezzarlo Virginio, dunque, fu solo il primo passo...
Per la serie Certi segni di punteggiatura possono talvolta essere superflui?: la Lega Nord.
(su) Roberto Maroni: Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto di espulsione coattiva immediata dei Comunitari che non rispettano le normative europee e di tutti i “Clandestini” extra Ue. Ha prolungato inoltre i tempi di detenzione degli Stranieri “ospiti” nei Cie, i Centri di identificazione ed espulsione (Immigrati irregolari che non hanno commesso reati) da sei mesi a un anno e mezzo: è la seconda volta che il governo triplica i tempi di detenzione nei Cie. Nel febbraio del 2009 era stato prolungato da 60 a 180 giorni. Ieri da 180 a 540 giorni, da 6 a 18 mesi. (La Repubblica, venerdì 17 giugno). Un anno e mezzo di campo di concentramento per il “crimine” di essere Migranti.
Silvio Berlusconi: Anche se lasciassi l’Italia, i miei figli continuerebbero a subire qui le stesse aggressioni.
(La Repubblica, venerdì 17 giugno 2011).
Silvio Berlusconi: Non ho paura dei giudici, la maggioranza tiene assolutamente.
(La Repubblica, venerdì 17 giugno 2011).
Per la serie Il fuoco non è il posto peggiore dove mettere le mani: il Casini accarezzato dal Berlusconi.
Pierferdinando Casini: Sull’onestà e correttezza di Gianni Letta metterei due mani sul fuoco.
(La Repubblica, venerdì 17 giugno 2011).
Marco Follini: Conosco Gianni Letta come un onesto servitore dello Stato. (La Repubblica, venerdì 17 giugno 2011).
Per la serie Trent’anni fa sapevano almeno tenere la schiena dritta: un picchetto nel giardino Francesco Cecchin.
(su) Gianni Alemanno: Un picchetto in stile neofascista ha accompagnato ieri la cerimonia voluta dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha intitolato il giardino di piazza Vescovio a Francesco Cecchin, il militante del Fronte della gioventù ucciso 32 anni fa a 17 anni. Per l’occasione, nei pressi della vicina sede di Forza nuova, sono state piazzate bandiere con la croce celtica e uno striscione: onore a Francesco Cecchin. (L’Unità, venerdì 17 giugno 2011).
Per la serie Eccitati ed eccitanti citanti: Citati e Cita.
(su) Pietro Citati: Il primo giugno scorso una firma storica de La Repubblica, Pietro Citati, esordisce sul Corriere della sera con un articolo in prima pagina sul mito di Medea. E che ci fa adesso al quotidiano milanese il duca di Remonstranza? Questo infatti è il titolo di Citati, nobilitato di recente (2002) dallo scrittore spagnolo Javier Marias, monarca di Redonda regnante con il nome di Xavier. Redonda, 3 chilometri quadrati di terra disabitata in mezzo al Pacificco da sempre governata da letterati, fa parte delle Isole Sottovento. Quindi il Corrierone s’è ripreso l’aristocratica firma che da via Solferino se n’era partito nel lontano 1988 per andare a esercitare il mestiere della penna sulle colonne di Eugenio Scalfari. Andare e venire è cosa che succede persino al duca di Remonstranza che pare non rimostrò. Tuttavia, (...), l’ultimo pezzo che il duca scrisse per il quotidiano romano, pubblicato il 24 marzo scorso, trattava del grande scrittore romeno Emil Cioran e s’intitolava “Pasticciaccio e rose, le cene felici del grande apocalittico”. Un pezzo di 10.868 battute che incominciano con un ricordo personale: “Quando viveva Cioran, non c’era portone che varcassi con più gioia di quello di rue de l’Odéon, dove egli abitava”. La memoria, si sa, è fallace, parziale, limitata, soprattutto quella senza logica “che è una macchina stupida, come tutte le macchine”, diceva Harold Pinter. Quindi il duca evidentemente non ricordava quest’altro straordinario incipit d’un pezzo suo apparso su La Repubblica sedici anni fa, il 18 ottobre 1995: “Quando viveva Cioran, non c’era portone che varcassi con più gioia di 21 rue de l’Odéon, dove egli abitava”. Al profano le due frasi sembrano identiche, uguali uguali, eppure non è così: in quello del ’95 l’illustre aveva indicato il numero civico del portone. Petite différence, dicono i francesi. Anche se il titolo del ’95, perbacco, era diverso: “Cioran, un’ombra sul mondo”. Persino il numero delle battute è leggermente superiore, 11.102. Sono giochini divenuti delicati da quando gli archivi storici dei giornali stanno su Internet. Lista delle piccole differenze fra i due articoli: “Non battere il capo” diventa “non battere la testa”; da “nessuno lo chiamò mai così” a “nessuno lo chiamava così”; “che portava in sé” cambia radicalmente in “che portava con sé” e “La caduta dal tempo” in “La caduta nel tempo”; il “tardo, disperato romantico” è degradato, poveretto, a “tardo romantico”. Via, tagliare, la citazione a “Strindberg o i diari di Kafka” mentre “anche se pochi o nessuno se ne rendono conto” si raddrizza con un congiuntivo in “sebbene nessuno se ne renda conto”. Che dire poi della proposizione: “Chiede la propria ispirazione ai nervi e agli organi malati”? Fa troppo ispirato, troppo romanticamente malaticcio e allora si elimini, zac. Quindi non più “disperazione e felicità” ma, perdiana, “angoscia e felicità”. Suona meglio, disperazione è parola abusata. Il duca corregge giustamente i refusi: “E questa condizione desolata, al quale” diventa “alla quale”, a dimostrazione che Citati si cita e si legge. “E si spalanca l’immenso, vertiginoso Vuoto” non gli piace più, il Vuoto è sempre vertiginoso, stop alle banalità, quindi voilà un semplicissimo “l’immenso Vuoto”, sempre con la V maiuscola. Si zittisca chi osservi che il Vuoto in genere è immenso come l’acqua è liquida, la notte buia (e tempestosa) e gli autobus affollati. La frase finale invece cambia moltissimo, come l’incipit: “Ciò che avrebbe potuto essere beatitudine non è più che orrore” subisce una fondamentale variazione di senso con “è soltanto orrore”. Quando si dice il tocco del grande scrittore che trasforma l’articolessa in letteratura. D’altronde sull’arte di copiare si sono esercitati veri geni della letteratura e perché Citati il citatore di sé stesso, il signor duca Autocitati, non dovrebbe facilitarsi la vita ogni tanto? Lo fanno persino i liceali, al punto che il 31 maggio scorso, il giorno prima dell’esordio di Citati, il Corriere pubblicava un apello di Giovanni Belardelli dal titolo non equivocabile: “Non fate più copiare gli studenti”. Un modo simpatico di salutare l’arrivo a via Solferino di Citati, che così tanto ama la soffitta in cui abitava Cioran da averla ricordata en passant anche il 15 marzo 2005. Titolo de La Repubblica: “Quando Kafka si lascia invader dalla notte”. Rimembranza citatiana di Cioran: “È stato mio amico: non ho mai riso con nessuno come con lui, a casa sua, a 21 rue de l’Odéon”. A volte non c’è bisogno di arrivare fino a un portone di Parigi per avere occasione di sghignazzare gustosamente. A volte basta leggere un pezzo di Citati dietro la porta di casa propria.
(Marcantonio Lucidi su left di venerdì 17 giugno 2011).
Per la serie Sconsigliàti di Stato: Mariastella Gelmini.
(su) Mariastella Gelmini e Paola Goisis: Il Consiglio di Stato ha detto sì alla class action promossa dal Codacons contro le cosiddette classi pollaio, quelle aule sovraffollate dove il numero di alunni supera il limite di 25. La class action era già stata accolta dal Tar del Lazio. La decisione di Palazzo Spada rigetta il ricorso del ministro della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, e dichiara la piena ammissibilità della prima class action italiana contro la Pubblica amministrazione. Il ministero ha sùbito assicurato che sarà emanato al più presto il piano per l’edilizia scolastica. Intanto è stato ritirato l’emendamento della Lega Nord al decreto sviluppo che prevedeva un premio di 40 punti in graduatoria per gli insegnanti residenti nella provincia della scuola nella quale chiedono di lavorare. Un provvedimento chiamato anti terroni e che aveva suscitato polemiche. (La Repubblica, giovedì 16 giugno 2011).
Per la serie P: Papa, Letta e Bisignani.
(su) Luigi Bisignani, Alfonso Papa (pidiellìno deputato) e Gianni Letta: Era il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il “referente” principale del faccendiere Luigi Bisignani. A Letta, Bisignani riferiva tutte le informazioni che Alfonso Papa, deputato del Pidièlle, ex magistrato e componente della Commissione antimafia, riusciva ad avere grazie alle “talpe” di cui disponeva nella Guardia di Finanza e nei servizi segreti... «» Abbronzatissimo (“Berlusconi aveva detto di andare al mare e io ci sono andato”), Alfonso Papa resta tutto il giorno a Montecitorio. Raccoglie la solidarietà dei colleghi. Uno gli dice: “Nei momenti così si vede che non sei una checca”. La rassicurazione più forte gli arriva da Maurizio Paniz (sul quale vedi anche qui, n.d.r.) capogruppo Pidièlle in giunta per le autorizzazioni, dove si discuterà l’arresto: “Tu non devi assolutamente parlare con nessuno. E comunque stai tranquillo”. Per lui finirà come per Cosentino, cui la giunta ha negato l’ok alle manette. Ex pm per dieci anni a Napoli, a via Arenula come vice capo di gabinetto con Castelli, di Woodcock dice: “Era uditore e stava nella stanza accanto alla mia”. Un’autorevole fonte del Pidièlle lo liquida così: “Ha fatto carriera troppo in fretta. Quando entri da giovane nelle grazie di Bisignani, quello ti si succhia come un chewing gum”... «» Gli indagati, scrive il pm, raccoglievano “dati sensibili” per “infangare e poter poi ricattare” esponenti delle istituzioni. “Con tali condotte partecipavano a una struttura associativa vietata dalla Costituzione”... «» Ci sono “tre vite” nella vita di Alfonso Papa. Quella di pm a Napoli, per dieci anni, fino al 2001. Quella di magistrato distaccato al ministero della Giustizia prima col leghista Roberto Castelli e poi con Clemente Mastella. Quella di parlamentare del Pidièlle. E in tutte, chi l’ha incrociato ci trova due costanti: “Non è un gran lavoratore,” riferiscono. Ed è pure “un superficiale”. Ma una dote per certo ce l’ha: “Si mette sùbito alle dipendenze del capo di turno, lo adula, si sottomette, pare che ne diventi schiavo. Ma ha un solo scopo: perseguire il suo tornaconto, salire in alto, fare carriera”. A Napoli, Papa era soprannominato “Alfonso ’a borzetta” per via del legame da portaborse che aveva instaurato con il padre padrone della corrente Unicost, Umberto Marconi, il magistrato che nell’88 al Consiglio superiore della magistratura scelse Meli e bocciò Falcone per il vertice dell’ufficio istruzione. Dallo staff che fu di Castelli emerge un dettaglio: “Papa arrivò da noi perché faceva parte del pacchetto Pera”. Pareva proprio che dovesse essere l’ex presidente del Senato il Guardasigilli. E lui s’era preparato anche una “squadra”. C’era Augusta Iannini. C’era Settembrino Nebbioso. E c’era Papa. Che al neoministro leghista disse: “Mi hanno promesso che farò il vice capo di gabinetto”. Ma dovette aspettare più di un anno. A Napoli, ancora adesso, se lo ricordano quando tornava a casa nei fine settimana con due auto di scorta. Gliele assicurava la Guardia di Finanza di Niccolò Pollari, di cui era amico... «» Pollari è la chiave di accesso di Papa alla Finanza. L’uomo che ne sponsorizza la candidatura in Parlamento. Pio Pompa, l’uomo della fabbrica dei dossier di via Nazionale, è l’altro snodo del circuito informativo Finanza-Servizi che porta a Luigi Bisignani. Adinolfi, attuale capo di Stato maggiore della Finanza legato storicamente al centrodestra, è indicato tra gli interlocutori abituali e di vertice di Papa. E poi c’è Poletti, vicedirettore dell’Aisi, capo di Stato maggiore della Finanza con Prodi e ottimo amico di D’Alema: è l’ufficiale con cui Papa entra in contatto a Roma nel 2001... «» Ma le carte del Gip di Napoli sono anche un excursus sui rapporti, specialissimi, tra Luigi Bisignani e il vertice Eni. Il lobbysta e l’azienda più potenti del Paese (del resto, ai tempi della maxitangente Enimont e di Raul Gardini, che morì suicida, Luigi Bisignani, allora quarantenne, fu tra i protagonisti della vicenda). Un legame di ferro che risale, secondo la vulgata, all’incontro tra il faccendiere e Paolo Scaroni a Londra a metà degli anni ’90. Accomunati nel destino transfuga (uno ricercato per la tangente Enimont, l’altro “in esilio” dopo il patteggiamento sulla tangente Techint) si piacquero, dando luogo a una relazione decisiva per il rientro in prima linea del manager vicentino, prima all’Enel e poi all’Eni... «» Interrogato dai magistrati, Bisignani ha sostenuto di aver “sicuramente informato” Letta delle notizie acquisite da Papa. “Cado dalle nuvole,” ha replicato Letta. Il quale, ascoltato come teste il 23 febbraio scorso, di Bisignani disse: “È persona estroversa, brillante e bene informata ed è possibile che qualche volta dica più di quel che sa. Bisignani è amico di tutti; Bisignani è l’uomo più conosciuto che io conosca; Bisignani è un uomo di relazione”... «» Nell’ordinanza il gip Luigi Giordano esprime “perplessità” dinanzi al fatto che una persona, Bisignani, “condannata per violazione delle norme sul finanziamento ai partiti e appropriazione indebita per fatti fino al 1991 nonché corruzione per fatti del luglio 1993, possa godere di enorme credito da parte di appartenenti alle istituzioni e di una così fitta raganatela di contatti”... «» Il metodo Bisignani-Letta è in fondo null’altro che il clone del metodo Gelli-Andreotti adattato al terzo millennio. È come se l’Andreotti per decenni collezionista di ministeri si fosse reincarnato nel Gianni Letta cerimoniere dei riti del potere delegato dal berluscìsmo e il materassaio di Arezzo Licio Gelli in Gigi Bisignani. Del resto, il controllo dei magistrati fu materia di scontro all’epoca della P2, quando Gelli espulse dalla loggia Giancarlo Elia Valori (sul quale vedi anche qui, n.d.r.) che cercava di organizzare una sorta di sotto-lobby di cosiddetti pretori d’assalto, tra cui quelli che indagavano sullo scandalo dei petroli... «» “Sono saltato professionalmente perché nel 2007 feci una perquisizione a Luigi Bisignani”. Il neosindaco di Napoli, Luigi De Magistris, racconta come la sua vicenda s’incrocia con quella del lobbysta arrestato. “Pochi giorni dopo,” ricorda De Magistris, “l’allora ministro della Giustizia, Clemente Mastella, accelerò la procedura ispettiva condotta da magistrati che sono nell’inchiesta P4 e nel giro di pochissimi giorni fu chiesto il trasferimento d’ufficio e in altrettanti pochissimi giorni fui trasferito. Oggi, quindi, osservo con grande attenzione questa inchiesta”. (La Repubblica, giovedì 16 e venerdì 17 giugno 2011). Potevano almeno aspettare che Gelli crepasse. Non c’è più rispetto per i vecchi arnesi della reazione?
Roberto Maroni: Il governo non spenda più soldi per bombardare la Libia, ma per esportare la democrazia. O piuttosto li dia al Viminale. Ho chiesto un miliardo di euro per garantire le attività istituzionali. I tagli lineari hanno fatto calare del 36% le risorse del ministero degli Interni. Il momento non è facile, ma il governo deve fare scelte e la sicurezza dev’essere considerata una delle prime tre priorità. (La Repubblica, giovedì 16 giugno 2011).
Per la serie Vienimi a prendere, Stracquadanio, se ne hai il coraggio: mi chiamo Luigi Scialanca: Giorgio Stracquadanio.
Giorgio Stracquadanio (pidiellìno deputato): Perché su Internet noi non vinciamo? Ma scusate, ragazzi, hanno un esercito che dalle due del pomeriggio non fa nulla perché il loro blocco sociale è l’impiego pubblico e noi non pensiamo che sono egemoni? È un esercito di quattro milioni di persone che non fanno il loro lavoro. Ma supponiamo pure che lo facciano, tornano a casa alle due e dalle due alle dieci hai voglia il casino che monterei anch’io se sto tutto il giorno dietro la tastiera. (La Repubblica, giovedì 16 giugno 2011). Stracquadanio, chi era costui? Il suo curriculum è impressionante. Ottobre 2009: Occorre riformare la Costituzione con uno scatto di impronta gollista, perché andare avanti con i “lodi” significa prendere l’aspirina per curare un tumore. Berlusconi deve intestarsi la riforma e poi, come De Gaulle, imporre lui stesso un referendum... Se aspettiamo ancora il domani, a Berlusconi fanno fare la fine di Craxi: solo che invece che ad Hammamet andrà ad Antigua. Gennaio 2010: L’Associazione nazionale magistrati è un’associazione sovversiva che dimostra la sua natura insurrezionale. Febbraio 2010, Stracquadanio ad personam: Renata Polverini è contraddittoria e masochista, come si può andare contro il governo e chiedere l’aiuto del premier?. Maggio 2010: La P2 era solo un club, un modo di creare relazioni. È la vita. Agosto 2010: Sorprende e inquieta che Napolitano per esternare un suo punto di vista su un tema che non è ancora all’ordine del giorno utilizzi il giornale del suo ex partito, l’Unità. Si tratta di una prassi inedita, che pone un serio interrogativo sulla indipendenza e la neutralità del supremo garante della Costituzione. E che rileverebbe un tentativo di indirizzare le scelte istituzionali al di fuori della via maestra che la Costituzione repubblicana indica: le elezioni politiche generali sono l’unico rimedio democratico a una eventuale crisi politica della maggioranza parlamentare. È certo che il Parlamento non resterà estraneo e, se necessario, si convocherà autonomamente e d’urgenza per mantenere il rispetto dell’equilibrio dei poteri. Settembre 2010: Per fare carriera ognuno utilizza quello che ha. Anche il corpo. È assolutamente legittimo. In Parlamento, come in qualsiasi altro lavoro, l’aspetto fisico è importante. Ognuno deve disporre del corpo come meglio crede. Fino a quando c’è consenso non c’è violenza e se non c’è violenza non c’è problema. Se anche una deputata o un deputato facessero coming out e ammettessero di essersi venduti per un posto in lizza, non sarebbe una ragione sufficiente per lasciare Camera e Senato. Usare il proprio corpo in politica è la realtà del mondo da quando esso esiste. Io considero normale che gli uomini e le donne usino la loro avvenenza fisica per i loro scopi. Novembre 2010: Intanto una piccola tempesta scoppia anche nel Pidièlle dopo che il falco berlusconiano Giorgio Stracquadanio, intervistato dal Corriere, accusa di disimpegno nel momento della crisi Alfano, Frattini, Gelmini, Carfagna e Prestigiacomo. Non si espongono abbastanza in difesa del Cavaliere, dice. Risponde duramente lo stesso Berlusconi, che in un comunicato difende i suoi dalle “abnormi offese a persone a me vicine”. A questo punto Stracquadanio chiede un incontro con il premier per chiarire, altrimenti “mi dimetto”. In serata la telefonata con Berlusconi che gli restituisce il sorriso: “Il presidente mi ha salutato dicendomi ‘ti abbraccio’, non posso certo dimettermi”. Aprile 2011, descritto da Michele Serra: Con un paio di amici, ho visto Stracquadanio ad Anno zero. Voi penserete: chissà come vi siete arrabbiati. Sbagliato. Non ne abbiamo avuto il tempo. Lo sbalordimento era soverchiante, e non lasciava spazio ad altri sentimenti. A bocca aperta, l’abbiamo visto (in pochissimi minuti) interrompere, sghignazzare, consultare l’iPad, correggere gli astanti, litigare con i distanti, borbottare, emettere sibili, roteare gli occhi, ammonire Santoro, sgridare Gian Antonio Stella, prendere la parola, ridare la parola, contestare la scaletta, agitare le mani, condurre lui la trasmissione, ricostruire un cinquantennio di storia italiana, leggere, scrivere, gesticolare verso una quinta invisibile, ammutolire di colpo fissando il vuoto. Un mio amico ha detto: “Adesso fa le bolle di sapone”. Un altro: “No, secondo me estrae un tronchesino e si taglia le unghie”. Io: “Non lo sottovalutate, vedrete che fa tutte e due le cose: si taglia le unghie facendo le bolle di sapone”.
Nicola “Nichi” Vendola
(su) Nicola “Nichi” Vendola: In Puglia tutti pagheranno il ticket per le visite e gli esami specialistici: anche i bambini “di età inferiore a sei anni”, gli anziani (da 65 anni in poi) e le persone con basso o nessun reddito. È l’effetto dell’approvazione da parte del Consiglio regionale (avvenuta oggi pomeriggio all’unanimità) del ddl di abrogazione dei commi 1 e 2 dell’art. 13 della legge regionale di bilancio 2011. La cancellazione di ogni tipo di esenzione dal ticket è legata all’impegno assunto dalla Regione con il Governo per il Piano di rientro 2010-2012 dal deficit del sistema sanitario pugliese. (Monopolitube, giovedì 16 giugno 2011).
Per la serie Kafka 2011: come dice il proverbio, il peggio (Brunetta) non è mai morto.
Renato Brunetta (rivolto a una precaria laureata in Orientalistica, con un curriculum comprendente un master, un dottorato, diverse missioni all’estero, 15 anni di precariato e 6 a Italia Lavoro, dove si occupa di immigrazione): Con voi non parlo, siete l’Italia peggiore... Andate ai mercati generali a scaricare le cassette alle quattro del mattino. (La Repubblica, mercoledì 15 e giovedì 16 giugno 2011). No, per carità, ai mercati generali alle quattro del mattino a scaricare le cassette è troppo terribile: c’è il rischio di incontrarci il Trota severamente punito dal padre per essersi fatto bocciare tre volte all’esame di Maturità. O magari la Minetti. O Ruby. O Lele Mora.
Per le serie Una boccaccia vi seppellirà: Giulio Tremonti e Roberto Maroni.
Giulio Tremonti e Roberto Maroni: Si apre una fase di possibile lavoro... Finisce il tempo delle scorciatoie e delle furbate e inizia il tempo della serietà, della responsabilità e dell’interesse generale... In Italia c’è un enorme blocco sociale che condivide questo nuovo schema: riforma fiscale e pareggio di bilancio, non l’una senza l’altro... Scassare il bilancio è una strategia che non è nell’interesse della gente, è un prodotto dell’irresponsabilità... Il 15 luglio del 1789, al risveglio del re, il duca de la Rochefoucauld dice: hanno preso la Bastiglia. Il re chiede: è una rivolta? E il duca: no, sire, è una rivoluzione. Ma il re ha continuato a pensare che fosse una rivolta e alla fine gli hanno tagliato la testa... Ma non è vero che io non voglio fare la riforma fiscale. Io ho dato uno schema: c’è la legge di stabilità da rispettare, c’è l’obbligo del pareggio di bilancio al 2014, ci sono forme di copertura degli sgravi fiscali da dosare in maniera rigorosissima sulla quantità dei tagli di spesa che vuoi fare. Non puoi dire: serve ridurre le tasse, arrangiati tu su come trovare i soldi. Io ti indico tutti i tagli di imposta che sono possibili, tu decidi quali adottare in base a quanto sei disposto a tagliare la spesa pubblica... Ma è possibile ridurre il sistema fiscale a cinque imposte, accorpando le minori... Credo siano giuste tre aliquote, le più basse possibili: sono il miglior investimento per combattere l’evasione... Scaglioni e calcoli dipendono da quanto riusciamo a tagliare... Facile dire no ai tagli lineari. Ma quando vai a parlare, ognuno dice sempre: taglia l’altro... Però c’è l’enorme catalogo delle voci di esenzione e dei regimi di favore: sono 471 e valgono oltre 150 miliardi, dalle palestre alle finestre... Nei decenni abbiamo costruito due torri di Babele, quella fiscale e quella assistenziale... Un caos, un enorme bacino dove recuperare risorse per fare la riforma fiscale: vi sono milioni di assegni assistenziali che non corrispondono alla realtà del Paese: a quelli che hanno i gipponi, per esempio, vanno tolti... La politica dovrà dare il buon esempio, se vorrà legittimarsi in un Paese nuovo... Meno aerei blu e più Alitalia... Incarichi politici e pubblici vanno remunerati nella media europea... (Giulio). Mia nonna diceva che uno sberlone fa male, ma a volte ti fa rinsavire. Il governo deve avere il coraggio di fare scelte popolari o anche impopolari, ma che vanno nella direzione giusta. Abbiamo preso degli impegni, uno di questi è la riforma fiscale. Questo è il momento di fare le cose: se c’è la crisi ci vuole più coraggio, oltre alla prudenza. Spero davvero che si metta mano a questa categoria del coraggio (Roberto). (La Repubblica, mercoledì 15 giugno 2011).
Per le serie Quando di patata limane solo lo spilito: Paola Goisis.
Paola Goisis (portatrice di moccichino verde, insegnante e deputata): No all’invasione del Nord da parte degli insegnanti meridionali! No allo stravolgimento delle graduatorie! Come Lega Nord, dobbiamo tutelare i nostri docenti. Altrimenti ci sarà un’invasione di persone dal Sud, perché da noi ci sono più possibilità di inserimento.
(La Repubblica, mercoledì 15 giugno 2011). Paola Goisis... chi era costei? Be, è quella che nel 2008, ad agosto, propone: Cancelliamo le scuole medie: servono solo come parcheggio, meglio un triennio propedeutico alle superiori... Nel 2010 esterna due volte, a luglio (Insisteremo fino alla fine. Ci dovrà essere un albo regionale al quale potranno iscriversi tutti i professori, ma prima dovrà essere fatta una pre-selezione per verificare il livello di conoscenza della storia, delle tradizioni,della cultura e della lingua della regione... I titoli di studio, da soli, non garantiscono omogeneità e spesso risultano comprati... Non è possibile che la maggior parte dei professori che insegna al nord sia meridionale) e ad agosto (Ho detto che si fa l’amore quando sto a casa. In una settimana manco tre giorni. Altri hanno fatto il conto, sottratto da una settimana i tre in trasferta. Quattro, volendo semplificare. Il sesso è meglio senza carta, come le caramelle? Vero, ho detto così. Il preservativo non mi serve: ho una relazione stabile e tranquilla. Ma nella mia terra, la bassa padovana, la gente è ancora molto chiusa e di queste cose parla malvolentieri... Mi battei in modo veemente per la reintroduzione del crocifisso nelle scuole del mio paese, Este; ma questo cosa c’entra?). Nel 2010 tace. E nel 2011 eccola di nuovo! Sempre e soltanto in estate, ma come mai? Saranno le vampate dovute al solleone?
(Da L’Unità di mercoledì 15 giugno 2011)
Matteo Renzi: Non voglio far la figura dell’eterno bastian contrario. Ma quando Bersani dice che nella scheda elettorale delle politiche non ci dovrà essere il nome del candidato premier, dice una cosa moralmente intrigante ma politicamente sbagliata. Se propone di dimezzare i parlamentari, invece, sono d’accordo con lui. (La Repubblica, mercoledì 15 giugno 2011). Facciamo così: ci accontentiamo che nella scheda elettorale non ci sia il nome Renzi, va bene? Anche perché temiamo che sia il tipo, se poi vince, che gli vien voglia di ridurre i parlamentari a zero.
Il berluscismo mentre s’arrampica sui vetri credendosi Spiderman...
(su) l’esito dei referendum: Ridere o piangere, leggendo certi commenti – non tutti dalle fila del centrodestra, ahimé – ai risultati dei referendum sull’Acqua, sul Nucleare e sull’(Il)legittimo impedimento? Abbiamo scelto di ridere. Non solo perché ridere ci piace, ma nell’ingenua speranza, anche e soprattutto, di indurre al pianto col nostro riso le facce di bronzo dei loro impagabili (o pagabili?) autori. Il più ovvio, il più banale, il più ordinario? Il berluscìsta in capo, per gli amici Menomale Silvio: “L’alta affluenza nei referendum dimostra una volontà di partecipazione dei Cittadini (ma va’!, e noi che credevamo che ne dimostrasse l’indifferenza) alle decisioni sul nostro futuro (ma va’!, e noi che le credevamo decisioni sul passato di qualcun altro) che non può essere ignorata (ma va’!). Anche a quanti ritengono che il referendum non sia lo strumento più idoneo per affrontare questioni complesse (perché i Padri Costituenti erano stupidi, vero, Menomale Silvio, secondo te?) appare chiaro che la volontà degli Italiani è netta (ma va’!) su tutti (ma va’!) i temi della consultazione”. Dedicato anche troppo spazio alla trite ovvietà del berluscìsta in capo, ecco le altre “perle”. Il più (politicamente) “schizofrenico”? Senza dubbio Umberto Veronesi: “M’inchino di fronte al no dei Cittadini, ma non si rinunci al nucleare”. Lui s’inchina ai Cittadini, cioè, alla maniera dei caproni: per incornarli meglio subìto dopo, o comunque appena possibile. I più (politicamente) vili, da quei professionisti del ribaltone che son sempre stati? I portatori di moccichino verde. Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione: “Alle amministrative abbiamo preso la prima sberla, ora con il referendum è arrivata la seconda. Non vorrei che quella di prenderle diventi un’abitudine. Per questo domenica andremo a Pontida: per dire quello che Berlusconi dovrà portare in aula il 22, visto che vorremmo evitare che quanto a sberle si concretizzi il proverbio per cui non c’è due senza tre”. Che è come dire che le “sberle” è inutile dargliele, ai portatori di moccichino verde, perché gli rimbalzano dritte dritte su Menomale Silvio. Il quale, se non le gradisce, può sempre seguire il “buon” esempio del Calderoli e rifilarle a qualcun altro... Ancora più esplicito Flavio Tosi, portatore di moccichino verde fatto sindaco dalla stessa città che indusse al suicidio Romeo e Giulietta: “Una parte dell’elettorato, anche di centrodestra, è andata a votare per dare un segnale al premier”. Traduzione: al governo ci siamo anche noi leghìni, e starci ci piace pure e ci conviene, ma i “segnali” (= i calci in c.) son solo per Menomale Silvio; se no, che maramaldi saremmo?... Il più sgangherato? Osvaldo Napoli, pidiellìno emerito, che non osando, da fido “servo libero”, insultare Menomale Silvio, preferisce offendere gli Elettori: “È stato un voto populista”. Il più (politicamente) bugiardo, da vero ministro della Giustizia del Cavaliere (cioè, secondo lui, probabilmente da suo avvocato in capo)? Angelino Alfano: “Abbiamo lasciato libertà di voto, per cui non si possono trarre le conseguenze improprie di cui parla Bersani (= le dimissioni, n.d.r.). Anche milioni di elettori del centrodestra si sono espressi sui referendum, ma di certo non per danneggiare il governo”. Come definire la sfacciataggine alfana? Immensa o – che fa anche rima – lillipuziana? Sostiene che chi vota contro il governo non lo fa per danneggiarlo! E che dovrebbe fare, un ex elettore di centrodestra, per mandare a casa Menomale Silvio, se non votargli contro? Sparargli nelle chiappe? I più (politicamente) finti e untuosamente ipocriti? Ovviamente i preti: “I risultati del referendum sono un messaggio degli elettori, al di là degli schieramenti, direttamente al governo,” proclama l’agenzia stampa della Cei, la Conferenza episcopale italiana. “I cittadini, come dimostrano le vicende anche elettorali di questa primavera, sono assai più vigili e consapevoli di tante rappresentazioni. Sanno dare messaggi chiari, diretti e trasversali. Per questo è il momento della creatività e, nello stesso tempo, della responsabilità”. Così, papale papale (è il caso di dirlo), come se Tarcisio Bertone e il suo vice, Joseph Ratzinger, non avessero sostenuto il berluscìsmo con tutte le loro forze (e perfino, talvolta, la sera a cena). E come se non avessero sostenuto a spada tratta, a proposito di trasversalità, anche i piddìni chierichetti alla Fioroni, che sui referendum si sono impegnati meno dei finiani. Il più (politicamente) insensato? “Beppe” Grillo: “Siamo ancora un popolo, sul nucleare è la seconda volta che i cittadini mandano i partiti affanc…” Tutti i partiti, vero, “Beppe”? Compresi quelli che per il referendum si sono impegnati fino in fondo, vero? Compresi i partiti, come il Pd, che impegnandosi hanno sfidato i criptoberluscìsti (a pagamento o per diletto) annidati nelle loro stesse file, vero? E compreso, vero, il “partito” degli Sfiduciati nella politica che tu, “Beppe”, hai tanto contribuito a creare, e che questa volta, invece, ha ritrovato un po’ di fiducia nella medesima ed è andato a votare? Il più (politicamente) ladro? Francesco Storace: “Una tragedia, abbiamo consegnato la vittoria al centrosinistra, quando è chiaro che su 26 milioni di elettori, almeno dieci erano nostri. Questo si chiama autogol. La verità è che qualcuno non ha più il polso della situazione: troppi cortigiani attorno al premier. Pare di sentirli: tranquillo, Silvio, non raggiungeranno mai il quorum. Gli stessi che dicevano che a Napoli e a Milano si sarebbe vinto”. Mentre lo Storace, che il polso della situazione ce l’ha, si pappa dieci milioni di voti e li iscrive d’ufficio a La Destra senza nemmeno chieder loro il permesso. La più (politicamente) dissociata? Com’era prevedibile, Daniela Santanchè, quella che in pubblico dava della metastasi alla Boccassini lo stesso giorno che al telefono col Briatore dava del malato a Menomale Silvio: “Sono andati al voto sotto la spinta dell’emozione,” esorcizza, “dopo la tragedia del Giappone: è stato il referendum della paura che ha trascinato gli altri”. E tre righe dopo: “C’era libertà di voto, quindi dalle urne non è uscita una maggioranza politica diversa”. Dando così del “pauroso” ed “emotivamente coatto” anche all’elettorato di centrodestra. Mettiti d’accordo con te stessa, Daniela. E già che ci sei, prova a immaginare che le “emozioni” non siano la schifezza che credi tu: una scoperta che potrebbe farti bene e rendere più soddisfacenti anche gli ambiti più intimi della tua vita privata. Il più (politicamente) faccia di bronzo? Paolo Romani, neoministro per lo Sviluppo: “Alla fine, il risultato conferma la linea che il governo aveva già fatto propria. I cittadini hanno confermato le scelte che il governo aveva fatto dopo Fukushima. Vorrei ricordare la moratoria varata in Consiglio dei ministri, l’abrogazione definitiva della legge che consentiva la realizzazione di nuove centrali”. Mannaggia, abbiamo perduto i referendum, hanno vinto Berlusconi e Bossi, e non ce ne siamo neanche accorti: meno male che quel genio del Romani è anche un uomo generoso e ce l’ha fatto sùbito sapere. Tutti del centrodestra, i protagonisti di questo demenziale Blob? Al contrario: ci piace concluderlo con Emma Ce-l’ho-solo-io-(la-verità) Bonino e con Bartolo Mancuso, di Action. Bonino: “Il voto degli italiani è stato la migliore risposta a chi aveva dato l’istituto referendario per clinicamente morto in questo Paese, e uno schiaffo a chi ha invitato gli italiani a boicottare le urne”. Da metterci la firma, vero? Peccato che neanche dieci giorni fa la pensava molto diversamente: “Dite che non mi si vede in giro come una volta? Ma a fare che? Una campagna referendaria che non ci sarà? Purtroppo finirà anche questa volta a tarallucci e vino. Faranno secco il referendum sul nucleare e come al solito diranno alla gente di andare al mare... Il referendum è defunto? Diciamo che sta maluccio.” Per la serie Appropriamoci della vittoria, ché tanto gli Italiani il cervello per ricordarsi cosa ho detto la settimana scorsa mica ce l’hanno. E Mancuso, rivolto a Menomale Silvio: “Sei vecchio, vai a vedere le videocassette”. Carino, vero? I milioni di “vecchi”, ben diversi dal presidente del Consiglio, che hanno contribuito alla vittoria dei Sì sanno adesso cosa possono aspettarsi dal (non sia mai) futuro governo di individui per i quali l’aggettivo vecchio, riferito a un essere umano, è il peggiore degli insulti. Ma il più ridicolo, quello che davvero fa sbellicare dalle risate, è Massimo Calearo, ex piddìno veltroniano passato ai Responsabili e diventato consigliere del Berlusconi per il commercio estero: “È finito il ciclo” dice, alludendo forse alla propria andropausa “ed è entrato in crisi il fattore B: fine di Berlusconi, di Bossi e di Bersani”. Povero Calearo, l’unica speranza che gli rimane è il fattore V, come Veltroni: chissà che non diventi segretario del Partito democratico su Marte e se lo riprenda come buffone di corte. E comunque. Per la serie I politici sono lo specchio del Paese, su Facebook c’è di molto peggio: metà della Sinistra, invece di gioire della vittoria, è occupata a insultare l’altra metà e a negarne il determinante apporto. Per la serie, tutta di (finta) “sinistra”, Una parte dei berluscìsti devono ancora essere scoperti, e dove meno ce li aspettiamo. (I brani tra virgolette sono da La Repubblica di martedì 14 giugno 2011, tranne il Calearo di bronzo che è da L’Unità di mercoledì 15. La Bonino “antireferendaria” è dal Venerdì di Repubblica del 3 giugno. La Bonino “fermi tutti, il referendum è mio” da Notizie radicali del 14 giugno).
Emma Marcegaglia: Se un’azienda fa un accordo con la maggioranza dei lavoratori, questo deve valere per tutti. Non esiste che poi uno il giorno dopo si alza e rimette tutto in discussione... Non sono per la sparizione dei contratti nazionali, ma per consolidare i contratti aziendali. (La Repubblica, martedì 14 giugno 2011). Come darle torto? Dove sta scritto che i contratti li decidono i contraenti? I contratti li decidono i contraenti più forti, e i più deboli zitti e mosca. Per esempio, si stabilisce che il prezzo di vendita di una casa lo decide l’acquirente tutte le volte che l’acquirente ha un reddito almeno dieci volte superiore a quello del venditore, e chi non è d’accordo s’arrangia.
Per la serie Destri che grazie al comunismo potevano far credere di non esserlo: Marco Pannella.
Marco Pannella: Che piacere! Ho visto che la sinistra di regime si è scoperta improvvisamente referendaria. Ora vedremo se rispetterà veramente la volontà popolare. Ce lo insegnano 60 anni di storia partitocratica e antidemocratica, si badi bene, di destra e di sinistra. Quando il popolo si è pronunciato ed ha stravinto sulle nostre proposte, Dc e Pci sono stati uniti nel legiferare poi in modo assolutamente contrario. E devo forse ricordare che per ben cinque volte, sempre democristiani e comunisti, hanno sciolto le Camere pur di bloccare i nostri referendum? Ora questi vengono a fare i referendari: ben arrivati, dico io. Quelli della sinistra hanno solo fiutato l’aria ed hanno usato il popolo italiano, nella speranza di salvarsi e non essere travolti, con l’intero loro regime, dal fallimento berlusconiano e bossiano. Gli anti-berlusconiani hanno semplicemente capito che in questa circostanza conveniva cavalcare l’onda referendaria. Il regime partitocratico ha deciso che il tempo del Cavaliere è finito. Anche Bossi ha capito che questo era il momento. Fuori uno. Ma le cose non cambieranno, perché il regime è saldo. Fuori il Cavaliere, ora ci sono gli altri: Bersani, Bossi. E quelli che oggi cantano vittoria sono gli stessi che per vent’anni hanno fatto strage di democrazia sputtanando o impedendo i nostri referendum con mezzi illegali. È un elenco infinito. Ma mi piace ricordare quello sulla depenalizzazione e legalizzazione delle droghe leggere. Sono felicissimo, è arrivata la conferma che il nostro Paese, nonostante tutto, è rimasto quello che ha risposto sempre in modo entusiasta alle nostre battaglie. Ha votato due volte la riforma del sistema elettorale, ha trionfalmente abolito il finanziamento pubblico ai partiti, ha voluto la grande vittoria contro l’aborto clandestino, un flagello immondo che riguardava 1,2 milioni di donne ogni anno. Il popolo, in quell’occasione, seppe sconfiggere persino la cecità del Vaticano. Lo considero forse il più importante evento politico-sociale degli ultimi trent’anni. Io vedo in questo voto la nuova espressione vincente, italiana, di una rivolta democratica dei popoli euro-mediterranei, contro i loro regimi antidemocratici. Lo schiaffo a Berlusconi è innegabile. Come ho detto, è la fine politica di un uomo che dal 1996 ad oggi, anziché contrastarla, è stato protagonista della partitocrazia. Ma voglio vederli ora, quelli del Pd... La verità è che hanno terrore del popolo e che l’unica loro preoccupazione è difendere il sistema partitocratico ladro di verità, di legalità e di denaro. Il Cavaliere e Bersani di questo scempio sono complici. Lo prova il sistema elettorale ungherese che ora il leader del Pd propugna. È fatto apposta per consolidare questa situazione. (Il Secolo XIX, intervista concessa a Bruno Lugaro, martedì 14 giugno 2011). Insieme al (peraltro inutile) sostegno al centrodestra alle amministrative di Trieste, anche questo bel discorsetto conferma ciò che sappiamo da sempre: il Pannella non è mai stato, non è e (forse) non sarà mai di sinistra. Da mezzo secolo tenta di contrabbandare per anticomunismo il proprio odio per la Sinistra, ma a mostrarne la vera natura basta la semplice constatazione che esso (proprio come l’identico odio berlusconiano) non è scomparso insieme al comunismo medesimo e (probabilmente) non scomparirà mai.
Roberto Maroni
(su) Roberto Maroni: A urne aperte aveva detto: “Il quorum è raggiunto”, ed è già partita la denuncia a suo carico. La legge penale in questi casi parla chiaro. Si attende ora l’apertura dell’inchiesta ufficiale a carico di Roberto Maroni dopo la denuncia che un cittadino, Antonio Crea, noto blogger col nickname di Tafanus, ha inviato alla Questura di Roma dopo le dichiarazioni del ministro dell’Interno, che in precedenza, a urne ancora aperte, aveva proclamato, sulla base di non meglio precisate “proiezioni del Viminale”, che “il quorum era raggiunto”. Affermazione che è stata interpretata dal querelante come integrante il reato di turbativa elettorale. (Giornalettismo, lunedì 13 giugno 2011).
Umberto Bossi: Berlusconi ha perso la capacità di comunicare in tv, questa è la semplice verità, e la gente è caduta in trappola. Speriamo che non vada a votare. Questi referendum sono inutili. Un tentativo di dare una spallata al governo... Ma noi le idee ce le abbiamo, a Pontida tireremo fuori le soluzioni per riuscire a fare la riforma fiscale... Basterebbe chiudere le missioni chiamate di pace, per cui abbiamo speso un miliardo di euro. Con quella cifra avremmo fatto la riforma fiscale e non avremmo perso a Milano... Quello che abbiamo davanti è un Paese che non funziona, che distrugge l’economia. Quindi bisogna cambiare, o si muore... Non è vero che i ministeri non danno sùbito i soldi. Noi vogliamo tenere la testa a Milano e Torino e le gambe lasciamole a Roma. Se non teniamo la testa qui finiamo male, noi ci rimettiamo e gli altri se la cavano sempre... Mi chiedono chi ha ragione tra Berlusconi e Tremonti. Io sono amico di Tremonti. Lui ha abbastanza ragione, il problema non è l’Europa, è il mercato, sono Londra e New York, non vorrei che ci fosse una speculazione e finissimo per fare la fine della Grecia... Berlusconi e Tremonti possono fare tutto tranne che tassare le imprese, gli artigiani e i comuni. Piuttosto si possono tassare le grandi banche, che hanno i soldi e non li danno alle imprese... Ma la proposta di aumentare l’Iva non va bene: si finirebbe per tassare anche i poveri, perché aumenterebbe il costo di tutto. (La Repubblica, lunedì 13 giugno 2011). A suo modo il Bossi tenta di educarci, poverino. Cioè tenta, come può, di trotizzarci.
Per le serie Batteri: alcuni esemplari di Escherichia Rei publicae.
(su) la “scienza” secondo La Repubblica: Poiché il calore uccide l’Escherichia coli, è facile proteggersi dalle intossicazioni da carne cuocendola bene. Invece, nel caso delle verdure, non è sufficiente lavarle con l’acqua per eliminare i batteri presenti (Elisabeth Rosenthal, del New York Times, a pagina 23 de La Repubblica di lunedì 13 giugno 2011). Stiamo per caso pensando di rinunciare a mangiare verdura nella sua stagione migliore? Il buon senso suggerirebbe che è una cosa da pazzi, perché è sufficiente lavare bene le verdure prima di consumarle e non si correrà nessun rischio (Carlo Petrini a pagina 25 de La Repubblica dello stesso giorno). Ci fareste cosa gradita, per favore, se vi metteste d’accordo prima di intascare l’euro al giorno con cui vi manteniamo.
(su) Roberto Maroni: La Regione Basilicata insorge contro il ministero degli Interni dopo l’inchiesta pubblicata sul nuovo sito inchieste La Repubblica - L’Espresso che ha svelato le condizioni disumane nelle quali vivono gli “ospiti” (così sono chiamati dal Viminale i Migranti “reclusi” in quelle strutture) del Cie di Palazzo San Gervasio. Il governatore lucano, Vito De Filippo, denuncia che quel centro di identificazione ed espulsione fu costruito in gran segreto, senza che neppure la Regione ne venisse informata dal prefetto, che ammise di avere ricevuto dal Viminale l’ordine di “riservatezza”. (La Repubblica, domenica 12 giugno 2011).
Per le serie Ma gli impulsi incontenibili possono configurare vilipendio?: il Berlusconi e la Giustizia (immagine tratta da Segnalazioni).
(su) Silvio Berlusconi: Berlusconi, denunciato da un ambulante, è indagato per vilipendio della magistratura.
(La Repubblica, domenica 12 giugno 2011).
Raffaele Bonanni: Non accetteremo, dopo tre anni di blocco contrattuale, alcun taglio su scuola, pubblico impiego e welfare... (La Repubblica, domenica 12 giugno 2011). Incredibile: il Bonanni è sazio.
Per le serie Sì, vabbe’, però pure lei lo stuzzica: Daniela Santanchè e Silvio Berlusconi. (Cliccala, per apprezzare le sfumature...)
(su) Silvio Berlusconi: Santanchè: “Io sono senza parole. Ma perché?” Briatore: “Ma è malato, Dani! Il suo piacere è vedere queste qui, stanche, che vanno via da lui. Stanche, dicono. Oh, ché poi queste qui ormai lo sanno! Dopo due botte cominciano a dire che sono stanche, che le ha rovinate... Sai chi è venuto a trovarmi a Montecarlo? Lele Mora. Non bene di salute, e mi ha detto: tutto continua come se nulla fosse”. S.: “Roba da pazzi!” B.: “Non più lì ma nell’altra villa (...). Tutto come prima, non è cambiato un c..... Stessi attori (...), stesso film, proiettato in un cinema diverso (...). Come prima, più di prima. Stesso gruppo, qualche new entry, ma la base del film è uguale, il nocciolo duro, Cento vetrine”. S.: “Ma ti rendi conto? E che cosa si può fare?” B.: “Lele è stato da me due ore, mi fa pena. Dice: Fla’, mi hanno messo in mezzo. E sono talmente nella m.... che l’unico che mi può aiutare è lui, sia con la televisione, sia con tutto. Faccio quello che mi dicono, faccio quello che mi chiedono... E poi quella roba di Fede, è indecente!... Non ha più parlato con il presidente, sembra che abbia comprato delle case alla Zardo con tutti ’sti soldi. Ma pensa che deficiente... Era in estrema difficoltà e Fede gli ha preso il cinquanta per cento dei soldi”. S.: “Madonna mia!” B.: “E poi è andato a dire al presidente: erano i soldi che gli ho prestato. Invece non è vero, figlio di puttana”. S.: “Che gentaglia”. B.: “Dani, io ti dico un’altra roba. Se il presidente continua a fare che cosa fa...” S.: “Ah, non dirmi niente!” B.: “Siamo nelle mani di Dio qui, eh? Perché ieri sera, l’altra sera, ho saputo che c’era stata un’altra grande festa lì, eh?”. S.: “Ma tu pensa! E che c.... dobbiamo fare?” B.: “Ha ragione Veronica: è malato. Perché uno normale non fa ’ste robe qui. Adesso Lele, che gli continua a portare, a organizzare questo, è persino in imbarazzo lui! E dice: ma io che c.... devo fare?” S.: “Va be’, ma allora qua crolla tutto”. B.: “Daniela, qui parliamo di problemi veramente seri di un Paese che deve essere riformato. Se io fossi al suo posto non dormirei di notte. Ma non per le troie. Non dormirei per la situazione che c’è in Italia”. S.: “E con il clima che c’è: uno che lo prende di qua, l’altro che scappa di lì”. B.: “Brava. Il problema è che poi la gente comincia veramente a tirar le monete”. S.: “Stanno già tirando. E insultano pure”. (La Repubblica, sabato 11 giugno 2011). Il formicaio (per non dir di peggio) comincia ad agitarsi.
Per la serie Le affinità elettive: Zapatero e Bonanni.
(su) Maurizio Sacconi, Raffaele Bonanni e Miguel Luis Zapatero: Una legge che stabilisca la prevalenza dei contratti aziendali su quelli nazionali è la mossa di Maurizio Sacconi per “garantire efficacia e autonomia effettiva” agli accordi sottoscritti in fabbrica e anche a un’eventuale intesa in questo senso tra la Confindustria e i sindacati confederali. Mentre, dalla Cisl, Raffaele Bonanni lancia un appello alla Cgil per “un avviso comune” che renda superfluo l’intervento del governo. Per il ministro del Lavoro, la legge andrebbe “nella direzione di quanto avviene negli altri Paesi europei”. Il riferimento è al governo “socialista” (virgolette di ScuolAnticoli, n.d.r.) di Zapatero, che proprio ieri ha approvato un provvedimento “per rendere la contrattazione più flessibile e adeguata a fronteggiare le difficoltà delle aziende”, come ha dichiarato il vice primo ministro Alfredo Rubalcaba... Plaude il centrodestra. E per il leader della Cisl, Bonanni, lo schema ipotizzato da Sacconi “è il male minore. Credo che su questi temi potrebbe bastare un avviso comune fra sindacati e Confindustria. Per questo chiedo alla Cgil di fare un atto di responsabilità e di unità. Diversamente presterebbe il fianco al varo della legge”. (La Repubblica, sabato 11 giugno 2011). Come disse una volta il complice burlone di un rapinatore al cassiere di una banca: dagli i soldi spontaneamente, diversamente presteresti il fianco alle sventagliate del suo mitra. (Detto, sia chiaro, con un certo rispetto per i rapinatori veri, che quasi sempre fanno quel che fanno senza protezioni governative).
Silvio Berlusconi secondo l’Economist di giovedì 9 giugno 2011: l’uomo che si è fottuto un intero Paese
(su) Umberto Bossi e tutti i portatori di moccichino verde: La Lega Nord ha votato contro una norma bipartisan che obbliga tutti i funzionari pubblici a giurare fedeltà alla Costituzione. (La Repubblica, giovedì 9 giugno 2011).
Per la serie I grandi avversari di Bersani: Fassino, Lucà e Chiamparino.
(su) Piero Fassino e Sergio Chiamparino: Salvatore De Masi, capo del locale di Rivoli della ’ndrangheta che incontra regolarmente politici come il deputato dell’Iddivvù Gaetano Porcino, il consigliere regionale del Piddì Antonino Boeti e l’assessore di Alpignano Carmelo Tromby, anche lui dell’Iddivvù, viene contattato dall’onorevole piddìno Domenico Lucà, che gli spiega: “Tu sai che a Torino abbiamo le primarie e che sto sostenendo Fassino. Per dare continuità alla giunta Chiamparino...” E il capomafia risponde: “Tu dimmi ché m’interesso: ho molti amici da consigliare, facciamo votare Fassino da tutti quelli che conosciamo”. (La Repubblica, giovedì 9 giugno 2011). Be’, ma... il fatto che agli ’ndranghetisti piaccia la linea politica del Chiamparino e del Fassino non significa necessariamente che questi ultimi l’abbiano adottata per farsi apprezzare dagli ’ndranghetisti: può semplicemente voler dire che il Chiamparino e il Fassino sono così ingenui (per non dir di peggio) da non rendersi conto, poverini, che la loro linea politica serve gli interessi degli ’ndranghetisti. Mica tutti hanno la mente di un Saviano. E averla non è mica obbligatorio.
Per la serie Be’, ma Friedman non era mica il peggiore: Adriano Sofri arrossisce tra le braccia di Francesco Cossiga.
Adriano Sofri: Lo denunciava già Milton Friedman: combattere l’offerta di droga mentre la domanda non fa che crescere non riduce il consumo, ma ne esalta i costi e la violenza. L’econoimista Friedman non si limitava alla constatazione sulle fortune del mercato criminale: “Sul piano etico, abbiamo il diritto di usare la macchina dello Stato per impedire che una persona diventi alcolista o tossicodipendente? Per i bambini, quasi tutti risponderebbero almeno con un convinto sì. Ma per adulti responsabili, almeno io risponderei di no. Ragionare con il tossicodipendente potenziale, sì. Spiegargli le conseguenze, sì. Pregare per lui e con lui, sì. Ma io credo che non abbiamo il diritto di usare la forza, direttamente o indirettamente, per impedire a un altro uomo di suicidarsi, figuriamoci di consumare alcol o droghe”. C’è un’affinità stretta fra la crociata proibizionista e la passione per l’idratazione forzata di Stato, un’idea del potere politico (e religioso) come espropriazione del corpo dei sudditi. Il rapporto ricorda che “le persone che consumano droga non perdono i diritti civili”. Ora, a firmare il rapporto sono personaggi poco trasgressivi come Kofi Annan o George Schultz, ex ministro di Nixon e Reagan; l’ex presidente della Federal Bank, Volcker; l’ex presidente federale svizzera Ruth Dreyfuss; Javier Solana; l’ex ministro degli Esteri norvegese Stoltenberg; l’ex commissaria Onu per i Diritti umani Louise Arbour; il Nobel Mario Vargas Llosa; Carlos Fuentes; il premier greco Papandreu; l’imprenditore di Virgin, sir Richard Branson (“le politiche fin qui seguite hanno soltanto riempito le nostre celle, costando milioni di dollari ai contribuenti, rafforzando il crimine e facendo migliaia di morti”); il banchiere e presidente del World Trade Center Memorial, Whitehead; ecc. Non esattamente un Centro Sociale. Il rapporto dichiara la bancarotta di cinquant’anni di “guerra alla droga”, cita le esperienze positive e selettive di riduzione del danno, dal Canada al Portogallo alla Svizzera all’Olanda, e invita a firmare una petizione internazionale da presentare all’Assemblea generale delle Nazioni unite. (La Repubblica, mercoledì 8 giugno 2011). Ma come può il Sofri mettere sullo stesso piano i padri e le madri dei tossicodipendenti e il padre di Eluana Englaro? Non gli sembra che le loro vicende (pur con tutta la pietà possibile verso i primi) siano estremamente diverse? E come mai non si sente a disagio, il Sofri, in compagnia del collaboratore di Pinochet e fascista Milton Friedman? E comunque, a parte tutto, una volta che l’avremo fatta finita col proibizionismo, chi produrrà le enormi quantità di droga richieste dalle centinaia di milioni di tossicodipendenti del pianeta? Gli Stati? E con quali mezzi? Con quali maestranze? Con quale know how? E chi trasporterà? Chi effettuerà la capillare distribuzione necessaria? Gli Stati impianteranno dall’oggi al domani delle multinazionali pubbliche della droga? Ne daranno licenza alle già megapotenti aziende farmaceutiche? E la criminalità organizzata starà a guardare? O piuttosto cercherà con ogni mezzo di sconfiggere la concorrenza statale? La mia impressione, purtroppo, è che gli antiproibizionisti (forse senza rendersene conto) spingano alla legalizzazione delle mafie.
Per la serie Servi liberi e servi dei servi liberi: Alessandro Sallusti, Maurizio Belpietro, Giuliano Ferrara, Mario Sechi, Sansonetti e Armeni.
(su) il servo libero Giuliano Ferrara e (su) i servi del servo libero Piero Sansonetti e Ritanna Armeni: Oggi alle dieci, al cinema Capranica, la Festa per il caro amico Silvio, libera adunata dei servi del Cavaliere. Organizzata dal Foglio, con la partecipazione di Libero, Il Tempo e Il Giornale, l’iniziativa vuole invitare il premier a cambiare, a rimettersi in gioco. Giuliano Ferrara aprirà gli interventi e, a seguire, Alessandro Sallusti, Mario Sechi, Maurizio Belpietro e Vittorio Feltri. Non mancheranno le testimonianze politiche di sinistra: Piero Sansonetti, direttore del settimanale Gli Altri, Ritanna Armeni, collaboratrice de Il Riformista, e la giornalista Marina Terragni. Infine, attorno a mezzogiorno, è atteso l’intervento di Berlusconi. (La Repubblica, mercoledì 8 giugno 2011). Di sinistra il Sansonetti e l’Armeni? Forse perché il Ferrara e il Berlusconi, a tavola, gli gettano gli avanzi con la mano sinistra.
Per la serie Uccide più degradare che tagliare: il probabile prossimo ministro della Pubblica Istruzione.
(su) chi odi di più la Scuola, se i berluscìsti o i leghìni: Gli ospiti bussano alle due del pomeriggio. A villa San Martino, in quel di Arcore, si presentano Bossi e il suo stato maggiore. Del quale fa parte anche il figlio Renzo, detto il Trota. Ad attenderli il premier Berlusconi, il segretario del Pidièlle Alfano, il ministro Tremonti, il pontiere Brancher e l’avvocato Ghedini. Si va a tavola e si discute della sconfitta elettorale, si analizzano i motivi della batosta che ha azzoppato tanto il Pidièlle quanto la Lega Nord, e si passa a esaminare quello che il governo può ancora fare in questi due anni di legislatura. (La Repubblica, martedì 7 giugno 2011). Vincono i portatori di moccichino verde: per quanto sembri impossibile, l’aver messo una Mariastella Gelmini sulla sedia che fu di Benedetto Croce esprime un disprezzo contro la Scuola, tutto sommato, meno violento di quello di chi pretende che si ammetta a discutere del destino dell’Italia un individuo che è riuscito a farsi bocciare per ben tre volte agli esami di Maturità.
Joseph Ratzinger: Una mentalità secolarizzata propone la convivenza come preparatoria o addirittura sostitutiva del matrimonio. La convivenza non aiuta il matrimonio e non è la vera famiglia. La vera famiglia è fondata sul matrimonio, valore unico e insostituibile e strada fondamentale per vivificare il tessuto sociale. (La Repubblica, lunedì 6 giugno 2011). Oh, ecco: avevamo proprio bisogno che il signor Ratzinger ci dicesse cosa è vero e cosa non lo è, come se i sentimenti, il pensiero, gli occhi e la testa nostri non valgano un fico secco.
Silvio Berlusconi: Come sto? Come quello al quale stanno preparando il funerale... Una vita tumultuosa... Gli 820 milioni del Lodo Mondadori, una rapina, una vergogna, al massimo 250 milioni, non posso pagare tanto... Giuro che non ho toccato nessuno, ero convinto che quella fosse la nipote di Mubarak. (La Repubblica, domenica 5 giugno 2011).
Per la serie Inquietanti somiglianze gommose segnalano un’invasione di ultracorpi in atto?: Maurizio Sacconi e Sergio Marchionne.
Sergio Marchionne e Maurizio Sacconi: L’Italia deve cambiare atteggiamento. Venerdì, in Ohio, la gente ringraziava per quello che è stato fatto, invece di insultare. Io non voglio essere ringraziato, ma lo stabilimento Chrysler è stato rilanciato grazie a Chrysler stessa, con l’aiuto della Fiat. Se questo lo si può fare in Usa, è possibile farlo anche in Italia... Gestiremo la vicenda del ricorso della Fiom... Non ho nulla contro la Confindustria, nonostante qualche recente dichiarazione. Ma noi abbiamo degli accordi che hanno ottenuto il consenso della maggioranza dei lavoratori e non possiamo, nonostante questo, trovarci nella situazione di doverci difendere. Non possiamo accettare che l’appartenenza alla Confindustria indebolisca la Fiat. Capisco le ragioni storiche, ma la Fiat viene prima di tutto (Sergio). Traduzione: Gli azionisti della Fiat vengono prima di tutti, e io ancora prima: anche se nessuno mi ha votato o eletto ad alcunché, l’Italia deve assumere l’atteggiamento che voglio io. I Diritti umani e dei lavoratori? Anticaglie storiche. Gli accordi che ho ottenuto ricattando i lavoratori non bastano ad assolvermi da tutto, devo anche difendendermi in tribunale? Berlusconi non si processa e io sì? Ma quando mai! Questo è un insulto! Dall’integrazione tra Chrysler e Fiat nasce un gruppo multilocalizzato nel quale l’Italia dovrà difendere le buone ragioni dei suoi impianti e delle sue funzioni intelligenti dimostrando innanzitutto la loro oggettiva convenienza. Ma mentre il governo, le regioni, gli enti locali e i sindacati riformisti hanno sempre garantito le condizioni più favorevoli, un’alleanza minoritaria tra il sindacato conservatore, settori ideologizzati della magistratura e ambienti delle borghesie bancarie ha più volte rallentato il progresso (Maurizio). (La Repubblica, domenica 5 giugno 2011). Traduzione: L’Italia ha l’obbligo di dimostrare agli azionisti della Fiat la propria convenienza ai loro interessi. E invece purtroppo c’è ancora gente che pensa che i diritti e gli interessi di decine di migliaia di lavoratori e di milioni di cittadini siano più importanti dei profitti di qualche decina di milionari in euro e in dollari.
Giuliano Ferrara mentre stende il bucato durante uno dei suoi liberi servizi.
(su) Giuliano Ferrara: I più fedeli sostenitori di Berlusconi si sono auto-battezzati “servi liberi e forti”. Una definizione singolare e non facile da interpretare, forgiata dal Foglio che fa della “libera servitù” una sorta di nuova divisa fondata sul paradosso. Che cosa vogliono questi “pasionari” che hanno liberamente accettato di servire il Cavaliere. Lo scrive per tutti loro Giuliano Ferrara: vogliono che Berlusconi torni a essere quello che fu nel ’94, rinverdisca la sua grinta e il programma di allora, si ripresenti in questa foggia e si riprenda il suo popolo che gli è sfuggito di mano.
(La Repubblica, domenica 5 giugno 2011).
Per le serie Mamme e Mammoni: Nicola “Nichi” Vendola con la madre Antonietta.
(su) Nicola “Nichi” Vendola: Nichi, cuore di mamma: ritratto di Antonietta, la madre pasionaria di Vendola. Per l’uomo latino il culto della madre è qualcosa di più che una debolezza machista. La battuta di Roberto Benigni nei panni di Johnny Stecchino (gli ho detto che gli avevo ammazzato la moglie, gli ho chiesto scusa; s’è incazzato, nemmeno gli avessi ammazzato la mamma) è teatro civile, la realtà è un’altra. Amare la mamma, in certi contesti, è un debito riconosciuto verso la vita. Lo sa bene il governatore di tutte le Puglie, Nichi Vendola, che nelle ultime amministrative, con gli uomini del suo partito ha avuto le sue belle soddisfazioni. Del resto dietro un uomo di successo c’è sempre, o quasi, una grande donna. Nel caso di Vendola si tratta di Antonietta, sua madre. L’ottantacinquenne signora Vendola è stata una femminista illetterata. Figlia di un impiegato comunale è rimasta orfana di madre a soli cinque anni, insieme a una nidiata di otto fratelli, ma questo non l’ha mai fermata, anzi ha contribuito a forgiare il suo carattere, tanto che da ragazza andava dicendo che avrebbe girato il mondo in autostop, mettendo in soffitta il clichè della classica donna pugliese tutta casa, chiesa e famiglia. Una donna a suo modo rivoluzionaria. Quando venne al mondo Nichi, nell’agosto del 1958, fu lei a presentarsi all’anagrafe di Terlizzi (Bari) e a decidere che il figlio si chiamasse Nicola. Come il santo di Bari, che, oltre ad aver schiaffeggiato il teologo eretico Ario, è anche il patrono di tutte le Russie. Un mondo, quello comunista, a cui Antonietta è appartenuta da sempre (si era in tempi di destalinizzazione e quindi di Nikita Sergeevic Chrušcev). Così, prima di andare in Comune, disse: “All’anagrafe lo registriamo Nicola, però lo chiameremo Nikita, Nichi” (frase riportata anche nel libro di Isabella Marchiolo, 10 grandi donne dietro grandi uomini). Un’indole combattiva la sua, che ha mantenuto negli anni. E che gli ha dato la forza di crescere due medici, un’ottica e un poeta deputato, con lo stipendio del marito Francesco (scomparso nel 2009 a 87 anni), impiegato nelle poste. Sui figli Antonietta ha investito tutto quello che possedeva e tutta la sua energia. E oggi può permettersi di andare in televisione, ospite di una trasmissione, e dire a testa alta dei suoi figli: “Non sono contenta per quello che siete diventati, ma per come siete rimasti”. Come dire che le radici, l’attaccamento alla propria terra e alla famiglia sono valori che non vanno mai dimenticati. Nella formazione di Vendola poca patria, molta matria. Determinata, acuta, attenta, Antonietta è stempre stata il punto di riferimento per il figlio Nichi. Ed è stata lei a dare l’imprimatur al simbolo di diversità (di gusti sessuali) che nella Puglia di allora era l’orecchino: “L’orecchino, come direbbe Roland Barthes, è il punctum: la cosa che ti punge e che ti attira”. Qualcosa di irregolare, soprattutto quando si vive nell’asimmetria della solitudine, lui che era nato per essere simmetrico con il suo gemello. “Io lo volevo, e lo dissi a mia madre”, ha raccontato Vendola. “E allora mettitelo”, ha risposto Antonietta senza scandalizzarsi troppo. “Vai a bucarti le orecchie in gioielleria, un attimo ci vuole. Non è una cosa tanto strana. Una volta lo portavano i carrettieri, lo sapevi?”. Antonietta è anche stata la persona che ha raccolto i primi fremiti politici del futuro governatore di tutte le Puglie e leader di Sinistra, Ecologia e Libertà. “Da piccolo le mie uniche polemiche erano contro Babbo Natale,” ha raccontato il leader di Sel in un’intervista a Oggi del 4 agosto 2010. “Perché trovavo che avesse una concezione castale dei bambini: io ero buono, e vedevo bambini cattivissimi ricevere molti più regali. Gli ho anche scritto una lettera indignata: mia madre se la ricorda ancora”. Antonietta ritorna spesso nei discorsi dell’uomo politico che ha stupito in queste ultime elezioni amministrative, e che colpisce per la sua dialettica a volte un po’ troppo aulica. È il suo faro. “Governare l’istinto di uccidere appartiene al sapere degli uomini, un sapere bellico, di morte. Per questo odio la parola patria e amo la parola matria: mia madre l’ho messa anche sui manifesti elettorali”, ha detto Vendola in un’altra intervista. Il rapporto tra Antonietta e Nichi è profondo e va oltre il tradizionale legame tra madre e figlio. Quando può se la porta anche ai concerti, come quella volta, nel 2010, che insieme andarono a quello di Fiorella Mannoia. Un atto dovuto per Nichi che aveva da poco avuto l’endorsement pubblico della cantante romana. Ma con la madre, appena può, prepara anche i cavatelli con i ceci. Il suo legame con la madre denuncia quello con la terra, con la tradizione. Un aspetto quasi reazionario, nel senso in cui qualcuno ha dato del reazionario a Pier Paolo Pasolini. Quel Pasolini su cui Vendola ha scritto la tesi di laurea.
(Bruno Giurato, Lettera43, domenica 5 giugno 2011).
(su) Mariastella Gelmini: Impazza il toto-nomine per il futuro ministro della Giustizia da sostituire a fine giugno dopo il “parlamentino” del Pidièlle: in pole c’è il vicepresidente della Camera, Lupi. S’ipotizza pure un giro di valzer con la Gelmini alla Giustizia e Lupi alla Scuola. Lei, in privato, dice: “Non ne so nulla e nessuno me lo ha proposto”. (La Repubblica, sabato 4 giugno 2011). La Gelmini alla Giustizia? Come dire che per i giudici si avvicina la Soluzione finale. Di peggio c’è solo il Trota. Ma forse il Trota andrà alla Scuola, e le farà male perfino più dei Lupi.
Matteo Renzi: Al centrosinistra manca uno come Guardiola, l’allenatore del Barcellona, per vincere. (La Repubblica, sabato 4 giugno 2011). Qualcuno, pietosamente, si prenda cura di questo povero pugile suonato.
Per le serie Ma potrebbe trattarsi di un’omonimia: un ministro che si chiama anche lui Frattini.
(su) Franco Frattini: Il 16 marzo, al telefono ci sono il direttore sportivo del Ravenna, Sergio Buffone, e l’albanese Mehmeti. Secondo il gip Guido Salvini, Mehmeti, che risiede a Ravenna, “aveva il ruolo di referente per quanto riguardava l’effettuazione materiale delle scommesse strettamente collegate alle partite di calcio manipolate dall’organizzazione. Alcune di queste scommesse venivano effettuate direttamente in Albania, quando Mehmeti si trovava in patria”. Buffone: “Eh, ti ho detto... ho mandato un messaggio... ti ho detto... com’è andata a Roma?” Mehmeti: “Bene, ma sono stanchissimo”. B.: “Domani è una giornata importante anche per te”. M.: “Certo, ma dobbiamo... dobbiamo vederci senz’altro, noi, eh?” B.: “Eh, no, però domani, adesso non so... ve... ve... rimaniamo d’accordo sempre venerdì mattina... poi domani...” M.: “Mi ha detto anche che il tuo discorso è andato molto bene... lì, eh, però no, non vuole che lo sappia molta gente... mi ha consigliato... mi ha detto anche, chi mi ha chiamato, Giorgio, e ho detto... guarda, io non ho parlato con Giorgio, non so come lo sa, capito?” B.: “In che senso dove? Ma io con lui ho un buon rapporto, quindi problemi non ce n’ho... tra me e lui, problemi non ce n’è”. M.: “Ci ha ricevuto Frattini, eh?” (ministro degli Esteri, annota la polizia, n.d.r.). Buffone: “Ah, ti ha ricevuto, quella persona lì?” Mehmeti: “Frattini, Frattini”. (La Repubblica, sabato 4 giugno 2011).
Per le serie Il referendum è morto e neanch’io mi sento tanto bene: Emma Bonino.
Emma Bonino: Dice che non mi si vede in giro come una volta? Ma a fare che? Una campagna referendaria che non ci sarà? Purtroppo finirà anche questa volta a tarallucci e vino. Faranno secco il referendum sul nucleare e come al solito diranno alla gente di andare al mare... Il referendum è defunto? Diciamo che sta maluccio. (Il Venerdì di Repubblica, 3 giugno 2011). Ti piacerebbe, vero, Emma? Perché tu vuoi le privatizzazioni e vuoi il nucleare. Da quella fondamentalista dell’individualismo, del liberismo e del mercatismo che sei sempre stata.
(su) Giulio Tremonti e il suo avatar al ministero della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini: È illegittimo chiedere soldi alle famiglie per mandare avanti gli istituti scolastici. Lo afferma un recente documento pubblicato nel sito del ministero dell’Economia... La notizia non mancherà di avere strascichi polemici, specialmente dopo che numerosi dirigenti scolastici si sono rivolti alle famiglie per tirare avanti la carretta e sanare i bilanci in rosso. Ultimi in ordine di tempo i 376 presidi dell’Asal, l’Associazione delle scuole autonome del Lazio, che hanno inviato una lettera a migliaia di genitori denunciando “il più imponente taglio nella Scuola della storia italiana del dopoguerra”... Qualche giorno prima, gli studenti del liceo Modigliani di Giussano, in Brianza, avevano deciso di anticipare lo stipendio a dieci docenti precari senza paga da tre mesi. (La Repubblica, giovedì 2 giugno 2011).
Gianfranco Mascia mentre viene allontanato da palazzo Grazioli.
(Clicca sulla miniatura per vederla meglio. E, soprattutto, per vedere meglio i volti degli allontanatori).
(su) Silvio Berlusconi: Gianfranco Mascia, uno dei leader del Popolo viola, è stato allontanato ieri in maniera decisa dalla conferenza stampa di Silvio Berlusconi. Mascia, dalla platea del parlamentino, che si trova all’interno di palazzo Grazioli, ha preso la parola e rivolto a Berlusconi ha detto: “Volevo chiederle se lei sa che porta sfiga agli Italiani e che con i referendum del 12 e 13 giugno sarà spazzato via. Risponda agli Italiani! E dica loro se si farà processare oppure no!” Allontanato dalla sala, è stato poi identificato dai servizi di sicurezza di palazzo Grazioli. (La Repubblica, giovedì 2 giugno 2011). Ma Gianfranco Mascia non è “solo” uno dei leader del Popolo viola. È anche l’uomo che fondò i comitati Bo.Bi. - Boicottiamo il Biscione. E che il 19 febbraio 1994, nel corso di una campagna nazionale contro le attività economiche e politiche di Silvio Berlusconi, fu massacrato da due individui mai identificati. (Vuoi maggiori informazioni? Clicca qui!).
Silvio Berlusconi: Sarebbe facile ridurre le imposte se facessimo ciò che fanno gli altri Paesi sulle pensioni e sul pubblico impiego, ma non lo faremo. (La Repubblica, mercoledì 1° giugno 2011). Traduzione: Volevamo ridurre le imposte ai nostri elettori massacrando ancora di più le persone per bene, ma la batosta che abbiamo preso alle amministrative ci consiglia prudenza.
Per la serie Aiuto, se Berlusconi perde anche i referendum, Bersani non lo fermiamo più: Fioroni e Ceccanti, piddìni berluscisti.
Giuseppe “Beppe” Fioroni (piddìno filoberluscista fioroniano) e Stefano Ceccanti (piddìno filoberluscista veltroniano): Certo che vado a votare ai referendum. Dico solo che è un bene che la prossima settimana ci siano i lavori parlamentari, così la campagna referendaria del Pd sarà un po’ più blanda (“Beppe”). Ma tanto sarà impossibile raggiungere il quorum (Stefano). (La Repubblica, mercoledì 1° giugno 2011).
Per la serie Che bel miracolo sarebbe stato se Pisapia avesse perso!: Massimo Cacciari.
(su e di) Massimo Cacciari... Cacciari 1: Pisapia non ce la farà mai... Non c’è dubbio che settori del Pd convergerebbero su Albertini... Pisapia, se vuole vincere, deve chiedere sùbito l’apparentamento con il Terzo polo... Cacciari 2: A meno di miracoli (sic!) a Milano Pisapia vince bene. Non vedo come la Moratti possa recuperare un divario così ampio. Ma sarebbe stata battibilissima anche al primo turno, se ci si alleava con il Terzo polo... Cacciari 3: Sta all’intelligenza della sinistra capire che non si vince vincendo le elezioni, ma governando bene... Il centrosinistra deve capire che vincere le amministrative non vuol dire avere già in tasca le politiche. E siccome è a quello che bisogna puntare, occorre definire bene qual è la linea, la proposta di governo. E allargare al centro. Finora siamo solo agli annusamenti Bersani - Casini. Si vada oltre, si dimostri (se si vuole prendere in mano la guida dell’Italia) che oltre alla volontà di mandare a casa Berlusconi c’è anche dell’altro... L’unico è Tremonti. Ammesso che il suo rapporto coi leghisti tenga ancora. Ecco, un governo Tremonti che allarghi i cordoni della borsa per gli imprenditori potrebbe rappresentare una prospettiva... (La Repubblica, lunedì 30 maggio 2011, e L’Unità, mercoledì 1° giugno 2011). Le analisi del filosofo, passato dalla complessità di Heidegger alla serenità spirituale e contabile di don Verzè, ormai non ci beccano più, zero. (Rinaldo Gianola su L’Unità di mercoledì 1° giugno 2011).
Per la serie Aiuto, con Bersani il Pd torna a vincere!: il Follini prende le distanze. E le vicinanze.
Marco Follini: Il punto è se il Pd sarà capace di parlare all’elettorato che si sta allontanando da Berlusconi. Ma se gli offriamo bandiere rosse e magliette di Che Guevara rischiamo di spingerli da dove sono venuti... Dobbiamo mettere in ordine le cose: prima fare un progetto, poi la coalizione e poi scegliere il leader e il metodo con cui nominarlo... Ripeto: oggi che Berlusconi lascia il campo moderato non presidiato, l’unico errore da non fare è essere noi ad allontanarci dalla linea di metà campo. (La Repubblica, mercoledì 1° giugno 2011).
Per la serie Ieratiche analogie gestuali: Nicola “Nichi” Vendola e Giuseppe “Beppe” Grillo.
(su) Giuseppe “Beppe” Grillo e Nicola “Nichi” Vendola: Grillo parla senza conoscere la realtà. Quando si fanno proposte serie, si raccoglie il voto anche dei grillini... A Nichi voglio bene. Ma quando va in una città che non conosce, dovrebbe ascoltare più che parlare. (Giuliano Pisapia, La Repubblica, mercoledì 1° giugno 2011).
Beppe Grillo: Ha vinto l’Italia di Pisapippa. Ha vinto il sistema. Quello che ti fa scendere in piazza perché hai vinto tu, ma alla fine vince sempre lui. Che trasforma gli elettori in tifosi contenti che finalmente ha vinto la sinistra o, alternativamente, ha vinto la destra... Fassino deputato a Roma e sindaco a Torino che vuole la militarizzazione della Val di Susa... Vendola che costruisce inceneritori insieme alla Marcegaglia, destina 120 milioni di denaro pubblico della Regione Puglia alla fondazione San Raffaele di don Verzè, padre spirituale di Berlusconi, e mantiene privata la gestione dell’acqua... Il sistema ha liquidato Berlusconi e deve presentare nuove facce per non essere travolto. Se sono vecchie, le fa passare per nuove. Se sono nuove, le fagocita con la tessera di partito e ruoli di rappresentanza... Se Pisapia fermerà almeno la costruzione mostruosa dell’Expo 2015 insieme a quella di CityLife, chiuderà gki inceneritori, taglierà del 75% gli stipendi degli assessori comunali, mi ricrederò. Pensate che lo farà?
(La Repubblica, mercoledì 1° giugno 2011).
Per la serie L’Unto li fa e poi li accoppia: Fontana e Mazzoni.
(su) Gregorio Fontana e Riccardo Mazzoni (pidiellìni deputati): I reduci di Salò come i partigiani e le altre associazioni di ex combattenti, beneficiari anche di contributi statali: è una proposta di legge, firmata dal deputato Gregorio Fontana, pidiellìno, che prevede che possano essere riconosciute dal ministero della Difesa tutte le associazioni di ex “belligeranti”, senza limitazioni di sorta. Partigiani, ma anche ex repubblichini. Il Pd ha tentato di fermare il provvedimento con una proposta di Antonello Giacomelli che prevede di riconoscere solo le associazioni di quanti sono stati “legittimamente belligeranti”, il che escluderebbe i reduci di Salò. Il Pidièlle, con il relatore della proposta di legge Riccardo Mazzoni, respinge l’accusa di aver voluto equiparare partigiani e repubblichini.
(La Repubblica, mercoledì 1° giugno 2011).
Berlusconi secondo Altan su La Repubblica di martedì 24 maggio 2011.
Silvio Berlusconi: Adesso i milanesi devono pregare il buon Dio che non gli succeda qualcosa di negativo. Adesso speriamo che questi qui della sinistra si improvvisino in un mestiere che non hanno mai fatto... A Napoli penso che si pentiranno tutti moltissimo... Ho sentito Bossi, è d’accordissimo ad andare avanti insieme per fare le riforme, che adesso possiamo fare grazie a una maggioranza più coesa... Fisco, giustizia, piano per il Sud e abbattimento dei vincoli che danno il senso dell’oppressione burocratica e fiscale... Il partito adesso farà un ragionamento sulla propria organizzazione che avevamo già in mente per radicarci di più sul territorio. (La Repubblica, martedì 31 maggio 2011).
(su) Silvio Berlusconi: Berlusconi si deve dimettere. E il Parlamento cerchi, in una fase molto stretta di poche settimane, la soluzione di una nuova legge elettorale. Dopo di che si va a votare... Lui dice che andrà avanti? Lo farà affrontando una verifica parlamentare dove dovrà certificare il ribaltone che ha portato a una maggioranza Berlusconi - Scilipoti - Bossi e con la sentenza drammatica delle amministrative sulle spalle. Elezioni che dimostrano inequivocabilmente due cose: la fine della coalizione di governo e l’impotenza della sua azione. Ma ha un’altra strada: si dimette, prende atto del nuovo scenario che si apre e lascia alle Camere la valutazione su una legge elettorale del tutto diversa dall’attuale... Ma il grado di probabilità che si realizzi questo scenario non è molto alto.
(Pier Luigi Bersani, La Repubblica, martedì 31 maggio 2011).
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