Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca
La Terra vista da Anticoli Corrado nel dicembre del 2012
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ScuolAnticoli con le Donne dell’India:
Il femminicidio e le violenze contro le donne sono in aumento in tutti i “sud” del capitalismo finanziario globale: nell’America centrale, nell’Europa meridionale (i “mercati” ci chiamano “pigs”, chissà come chiameranno le donne di qui...), in India. Solo una coincidenza? Certo, i violentatori e gli assassini hanno le loro (bruttissime) storie personali, non sono in alcun modo “un prodotto del capitalismo”. Ma dal momento che il capitalismo finanziario da anni sta intaccando la dignità della stragrande maggioranza degli esseri umani in ogni luogo di lavoro, nelle scuole, negli ospedali e nei trasporti pubblici, e dal momento che i suoi media e i suoi “intellettuali” (di destra e di finta “sinistra”) da anni aggrediscono (in modo tanto “subliminale” quanto martellante) i diritti umani e “violentano” l’immagine stessa dell’essere umano, non è lecito supporre che gli stupratori e gli assassini, pur con le loro personali vicende di distruzione e autodistruzione, trovino più facilmente, in questo clima di “crisi globale dell’umano” (e nelle situazioni di degrado civile che esso produce) le occasioni per colpire i meno difesi, le donne e i bambini? Io penso che un nesso ci sia. Altrimenti, ripeto, come spiegare il fatto che il femminicidio e le violenze contro le donne siano in aumento soprattutto nelle nazioni e nelle aree che più stanno “perdendo” la guerra contro quel nuovo e peculiare nazismo che è il capitalismo finanziario globale? (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com). Post scriptum: su La Repubblica di sabato 29 dicembre 2012, Gabriele Romagnoli, commentando un romanzo di Carrère, scrive: In una scena Limonov, annoiato dal discorso di Solzenicyn in tv, sodomizza la propria moglie. È molto più che gridare: “La corazzata Potemkin è una boiata pazzesca”. È sincerità in azione, connubio di cervello e lombi che sancisce la prevalenza dell’essere sul dover essere. Dissenso verso il dissidente non per conformità al potere, ma al piacere. Per il signor Romagnoli, dunque, violentare una donna non sarebbe conformarsi al potere ma al piacere? Ecco quel che intendo: ovvio che chi la pensa così abbia una storia personale, e che tale storia non sia “colpa della Società”: ma finché esisteranno persone che la pensano così, non sarebbe meglio evitare con la massima determinazione che la Società sia organizzata in modo da mettere una donna in loro potere anche solo per un minuto?
Come lei saprà, gentile signora Antonioli, il Monti Mario ha twittato parole che fanno rabbrividire (o, quanto meno, che fanno rabbrividire chi non ne ha perduto la capacità vivendo troppo lungo accanto a individui troppo gelidi): Insieme abbiamo salvato l’Italia dal disastro (cosa non vera, ma pazienza: in campagna elettorale l’insensata autocelebrazione è ammessa). Ora va rinnovata la politica (frase velenosa perché insinua che la politica non sia Italia, ma il peggio non è questo). Lamentarsi non serve, spendersi sì. “Saliamo” in politica! (La Repubblica, giovedì 27 dicembre 2012). Lamentarsi non serve, gentile signora Antonioli, è una frase, più che violenta, spietata. Frasi così ci si aspetta di udirle da un diavolo cornuto entrando nell’Inferno dantesco, o dal feroce Javert de I miserabili, o da sadici patrigni dickensiani come l’orrendo Murdstone, aguzzino di David Copperfield. O in un lager, addirittura. Poiché la speranza che lamentarsi invece serva, gentile signora Antonioli ― la speranza, cioè, di aver a che fare con un individuo ancora capace di commuoversi ― è l’ultima risorsa dell’essere umano caduto in balìa di chi, per quel che gli sta facendo e per come lo sta facendo, umano non sembra più: è la speranza di ridestare in lui un barlume di umanità, se in lui ve n’è ancora. Mentre chi dice lamentarsi non serve, gentile signora Antonioli, dice la cosa più anti-umana che si possa udire: qui umanità non c’è. Un individuo capace di ciò, gentile signora Antonioli, a me sembra un uomo così disumano, che essere pienamente informati se davvero lo sia e fino a che punto lo sia, è per gli Italiani di vitale importanza. La spietatezza, la disumanità dinanzi alle sofferenze, gentile signora Antonioli, non è qualcosa di privato: può far del male sempre, quale che sia il livello sociale di chi ne è affetto, ma in chi è ai vertici del potere può far del male in misura mostruosa. Perciò la prego, gentile signora Antonioli, di avere il coraggio che ebbe la moglie del Berlusconi, la signora Veronica Lario, quando osò rivelare agli Italiani, sul marito, ciò che altrimenti non avrebbero mai saputo. Questa volta il pericolo potrebbe essere molto più grave, gentile signora Antonioli, poiché questa volta non si tratterebbe di immoralità, ma di quella crudeltà mentale che in un marito contro una moglie può essere dolorosissima, ma in un uomo di potere contro una nazione può essere devastante. Se le cose stiano così, gentile signora Antonioli, solo lei lo sa. Ma se le cose stanno così, gentile signora Antonioli, lei ha il dovere di dirlo. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
(su) Giuseppe Beppe Grillo: Grillo si veste da Babbo Natale, improvvisa comizi su una gru, sospeso nell’aria, oppure si butta a corpo morto sulla folla. È accaduto sabato scorso a Spoleto, c’è un video in cui alla fine del suo discorso si vede il leader del M5S che grida: “Voglio nuotare su di voi, fatevi avanti!” e si tuffa sulla folla che, a braccia protese, lo fa scivolare sopra le teste per una decina di metri. (La Repubblica, giovedì 27 dicembre 2012). Speriamo che “il Signore” lo abbia davvero unto, allora, e per bene: o c’è il rischio che le “braccia protese” delle folle adoranti intoppino in una di quelle “sporgenze” che l’adorazione talvolta induce nei “granduomini”. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Natale 2012. Ringraziando, prima di tutti, il Berlusconi, i berluscisti e i loro elettori. Poi il Monti e i montisti, a partire dal Napolitano, dal Draghi e dal Ratzinger. E, last but not least, tutti quelli che non hanno resistito né agli uni né agli altri. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Monti Mario (estremista di destra del tipo “tecnico”): Vedo che i sondaggi su di me mi danno intorno al 40%; alcuni anche di più. Scalfari Eugenio (massimo comun divisore della Sinistra italiana): Secondo me meriti di più, hai salvato il paese (l’iniziale minuscola è dello Scalfari, n.d.r.) dal baratro in cui stava precipitando. (La Repubblica, domenica 23 dicembre 2012). Ammesso che sia vero che il 40% degli Italiani crede il Monti un salvatore, mi spiace di dover avvisarli che si son fatti abbindolare. Il Monti non ha salvato né il Paese né (ahilui) le tirannie finanziarie che serve: dal “baratro” (cioè da una situazione “greca”, dal default dell’Italia, dall’implosione dell’Europa e dal fallimento di quelle stesse tirannie) il Monti non ci ha allontanato ma bensì avvicinato. Un solo indicatore sembra dire il contrario (il diminuito divario, o spread, tra il valore dei titoli italiani e tedeschi grazie ai prestiti che il Draghi Mario e la Banca centrale europea hanno accordato alle banche affinché acquistassero gli italiani) ed è del tutto illusorio, virtuale, privo di ogni legame con la vera situazione economica, prefallimentare, dell’Italia e dell’Europa (Germania sempre più inclusa). La cosiddetta “agenda Monti” (che non esiste: gli ordini delle tirannie finanziarie son così semplici, nella loro insensata ferocia distruttiva e autodistruttiva, che perfino un Monti è in grado di tenerli a mente senza appuntarseli) non può non fallire, invece, poiché si basa su una presunzione di docilità degli Italiani e degli Europei alla riduzione in schiavitù a cui possono credere solo l’abissale ignoranza e la malevolenza dei naziliberisti. Noi non ci lasceremo ridurre in schiavitù. Come lo impediremo? Non con la violenza, voglio supporre e mi auguro. Forse col voto. Forse con la resistenza passiva e con ogni sorta di pacifico sabotaggio. Non, spero, lasciandoci piuttosto morire. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Monti Mario (estremista di destra del tipo “tecnico”): Fin dall’inizio, nei primi cento giorni del nuovo governo, (...) soprattutto investire nelle scuole superiori, nell’università e nella ricerca. (La Repubblica, domenica 23 dicembre 2012). Incredibile spudoratezza del Monti Mario: proprio lui dice questo? Non si vergogna di far propaganda sulle spoglie della Scuola, lui, il peggior ladrone legalizzato in cui i Bambini e i Ragazzi italiani e la loro istruzione abbiano mai avuto la sventura di imbattersi?... Sì, lo so, ora qualcuno obietterà: Peggior ladrone? Come sarebbe a dire? Ma se i berluscisti hanno tolto alla Scuola miliardi e il Monti solo poche centinaia di milioni? D’accordo. Ma chi è il peggiore dei ladroni? Colui che deruba chi è ancora (relativamente) benestante e può ancora (più o meno) riprendersi dalla perdita subìta, o colui che deruba dei suoi pochi spiccioli il povero mendìco che agonizza sul marciapiede? Chi, tra i due, è il più squallidamente violento? (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Per la serie Donne straordinarie di uomini straordinari, ma anche no: Bompiani Ginevra e Heidegger Martin.
Ginevra Bompiani: Heidegger? I suoi occhi facevano paura. (...) C’era qualcosa di inquietante. (...) Per quel che ne so il suo accecamento politico durò due mesi. E a me è parsa una forma di stupidità. Comunque in quei seminari ebbi la sensazione di avere di fronte un uomo straordinario. (...) Che anno era? Oddio, non ricordo, mi pare fossimo alla metà degli anni Sessanta. Non ho una grande dimestichezza con gli anni... Che rapporto ho con il tempo? Lo stesso che ho con lo spazio: di disorientamento. (La Repubblica, domenica 23 deicembre 2012). Faceva paura? Sì. No, era uno stupido. No, era un uomo straordinario. Come minimo, un po’ confusa. O affetta da una forma di stupidità? Una donna straordinaria, comunque. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
(su) Elsa Fornero (e sul piddìno Gianclaudio Bressa, da lei smascherato come finto sinistro): Ultimo giorno, salutano anche i ministri. Elsa Fornero lo fa a modo suo, prendendosi un’altra bacchettata, questa volta da Fini. Mentre un leghista attacca la politica del ministro del Lavoro, lei platealmente si tappa le orecchie. Il presidente della Camera si arrabbia: “I ministri devono ascoltare i deputati”. Allora la Fornero esce dall’aula e cerca conforto in corridoio. Rincorre il Pd Gianclaudio Bressa e lo blocca: “Sei uno di quelli che ho più apprezzato e stimato”. (La Repubblica, sabato 22 dicembre 2012). Le Tre Fornero-Scimmie: speriamo che ora faccia la terza e taccia. (Composizione grafica suggerita dalla professoressa Noemi Ghetti, che ringrazio di cuore). (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Noi Umani siamo in grado di causare diseguaglianze intraspecifiche di gran lunga più rilevanti di quelle che si producono fra quasi tutti i mammiferi sociali. Però, nelle condizioni molto difficili in cui vissero i nostri antenati per decine di migliaia di anni, e considerando che per un tempo forse analogo la consistenza di ogni comunità non superò le poche centinaia di persone, tutte indispensabili alla comunità stessa, è lecito supporre che ogni minima disparità nell’accesso alle risorse e alle conoscenze e nel mantenimento di condizioni psicofisiche ottimali avrebbe messo a rischio la sopravvivenza dell’intera comunità. Non solo: se tali diseguaglianze si fossero verificate non in pochi gruppi isolati ma in tutti (come sarebbe certo accaduto se la tendenza a produrle fosse innata) le minori abilità fisiche e mentali e le sofferenze così arrecate a una parte rilevante della popolazione umana complessiva avrebbero causato una “deriva” epigenetica tale da compromettere le migliori caratteristiche della specie e da metterla addirittura a rischio di estinzione. Mi sembra perciò più verosimile immaginare che l’Umanità, distinguendosi da altre specie sociali anche per una naturale “intolleranza alla diseguaglianza”, abbia per millenni “istintivamente” vigilato contro di essa come contro ogni altro pericolo e, per quanto possibile, cercato di eliminarla o almeno di ridurla, ogni volta che si riformava, dividendo le risorse in modo che nessuno rimanesse fisicamente indietro rispetto agli altri e facendo sì che ogni conoscenza e/o abilità fosse condivisa da tutti. E che questa vigilanza si sia allentata, a partire dal Neolitico e in società più “evolute”, via via che i ceti dominanti, “drogati” dal proprio crescente benessere, cadevano nel delirio di credere di poter conservarsi e progredire da soli. Se le cose stessero davvero così, il tasso di diseguaglianza intraspecifica sarebbe correlato alla possibilità di restare umani non tanto dei singoli individui, quanto dell’intera specie. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Ilda Boccassini oggi nella fabbrica del fango del berluscista Chi come Aldo Moro nel 1964 nella fabbrica del fango del fascista Il Borghese. Cambiano gli obiettivi nel mirino, ma lo “stile”, il metodo (e l’abiezione, umana e professionale) paiono identici. (La pagina di Chi è tratta da La Repubblica di giovedì 20 dicembre 2012, quella de Il Borghese dal n°29 di giovedì 16 luglio 1964. Aldo Moro fu seguito, spiato e fotografato dai fascisti de Il Borghese per anni. Clicca sull’immagine se vuoi renderla più leggibile, ma attenzione: le didascalie, alla luce di quel che poi accadde, fanno davvero orrore). (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Spiegare un Film a un Bambino: Mon oncle, di Jacques Tati. (Le schede di Spiegare un film a un bambino sono per bambini e ragazzi di Quinta elementare, Prima, Seconda e Terza media. Sono scritte, perciò, il più semplicemente possibile. Ma non sono affatto semplicistiche. Vuoi servirtene? Fai pure. Ma non spezzettarle, non alterarle e... non dimenticare di citarne l’autore!)
Il Nulla, ne La storia infinita, vuole distruggere tutto. In Mon oncle, invece, che è di vent’anni prima, voleva costruire tutto. Ma tra i due Nulla c’è poca o nessuna differenza. Con Mon oncle, splendido frutto della maturità di Jacques Tati, il 1958 compie uno di quei balzi in avanti che solo il genio umano può concepire e si ritrova nel 2012: in un mondo, il nostro, ormai del tutto incapace di star fermo, e dove milioni di microscopici mutamenti fervono come in una pentola in perenne ebollizione producendo cambiamenti giganteschi. Tramutando tutto in nulla? Come nel 1979-2012 di Michael Ende, nel 1958-2012 di Jacques Tati è in corso una lotta all’ultimo sangue, che però non sembra così drammatica, tutt’al più patetica, e al tempo stesso è così divertente da apparire inoffensiva: la lotta del nuovo contro il vecchio, del futuro contro il passato, della velocità contro la lentezza, della modernità e del progresso contro le anticaglie che non si rassegnano ad adeguarsi o a sparire. Solo che il cosiddetto “nuovo” è rappresentato (e perciò inficiato) da monsieur e madame Arpel, che vivono, pienamente soddisfatti di sé, in una casa avveniristica ed ipertecnologica “dove tutti gli ambienti comunicano”, come essi dicono agli ospiti, ma dove gli esseri umani, ridotti a ingranaggi, comandati a bacchetta e costretti a una sorta di danza ininterrotta dagli scatti e i rumori dei loro perfetti macchinari, non comunicano più e stanno perdendo la capacità di soffrire e di gioire gli uni degli altri: stanno perdendo gli affetti, cioè, e con essi scompaiono anche loro: li sta divorando il nulla. Il campione del “vecchio”, invece, è monsieur Hulot, fratello di madame Arpel e “pecora nera” della famiglia, che risiede in un delizioso vecchio quartiere di stradine tranquille, di graziosi edifici cresciuti un po’ alla volta secondo l’estro, di balconi fioriti, di bistrot, di mercatini: un quartiere dove i cani randagi trovano da mangiare e non rischiano d’essere investiti, i bambini giocano per la strada e i grandi coltivano le virtù e i piaceri della reciproca compagnia, della lentezza e del lavorare senza strafare, cesellando la propria opera, per quanto umile, con la dedizione che fa sentire ogni uomo un artista. Tra gli Arpel e Hulot, “messo in mezzo” come tutti i bambini, strattonato dal “nuovo” trionfante (ma così deserto) e tuttavia misteriosamente attratto dal “vecchio” morente (ma intanto così vivo) il piccolo Gerard, figlio dei coniugi Arpel e nipote di monsieur Hulot, è un bambino che è felice solo quando lo zio viene a prenderlo con la sua bicicletta motorizzata, o con il carretto dell’amico rigattiere, e lo porta in quel rione che fa inorridire papà e mamma, ma che a lui sembra un villaggio delle favole... (Clicca qui per continuare a leggere!). (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
(su) Enrico Letta: Enrico Letta, il vicesegretario del Pd, è in missione a Wall Street per incontrare alcuni capi di hedge funds, banche d’affari e di investimento, e per convincerli che il centrosinistra continuerà su una linea europeista e di tenuta dei conti pubblici. (La Repubblica, sabato 15 dicembre 2012). (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Non è complottismo né populismo, ma una constatazione di fatto: la situazione dei trasporti pubblici non di lusso, in Italia (comprese le autostrade e le strade urbane ed extraurbane) non sarebbe peggiore neanche se fosse il risultato di una strategia di umiliazione quotidiana degli esseri umani. A quale scopo? Aggredire e smantellare, giorno dopo giorno, la dignità, la stima di sé, il sapere cosa si può e cosa non si può fare a una persona, e perfino il senso del decoro e della pulizia personale, di milioni di esseri umani. Impossibile, incredibile, insensato? Solo se non vediamo che la medesima strategia è in corso nelle scuole contro i bambini e i ragazzi, nei luoghi di lavoro pubblici o privati contro le donne e gli uomini, negli ospedali contro i malati, sui media contro gli anziani, al lavoro o in pensione, additati come un peso insostenibile per la nazione e per il mondo. Vedendo tutto ciò, cogliendo i nessi, come non supporre che l’umiliazione quotidiana di milioni di esseri umani, in Italia e in tutto l’Occidente, sia l’esito di una strategia? E se non vogliamo supporlo (per non essere, oltre che umiliati, chiamati populisti e complottisti e paranoici) quali altre ipotesi possiamo formulare su questi fatti che constatatiamo ogni giorno, e che ogni giorno vediamo aggravarsi? Non ne rimane che una: che l’intera classe dirigente non distingua più l’umano dal non umano. Che l’intera classe dirigente, cioè, (non solo i politici: anche i grandi imprenditori, anche i responsabili dei media, anche gli intellettuali che contano) sia mentalmente malata, in modo assai grave, e non se ne renda conto. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Dice il Bersani Pier Luigi, candidato presidente del Consiglio in forza del mio e di qualche altro milione di voti: Mario Monti è una risorsa per l’Italia, e farebbe bene a tenersi fuori dalla campagna elettorale. Resto dell’idea che sia questo il modo migliore per preservare ruoli futuri. E Monti, lo confermo, deve averne uno importante nel nostro Paese. (La Repubblica, venerdì 14 dicembre 2012). Bersani Pier Luigi, io sottoscritto e qui presente, Luigi Scialanca, di professione insegnante, dopo aver per 41 anni votato Pci, Pds, Ds, Pd e per te personalmente come segretario del Pd e ora come candidato presidente del Consiglio, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali oggi ti dico che il Monti Mario non è una mia risorsa perché è un uomo di destra, se non di estrema destra. E che io, pertanto, né nel 2013 né mai più darò il mio voto a un partito che crede quell’individuo una risorsa per l’Italia e medita di assegnargli ruoli futuri. Tiettelo per detto una volta per tutte, Bersani Pier Luigi: con i miei migliori saluti a casa, alla famiglia e soprattutto al gatto di casa, se ne hai uno. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Per la serie Orientatori di teste dall’Ottocento a oggi: Moritz Schreber, psichiatra sadico (1808-1861), uno degli apparecchi pseudo-ortopedici con cui induceva certi genitori a torturare i figli e (naturalmente ancor più a destra) il Monti Mario (clicca sull’immagine per renderla più leggibile, se te la senti).
Mario Monti (estremista di destra il cui linguaggio è talvolta ancor più di destra): Basta a facili scorciatoie e promesse illusorie che fanno leva sulle visioni viscerali dei cittadini. (La Repubblica, domenica 9 dicembre 2012). La politica credo sia prima di tutto cultura, cioè cercare di orientare le teste delle persone, e sono sicuro che, qualsiasi veste mi tocchi in futuro, continuerò a farlo. (La Repubblica, mercoledì 12 dicembre 2012). A questo punto c’è di che essere preoccupati anche per lui. Sta bene, uno che parla così? Uno che sproloquia che i cittadini vedano con le viscere? O dove l’ha viste mai, il Monti, le interiora con gli occhi? In quale incubo? Per non parlare di quel suo vedersi e raffigurarsi come un orientatore di teste. La prossima volta come si sognerà? Intento a cavare gli occhi a chi (secondo lui) non ci vede bene, come in un racconto di Hoffmann? Più che “tedesco”, l’individuo si direbbe gotico. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Angela Merkel (estremista di destra a capo del governo tedesco): Tocca agli italiani scegliere, ma io sostengo e ho sostenuto dall’inizio le riforme avviate da Mario Monti e sono certa che il popolo italiano farà sicuramente una scelta giusta che sicuramente permetterà al paese di procedere sul proprio cammino. (La Repubblica, mercoledì 12 dicembre 2012. Le iniziali minuscole delle parole Italiani e Paese sono della Merkel e/o de La Repubblica). Joerg Asmussen (membro tedesco del board della Banca cemtrale europea): Chiunque dopo le elezioni governi in Italia, sappia che dovrà continuare sulla linea del risanamento impostata da Monti. (La Repubblica, lunedì 10 dicembre 2012). (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Per la serie Ehi, tu, dici a me?: Il popolo di Twitter pesantemente insultato dal Ravasi Gianfranco.
Gianfranco Ravasi (dipendente di Joseph Ratzinger in qualità di cardinale): Gesù va all’interno del groviglio dell’umanità: va dove erano i pubblicani, le prostitute, i peccatori, le cattive compagnie. Per questo è giusto andare su Twitter e non restare solo nell’alone dell’incenso. (L’Unità, mercoledì 12 dicembre 2012). Il popolo di Twitter ringrazia il Ravasi Gianfranco per gli insulti e glieli ritwitta con gli interessi. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
(Vuoi scaricare il testo che segue? Clicca qui se lo vuoi in pdf e qui se lo vuoi in word).
Enrico Letta: Non penso che Monti tornerà alla Bocconi e sarebbe negativo se lo facesse. In questo anno Monti e Bersani si sono intesi bene, sono certo che troveranno la soluzione migliore. Vorrei aggiungere che le primarie hanno dimostrato il grande ruolo che Renzi ha avuto nel regalare nuovi consensi al Pd: sarebbe un errore se non creassimo le condizioni per farlo uscire dalla città di Firenze, spero che al più presto sia in pista al fianco di Bersani nel guidare la nostra coalizione verso le elezioni. (La Repubblica, lunedì 10 dicembre 2012). Qualcuno per caso si sta domandando come mai io ce l’abbia così tanto col Letta Enrico? Bene. Cominciamo dal gennaio 2009, quando il Letta Enrico, agli ordini del Veltroni Walter, era ministro-ombra (o, per meglio dire, ombra di ministro) del Lavoro. E ragionava così: Vogliamo essere un partito temporaneamente all’opposizione o una forza strutturalmente minoritaria? Nel secondo caso dobbiamo rendere soddisfatti di sé gli elettori progressisti, richiamarci alla piazza, agli scioperi generali, alla diversità morale... e vivere contenti e perdenti. Altrimenti, cominciamo a lavorare per sedurre l’elettorato moderato. Due mesi dopo, nel marzo 2009, ecco il Letta Enrico duettare con l’Ichino Pietro contro i lavoratori e i pensionati: Chi paga la disoccupazione? Una parte del Pd non ha dubbi: i lavoratori. In due maniere: per Enrico Letta e l’economista Nicola Rossi, i fondi possono essere raccattati agendo sulle pensioni: aumentando l’età pensionabile, a partire dalle donne, e tagliando la quota dello stipendio che transita nell’assegno previdenziale. Per Pietro Ichino, abrogando di fatto l’articolo 18, rendendo più facili i licenziamenti e cancellando la protezione “alta” del welfare italiano, cioè la cassa integrazione. Maggio 2009: il Letta Enrico, in compagnia del Penati Filippo, del Merlo Giorgio e del Chiamparino Sergio, solidarizza coi respingimenti in mare decisi dal leghista Maroni, allora ministro degli Interni. Dicembre 2009: il Letta Enrico s’inventa un nuovo “diritto”, riservato però al solo Berlusconi Silvio: quello di difendersi non soltanto “nei” processi, ma anche “dai” processi. Giugno 2010: il Letta Enrico si scaglia contro i magistrati in sciopero. In sciopero contro chi? Ma contro il governo Berlusconi, che domande: altrimenti, perché mai il Letta Enrico li avrebbe attaccati? Sempre nel giugno 2010 il Letta Enrico dichiara a più riprese (vedi qui e qui) che il Pidì deve dialogare con la Lega Nord: per dirsi e/o promettersi che cosa, lo sa solo lui. Agosto 2010: al meeting di Rimini, in compagnia del Rutelli e del Violante, il Letta Enrico gongola per gli entusiastici apprezzamenti di Comunione & liberazione: non è la prima volta, e non sarà l’ultima. A ottobre 2010 una “prodezza” che oggi, a distanza di due anni e in pieno napolitano-montismo, sembra quasi perdonabile: il Letta Enrico si scaglia contro la Fiom, “colpevole” di manifestare contro il governo Berlusconi. Pochi giorni dopo, a un convegno dei cosiddetti “giovani” della Confindustria, si fa acclamare illustrando un’agenda di governo che allinea quasi tutti i punti indefettibili confindustriali. Novembre 2010: il Letta Enrico solidarizza (contro Roberto Saviano, “colpevole” di aver detto che la camorra infesta anche il Nord) col leghista Maroni Roberto. Febbraio 2011: il Letta Enrico si dichiara disponibile a discutere di un eventuale governo Maroni. Maggio 2011, cominciano le grandi manovre napolitano-montiste: il Napolitano Giorgio cita Giolitti per attaccare Pier Luigi Bersani, e il Letta Enrico (insieme, oh guarda caso!, al Renzi Matteo e al Gentiloni Paolo) si precipita a dargli ragione. (Oggi il Letta si finge bersaniano, lo so, con la stessa faccia tosta con cui si è sempre finto di sinistra, ma un anno e mezzo fa non era ancora così furbo). Luglio 2011: il Letta Enrico (per la serie Vendiamo l’Italia e scappiamo) dichiara: È arrivato il momento di cominciare a parlare di privatizzazioni. Penso a Poste, Ferrovie, Eni, Enel, Finmeccanica e alle 20.000 aziende partecipate dagli enti locali. Agosto 2011: il Letta Enrico, intervistato dal vescovile Avvenire, intima: Ci vuole un patto Bersani-Casini-Alfano-Maroni per salvare il Paese. Settembre 2011: tra saluti romani, statuette del cosiddetto duce e applausi di Casa Pound, il Letta Enrico (in compagnia dei finti-sinistri suoi camerati Gentiloni, Fioroni, Civati, Gasbarra, Binetti, Veltroni e Violante) partecipa al raduno neofascista Atreju 11. Ottobre 2011: il Letta Enrico si scaglia contro Pier Luigi Bersani (“colpevole” di aver detto che anche se disponibili al governo di transizione, il nostro progetto non è quello, se no ci finiremo sotto come un camion) e contro Stefano Fassina (“colpevole” di aver detto che la lettera di Trichet e Draghi conteneva una ricetta “iniqua e irrealistica” e che la Bce (Banca centrale europea) “è una istituzione senza legittimazione democratica e limitata dal suo statuto al controllo dell’inflazione”). Sì, lo so (e lo ripeto) che oggi il Letta si finge bersaniano con la stessa faccia tosta con cui si è sempre finto di sinistra, ma un anno fa non era ancora così furbo. Ancora ottobre 2011: Mario Draghi è l’invitato d’onore (e, prima di andare a presiedere la Banca centrale europea, pronuncia il suo ultimo discorso da governatore della Banca d’Italia) di un seminario a porte chiuse organizzato nell’abbazia di Spineto dall’intergruppo parlamentare di sussidiarietà del cattoberluscista Maurizio Lupi e di Enrico Letta. Ancora ottobre 2011: il Letta Enrico partecipa al convegno dei cattolici a Todi, pieno zeppo di futuri ministri del governo Monti (ma per il momento lo sanno solo gli artefici dell’ormai imminente golpe soft) e dichiara: Il Forum dei cattolici a Todi è una sveglia suonata alla politica italiana e all’intero Paese, e quindi ai due principali partiti. E arriviamo, così, al fatidico 18 novembre 2011, quando il Letta Enrico (membro, come il Monti, della famigerata Commissione Trilaterale) fa pervenire al Monti medesimo un bigliettino che il neopresidente del Consiglio incautamente esibisce in Parlamento, guadagnando così al Letta Enrico il meritato soprannome di scilipoti del montismo. Potremmo continuare, ma quanto ricordato fin qui è sufficiente e avanza: sì, ce l’ho tantissimo col Letta Enrico, ma son convinto che questo tantissimo mi sembrerebbe niente, se di lui sapessi davvero tutto. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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(Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Per la serie Gli straordinari successi del montismo: il ritorno di Berlusconi.
Eugenio Scalfari (massimo comun divisore della Sinistra italiana): A questo punto saranno i cittadini elettori a chiudere la partita. Molti dicono che il popolo sovrano è dotato di un deposito di saggezza che vede più lontano e più lucidamente di quanto non accada alla classe dirigente. Lo spero anch’io, ma non lo darei per scontato. Una parte importante di cittadini ragiona con la propria testa e tiene a bada quella parte emozionale che c’è in ciascuno di noi e che si regola sull’immediato presente. Ma un’altra parte vive di emozioni e dà retta a false promesse e ad illusioni prive di qualunque riscontro con la realtà. In ogni Paese esiste una massa di elettori che cade in preda a demagoghi e a venditori di paradisi artificiali, ma da noi purtroppo questa massa ha più consistenza che altrove. Chi pratica il gioco delle tre carte e chi vende San Pietro o il Colosseo ha sempre trovato compratori. Berlusconi è un venditore formidabile, in questo non ha rivali ed è la ragione per cui è già stato votato per cinque volte di seguito da milioni di italiani che hanno creduto in lui anche quando il Paese stava precipitando. È possibile che gli credano ancora? (La Repubblica, domenica 9 dicembre 2012). 1° Non è vero che la parte emozionale che è in ciascuno di noi sia stupida come lo è negli individui che l’hanno disprezzata e umiliata per tutta la vita. Vero è l’opposto: sciocchina è la razionalità astratta, come le elucubrazioni dello Scalfari Eugenio sembrano dimostrare ogni domenica. Nessuno pretende che lo Scalfari Eugenio legga Massimo Fagioli: temo che non ne sia all’altezza. Legga almeno Damasio, però: non è la stessa cosa, ma per lo Scalfari Eugenio basta e avanza. 2° Paura del Berlusconi, Scalfari Eugenio? Sa, vero, che se il Berlusconi riuscisse a tornare al potere, il napolitano-montismo e i suoi lacchè repubblichini sarebbero condannati dalla Storia per i secoli dei secoli? Stia tranquillo, Scalfari Eugenio: fra qualche mese vedrà che il Popolo sovrano è molto più saggio di lei e di quanto lei crede. E mediti, intanto, sulla verità lapalissiana che se avessimo votato un anno fa, come il golpe soft napolitano-montista e i suoi lacchè repubblichini ci hanno purtroppo impedito di fare, presidente del Consiglio sarebbe da un anno Pier Luigi Bersani, il Paese starebbe molto meglio, il Berlusconi sarebbe (politicamente) morto e sepolto da un pezzo e lei, Scalfari Eugenio, non si sentirebbe pendere sul capo la damnatio memoriae che in queste ore le fa tanta paura. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
(su) Francesco Profumo (estremista di destra addetto dai napolitano-montisti alla Soluzione Finale del problema dei Bambini e dei Ragazzi italiani per il sistema finanziario globale) ecco il comunicato della Flc Cgil che ho ricevuto via mail lunedì 10 dicembre 2012. Una questione da “addetti ai lavori”? Forse sì, ma che aiuta a capire in quanti modi, piccoli e grandi, i napolitano-montisti (eredi e peggioratori dei berluscisti) stanno aggredendo la Scuola e gli insegnanti per far del male al vero obiettivo del loro odio: i bambini e i ragazzi italiani. (Clicca sul volantino, se vuoi renderlo più leggibile!). (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Per la serie Facce che sprizzano intelligenza: Ornaghi Lorenzo.
(su) Ornaghi Lorenzo (cattofascista che i napolitano-montisti hanno fatto ministro per la distruzione della Cultura italiana): Finalmente rivelati i progetti del ministro Lorenzo Ornaghi. Rispondendo con solo nove mesi di ritardo a una lettera firmata da oltre cento direttori di musei, archivi, biblioteche che lamentavano lo stato deplorevole dei beni culturali e il nessun riconoscimento dei loro meriti e del loro lavoro, il ministro ha parlato chiaro (Corriere della sera, 8 dicembre): bando alle ciance, la vera priorità del nostro tempo è “evitare a ogni costo il diffondersi della peste dell’invidia e delle gelosie sociali”, che porterebbero a “un incattivimento della società italiana più pericoloso dello spread, più nefasto di ogni immaginabile stallo dei partiti o del sistema rappresentativo-elettivo”. Ecco dunque l’agenda Ornaghi: la pace sociale si raggiunge rinunciando a invidie e gelosie, ognuno si accontenti del suo stato, zitti e mosca. (...) Per troppo tempo abbiamo sperato che la destra “colta e pulita” del governo Monti segnasse un progresso rispetto alla destra becera e incolta dei governi Berlusconi, ma almeno in questo caso non è così. Sarà forse per carità cristiana, ma certo Ornaghi ha voluto dimostrare urbi et orbi che il povero Bondi non era, dopotutto, il peggior ministro possibile. Bisogna ammetterlo, ce l’ha fatta. (Salvatore Settis su La Repubblica di lunedì 10 dicembre 2012). Ho il massimo rispetto per il professor Settis. Lo considero uno dei pochi intellettuali italiani che non disonorano l’Italia ma la illustrano e, per così dire, la salvano agli occhi del mondo. (La stimo così tanto, professor Settis, che la prego di dissimulare, almeno un po’, la sua intelligenza e la sua passione, o non vi è alcuna speranza che i futuri governi, anche se di sinistra, ci facciano mai il regalo di farla ministro). Ed è col massimo rispetto, dunque, che mi permetto di farle osservare che non tutti hanno sperato per troppo tempo nel governo Monti. Io, per esempio, non ho sperato neanche un’ora. Perché vede, professor Settis, è proprio la destra “colta e pulita” a produrre la destra “becera e incolta”, sono i “tecnici” razionalmente gelidi che (nelle università, nelle scuole, nei media, nei circoli più o meno culturali, giù fin nelle famiglie) depongono le “uova” mostruose del cinismo fascista e nazista. Che l’Ornaghi sia peggio del Bondi, dunque (così come la Fornero è peggio del Sacconi e il Profumo è peggio della Gelmini) non è strano, non è un ulteriore colpo di un qualche “destino cinico e baro” che si accanisce contro di noi: era ovvio da sùbito. Bastava sapere che il Monti veniva dalle tirannie finanziarie globali, vederlo accanto al papa all’aeroporto, udir la moglie raccontare, candida, che il marito “aveva avuto poca confidenza coi figli, finché non avevano imparato a parlare”, per capire con quali individui stavamo cominciando ad avere a che fare. Facciamo tesoro di queste esperienze una volta per tutte, professor Settis: più son razionali, più son freddi, più son “tecnici”, più mostruoso è l’orrore (altro che bunga-bunga!) che certi uomini covano dentro. Anche se, ovviamente, son più bravi a nasconderlo. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
E, insieme a loro, accuso chiunque li abbia votati; chiunque abbia contribuito a far loro conseguire il potere di cui si sono serviti contro i Bambini e i Ragazzi italiani e contro la loro Scuola; chiunque al potere li abbia sostenuti e serviti. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com). (Post scriptum: e il Profumo Francesco intanto che fa? Se la spassa al San Carlo: L’altra sera, nello stesso giorno della sparatoria, il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, era all’inaugurazione della stagione lirica al San Carlo. In fondo, quanti chilometri separano il nostro quartiere dal teatro San Carlo? La nostra testimonianza, il mestiere di educatore è fatto soprattutto di presenza, anche fisica, e di ascolto. Di piccoli esempi quotidiani. Il ministro non può certo risolvere la faida di Scampia con una visita, ma avrebbe dimostrato vicinanza, un piccolo ingrediente che serve a infondere fiducia. Qui siamo tutti assetati di fiducia. Ma mica a Scampia: nel Paese, intendo. (Maria Chiummariello, dirigente della scuola elementare Il giardino di Montale di Scampia, Napoli, intervistata da Conchita Sannino su La Repubblica di venerdì 7 dicembre 2012). La dignità di una educatrice dinanzi all’indegnità di un ministro. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Ecco come il governo Monti ha restituito all’Italia il posto che le spetta nel mondo: in un anno, siamo scesi dal 69° al 72° posto nella classifica mondiale della corruzione. (La Repubblica, giovedì 6 dicembre 2012). (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Il commento del giudice Antonio Ingroia: In Italia, sono sicuro, inizieranno presto gli attacchi alla Procura di Palermo, proprio per questa decisione della Consulta. Presto? Sùbito! E la prima “corona di fiori”, guarda caso, è quella dello Scalfari Eugenio, supremo lacchè del napolitano-montismo e massimo comun divisore della Sinistra italiana: Resta l’indebito clamore che alcune forze politiche e alcuni giornali hanno montato attorno a questi fatti lanciando accuse roventi, ripetute e immotivate contro il Capo dello Stato. Se fossero in buona fede sarebbe il momento di chiedere pubblicamente scusa per l’errore commesso, ma siamo (sic, lo Scalfari usa il nos maiestatis, a forza di prestar servizio al Quirinale si sente forse un pochino presidente anche lui, n.d.r.) certi che non lo faranno. Coglieranno anzi l’occasione per estendere l’accusa di faziosità e di servilismo alla Corte costituzionale (no, tranquillo, Eugenio: l’accusa di servilismo è tutta tua e non te la toglie nessuno, n.d.r.) imitando in questo modo l’esempio fornito da Silvio Berlusconi tutte le volte che attaccò la “Consulta comunista” per aver cassato alcune leggi ad personam proposte da lui o dal suo partito. Quello compiuto da alcune forze politiche e mediatiche non è dunque un errore commesso in buona fede ma una colpevole quanto irresponsabile posizione faziosa ed eversiva che mira a disgregare lo Stato e le sue istituzioni. Sembra quasi un fascismo di sinistra. (La Repubblica, mercoledì 5 dicembre 2012). Tra i colpevoli, irresponsabili, faziosi, eversivi e fascisti di sinistra, lo Scalfari Eugenio include evidentemente anche il professor Franco Cordero. Che domenica 2 dicembre, ospite della “forza politica e mediatica” intitolata La Repubblica, ha scritto fra l’altro: Costa qualche fatica tradurre in lingua giuridica l’enfasi mistica effusa nel ricorso ma tentiamo. Il Presidente parrebbe non ascoltabile dai profani fuori del circuito pubblico, a meno che vi consenta: in pratica stabilisce lui, post eventum, se fosse fas o nefas udire; ad esempio, non gli dispiacevano i nastri contenenti dialoghi virtuosi sui terremotati con Guido Bertolaso, captato a proposito d’appalti. Stavolta, come allora, nessuno lo spiava: cade nella rete rispondendo a N. M. che invoca soccorso contro dei pubblici ministeri; i quali, ignari, non violavano alcun obbligo. Ma stando al ricorso, lo scenario muta dall’istante in cui riconoscono la Voce. Lì scattano obblighi negativi (espellere dalla memoria suoni e parole o almeno tacerli) e positivi (distruggano clandestinamente l’empio materiale, subito). Enfasi mistica, abbiamo detto. Esiste un precedente nello Statuto albertino... (...) Esiste qualcosa d’analogo nella Carta repubblicana votata lunedì 22 dicembre 1947 dall’Assemblea Costituente? Quesito stravagante, sottintende nostalgie reazionarie... (...) Va in scena un raro caso clinico. Chi avrà ragione? Lo Scalfari Eugenio che dà del fascista di sinistra al professor Franco Cordero o il professor Franco Cordero che dà del raro caso clinico allo Scalfari Eugenio e al suo pseudomonarca cattocomunista? Io non ho dubbi: preferisco la cattedra al pulpito, e di gran lunga. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Titoli de La Repubblica di mercoledì 5 dicembre 2012. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Per la serie Chi lo fa con la sinistrella e chi con la destrella: Tommaso Giuntella e Rino Fisichella.
Rino Fisichella (dipendente di Joseph Ratzinger, in qualità di presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, del quale vedi qui gli aspri rimbrotti agli ecclesiastici che si permisero di criticare le leggi berlusciste e leghiste contro i Migranti, e qui il dibattito con Pier Luigi Bersani dell’ottobre 2011): L’altra sera, vicino a Bersani, c’erano due ragazzi e una ragazza che salutavano a pugno chiuso. Mi domando: cosa c’è di nuovo in questo? (La Repubblica, martedì 4 dicembre 2012). Risposta che si meritava: Tu, servo di un’ideologia vecchia di duemila anni di crimini contro l’Umanità, ti permetti di chiamare vecchio il mio pugno chiuso? Se non mi facessi piangere mi faresti ridere. Risposta che invece gli ha dato Tommaso Giuntella, coordinatore nazionale dei giovani per Bersani: Sono rimasto ferito dalle sue parole. Io, frequentando la Chiesa e gli scout da quando ero bambino, sono abituato a essere chiamato da parte dai miei pastori, di cui accolgo gli insegnamenti e le critiche, piuttosto che essere richiamato così (La Repubblica, mercoledì 5 dicembre 2012). Traduzione: Un domani, se sarò deputato o quant’altro, prego umilmente e devotamente monsignor Fisichella di rimproverarmi in privato: vedrà che gli ubbidirò all’istante. La Repubblica su Giuntella: Ha ventotto anni e una militanza politica da predestinato, serrata, concentrata, imbevuta di testi cattolici, filosofia e scoutismo... Il suo film preferito è Mission... la parrocchia Cristo Re a viale Mazzini e, poco dopo, la sezione, quella storica, di cui Tommaso diventa segretario... Tommaso parla di continuo di padri, maestri, pastori... Un’esistenza che si dipana più o meno nel giro di un chilometro quadrato, tra il gruppo scout (8 anni) e il liceo classico al Dante, dove debutta in politica (16 anni)... Le sue frasi: “Bisogna stare coi piedi nel fango, ma con gli occhi verso il cielo”... “Il Vangelo è portatore di un’idea radicale”... “L’umiltà è veramente rivoluzionaria, e questa è una cosa anche molto evangelica. Il mio motto è: dove serve, servirò”. (Francesca Giuliani, La Repubblica - Roma, mercoledì 5 dicembre 2012). E io, che ho chiamato chierichetto il povero Renzi Matteo, ora chiedo scusa a tutti: ’sto Giuntella, quanto a chierichetto, dà dei punti non solo al Renzi ma perfino al Fisichella medesimo. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Michela Marzano (sulla quale vedi anche qui e qui): Nessuno ha un accesso immediato all’interiorità altrui, esattamente come nessuno riesce a darsi agli altri senza passare attraverso la mediazione dell’apparenza. Ecco perché ognuno di noi viene giudicato sulla base di come si veste o si muove, di come parla e di come si atteggia. (La Repubblica, domenica 2 dicembre 2012). Poverina, come dev’essere infelice... (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Spiegare un Film a un Bambino: La storia infinita, di Wolfgang Petersen. (Le schede di Spiegare un film a un bambino sono per bambini e ragazzi di Quinta elementare, Prima, Seconda e Terza media. Sono scritte, perciò, il più semplicemente possibile. Ma non sono affatto semplicistiche. Vuoi servirtene? Fai pure. Ma non spezzettarle, non alterarle e... non dimenticare di citarne l’autore!)
Il film di Petersen si discosta dal libro abbastanza spesso, e talvolta su questioni di notevole importanza. Attenua, per esempio, l’antipatica freddezza del padre di Bastian mostrandolo interessato al figlio (ma facendogli pronunciare delle battute insensate e violente come: “Basta fantasticare! Affronta la realtà!”) mentre nel libro, invece, l’uomo è indifferente a tutto da quando è morta la mamma di Bastian. E poco dopo, nella misteriosa libreria in cui Bastian si nasconde ai tre teppistelli che lo tormentano, il regista fa dire al signor Coriandoli una frase molto sciocca: “I libri che leggi tu sono innocui”. Come se ne esistessero, di libri innocui! Nel romanzo, poi, Atreiu va a finire nella Palude della Tristezza dopo l’incontro con Morla, e non prima, come invece accade nel film; e ciò è senz’altro più esatto, dal punto di vista psicologico, poiché significa che è proprio la millenaria anaffettività di Morla (“Non che questo ci importi granché, però...”) a deprimere l’eroico ragazzo fino a quel punto. Nel film, inoltre, dopo l’incontro con Morla, Atreiu sta per essere raggiunto da Mork, l’orrenda creatura delle tenebre (e il regista, più di una volta, fa coincidere il nostro punto di vista con quello di Mork, cosa che non è affatto gentile...) quando arriva Falcor, il Fortunadrago (che nel libro si chiama Fùcur) e lo porta via con sé. Nel libro, invece, non è Falcor che salva Atreiu, ma al contrario è Atreiu che tenta, senza riuscirci, di sottrarre il Fortunadrago alla mostruosa Ygramul, le Molte, creatura magnificamente contraddittoria che dal film è stata esclusa; poi si fa mordere da essa, e il veleno di Ygramul gli conferisce il potere di trasferirsi all’istante nei pressi dell’Oracolo del Sud, dove Fùcur lo raggiunge imitando il suo “trucco” ed entrambi vengono curati dai Bisolitari, Urgula ed Enghivuc... Nel film, insomma, Atreiu sfugge a Mork per pura fortuna(drago): “Avere un Fortunadrago con te è il solo modo per andare in missione!” gli dice infatti Falcor. Nel libro, invece, Atreiu accetta generosamente di sacrificarsi a Ygramul pur di avere una sola possibilità in più di salvare il Regno di Fantàsia. Nel romanzo, poi, all’opposto che nel film, Bastian non oppone resistenza né incredulità alla proposta di entrare nel regno di Fantàsia per aiutare l’Infanta Imperatrice: “Io vengo, sicuro che vengo, Atreiu!” esclama felice. Ma l’omissione più grave del film è quella che fa sparire dal regno di Fantàsia un intero Paese (e non uno qualsiasi, ma un Paese di fondamentale importanza) come se anche il regista, al pari di Mork, fosse un inconsapevole servitore del Nulla... Nel libro, infatti, prima dello scontro finale con Mork, Atreiu arriva nel Paese della Mala Genìa, cioè delle creature fantastiche paurose... (Clicca qui per continuare a leggere!). (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
Farinetti Oscar, fondatore della catena alimentare Eataly, intervenendo a favore del Renzi su La Repubblica di sabato 1° dicembre 2012: Non vedo interventi forti sul costo del lavoro... non si vede un’azione drastica di tagli alla spesa corrente. Nessuno poi dica che non sapeva che questo è il vero “programma” del Renzi e dei renzisti, che queste sono le loro vere “ricette” non contro la crisi ma contro tutti noi e, ancora una volta, al servizio delle tirannie finanziarie e dei settori più retrivi del padronato: ridurre il costo del lavoro, cioè ridurre i salari e gli stipendi, e continuare a tagliare, sempre di più, “drasticamente”, le spese sociali: cioè la scuola, gli ospedali, le pensioni e le risorse con cui i comuni aiutano i cittadini. Mentre l’Ichino Pietro (altro nemico dei lavoratori e dei diritti umani, ma amico del Renzi) sarà il suo ministro dell’antiStato al servizio di chi vuole lasciare senza difese la sicurezza, l’ambiente e il patrimonio culturale e artistico degli Italiani. (Chi è Oscar Farinetti? Un altro che, come il Renzi, si finge di sinistra agli occhi degli ingenui per farsi invece gli affari propri: uno di cui la rivista Left, già nel gennaio del 2011, rivelò che a Roma, con l’aiuto dell’Alemanno, del Bondi e della Carlucci stava cercando di rilevare il Teatro Valle. Per darlo a chi? Ad Alessandro Baricco, che domande: il “geniale” mini-D’Annunzio, in cerca d’avventure “barbare”, che su La Repubblica, a favore del finto-sinistro Renzi, è intervenuto, guarda caso, sabato scorso). (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Per la serie Pubblici avvelenatori: il Monti Mario e il Clini Corrado.
(su) Monti Mario e Clini Corrado (estremisti di destra, nemici della salute dei Cittadini italiani e attentatori all’indipendenza del potere giudiziario): Da oggi a Taranto la legge non esiste più per decreto, il governo ha commissariato una procura che ha difeso la salute dei cittadini della città più inquinata d’Europa: è un attacco alla magistratura senza precedenti (Angelo Bonelli, presidente dei Verdi). I tempi di realizzazione della nuova Aia risultano incompatibili con le esigenze di tutela della salute della popolazione e dei lavoratori, tutela che non può essere sospesa senza incorrere in un’inammissibile violazione dei principi costituzionali di cui all’articolo 32 (diritto alla salute) e all’articolo 41 (che limita la libertà d’iniziativa economica privata) (Patrizia Todisco, giudice a Taranto). Un decreto emanato dal governo che aggira una sentenza della magistratura rappresenta una tale ferita all’ordinamento costituzionale che non può essere tollerata se non per un brevissimo periodo d’emergenza. Nessun ministro della Repubblica può dire io sono la legge, quindi la magistratura dece cedermi il passo. (Luciano Gallino, docente di Sociologia all’Università di Torino e autore, fra l’altro, de Il lavoro non è una merce e di Finanzcapitalismo). (La Repubblica, sabato 1° dicembre 2012). Il Monti come il Berlusconi? No: il Monti si è rivelato molto più pericoloso del Berlusconi. E anche più grottesco, perché la sua ostentata sobrietà, se paragonata giorno per giorno all’azione di governo, assume sempre di più le caratteristiche di una farsesca pantomima. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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Mario Draghi (estremista di destra, governatore della Banca centrale europea e lacchè delle tirannie finanziarie globali): Mario Draghi ieri è intervenuto: “Alcuni paesi europei hanno vissuto in un mondo di favola, sottovalutando un debito e un deficit ritenuti a torto sostenibili per anni per poi rivelarsi insostenibili”, ha ammonito. Esortando soprattutto l’Italia a veloci, dure riforme flessibilizzanti del mercato del lavoro. (La Repubblica, sabato 1° dicembre 2012). Più flessibile di così lo era solo nei primi decenni dell’Ottocento, quando individui come il Draghi sfruttavano anche i ragazzini di pochi anni massacrandoli di fatica e di umiliazioni per sedici ore al giorno. Dure riforme flessibilizzanti, dice: sul tipo, forse, della dura flessibilizzazione mentale che subì senza reagire dai gesuiti tra i cui artigli fu abbandonato quando era lui un ragazzino di pochi anni. (Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).
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L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).
L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.
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